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22 dicembre1998

 

Chi è secondo voi l’analista della parola, cosa fa l’analista della parola? (…) Occorre considerare se muovere da una posizione oppure dall’altra. L’una è continuare il lavoro che abbiamo avviato, prevalentemente riguardo alla retorica, che cosa può funzionare rispetto a un discorso. Ciò che vi dicevo rispetto a forzare un sistema va in questa direzione, piegare il discorso a un certo tipo di proposizione oppure saltare questo aspetto e puntare direttamente sulla questione logica, mentre il primo privilegia la retorica il secondo la logica. Però, a questo punto, vista anche l’esperienza che abbiamo acquisita, c’è l’eventualità che si tratti di entrambe le cose, prima l’una e poi l’altra, e quindi la prima cosa da farsi è quello di forzare il sistema. Si dovrà puntare tutte le nostre forze su questo aspetto, esattamente come si forza un sistema operativo, come quello di un computer, ché è come se delle proposizioni non venissero accolte, cioè il programma le vede ma non le inserisce nel sistema: ci sono, le vede ma poi non funziona. Occorre, quindi, fare in modo che le inserisca nel sistema. La volta scorsa abbiamo cominciato a porre la questione della forzatura del sistema. Vediamo se possiamo aggiungere qualcosa. Considerate un discorso qualunque che una persona si trova a fare, questo discorso potete immaginarlo come un sistema operativo chiuso, blindato necessariamente, inaccessibile a tutto ciò per cui non è programmato ad accogliere, è programmato ad accogliere soltanto elementi che girano su se stessi, cioè confermano gli assiomi di partenza, diciamo così. Quindi, essendo chiuso questo sistema, direi che per definizione è costruito in modo tale da non potere accogliere questi elementi e non possiamo nemmeno contare su un elemento come una sorta di codice di accesso, perché c’è l’eventualità che non ci sia … (Possiamo fare partire il sistema con un dischetto ma nel momento…..forse l’elemento  religioso è parte componente del sistema…) (Forse se si trovasse l’utilità, qualcosa di più manifesto in cui si dice questo modo di pensare può portare a questa situazione….) (C’è da dire che con noi ha funzionato, perché?) Dovreste dirmelo voi. E già certamente questo è un fatto curioso, che uno non sappia dire perché ha funzionato (Forse perché non ho insistito troppo sul fatto destruens …) Ma della pars destruens possiamo profondere a piene mani (…) ecco cosa dovevo fare, qualcosa sui giochi linguistici (…) Dovremmo a questo punto, come dice il tuo amico Averroè, fornire due verità sul gioco linguistico, l’una logica, assolutamente logica, cioè il gioco linguistico come qualunque successione di proposizioni prodotte dalle procedure linguistiche, l’altra retorica, ad usum delfini…(………) Sì, però pensavo a quanto dicevi nell’utilizzo dei giochi linguistici, per inserire qualunque discorso si ascolti all’interno di questa struttura e offrirla all’interlocutore come un qualche cosa che ritorna all’interno di un gioco linguistico che lui può intendere  (E’ come se facessimo una realtà provvisoria in cui io consento di fare delle cose e nel frattempo mi occupo del reale, fare questo servirà poi per demolirlo, questo è il primo passo dopo è molto più semplice….) Infatti, è sicuramente una via da proporre però può rivelare aspetti più interessanti di quanto così di primo acchito possa mostrare. In effetti, l’analista della parola potrebbe, per dirla così in termini rozzi,  essere un tecnico dei giochi linguistici. (L’obiettivo dell’analista della parola è: se non mi piace la marmellata non la mangio) Sì, questo potrebbe accordarsi con quello che diceva Cesare rispetto all’obiettivo, cioè proporre obiettivi apparentemente molto semplici che però sono quelli con cui  poi ciascuno ha a che fare durante tutta la sua vita, in qualunque giornata, quindi il gioco linguistico come tutto ciò che viene prodotto. Manca qualcosa però rispetto al gioco linguistico, l’analista della parola come colui che analizza, svolge, articola un gioco linguistico, quindi tutto ciò su cui si regge un qualunque discorso… sì, però sarebbe quello che se non gli piace la marmellata non la mangia,   (L’analista della parola instaura un gioco linguistico…) Il gioco linguistico è già in atto alla persona che chiacchiera, l’analista fa in modo che la persona se ne accorga di come sta funzionando questo gioco linguistico, non è che imponga un suo gioco linguistico (…) Una conversazione con l’analista della parola sta certamente facendo un gioco linguistico, questo gioco linguistico consiste in quel momento nel porre le condizioni perché chi sta chiacchierando possa reperire quello che sta facendo lui, in questo senso (…) Sì non può non farlo, si trova comunque in un gioco linguistico (……) (Il mio assunto fondamentale è che qualsiasi gioco linguistico avesse un elemento fuori dalla parola, questa idea…) Assunto fondamentale! E come? Mi sfugge questa proposizione così bizzarra… perché se consideri un gioco linguistico in senso stretto come ciascun gioco che si produce da procedure linguistiche…..(E’ una religione) Sì, in effetti, perché lo chiamiamo gioco al di là della tradizione? Però, forse possiamo lasciare anche gioco linguistico per via del fatto che comunque comporta una successione di proposizioni che non è prevedibile, ciascuna volta c’è una stringa differente, poi gioco in quanto c’è anche l’aspetto ludico in definitiva cioè parlando le persone traggono soddisfazione in effetti chiacchierano ininterrottamente (Pensavo a sofistico o retorico.) Gioco sofistico? Diventa un po’ più complicato, poi l’aspetto divulgativo e promozionale, gioco linguistico grosso modo ciascuno ha un’idea… possiamo lasciare gioco linguistico. Però, il lavoro che dobbiamo fare entro e non oltre la metà di gennaio è produrre un testo intorno alla nozione di gioco linguistico, rispetto a ciò che andiamo facendo, questo pare fondamentale se come abbiamo intenzione di fare vogliamo produrre questo statuto dell’analista della parola, considerando che è di questo che si occupa occorre che sappiamo di cosa si occupa con certezza. (…) (Rispetto al gioco le persone alle quali tu stai dicendo che è un gioco loro non rispettano questa affermazione ma dicono io faccio qualcosa di più importante di un gioco) (…) C’è un primo aspetto che occorre che consista nella prova che ciascun discorso è necessariamente un gioco linguistico… (….) Sì, però occorre che sia esposto in termini molto semplici, molto scorrevoli, lo so che praticamente farlo è provarlo, ma occorre una cosa molto veloce e molto utilizzabile. (…..) In Greimas c’è qualcosa di utilizzabile, negli scritti intorno al senso lui si occupa degli attori, degli attanti, degli antagonisti, cioè del gioco, di come giocano questi elementi nel racconto. (Secondo me invece …..) Sì, si può vedere se alcune cose possono essere utilizzate perché ho idea che non sia così automatico proporre per esempio la fede cattolica come gioco linguistico, che sia così immediatamente accolto (…) Sì, trovare una picciola favoletta, come diceva Vico, in cui si mostra in modo inequivocabile che ciascun discorso è inesorabilmente un gioco linguistico, una cosa molto breve, molto rapida. (Pensavo che “visione del mondo” possa essere più commerciabile invece di gioco linguistico…) Sicuramente, però poi ti tagli… perché ponendo la questione come visione del mondo è più complicato, devi poi fare un passaggio a visione del mondo come gioco linguistico … (…) Ma bisogna sempre vedere il tipo di uditore, la situazione, se si svolge un dialogo tipo quelli platonici “secondo te la religione è una visione del mondo? Sì. – la visione del mondo è un gioco linguistico oppure no?” Allora cominci  (Secondo me è un passaggio in più) Il rasoio di Occam anche stamattina (Corta non la possiamo fare e facciamola lunga.) Dire che il discorso comporta una visione del mondo… (…) (Lei prima parlava di forzare il sistema.) Sì, attraverso vari passaggi che non comportano l’aggressione diretta ma vari giri in tondo; appunto come si diceva adesso, cominciare ad ammettere una certa cosa, poi se ammette questa, ammette anche quest’altra, ecc… (I valori…) Possiamo parlare di qualunque cosa… (…) Sì, però ci vuole qualcosa di rapido, sì, quello della captatio benevolentiae. Ci sono due problemi da risolvere molto rapidamente, uno è questo e cioè trovare una formulazione molto breve e molto efficace che ci consenta di avviare un discorso del genere, l’altra comporta invece l’aspetto più tecnico dei giochi linguistici e cioè indicare che cosa sono ed esattamente come funzionano, però abbiamo poco tempo. (La questione del gioco linguistico viene molto facilmente accettata come se questa formulazione comportasse un sorvolare su tutte le questioni… tanto è un gioco linguistico io non mangio la marmellata, posso sceglierne un’altra mangiare un’altra cosa e non è assolutamente accolto il gioco linguistico della marmellata.) Sì, l’intoppo sta nella impossibilità di considerare che la stessa struttura riguarda qualcosa che invece per esempio mi fa paura e anziché smettere di avere paura… (….) Sì, per questo occorre un discorso che mostri immediatamente di cosa si tratta. (….) Sì, che non è necessariamente fare le parole crociate. Allora io mi occuperò di questo un testo sui giochi linguistici, chi ha voglia di proseguire quest’altra via? Trovare una formulazione breve ed efficace per proseguire questa via che indicava Roberto, che consenta a una qualunque affermazione di giungere al fatto che si tratta di un gioco linguistico, considerando questioni molto semplici, come ciascuno crede in qualche cosa, questa cosa in cui crede è per esempio una serie di proposizioni, questa serie di proposizioni è combinata in un certo modo, un certo modo però un discorso da poter utilizzarsi, perché questo discorso può essere inserito all’interno dello statuto dell’analista della parola. Se noi riusciamo a stabilire con assoluta precisione chi è e che cosa fa, abbiamo fatto buona parte del nostro lavoro. D’altra parte stabilire e precisare che cosa si intende con gioco linguistico, questo lo faremo almeno in parte martedì, perché il primo incontro è “Chi è l’analista della parola”  e io dovrò presentare, dovrò pure avere i termini se no che cosa presento? (…) Quindi almeno nozioni precise rispetto a che cosa è un gioco linguistico e che cos’è quello che ci interessa, come avviene che qualunque cosa accada di fare. (E il buon Wittgenstein  l’avete messo a riposo?) No, abbiamo visto tutto quello che ci interessava di lui però al punto in cui siamo non è più sufficiente, lui ha dato un bel contributo alla partenza, è stato il preriscaldamento delle candelette nel diesel perché se no non parte ma una volta partito le candelette si spengono, qualcosa da Greimas, perché siamo al punto in cui le cose vanno inventate, perché non ci sono più molti riferimenti… (Cinema…) Però è una idea vaga, però costruire un discorso seguendo il montaggio del film, cioè fare oggi il processo inverso di quello che si faceva prima, cioè il film veniva costruito con il montaggio della retorica, adesso costruire un discorso tenendo conto del montaggio di un film e cioè invertendo come avviene oggi … (…) Sì, costruire un discorso facendo un montaggio proprio … allora martedì prossimo inizierò la stesura dello scritto su giochi linguistici, tenendo conto non dovrà essere una cosa logica, c’è un impianto logico molto potente ma deve essere un montaggio retorico di squisita fattura, cioè la via di costruire un discorso che cerchi qual è il migliore utilizzo dei luoghi comuni per potere accedere al discorso che stiamo facendo. Prima Roberto faceva l’esempio della visione del mondo, il mondo è un luogo comune, è un gioco linguistico, ecc., cioè costruire un discorso che muovendo dal più banale e innocuo luogo comune giunga a porre delle considerazioni che annientano il luogo comune, però apparentemente tenendolo in piedi. Questo è il lavoro da fare, in modo che la persona immagini di continuare a credere alle cose che credeva prima ma crede a tutt’altro.