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21-11-2000

 

Cosa potrebbe intendersi con “clinica” rispetto a ciò che facciamo? (le credenze riguardano il soggetto e la malattia) c’è da considerare in effetti l’eventualità di utilizzare questi luoghi comuni come malattia, soggetto, anche non per criticarli, perché no? Se uno crede in un soggetto, in una malattia in qualunque altra cosa, perché no? C’è addirittura l’eventualità di riprendere termini considerati biechi, quasi blasfemi soggetto, malattia, male ma non è una questione semplice perché l’utilizzo di questi termini ha un riscontro immediato sul pubblico ovviamente, si tratta poi di portare questi termini alle estreme conseguenze cioè compiendo tutto un percorso (…) il soggetto è una figura retorica è possibile provare che esiste ed è possibile provare che non esiste (…) il lavoro fatto da altri che ci hanno preceduti negli ultimi trent’anni è stato bizzarro per qualche verso, che poi ha portato all’elaborazione di Lacan e anche di Verdiglione e cioè la restrizione di un termine a un particolare campo semantico, come dire che una persona viene da voi e dice che è malata perché ha paura del buio, magari torcete il naso immaginando di sapere che cosa sia la malattia e quindi che cosa la persona intenda necessariamente con malattia, certo per poter utilizzare questo termine occorre che escluda altre cose in questo caso la sanità, la malattia esclude la sanità, però sapere esattamente che cosa stia intendendo quella persona con malattia è difficile sapersi in quattro e quattr’otto, usa un significante del quale non ha le idee molto chiare così come non le ha rispetto a qualunque altro significante che intervenga nel suo discorso, anche quando afferma per esempio “l’altra sera sono stato molto bene” che cosa vuole dire esattamente? Se richiesto di definire esattamente la cosa vi accorgete subito che incomincia a smarrirsi cioè non sa esattamente ciò che ha detto, cosa che accade con notevole frequenza se una persona viene interrogata di rispondere esattamente su cosa vuole dire, quindi in effetti così come anche la questione del soggetto, tutta la dottrina di Lacan e soprattutto quella di Verdiglione hanno colpito questo significante come se fosse foriero di chissà quali connotazioni, quali notazioni, non significa niente né malattia né soggetto né qualunque altra cosa e quindi se una persona usa questo significante, anche questo non significa un granché si tratta di intendere che cosa, che cosa sta funzionando per lui in quel momento, che cosa sta dicendo, questo per dire che possiamo anche parlare di malattie di soggetti, di qualunque altra cosa non ci preoccupa minimamente, sono luoghi comuni, la questione essenziale che riguarda poi la clinica e cioè che cosa è la clinica a questo punto, generalmente è considerata l’esplorazione di ciò che per qualche persona è la malattia, non ha un significato suo particolare possiamo dargliene quanti ne vogliamo a meno che non intendiamo con clinica ciò che si tratta di fare, il lavoro che stiamo facendo e allora può essere diverso, in che cosa consiste il lavoro che facciamo? Abbiamo detto un sacco di volte portare il discorso alle estreme conseguenze fino al punto in cui non è più sostenibile dalla stessa persona cioè non riesce più a credere le cose a cui credeva prima, non ci riesce più perché le considera ridicole banali e quindi risibili, cosa accade a questo punto? che può considerare le stesse cose che considerava prima ma con il distacco con il quale si considerano da adulti i giochetti da bambini, sono cose che non interessano più, non è che non possano farsi però stufano, uno si stufa di avere paura di essere considerato male, non gli interessa più certo non è semplice e il motivo per cui non è semplice lo stavamo considerando proprio ultimamente, le persone sono straordinariamente aggrappate alle loro emozioni, alle loro sensazioni, che le chiamino piacere, dolore sofferenza, angoscia non ha nessuna importanza, sono sensazioni forti dalle quali non prendono assolutamente le distanze, per nessun motivo al mondo. È anche possibile che il discorso che andiamo facendo queste sensazioni, queste emozioni si affievoliscano e questo per molte persone è un problema ché non sentono più le cose che sentivano prima e quindi prima o poi ritorneranno, esattamente come fa un drogato, prima o poi tornerà a drogarsi. Questione molto complicata e non facile a risolversi, possiamo sì togliere le emozioni, le sensazioni ma dopo una persona se ne ha a male, si smarrisce, si rattrista, se non ha un altro obiettivo, un altro obiettivo che auspicabilmente è quello di divenire analista, l’altra volta si diceva che il motivo per cui gli umani parlano oltre considerare il fatto che non possono non farlo ma è che parlando provano delle emozioni o le provocano, costruiscono cose che comunque danno emozioni, per questo motivo si mettono nei guai, fanno le cose strane ecc… ora ci eravamo lasciati proprio su questa nozione di emozione con il progetto di trovare qualcosa che definisca in modo soddisfacente, dobbiamo rispondere in effetti alla domanda “che cos’è una emozione?” visto che è la cosa che appare molto importante per gli umani, avere, trovare emozioni ecc… e eravamo giunti a considerare se non vado errato, e se non eravamo giunti lo diciamo adesso, che l’emozione è come dice la parola stessa “essere mossi verso qualcosa” “qualcosa che muove verso qualche cos’altro” ed è questo che è assolutamente irrinunciabile e il linguaggio impedisce che sia altrimenti, ciascun atto linguistico è necessariamente in quanto atto linguistico connesso con altri atti linguistici e quindi rinvia verso ad un altro atto linguistico cioè muove verso un altro atto linguistico ma allora si potrebbe dire che le emozioni sono assolutamente irrilevanti in quanto comunque il linguaggio non si arresta, perché darsi tanto da fare perché se in ogni caso questo movimento, questo rinvio ci sarà comunque, questa è una bella questione ma se la considerate bene trovate anche un motivo, quale ne è Beatrice? (…) c’è un motivo lo abbiamo detto ma forse non lo abbiamo considerato appieno: tolto il linguaggio dagli umani, cioè tolta la priorità del linguaggio dagli umani allora da quel momento si impone la necessità di trovare altrove da qualche parte qualcosa che si suppone non essere linguaggio, questo essere trascinati, provate, vi faccio adesso una “picciola” favoletta: immaginate ad un certo punto che gli umani si organizzino da cancellare ciò stesso che li rende tali cioè il linguaggio, non è vero, è un raccontino di fantascienza, allora cosa accade? accade che tutto che viene posto in atto e in essere dal linguaggio deve essere attribuito a qualche cos’altro visto che viene tolto il linguaggio, come “primum movens”, e quindi dovendosi attribuire ad altro viene attribuito ora a questa cosa, ora a quell’altra e c’è una ricerca spasmodica a qualche cosa che muova perché non c’è più accesso all’unica cosa che può compiere questa operazione cioè il linguaggio, reinserendo il linguaggio al suo posto, c’è l’eventualità così come accade per altro che questa necessità di provare forti emozioni ritorni alla sua naturale collocazione e cioè come un qualche cosa che può dare del piacere ma non ha propriamente la necessità che ha per gli umani, che non vivono senza le emozioni. E in effetti accennavamo proprio martedì scorso in assenza di Sandro che occorre crackare il linguaggio. Sa cosa vuol dire Sandro crackare un programma? E cioè sproteggerlo e dicevamo appunto si considerava che una delle protezioni che ha il linguaggio cioè quegli elementi che impediscono l’accesso a se stesso, è proprio l’emozione, come abbiamo rilevato in molte occasioni, non solo forse ma sicuramente è uno degli aspetti principali e l’emozione è connessa fortemente con la realtà, cioè con il vero, ciò che è ritenuto vero, la realtà e il vero sono la stessa cosa nel luogo comune possiamo considerali tali cioè occorre che una cosa sia vera perché provochi delle emozioni. Il caso più lampante la fanciullina che chiede ma mi ami? Lui risponde di sì, ma è vero? Perché se è vero gli dà delle emozioni se no cosa stiamo a fare? È se è vero che produce delle emozioni. Se dicessi a Beatrice che in questo momento Irene sta partorendo, questo produrrebbe delle forti emozioni se invece dicessi un attimo dopo no, non è vero, tutto ciò si affievolisce subito, perché non è vero, la nozione di realtà che interviene dovevamo infatti giungere a considerare che dopo avere riflettuto sulla nozione di emozione che la protezione più potente che serve ad impedire ad avere accesso al linguaggio è la nozione di realtà. La realtà è lo sbarramento e quindi crackare il linguaggio significa sproteggerlo dalla nozione di realtà cioè dissolvere la nozione di realtà. tra l’altro operazione che molti hanno tentato fin dall’antichità con scarsissimo successo anche perché alla realtà del luogo comune ne opponevano un'altra più o meno della stessa specie, è questa protezione del linguaggio nota come realtà che ha consentito la costruzione della religione per esempio, senza questo elemento non è possibile costruire nessuna religione, dicevo che la realtà è la religione per antonomasia e quindi è con questa che dobbiamo confrontarci. È sempre comunque la nozione di realtà a produrre le emozioni sia, cosiddette positive e negative, non fa nessuna differenza dicevamo prima gioia, dolore, è importante che ci sia qualcosa che muove fortemente che attrae fortemente in una direzione cioè compie esattamente quella operazione che fa il linguaggio e che nessun altro al mondo può fare, a questo punto stiamo incominciando ad individuare qual è l’elemento da crackare per usare questa terminologia informatica e cioè la realtà, la realtà delle cose perché abbiamo visto che anche l’emozione che sembrava prioritaria se è fuori di questa realtà non produce niente deve comunque avere questa condizione di essere reale e quindi vero. E quindi? E infatti si chiamano i cracker. Quindi la realtà di cosa è fatta? Cosa la sostiene? Sto dicendo appunto come fanno i cracker per sproteggere un programma devono sapere qual è l’elemento che lo protegge, devono conoscerlo molto bene… (ieri sera ho cominciato a compiere un’operazione di questo genere, martedì si parlava dell’esclamazione e di come questa sia una affermazione del discorso…) sì che qualunque frase presuppone una proposizione comunque a fondamento (qualcosa a cui si crede lei faceva l’esempio dell’esclamazione) sì anche se io vedo amici e faccio “heilà!” anche questa è una affermazione cioè afferma che cosa? un saluto di presenza (è vero io ci credo) in questo caso lo so (l’esempio del ferro da stiro che cade sul piede e l’esclamazione conseguente che afferma per esempio che ha male… come fa a sconnettere quella proposizione del ferro da quella che afferma che ha male, crackare il linguaggio è poter sconnettere una proposizione da un’altra proposizione che si lega) perché sconnettere? Togliere la necessità di questa proposizione (togliere la necessità ma nel luogo comune il ferro da stiro che cade su un piede fa tanto male quindi la direzione di quel discorso è segnata, noi non possiamo negare che questo è un atto linguistico, così come la conseguente proposizione è un altro atto linguistico, come atto linguistico una proposizione è una frase né vera e né falsa è libera di scegliersi e di produrre altro, la difficoltà di compiere questa operazione e quindi di cambiare direzione ad un discorso è data dal discorso in cui ci troviamo, dal discorso occidentale, che nega questo atto linguistico perché non può non andare in quella direzione e lo fa per provare la bontà del dio che sostiene l’atto della natura, per cui per provare questa necessità della natura si costringe a non avere alternative…) sì certo, si certo crackare il linguaggio, il linguaggio passa attraverso il discorso di qualcuno, quindi si tratta di crackare il linguaggio di quella persona e quindi di sproteggere il discorso della persona, questo è ciò che fa l’analista della parola cracka il discorso cioè sprotegge per cui la persona può avere accesso a ciò che gli consente di fare qualunque operazione (se la persona prende spunto dal luogo comune, gioco di cui non può non usufruire per giocare e lo prende per affermare o negare dio a cosa gli serve questo gioco o a cosa le serve addurre una argomentazione di questo genere per spiegare che il discorso occidentale non può compiere, si parano davanti tutte queste cose come quando uno crede in qualche cosa) curiosa la religione, se ci pensate c’è da sbellicarsi dal ridere, così come la dottrina. Ci sarebbe questo personaggio perfetto che però non si sa per quale motivo ad un certo punto inventa una specie a sua immagine e somiglianza ma non perfetta come lui e no, la sua infinita bontà cosa fa? è della sua infinita bontà che si tratta, costruisce una genia di persone che hanno bisogno di tutto, malandate, piene di acciacchi, meno male che è infinita bontà se era un bastardo cosa faceva? E poi a che scopo? Per essere adorato, amato… cioè una persona così oggi si considera che ha dei problemi… è una cosa talmente buffa che fa sbellicare dalle risa… (mi interessa questo crackare) sì sproteggerlo una persona mica si accorge mentre sta parlando di quello che dice, di quello che fa, di quello che combina, perché è un sistema protetto dalla nozione di realtà quindi finché non se ne accorge il sistema operativo, per continuare questa metafora informatica, continuerà ad avere bisogno della realtà, cioè avrà bisogno di pensare a qualche cosa che lo trascini se no muore (c’è qualcosa in quello che dice che mi ricorda Freud a proposito della scelta del capo) la costruzione sì certo ma un qualcosa di un po’ più radicale, sì dobbiamo lavorare sulla nozione di realtà, vedere come è possibile attraverso questa nozione sproteggere il discorso e quindi di consentire l’accesso a ciò che lo fa esistere, però abbiamo dato delle indicazione più precise, per cui di che cosa devo parlare giovedì? Sarebbe interessante oltre che obbligatorio che ci siano interventi molti, continui, quindi preparatevi e giovedì vedremo.