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21-3-2002

 

Il sillogismo anapodittico

 

Intervento: circa la formalizzazione della proposizione principale forse la strada dell’enunciazione è più semplice…

sì certo, in effetti era un gioco, quando avremo compiuta questa operazione sicuramente ci sarà più chiaro, ma perché saremo passati attraverso una serie di proposizioni…

Intervento: il lavoro che è stato fatto negli ultimi dieci anni… cos’è, si parte dal fondo per arrivare al principio?

È un lavoro che procede da alcune constatazioni che abbiamo fatte in questi ultimi dieci anni, che sono riassumibili in una formula: qualsiasi cosa questa è necessariamente un elemento linguistico. Il lavoro che stiamo facendo è duplice, da una parte trarre tutte le implicazioni necessarie che seguono a questa affermazione, dall’altra costruire una serie di proposizioni sempre più semplici, sempre più accessibili in modo da potere costruire un discorso tale da essere fortemente persuasivo… anche una persona che non ha mai sentito nulla di queste cose potrebbe accedere con molta facilità, terzo e non ultimo anzi, forse il primo, porre le condizioni per costruire una tecnica psicanalitica più efficace, più rapida, più semplice e che consenta, dicevamo forse la volta scorsa, a una persona di acquisire rapidamente il funzionamento del linguaggio e che pertanto anche il funzionamento di quella che comunemente è detta nevrosi.

Intervento: quindi l’applicazione, trovare una struttura semplice e necessaria…

Esattamente, e arrivarci non è stato semplicissimo. L’aspetto più complicato, nel nostro caso ma non soltanto e quindi anche in una psicanalisi, è riuscire a modificare il modo di pensare che induce a considerare assolutamente normali, del tutto naturali cose che invece non lo sono; a questo riguardo provate a considerare o a immaginare il linguaggio come una struttura il cui funzionamento sia questo: muove da un elemento che noi chiamiamo premessa per giungere a un altro che chiamiamo conclusione, questa conclusione verrà accolta ad alcune condizioni se no, no, se viene accolta questa conclusione costituirà la premessa per un’altra conclusione e così via all’infinito. Sono giunto a considerare che il linguaggio non faccia nient’altro che questo, qualcosa di molto simile a ciò che i medioevali chiamavano “modus ponendo ponens”: “se A allora B, ma A dunque B”. È un modo di concludere che riprende un po’ il sillogismo anapodittico degli stoici…

Intervento: gli epicurei sì che avevano iniziato la psicanalisi

ah sì?

Intervento: sì, dicevano che tutte queste sovrastrutture concettuali non servono a nulla. Il timore degli dei, il timore della morte, del dolore dicevano che non erano necessari

si sbagliavano servono, servono a mantenere lo stato sociale, bisogna tenerli buoni i cittadini, ha un utilizzo formidabile

Intervento: però per la persona no, evidentemente

questo è un altro discorso… quindi vediamo se in effetti il linguaggio non è altro che questo una struttura in cui l’unico obiettivo non è altro che questo, un sistema che compie queste operazioni. Dicevo però che il modo in cui si muove prevede che la conclusione debba essere vera, solo a questa condizione è possibile utilizzarla come premessa per costruire un altro sillogismo e quindi deve fornire le condizioni per potere stabilire se è vera oppure no, la condizione è quella che aveva trovata Kant grosso modo, e cioè è vero tutto ciò che non è autocontraddittorio, quindi l’unico obiettivo è potere costruire una proposizione che concluda a qualcosa di vero. Che cosa ci induce ad affermare una cosa del genere? Affermazione che potrebbe apparire abbastanza forte nell’ambito del pensare civile comune, cosa ci induce dunque? Già tempo fa abbiamo considerato che l’unico obiettivo, l’unico scopo che ha il linguaggio non fosse altro che proseguire se stesso, non ne ho trovati di migliori, con migliori intendo dire di provabili, ora proseguire se stesso certo, ma come? La logica ci induce ad affermare questo, cioè che l’unico scopo di un gioco è proseguire se stesso, non ne ha altri, le regole sono fatte per questo, per farlo proseguire, ma il linguaggio, che non è altro che il gioco in atto, che obiettivo ha oltre che proseguire se stesso e come ottiene questo obiettivo? Costruendo proposizioni che siano vere, cioè che risultino vere nell’ambito delle regole fornite dal linguaggio e quindi l’unica cosa che gli umani fanno e che possono fare, che sono autorizzati a fare in un certo senso, è cercare di costruire proposizioni vere e di affermarle. C’è l’eventualità, che sto considerando, che non ci sia nient’altro da fare e cioè che il linguaggio non consenta di fare nient’altro, poi chiaramente con tutti gli arzigogoli possibili e immaginabili, ma soltanto potere affermare qualcosa di vero. Due considerazioni possono farsi, l’una prettamente teorica, logica, e l’altra quella che sorge dall’esperienza, l’una deduttiva e l’altra induttiva. incominciamo da quella induttiva: provate a considerare che cosa fanno gli umani quando parlano, costruiscono un discorso, questo discorso che cosa deve dire, che cosa deve affermare? Dove deve giungere se non a stabilire qualcosa di vero, perché due persone parlano fra loro? Che cosa fanno esattamente quando parlano tra di loro, affermano delle verità o cose che ritengono tali, o cercano insieme di giungere a qualche cosa che sia la verità per entrambi, quando si chiacchiera amabilmente, quando si cerca di risolvere un problema, quando si cerca di capire da dove viene qualcosa o che fondamento ha, c’è qualcosa di differente da una ricerca di una verità? No. Fanno esattamente questo, che è un gioco, sempre e comunque anche quando due signore al mercato con la borsa della spesa chiacchierano fra loro, fanno esattamente questo, continuano ad affermare cose che ritengono vere “sai cosa ha fatto tizio? Sai cosa ha fatto tizia? Tizia si è messa con Caio” etc.

Intervento:

Certo, ma perché affermare una cosa del genere? Perché dirla se non perché si “sa” tra virgolette (questo “si sa” è molto condizionato) che ciò che sta affermando è vero; questo induce a sospettare che gli umani da quando si trovano nel linguaggio e fin quando ne escono per così dire, posto che abbiano questa prerogativa, non fanno dunque nient’altro che questo: dire, affermare qualcosa che ritengono vero, anche quando mentono ovviamente sanno qual è la verità e quindi questo consente loro di mentire, questo è l’aspetto induttivo. Quello deduttivo invece muove da un’altra considerazione che è quella che abbiamo fatto occupandoci della logica, che il gioco non può avere nessun altro obiettivo se non proseguire se stesso. La condizione perché il linguaggio possa proseguire è, in prima approssimazione, che il discorso giunga a una conclusione e che questa conclusione sia vera per potere proseguire da lì a un’altra conclusione, questo è l’andamento generale e quindi non può esimersi dal concludere qualcosa e non può esimersi dal fatto che tale conclusione occorre che sia vera, il problema certo è stabilire di volta in volta se lo è oppure no… Intervento: se no deve sempre cominciare da capo dalla prima premessa

infatti funziona esattamente così, di fronte per esempio ai famosi paradossi, è avvenuto esattamente questo, si ricominciava da capo ogni volta senza giungere a nessuna conclusione possibile…

Intervento: è come se si fa un discorso fra le persone se si fa crollare la prima considerazione si è distrutto il discorso.

Certo, e funziona così in ambito per esempio processuale, si dice in quel caso che cadono le accuse, se cade la premessa, cadono le accuse, e anche in ambito scientifico, si stabilisce che la premessa non regge e quindi tutto ciò che segue crolla, quindi il problema è sempre stato quello di potere stabilire nel caso del linguaggio la verità della premessa, perché se la premessa non è vera per tutto ciò che ne segue sarà un problema, e quindi perché la “B” dell’inferenza “se A allora B” sia vera occorre che lo sia la “A”, quindi la ricerca della verità nel parlare comune non è altro che la ricerca della possibilità di potere proseguire a parlare, e apparentemente non c’è nient’altro che questo. È una bizzarra struttura che consente di creare cose ma cose che non servono a nient’altro che a questo: la loro funzione è unicamente quella di potere affermare la verità e quindi potere continuare il gioco, poter continuare a giocare, nient’altro che questo.

Intervento: questo trovare la verità consente di sbarazzarsi di tutta una serie di elementi che a quel punto non servono più, posso cominciare da lì e proseguire

Proseguire certo…

Intervento: ma tralasciando tutta una serie di elementi

ma elementi che hanno preceduto e hanno avuto la funzione di condurci fino a questo punto, così come in una partita a poker, tutte le mosse precedenti sono funzionali al fatto di potere giungere a una conclusione ma in quanto tali non hanno nessun interesse una volta poste in atto. Una teoria del linguaggio si occupa di giochi linguistici, ma questi giochi paiono fatti in questa maniera e giochi apparentemente e straordinariamente semplici

Intervento: come se fosse una struttura sempre in potenza

no in atto, una…

Intervento:

dipende dal modo in cui poni la questione, in effetti nel momento in cui A sta concludendo qualche cosa per potere proseguire, questa conclusione è in atto, è lì al momento, quella è d’altra parte la condizione perché ci sia in potenza un’altra conclusione e non potrà non esserci perché il linguaggio vieta che ci si fermi, che il gioco possa fermarsi. In questo senso si può anche considerare tutto ciò che gli umani hanno fatto in questi ultimi 2500 anni, potremmo affermare che non hanno fatto nient’altro che questo? Molto probabilmente sì, costruire delle proposizioni, delle costruzioni, mettere in atto delle costruzioni con l’unico obiettivo per potere porre in essere ciò che il linguaggio costringe a fare, affermare qualcosa per compiere la mossa successiva. In questo caso l’unico senso di cui si può parlare con qualche criterio non è altro che questo

Intervento: perché allora si crede di fare altro?

avevamo considerata tempo fa la struttura del credere in qualunque cosa e la condizione per potere credere è quella di inibire l’accesso al sistema operativo, una volta che è inibito questo accesso allora si cercano necessariamente altri motivi, si cerca un motivo che non è più all’interno della struttura che consente di reperirlo ma da qualche altra parte e si comincia a costruire qualche cosa che risponda alla domanda “che senso ha tutto questo?” Inibito l’accesso al sistema operativo ecco che si crea una qualunque altra cosa, da dio in poi…

Intervento: mi viene da dire che questo credere sia funzionale a qualche cosa quindi perché a questo punto credo, perché questo accesso al sistema operativo è impedito

una bella domanda, posso soltanto azzardare delle ipotesi…

Intervento: è come se l’accesso al sistema operativo costituisse una sorta di pericolo ovviamente…

no, è qualcosa di più, è necessario se è inibito l’accesso al sistema operativo credere in qualcosa, diventa necessario perché è il linguaggio stesso che costringe a compiere questa operazione in quanto se c’è una “B” necessariamente c’è una che ne è la condizione, ora se l’accesso al sistema operativo è consentito allora tutto è immediatamente evidente e semplice, ma provate a pensare che questo accesso sia inibito allora questa “A” bisogna cercarla fuori dal linguaggio ma non posso, non è possibile non cercarla…

Intervento: è come se poter accedere al sistema operativo comportasse l’espulsione del linguaggio, cioè l’impossibilità di proseguire

non se comporta una cosa del genere…

Intervento: ma si pensa questo

sì, nel luogo comune certo, la perdita di senso delle cose ha a che fare con una cosa del genere, sì, non c’è più il supporto e quindi è ovvio che se è necessario credere in assenza di accesso al sistema operativo e si smantella una credenza, se permane l’impossibilità di accedere al sistema operativo è la catastrofe…

Intervento: è come se questa struttura del linguaggio dovesse sostenersi su qualcosa anziché sostenersi da sé, essere autoreferente il linguaggio è così autoreferente, l’idea è che togliendo questo referente il linguaggio si dissolva, la questione è questa che cosa è funzionale, perché…

cosa è funzionale a che cosa?

Intervento: del fatto per esempio che si pensi che possa esistere qualche cosa che è ciò che permette di poter giocare fuori dal linguaggio

non so se è questo il problema, in effetti il senso è ciò che da una direzione e soprattutto fornisce come dice lei i criteri di verità, e cioè: se le cose stanno così allora posso proseguire; in questo caso il linguaggio, tenendo conto che per lo più è considerato come un mezzo per descrivere qualcosa… Intervento: questo nel luogo comune ma non solo nel luogo comune ma …forse perché la struttura che permette la credenza in dio o in tutte le altre cose, la sostanza ecc. costruita da Aristotele tutto sommato, funziona, così come quando non si afferma ma si crede che qualsiasi cosa è un atto linguistico ha la stessa struttura nel senso che cerca la sostanza dell’atto linguistico al momento in cui interviene qualcosa per cui questa struttura non produce più la credenza nell’atto linguistico ma produce l’atto linguistico a quel punto posso considerare come funziona il suo funzionamento, ma fintanto che non lo posso praticare.

La questione è come avviene che non si abbandona ciò che si ritiene necessariamente e assolutamente vero, nel caso per esempio del fondamentalista islamico, non abbandonerà mai le sue certezze, o uno trova una verità, come il fondamentalista islamico o come qualunque altra forma di religione non ha importanza, che spieghi qualunque cosa e allora è soddisfatto, non la mollerà mai più, oppure c’è una fede assoluta e cieca che qualche cosa o qualcuno troverà primo o poi una cosa del genere, ma sorgono dei problemi perché non è che mostrando la verità assoluta, per esempio, le persone ci credano immediatamente, non funziona così se no avremmo dovuto affittare lo stadio olimpico, non funziona così, c’è qualche altra cosa che interviene…

Intervento: una affermazione che per esempio mi è accaduta di ascoltare non è quella sorta di relativismo che adesso si sta affermando ma l’assoluta necessità per esempio di qualcosa di superiore può essere lo stato, c’è però molta tolleranza sul cosa possa essere.

Sì, è la ricerca dell’assoluto, e la ricerca dell’assoluto è in chiunque e teoricamente potremmo fornirlo questo assoluto. L’idea che comunque ci sia qualche cosa del genere non è un’idea così sgangherata, infatti c’è qualcosa che è la condizione di qualunque altra: il linguaggio

Intervento: è il gioco che sto facendo che mi determina sono in quanto sono in questo gioco…mi ritorna sempre perché questo discorso sia costruito in questa maniera…quello che mi interroga perché forse è lì il punto al momento stesso in cui si coglie questo è come dire a un fondamentalista islamico …riuscire a persuaderlo che ciò che sta facendo è un sacco di balle…se il linguaggio permette qualunque cosa deve permettere anche questo

sì teoricamente sì, cioè la questione che lei continua a porre è perché si è perso l’accesso al sistema operativo…

Intervento: perché si è perso l’accesso al sistema operativa ma perché oltretutto è protetto?

sì direi che la struttura stessa del linguaggio in qualche modo protegge, ne protegge l’accesso. Tempo fa dicevamo proprio qualcosa del genere, e cioè il fatto che è strutturale al funzionamento del linguaggio che gli umani credano e cioè non possano non farlo, non possono non farlo perché comunque il linguaggio costruisce delle cose e da quel momento esistono e per accorgersi che questa esistenza è determinata dal linguaggio evidentemente occorre un lavoro, non è così automatico, l’accesso al sistema operativo non c’è mai stato, dal momento in cui uno entra nel linguaggio accoglie tutto ciò che vede, che esiste per lui, come esistente per sé, e in effetti perché dovrebbe pensare che esiste perché c’è il linguaggio, attraverso che cosa? Cioè occorre già quanto meno una raffinatezza di pensiero, pensate per esempio ai sofisti, si sono avvicinati certo, però era gente con i fiocchi, come dire che non è automatico all’interno del linguaggio l’accesso al sistema operativo, non è affatto automatico

Intervento:

ho idea anch’io, sì non può essere automatico se no la cosa sarebbe già stata posta in termini chiarissimi tremila anni fa, ma così non è avvenuto

Intervento:

sì, è vero, ci siamo andati vicini pur restandone lontani, noi si attribuiva a questo una sorta di virus facendo questa allegoria informatica, non è che ci avessimo molto riflettuto, però in effetti certo ponendo la questione nei termini in cui l’abbiamo posta adesso diventa molto più chiara e molto più semplice: non c’è mai stato nessun accesso al sistema operativo. Possiamo anche porre la questione in questi termini, il risultato non cambia, cambia probabilmente il modo di approcciare la questione, come dire che a questo punto è il linguaggio, la sua struttura che in qualche modo ne sbarra l’accesso o che quanto meno lo scherma… questo comunque ci consente di pensare il linguaggio, la sua struttura come qualcosa che strutturalmente impedisce l’accesso al sistema operativo, e lo impedisce in modo molto semplice, in effetti diciamo che molto semplicemente non fornisce gli strumenti per poterlo rilevare, per cui uno perché dovrebbe pensarci…

Intervento: qualunque modifica di regole del gioco avviene attraverso regole del gioco senza modificare la struttura) da qui qualche difficoltà e qualche empasse degli ultimi millenni nel pensiero degli umani certo le cose non possono modificarsi se non si modifica il modo di pensare cioè se non c’è accesso al sistema operativo, non è altro che riprodurre sempre e comunque la stessa solfa inevitabilmente non c’è scampo

non è che non ci sia la possibilità, c’è, noi abbiamo accesso al sistema operativo…

Intervento: costruendo questo accesso, è questa la differenza… avere la possibilità di potersi porre fuori dal sistema operativo

è interessante questa cosa cioè lei dice, che non c’è accesso al sistema operativo in nessun modo perché per averne accesso si dovrebbe porsene al di fuori, però non è così automatico…

Intervento:

in effetti avviene così, solo che qui abbiamo utilizzato lo stesso linguaggio, in effetti se ci pensate bene che cosa ci ha consentito l’accesso al sistema operativo? Nient’altro che la ricerca dei fondamenti, trovare l’ultimo fondamento, quello necessario, quello inevitabile, quello che non può non esserci, è questo che ci ha consentito di accorgerci di un sistema operativo che è funzionante e che è l’unica cosa che risulta necessario, della quale è possibile affermare la necessità

Intervento:

Sì, avere considerato questo può rendere le cose più semplici per un certo aspetto, cioè dovremo lavorarci ancora ma così come ci è apparso questa sera il linguaggio, questa struttura, è come se mascherasse se stessa, in effetti c’è voluto un certo sforzo per accederci… c’è ma non consente per lo più l’accesso a se stesso. parlando si produce qualcosa, ciò che è prodotto a questo punto non viene più considerato un elemento linguistico, una volta che è lì viene considerato altrimenti, già bella storia…

Intervento: questo bisogno di dire la verità e di essere il fondante e non poter riconoscere che è un gioco che si sta costruendo questo ritorno alle origini, bisogno di sensazione, di fantasie

ha detto qualcosa che quantomeno ci fornisce una direzione, in che modo il linguaggio impedisce l’accesso a se stesso tendendo conto di ciò di cui dicevamo prima, che rimane ovviamente, e cioè il suo funzionamento, cioè la necessità di potere affermare qualcosa di vero per potere andare avanti, se no c’è il blocco, come di fronte a un paradosso…

Intervento: se io parto da una premessa qualunque il vero deve essere tale che in qualche modo conferma la premessa, se la premessa è il linguaggio questo vero ha un’altra funzione) certamente (che è quella di confermare il linguaggio e cioè quella di farlo proseguire

certo, vedere perché il linguaggio inibisce l’accesso a se stesso attraverso che cosa? Come avviene? Bene ci riflettiamo una settimana.