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21-5-2008

 

L’eventualità che le parole siano prive di significato, dovevamo dimostrare, e questo è una delle questioni più importanti, dimostrare che effettivamente ciascun termine, ciascuna parola, ciascun lessema di per sé sia privo di significato. Però un’operazione del genere comporta un paradosso nel senso che stiamo considerando questioni che sono al di qua di ogni possibile dimostrazione e quindi con che cosa dimostrare? Con che cosa dimostrare una cosa del genere? Con la logica? Perché? La logica viene dopo, con la retorica meno che mai, con quale strumento dunque? E in effetti questo strumento non c’è perché non si tratta molto probabilmente di dimostrare niente, e che le parole non abbiano significato potrebbe anche considerarsi dal fatto che un significato occorre che sia attribuito a ciascun termine, a ciascun termine viene attribuito un significato, da chi, e a che scopo? E soprattutto in base a quale criterio? Non è una questione semplice ovviamente però rimane il fatto che l’attribuzione di un significato a un termine qualunque è un’operazione totalmente arbitraria, come dire che non è necessario, intanto non è necessario un significato e poi soprattutto e forse non è necessario nemmeno che ci sia un significato di un termine; d’altra parte come abbiamo visto se uno dovesse andare a cercarlo effettivamente non lo trova perché si trova rinviato all’infinito, è il gioco del dizionario di cui dicevamo l’altra volta, ma a questo punto se, per il momento mettiamo ancora il se, se ciascun termine non ha propriamente un significato allora il discorso, un qualunque discorso che è fatto comunemente di termini, lui stesso non ha nessun significato, a questa considerazione per il momento provvisoria si aggiunge il fatto che c’è una domanda da porsi e cioè a che scopo gli umani parlano? Questione non indifferente, per trasmettere informazioni? Qualche volta sì ma perché trasmettere informazioni? Per svolgere un compito? Anche qualche volta, certo, ma ciascuna volta che si avvia un discorso qual è l’obiettivo finale? Giungere a una conclusione vera, potere affermare una verità e a questo punto tenendo conto della struttura del linguaggio c’è l’eventualità che il modo cioè le vie che il discorso prende per giungere a una conclusione vera possano essere assolutamente marginali, per dirla in modo più breve: non importa ciò che si dice l’importante è che ciò che si dice sia vero che è esattamente ciò che fa la logica, la logica formale di cui parlavamo l’altra volta, non importa quali sono le sequenze l’unica cosa che importa è che alla fine si concluda con un teorema e cioè con una proposizione che risulti valida cioè vera, quello che si è fatto nel frattempo, quello che si è fra virgolette “detto” che per il momento risulta un po’ ambiguo, è totalmente irrilevante. Una cosa del genere può apparire bizzarra tenendo conto che invece gli umani considerano nel momento in cui parlano e dicono delle cose che queste vogliano dire qualcosa di specifico, non il fatto di volere affermare qualcosa di vero ma trasmettere un’informazione, per esempio, di qualunque genere sia, che sia una dichiarazione d’amore o un’informazione che riguarda la fisica nucleare o un’intenzione politica, in ogni caso l’idea è che si voglia trasmettere qualche cosa e anche la linguistica pensa una cosa del genere, Jakobson per esempio pensa questo ma è proprio così? È possibile che gli umani non abbiano alcuna intenzione di trasmettere informazioni ma soltanto concludere con qualcosa di vero? Vediamo allora di intendere perché dovrebbero trasmettere informazioni, e qui interviene l’intenzione, l’intenzione di fare qualcosa, perché una persona dovrebbe avere un’intenzione? Occorre intendere quando si parla di intenzione di che cosa si sta parlando esattamente, sappiamo che il discorso ha un certo funzionamento e cioè che l’unica “intenzione” del linguaggio è quella di proseguire se stesso e per proseguire occorre che concluda con proposizioni vere ma il discorso in che modo tiene conto di questo, cosa vuole dire che una persona ha una certa intenzione? Che vuole una certa cosa? Di per sé non significa assolutamente niente però qualcosa nel suo discorso prende una certa direzione e questa certa direzione non è conclusa, attende una conclusione, è portato inesorabilmente a concludere dalla struttura del linguaggio di cui è fatto: questa è l’intenzione, qualcosa che costringe gli umani a muoversi in un certo modo: il linguaggio costringe a proseguire e per proseguire necessita di elementi che sono premesse, passaggi coerenti con la premessa e conclusione, se c’è la premessa e dei passaggi questi passaggi preludono a una conclusione e il linguaggio deve trovare la conclusione in un modo o nell’altro. Questo andare verso la conclusione non è altro che ciò che comunemente si chiama intenzione che quindi non ha nulla a che fare né con la volontà, né con il desiderio ma è una struttura che si muove, una macchina che segue delle istruzioni. Se l’intenzione è posta in questi termini e cioè come una direzione che attende dal linguaggio stesso una conclusione allora la domanda formulata prima e cioè perché gli umani parlano a questo punto può trovare una risposta più che legittima: trovare la conclusione, chiudere la catena, chiudere una frase musicale per esempio …

Intervento: ci vuole un intervento anche per aprirla …

Perché? Tu trasporta l’intenzione al funzionamento del linguaggio cioè di un sistema operativo, ora per aprire qualche cosa dici ci vuole un’intenzione …

Intervento: si apre così dal nulla?

Adesso ti faccio un esempio semplice, pensa a una macchina, una di quelle macchine che aveva in animo di costruire un certo Alan Turing, quello che ha inventato i primi calcolatori, una macchina, tu pensala così, una macchina che ha questa istruzione: dice che a partire da una certa sequenza tu costruirai da questa sequenza tutte le proposizioni che sono valide rispetto alle premesse, quando hai trovata la conclusione che è valida cioè che è coerente con le premesse utilizza questa sequenza per costruire altre proposizioni e vai avanti così finché non ti stufi, ora qui l’intenzione di partire è data da un’istruzione, da un programma, quando il linguaggio si avvia in effetti riceve delle istruzioni, riceve degli input, riceve dei comandi, quindi il punto di partenza non è altro che un’affermazione, una proposizione che è ritenuta vera e che che funziona come premessa, ti ricordi quando dicevamo “questo è questo”? in modo molto banale come prima istruzione, primo input per partire, la macchina dopo che è partita è programmata per costruire continuamente proposizioni a partire da tutti gli elementi che riesce a trarre dalle premesse di cui dispone e dei quali riesce a stabilirne la validità quindi a questo punto l’intenzione muove sì da qualcosa ma muove da quella proposizione che è stata ritenuta valida dal sistema, a questo punto viene riconosciuta come valida quindi diventa la premessa per un altro percorso, e di nuovo torno a dire, l’intenzione a questo punto non è altro che il muoversi verso una conclusione che è inevitabile perché non può non trovarla, se non la trovasse sarebbe un problema perché dovrebbe andare in un’altra direzione, ma deve trovarla per potere funzionare. Dunque ecco perché gli umani parlano, per fare funzionare questo sistema operativo, ora potremmo dire qual è l’intenzione? Se proprio dovessimo dirla tutta cosa diremmo? Qual è l’intenzione effettiva? Fare funzionare questo sistema operativo, il linguaggio non ha nessun altra ambizione nella sua esistenza che procedere nel modo che abbiamo detto, esattamente come le macchine, né più né meno. Gli umani parlano per questo motivo e il linguaggio di cui sono fatti, questa sorta di sistema operativo li costringe letteralmente a comportarsi in questo modo cioè andare avanti all’infinito in questo modo, cioè muovere da certe premesse, le premesse poi sono qualunque cosa che viene creduto essere vero anche quello che dice la mamma al bambino piccolino, la mamma dice “se non mangi la minestra viene l’uomo nero” questa può essere una premessa e poi da lì si costruisce “se non mangio la minestra viene l’uomo nero”. La premessa può essere qualunque cosa ovviamente ma a partire da questa premessa, una volta che è stata riconosciuta come vera da lì costruisce tutta una serie di cose e può utilizzare soltanto quelle conclusioni che ritiene essere vere quindi gli umani parlano al solo scopo di costruire proposizioni vere, c’è un’altra intenzione al di là di questo? Se sì quale e da dove arriva? Perché è chiaro che ciascuno non è che mentre parla ha soltanto questo come obiettivo, cioè costruire una proposizione vera anzi, quello che ha in mente è tutt’altro ma la questione è che il processo mano a mano che si amplia ovviamente si complica così come la logica. Voi prendete i primi assiomi della logica sono banalissimi “se A allora se B allora A” prendete invece la dimostrazione di Gödel di incompletezza, sono trenta pagine di formule senza neanche una pausa, cioè la questione si è complicata nel frattempo eppure lo schema di base è sempre lo stesso, il modus ponens quello di cui dicevamo, come fa a complicarsi così una cosa così semplice? Questi elementi molto semplici vengono implementati di volta in volta da altri assiomi, per esempio, da altri elementi e quindi ad un certo punto sfugge tra virgolette, non è proprio così, ma “sfugge” l’obiettivo reale chiamiamolo così del linguaggio e allora anziché essere quello che è più evidente e cioè concludere con un’affermazione vera è quello, per esempio, di sedurre un fanciullino. Per esempio un’intenzione potrebbe essere quella e ovviamente a questo punto la fanciullina ha perduto l’intenzione strutturale, quella che aveva del funzionamento del sistema operativo di cui è fatta e pensa che sia effettivamente sedurre il fanciullino del quale una volta sedotto non sa più cosa farsene, come talvolta accade. Come può avvenire una cosa del genere cioè che un’intenzione, quella del sistema operativo ad un certo punto venga completamente perduta a vantaggio di un’intenzione assolutamente particolare? Qualcosa che Marx chiamerebbe una sovrastruttura e cioè qualcosa che va al di là di ciò che è necessario al funzionamento del linguaggio, come può avvenire un fenomeno del genere? Esattamente allo stesso modo in cui può avvenire che leggendo un buon manuale di logica vi accorgete che dalle prime informazioni che sono semplicissime si arrivi a costruzioni di formule di una tale complessità che può essere difficile da seguire. Come dire che il punto di partenza è andato perduto a causa della complessità perché, facciamo l’esempio della logica, per muovere da una semplice considerazione “questo è questo” da cui si parte generalmente e probabilmente, poi da lì si aggiunge un altro elemento “questo allora non è quest’altro” “ma quest’altro ha una caratteristica che questo non ha” e così via, si ramifica all’infinito la cosa per cui “questo è questo” viene perduto totalmente alla fine, non c’è più, tant’è che nessuno si preoccupa di stabilire se questo è questo, diventa ovvio ma non lo è affatto affermare che questo è questo, potrebbe essere un’affermazione di una tale complessità da perderci la testa per poterlo affermare in modo sicuro. E così accade anche per la fanciullina che ha perduto di vista il sistema operativo di cui è fatta per cui diventa fondamentale invece sedurre il fanciullino senza accorgersi che di fatto ciò che sta facendo non è nient’altro che costruire una sequenza che deve concludere con una affermazione vera in modo che il sistema sia soddisfatto e possa proseguire …

Intervento: scusi Faioni rientra la realtà a questo punto? sedurre una persona …

Subentra un’infinità di cose, compresa quell’idea della realtà certo, questa si inserisce come altro gioco linguistico, l’idea della realtà sorge dal fatto che l’esistenza che è connessa con le parole o viene ricondotta là da dove arriva cioè dal sistema operativo quindi al linguaggio oppure viene attribuita a qualche cos’altro, ora siccome gli umani hanno un orientamento che è prevalentemente visivo viene riferito a ciò che vedono, se avessero un orientamento olfattivo allora esisterebbe ciò che si annusa cioè ciò che ha un odore per esempio, i pipistrelli hanno orientamento acustico più o meno come i sottomarini, ma non vedono quindi ciò che è la realtà per noi, questo per esempio, per loro è tutt’altro. Non potendo per l’assenza di strumenti e per altri motivi ricondurre la questione là da dove parte e cioè dalla struttura del linguaggio allora viene appoggiata a qualche cosa che proprio in seguito al fatto che gli umani hanno orientamento visivo, sulle cose che si vedono: “lo vedo e quindi esiste”, questa formulazione che di fatto è assolutamente arbitraria, questo criterio che è assolutamente arbitrario diventa poi di uso comune, diventa il modo di pensare di tutti con tutto ciò che questo comporta naturalmente e cioè tutte le superstizioni che a cascata vengono seguono. A questo punto possiamo dire che l’unica intenzione non può che appartenere al linguaggio, la sua intenzione è quella di proseguire e per procedere deve costruire proposizioni vere, gli umani potrebbero fare altrimenti? Gli umani sono fatti di linguaggio, possono prendere iniziative che esulino dalla struttura di cui sono fatti? No, e di conseguenza fanno esattamente ciò che il linguaggio li costringe a fare, qualunque intenzione abbiano questa intenzione è quella di costruire una proposizione per concludere in modo vero indipendentemente da ciò che afferma quella cosa che a questo punto non ha più nessun senso così come non hanno senso, più propriamente non hanno significato le proposizioni della logica, l’unico significato è quello di essere vere o false, nessuna altro, è l’unica cosa che gli umani cercano: potere stabilire se ciò che affermano è vero o falso anche laddove la fanciullina cerchi di sedurre il fanciullino, solo che bisogna metterci un po’ di passaggi in mezzo per arrivare a questa conclusione, però il discorso che ciascuno fa non ha nessun altro obiettivo che questo, che poi potete anche pensare, che come dicevamo prima, che ci sia l’intenzione di trasmettere informazioni, e perché? A che scopo? Se proseguite nella catena vi rendete conto che di fatto l’intenzione a cui arrivate alla fine non è nient’altro che quella del linguaggio, come non potrebbe essere altrimenti …

Intervento:  ma il libero arbitrio a questo punto viene negato totalmente o rimane una sorta di …? Perché sembra che da una parte ci sia…però dall’altra c’è una sorta di necessità, un arbitrio necessità) si chiama determinismo in termini tecnici della filosofia morale sì e tu cosa diresti? (alla fine il libero arbitrio è come se non ci fosse nel senso che se è tutto “programmato” però è una sorta di programmazione che viene fatta liberamente …

La risposta andrebbe articolata in due tempi 1) verte sulla nozione stessa di libero arbitrio 2) sulla possibilità di questa cosa che chiamiamo libero arbitrio. Intanto cosa si intende generalmente con libero arbitrio? La possibilità, la capacità della persona di decidere indipendentemente da cause esterne e quindi di modificare la propria condotta o il mondo esterno in base alla propria volontà, generalmente si intende una cosa del genere, questa nozione di libero arbitrio che è stata inventata dalla chiesa prevalentemente muove dall’idea che ci sia un soggetto, un soggetto non grammaticale ma ontologico il quale soggetto non è, come abbiamo reperito ormai da tempo, qualcosa che non è altro che il suo discorso ma un’entità a se stante la quale può decidere, può fare, può dire etc. se tu consideri il parlante per quello che è cioè come un discorso allora la nozione di libero arbitrio cambia perché a questo punto è libero arbitrio rispetto a che? E qui veniamo alla seconda questione, quando Alan Turing cercava di costruire la sua macchina si era reso conto che tutto sommato costruire una macchina “pensante” tra virgolette non era così difficile, gli si danno dei comandi e gli si mette una sorta di sensibilità, sensibilità: bene/male – giusto/sbagliato – fare così/non fare così - corretto/errato – di qua è permesso/ di qua no – porta aperta/porta chiusa, la sensibilità è fatta così, ora a questo punto non bastano queste semplici istruzioni per fare una macchina pensante perché sì, si può costruire una macchina che reagisce in un certo modo a certi input ma non può, diceva lui giustamente, non può anche una macchina ben costruita avere l’esperienza che ha anche soltanto uno studente universitario già a vent’anni, in questi vent’anni questa persona ha interagito con una quantità sterminata di elementi, di persone, di discorsi cioè ha avuto una quantità infinita di “interferenze” come le chiama lui che hanno interferito con il suo modo di pensare quindi lo hanno implementato continuamente con nuove istruzioni, ora diceva lui occorrerebbe mandare in giro questa macchina per le strade a fare esperienza, che potrebbe apparire complicato, lui si preoccupava del fatto che allora queste macchine erano grosse come questa stanza e mandarle in giro potevano fare danni, però ecco mandarle in giro a fare esperienza che è la cosa che fa un bambino che incomincia a crescere e che diventa un ragazzo etc., ma cosa vuole dire fare esperienza? Che acquisisce nuove informazioni e soprattutto nuove relazioni fra le informazioni che acquisisce, una quantità enorme, magari ci starebbero tutte in un chip grande così però questa è un’altra questione, per cui ecco che il libero arbitrio a questo punto va affrontato in un altro modo, un modo che è molto semplice, c’è un sistema che è chiuso che è il linguaggio dal quale non si può uscire e in questo senso si può parlare di determinismo, voglio dire che può costruire soltanto e può dire soltanto quelle proposizioni che risultano vere a partire dalle premesse date, questo è il limite, questo è ciò che impedisce la libertà assoluta nel linguaggio, non è libero perché tutte quelle proposizioni che rileva essere false vengono scartate e accolte solo quelle vere, ma all’interno di questo sistema che è chiuso può costruire infinite combinazioni di proposizioni, così come le note musicali, come sai sono 7, quanta musica è stata fatta da quando esiste? E continuerà a farsene all’infinito, finché esisteranno gli umani continuerà ad esserci la musica. Allora c’è un determinismo Eleonora, e l’unico determinismo di cui possiamo parlare è la struttura del linguaggio, la sua sintassi, è questa che determina i limiti entro cui è possibile muoversi, esattamente come nell’ambito della logica per via della sintassi e della grammatica all’interno di queste regole puoi muoverti, fuori no fuori, ci sono le affermazioni false delle quali affermazioni false il linguaggio non sa che farsene cioè non può procedere: è questo il determinismo; la libertà assoluta sta nel fatto che all’interno di questa struttura è possibile costruire una quantità infinita di proposizioni come direbbero i logici è possibile derivare una quantità infinita di proposizioni valide a partire dalle premesse date quindi esattamente come dicevi tu è a un tempo determinato rigidamente ma anche un totale libero arbitrio, che non è un paradosso, così come dire che è un sistema chiuso ma al tempo stesso infinito perché è chiuso da limiti ma è infinito in quanto può costruire un numero infinito di proposizioni, di affermazioni. Tutto questo consente di leggere, di considerare, di valutare in modo totalmente differente il testo di Freud riguardo alle associazioni, riguardo il modo in cui una persona o al perché una certa persona ad un certo punto ha certi pensieri, tecnicamente sarebbe possibile, dico tecnicamente, ricostruirli con una macchina in modo molto veloce naturalmente e fino al punto di partenza, tecnicamente potrebbe essere possibile, sarebbe un po’ complicato però, anche perché queste continue e infinite interferenze che intervengono modificano ininterrottamente non il sistema operativo ma le connessioni, le relazioni, gli agganci fra i vari elementi vengono modificati ininterrottamente, questo è ciò che comunemente è inteso con la ricchezza del pensare umano, mentre si suppone le macchine non potrebbero avere opinione false perché le macchine se potessero essere attrezzate, addestrate, implementate potrebbero avere benissimo in fondo la memoria chimica di cui dispongono gli umani che non è migliore di quella elettronica che è anche più veloce …

Intervento: non sono ancora completamente convinta …

Lo so che non ti piace pensare in questo modo, trasformare una dichiarazione d’amore in una sequenza di caratteri macchina potrebbe essere …

Intervento: che triste!

Ciò che ha consentito ad alcuni che sono stati coloro che hanno inventato il computer Turing è uno di questi ma anche Hilbert, Von Newman, Alonso Church e altri … è stato pensare al modo in cui pensano gli umani e tradurlo in qualche cosa di meccanico e quindi ridurlo, in senso non spregiativo, ma di ricondurlo a elementi più semplici, maneggevoli, minimi termini in modo da potere poi, stabiliti quali sono i termini base, poterli implementare all’infinito, che è esattamente quello che avviene in un bambino dal momento in cui incomincia a parlare, dal momento in cui incomincia a partecipare del linguaggio da quel momento incomincia ad acquisire una quantità sterminata di informazioni, nel giro di pochi mesi già ne ha acquisita una quantità enorme. Come si forma il carattere di una persona? Con l’educazione, insistendo su alcune cose, per esempio, il bambino fa una certa cosa “no, non si fa così” eventualmente si sgrida, alla fine l’intendimento dell’educazione è fare in modo che vada in una direzione anziché in un’altra. Occorre immettere nella macchina queste informazioni “buono/cattivo” la questione morale è né più né meno un segnale di piacere/punizione, lo chiamano così, piacere/punizione, immettergli questi segnali prendendo spunto da come si educa un bambino: se prende la marmellata lo si sgrida e dopo un po’ prende più la marmellata, almeno non visto dai genitori però a questo punto già c’è stata un’elaborazione, ha già fatto un certo numero di passaggi e di conseguenze. Dunque gli si immettono alcuni comandi piacere/punizione in modo che la macchina riconosca una cosa come positiva e un’altra come negativa, passa corrente non passa corrente, è ridotta a questo certo però per la macchina può significare buono/cattivo, d’altra parte anche per gli umani funziona così, sono in fondo questi input che riceve, in una macchina sono elettronici, negli umani sono elettrochimici però sono sempre impulsi, ora non è che ci interessano gli impulsi ovviamente ma queste cose hanno interessato queste persone per intendere come funziona l’educazione di un umano e quindi quali sono i primi elementi da cui partire, positivo/negativo, buono/cattivo e in questo modo si costruisce un’educazione e quindi anche un’educazione morale, civica, sociale, politica etc. attraverso questi comandi poi, torno a dirvi, è chiaro che un bimbetto crescendo riceve una quantità tale di interferenze e di impulsi che il più delle volte sfuggono al controllo, come può accadere anche con le macchine per altro sfuggendo al controllo …

Intervento: sì però le premesse permangono?

Quelle premesse che permangono sono quelle che permettono agli impulsi di esistere e di avere un significato e di avere una direzione, di avere una possibilità di funzionare …

Intervento: sono le regole che rimangono …

Senza questa implementazione continua come diceva Turing in modo così bizzarro, l’umano sarebbe solo una macchina cioè eseguirebbe delle istruzioni per quanto stupide siano all’infinito, finché qualcuno gli dice di arrestarsi, come fa una macchina, ma non è così ovviamente perché nel frattempo ha acquisite una quantità sterminata di altre informazioni per cui non si comporta così. Adesso abbiamo utilizzato questo esempio delle macchine perché ci è più semplice intendere il meccanismo però la struttura fondamentale è questa ed è straordinariamente semplice, il linguaggio è una struttura semplicissima, come la logica, fatta di pochissimi comandi e di pochissime regole date le quali è possibile costruire tutto, tutto ciò che gli umani hanno costruito, pensato detto in questi ultimi tremilioni e mezzo di anni. A questo punto ci rimane da intendere qual è la struttura che consente il passaggio da un elemento così semplice, un comando banalissimo, a una struttura invece molto complessa com’è quella del pensare comune degli umani, appunto come accade grosso modo che da una necessità di concludere con una proposizione vera si giunga a un desiderio di sedurre un fanciullino, ci sono dei passaggi in mezzo però adesso non è che dobbiamo ricostruire tutti i passaggi, non ci interessa ovviamente, però intendere se è possibile costruire una struttura, intendere una struttura che consenta la costruzione di passaggi di questo tipo, potrebbe essere interessante, grosso modo mi sembra che la struttura del funzionamento del linguaggio l’abbiamo individuata, funziona così.