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23-4-2014

 

Simona legge alcune sue riflessioni dal testo di Ivan Illich “Nemesi medica”.

 

La questione medica è notevole, oltre a essere un business straordinario che non tiene conto che le persone non sono esattamente delle macchine, e che in alcuni casi accade che una persona si ammali per qualche motivo che non è fisico, molte persone si ammalano, al solo scopo, come diceva lei, di essere accudite, dopo tutto quando uno è ammalato chiede aiuto, e generalmente questo aiuto viene dato. Una persona che si ammala richiede attenzioni che la medicina non è in condizioni di intendere, per esempio che cosa in molti casi induce una persona ad ammalarsi, non sempre certo, ma in alcuni casi sì. Se una persona non vuole guarire perché ha dei buoni motivi per essere malata, sarà difficile che guarisca. Forse occorrerebbero degli psicanalisti in molte occasioni per cogliere degli aspetti che il più delle volte i medici non sono in condizioni di valutare. Il testo di Illich è sicuramente importante perché se non altro ha posto la questione, è andato ad intaccare qualcosa che oggi ha raggiunto quasi una sorta di sacralità, e cioè la medicina, una persona si offre al medico come si offriva una volta al sacerdote, a colui che sa. È stata costruita una sorta di ideologia medica dal secolo scorso, che ha posto il medico come la persona che sa ricondurre il corpo malato alla salute. Non è propriamente così, però l’importante è che le persone credano una cosa del genere per mantenere una ideologia: è importante che le persone credano che ci sia sempre qualcuno che sa più di loro e che soprattutto è in condizioni di fornire sempre una risposta. La domanda che viene fatta al medico è “che cos’ho?” come se sapere che cosa una persona ha, fosse un passo verso la salute, che potrebbe anche essere. La questione interessante è perché questa idea si è costituita e cioè che il sapere costituisca già di per sé un rimedio, perché mai sapere qualche cosa è così importante? Mentre il non sapere qualche cosa che si desidera sapere mette in una condizione spesso di ansia, di insicurezza e talvolta questa situazione può essere vissuta con palpitazioni, accelerazione cardiaca, ansia eccetera, tutto perché non si sa qualche cosa che si vuole sapere e che ovviamente si ritiene importante. Ma perché è così importante sapere qualcosa? Una delle questioni che a Illich sfugge è il motivo per cui le persone sono così disponibili a ciò che le istituzioni, lo stato, il governo dicono, è come se fossero straordinariamente portate all’obbedienza, al credere ciò che viene detto loro, chiaramente c’è stata un’opera in questo senso da parte dell’istituzioni per favorire una cosa del genere, però rimane il fatto che dopo tutto la decisione finale spetta alla persona, e questo Illich non lo affronta. Eppure è fondamentale: gli umani vengono addestrati fino dai primissimi momenti all’obbedienza. Dicevo della facilità con cui gli umani sono disposti a credere in generale a qualunque cosa purché venga da una persona che è o è stata accreditata, produce proprio quella complicità che è necessaria al mantenimento delle istituzioni, governi, stati eccetera, perché la questione che apre Ivan Illich riguarda sì la medicina certo, ma non soltanto, coinvolge ben altro, coinvolge appunto il motivo per cui gli umani sono governabili, che non è una questione da poco. La necessità degli umani di obbedire è indispensabile per poterli governare, e cioè per potere costruire e mantenere la civiltà così come la viviamo, infatti i bambini piccoli vengono addestrati all’obbedienza. Non è né una critica né un elogio, non interessa minimamente, sto soltanto considerando cosa accade, e educare all’obbedienza è la prima cosa che occorre insegnare per potere insegnare anche il resto. Ma perché una persona, un bambino in questo caso, obbedisca è necessario che la persona alla quale deve obbedienza abbia un autorità, e l’autorità da dove arriva? È vero che il bambino dipende in tutto e per tutto all’inizio da chi se ne sta occupando, la madre in genere ma non necessariamente, per cui c’è una dipendenza totale, ma non è questo che rende il bambino così disponibile a obbedire. La prima cosa che è necessario insegnargli è un concetto che è quello di “vero” e di conseguenza “falso”, insegnargli cosa è vero e cosa è falso. Insegnare dunque innanzi tutto che c’è un vero, e di conseguenza c’è un falso, questo è determinante per l’addestramento degli umani, senza una cosa del genere non si potrebbe fare niente, e quindi l’operazione innanzi tutto è quella di incominciare a stabilire dei criteri “esiste il vero” e se si persegue il vero si può proseguire a fare quello che si fa, se invece si intraprende il falso allora quella direzione non è possibile proseguirla, cioè il vero serve a dire “se fai così puoi continuare a dire, puoi continuare a fare, puoi continuare a pensare, puoi continuare a essere riconosciuto dagli altri come una persona, se invece vai in una direzione errata, quella del falso, allora non puoi proseguire a fare, a dire eccetera e quello che dici, quello che fai non verrà riconosciuto come vero”. Questo è il modello necessario per l’addestramento “se dici bene, cioè se dici come io ti dico di dire, allora ti riconosco, nel caso contrario, no”. Ora la questione si sposta sul riconoscimento ovviamente, perché è così importante essere riconosciuti? Tecnicamente potrebbe essere assolutamente irrilevante, ma di fatto non avviene proprio così. La richiesta di un riconoscimento da parte dell’altro comporta che io faccia parte di un gruppo di persone e all’interno di questo gruppo io possa dire, fare, sono qualcuno, cioè le cose che dico hanno un valore. È anche il motivo per cui si cercano compagnie, amicizie eccetera, anche relazioni certo, che è la stessa cosa, per avere un valore, come se il proprio valore dovesse necessariamente essere certificato da qualcuno per esistere, questo è il modo comune di muoversi “io valgo se altre persone lo dicono”, perché se me lo dico da me potrebbe non essere sufficiente a meno che io non abbia i mezzi e i termini per stabilire il mio valore. Ma generalmente le persone non ce li hanno questi strumenti e quindi devono ricorrere ad altri che dicono “sì, tu vali”. Se una persona viene accolta all’interno di un gruppo di amici è come dire “tu vali” ma vali perché? “Perché condividi le cose che noi crediamo, cioè le nostre verità”. Anche l’amicizia funzione così, gli umani sono delle macchine che funzionano a verità in un certo senso, per dirla in modo un po’ strampalato, però anche un’amicizia funziona esattamente così, quando si cerca un amico? Quando con questa persona si condividono delle cose, ma cosa esattamente? Perché non è necessario condividere tutto, però alcune cose sì, devono essere condivise, che sono quelle cose più importanti, quelle più di valore, e allora sono condivise, e allora che cosa fanno gli amici fra loro? Si confermano continuamente a vicenda di ciò che pensano, di ciò che credono, e l’altra attività prevalente è di deridere tutti coloro che sono fuori da quell’ambito, cioè che non pensano come noi. Queste sono le attività principali che rendono un’amicizia tale. Dicevo che gli umani sono delle macchine che vanno a verità, cioè hanno bisogno che la loro verità sia riconosciuta perché consente loro di fare parte di un certo ambito e quindi di essere riconosciuti, di avere un certo valore, ma tutto questo avviene per un fatto, un fatto bizzarro, che appartiene solo agli umani gli altri esseri viventi no, non ce l’hanno, e cioè il fatto di essere dei parlanti. La verità, il valore, il volere essere riconosciuti, sono tutte cose che procedono da pensieri, cioè da argomentazioni, e solo gli umani possiedono la prerogativa di essere in condizioni di costruire argomentazioni, trarre implicazioni, conseguenze, esprimere giudizi, che sono generalmente di valore, possono essere anche di esistenza, però generalmente sono di valore. Tutte queste cose procedono dal fatto che gli umani sono parlanti, se non lo fossero tutte queste cose non solo non esisterebbero ma non sarebbero mai esistite, cioè non sarebbe mai esistita la necessità di essere riconosciuti, di essere importanti, di essere desiderati, di essere tutte queste cose. È questo uno dei motivi che mi ha indotto a considerare con maggiore attenzione il linguaggio, ciò che fa funzionare gli umani nel modo in cui funzionano. Il desiderio di potere è una delle prerogative degli umani, che vogliono avere il potere su qualcuno, su qualcosa, ed è la cosa che maggiormente cercano, per esempio essere più importanti all’interno di un gruppo di amici significa avere potere, per esempio decisionale all’interno del gruppo. Si tratta sempre di acquisire del potere, e sempre di più, faccio un esempio che magari è più vicino: perché una fanciulla vuole “cambiare” il suo fanciullo? Non “cambiare” nel senso di prenderne un altro, anche eventualmente, ma “modificarlo” intendo dire, fargli fare delle cose, perché? Perché se questo fanciullo fa quelle cose che lei vuole questo dimostra soprattutto ad altri, alle altre in particolare, che lei ha potere su quell’uomo, ed è la cosa più importante per una fanciulla. Una fanciulla vede un fanciullo, le piace, così, immediatamente, così come lo vede generalmente, quindi uno potrebbe pensare, come spesso pensano i fanciulli invece, che occorre che rimanga esattamente così fino alla fine dei tempi, perché è così che lui l’ha conosciuta ed è così che gli piace. Ma per la fanciullina non è affatto così. Tutte queste cose di cui vi sto dicendo avvengono unicamente perché gli umani sono provvisti di linguaggio, sono fatti di linguaggio, e questo è il motivo per cui è così importante, è essenziale a questo punto intendere come funziona il linguaggio. Se qualcuno avesse la conoscenza, un ottima conoscenza del funzionamento del linguaggio, di come funziona, della sua struttura eccetera, di conseguenza avrebbe un ottima conoscenza degli umani in generale e cioè avrebbe l’opportunità il più delle volte di sapere che cosa pensano e anche perché pensano quello che pensano…

Intervento: però questo sarebbe un potere ancora più grande…

Tecnicamente sì, ma a quel punto avviene un altro fenomeno, e cioè l’interesse di esercitare il proprio potere su altri scompare, non ha più nessun interesse. In una analisi inizialmente una persona racconta delle cose, tendenzialmente cose che vanno storte, queste cose che vanno storte sono quelle cose che per qualche motivo non si riesce a controllare, sfuggono al controllo, può essere una situazione di qualunque tipo. Dunque la persona dice come stanno le cose, cioè in altri termini dice le sue verità, dice le cose in cui crede, senza sapere che è proprio per questo, perché crede fortemente quelle cose che succedono questi effetti collaterali, noti come ansia oppure paura, depressione eccetera, proprio perché ci sono delle idee molto precise, ferree e solidificate. Lungo il percorso analitico l’occasione è di intendere che le cose intanto non stanno soltanto così come si pensa che siano, ci sono altri risvolti, altre questioni, altre cose importanti e quindi mano a mano la persona si trova a rimettere in discussione cose che credeva essere assolutamente nel modo in cui pensava che fossero, mentre non era esattamente così. Se io credo fermamente una certa cosa, sono sicuro che è così, mi comporterò anche di conseguenza e mi opporrò a tutto ciò che va contro a questa cosa a cui io credo, è un po’ come nella religione, se io credo fortissimamente in un certo dio, qualunque sia, chiunque metta in dubbio l’esistenza di questo dio, o la sua veridicità, deve essere eliminato. Dopo tutto ciò che accade in un’analisi è di perdere la religiosità, perdere la religiosità è importante perché una persona che non ha più né religiosità né la necessità di credere in qualcosa è una persona che non è più persuadibile, è una persona che non si riesce più a manipolare, capisci l’importanza della cosa? Non è più manipolabile, e questo per qualunque governo, stato, istituzione è un grosso problema, da qui anche qualche problema con la psicanalisi. Una persona non manipolabile è una persona che domanda, che chiede conto delle cose e quindi non si trova più in quella condizione di cui si diceva quando siamo partiti questa sera di credere, per esempio, al medico come colui che sa, che guarisce, colui che può tutto, non ci crede minimamente, il medico ha acquisito alcune cosette che in alcuni casi non è impossibile che possano dare una mano, ma poco più. Dunque quella persona da quel momento in poi, non essendo più manipolabile e incominciando a interrogare le cose, incomincia a trovare molte altre cose che generalmente stati, governi vogliono che non si sappiano, ci arriva perché incomincia a pensare che forse le cose non sono proprio così come vogliono far credere, magari c’è qualche altro aspetto, e c’è sempre. È come perdere l’ingenuità, non si è più ingenui, non è più possibile esserlo, perdere l’ingenuità è perdere quella condizione in cui gli umani si trovano generalmente, cioè nella condizione di credere a qualunque cosa e il suo contrario. Questo si riflette anche, ed è la cosa forse più importante, non soltanto su ciò che altri dicono, ma su ciò che la persona stessa dice, pensa, cioè non è più ingenua nei confronti dei propri pensieri ma è più avvertita, più attenta, più curiosa di sapere perché si trova a pensare una certa cosa, perché si trova a credere in un certo fatto, in una certa cosa, insomma incomincia a mettere in moto quella cosa che generalmente si chiama intelligenza, l’intelligenza delle cose, e cioè letteralmente incominciare a metterle insieme e trovare altre nuove cose.