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21-2-2007

 

Eleonora legge:

 

0.        La proposizione: “qualunque cosa è un elemento linguistico” è necessaria.

Problema

1.               L’asserto: “qualunque cosa è un elemento linguistico” oppure: “qualunque cosa appartiene necessariamente al linguaggio”  è un asserto necessario?

2.               La definizione di “necessario”, qualunque essa sia, è necessaria?

3.               Se “necessario” non ha una definizione, che cos’è?

4.               Se si stabilisce che il linguaggio possa costruire qualunque cosa allora qualunque definizione non sarà necessaria ma arbitraria. Poiché se si afferma che una certa definizione è necessaria allora occorre fornire una definizione di “necessario” che sia necessaria. Ma questa seconda definizione come potrà garantire di sé di essere necessaria? Si innesca un processo circolare o una regressio ad infinitum che renderanno impossibile stabilire una definizione di “necessario” che sia necessaria.

5.               Corollario: Appare non possibile assiomatizzare il linguaggio poiché una qualunque presentazione assiomatica sarà non necessaria.

6.               La struttura del linguaggio impedisce che una sua costruzione sia necessaria. Infatti qualunque costruzione segue al linguaggio, non può precederlo. Pertanto qualunque definizione di “necessario” sarà costruita dal linguaggio.

7.               Questa ultima affermazione è necessaria? Che cosa ci stiamo chiedendo con questo? Il linguaggio è necessario? Se la definizione di “necessario” è non necessaria, che senso ha questa domanda?

8.               La proposizione: “qualunque cosa è un elemento linguistico” è non necessaria.

 

È un problema che vi sottopongo, un esercizio: ho concluso in queste poche righe che l’affermazione che dice che il linguaggio è necessario non è necessaria, contrariamente a ciò che abbiamo sempre sostenuto. Su questa affermazione 1 si è costruita buona parte di ciò che abbiamo detto in questi ultimi quindici anni, la 8 la confuta, dice che tutto ciò che abbiamo costruito, che abbiamo posto come necessario non lo è. Si tratta di costruire una sequenza di proposizioni che giunga ad affermare che la 8 è falsa…

Intervento: per affermare ciò si sta parlando…

Anche per dire che questo è un posacenere devo parlare, ma questo posacenere è necessario per questo? Questa affermazione è necessaria? Occorre trovare qualche cosa che possa mostrare che una affermazione è necessaria, per fare questo occorre che la definizione di necessario sia altrettanto necessaria, perché se la definizione di necessario, a qualunque cosa si rivolga, non è necessaria allora ciò che questa necessità afferma non sarà necessario. Avevamo definito “necessario” come che non può non essere perché se non fosse allora non ci sarebbe neanche tutto il resto, e torniamo da capo: questa definizione è necessaria?

Intervento: la logica della Scienza della Parola è necessaria perché è ciò stesso che fa funzionare il linguaggio noi la chiamiamo logica…

Perché la chiamiamo logica?

Intervento: il problema sorge quando abbiamo parlato della altre logiche…

Di quali altre logiche abbiamo parlato? Concludiamo che se A allora B e se B allora C, allora se A allora C, come chiunque è costretto a concludere in questo modo. La logica modale considera delle modalità quindi il possibile, l’impossibile, il necessario, il contingente. La logica formale intende soltanto costruire una forma dell’argomentazione, non si occupa dell’argomentazione in quanto tale, si stabilisce una sintassi, per esempio dei segni, delle interpunzioni - se allora: il ferro di cavallo cioè il se… allora, la V che sarebbe la disgiunzione, il  “ . ” che è la e, il tilde che è la negazione, dopodiché si stabiliscono delle variabili: p, q, r, solo queste generalmente e allora si stabilisce, per esempio, che una formula ben formata deve contenere soltanto queste cose, queste e nient’altro che queste; questo ci fornisce la sintassi della logica cioè le regole per costruire proposizioni dopodiché la logica formale prevede una semantica e cioè il valore di verità che attribuisce di volta in volta alle variabili, valori di verità che vengono prodotti combinando insieme le proposizioni ben formate e sono le tavole di verità. Queste tavole di verità ci diranno a quali condizioni una fbf (formula ben formata) è vera, per esempio una implicazione è sempre vera tranne nel caso in cui il conseguente sia falso, in tutti gli altri casi è vera. Tutto questo serve naturalmente a costruire sequenze che siano vere, tutta la logica serve a questo: insegna, fornisce gli strumenti per argomentare in modo corretto, per argomentare nel modo più corretto possibile, e occorre che il sistema fornito sia il più semplice possibile, o non ridondante, vale a dire che nessun assioma deve essere derivabile dagli altri. La logica offre uno schema di ragionamento, ho parlato delle logiche formali, nell’ultimo secolo ci si è occupati prevalentemente di logica matematica quindi di sistemi assiomatizzati, cosa vuole dire? Cosa vuole dire assiomatizzare una teoria? Presentare un sistema assiomatico, che cos’è un assioma? Abbiamo detto tempo fa che “assioma” viene dal greco axiomata, che vuole dire degno, cioè è una cosa degna di essere posta come inizio, da qui assioma. L’assioma è una formula ben formata cioè che utilizza soltanto e nient’altro che i termini che vi ho detto prima, cioè una sintassi fatta in modo tale per cui qualunque valore di verità sia attribuito alle sue variabili il risultato sarà sempre 1, cioè il vero, mentre 0 sta per il falso. Da qui possiamo costruire altre sequenze, e queste sequenze devono mostrare di sé di essere sempre vere, e potrete costruire tutto quello che volete partendo solo da un ristretto numero di assiomi, poi ci sono altre regole che adesso vi risparmio, dunque un sistema assiomatizzato, è una sequenza di proposizioni che parte da assiomi e giunge a un teorema, per esempio, che dimostra la deduzione. La deduzione è un teorema, cioè è possibile dimostrare che partendo da una certa cosa si derivano altri elementi, ci sono delle sequenze, dei passaggi che giungono a dimostrare questo, naturalmente la logica necessita di queste dimostrazioni perché ha questo ghiribizzo: procedere per affermazioni che siano sempre vere, perché deve dimostrare oltre che esibire argomentazioni o meglio modelli, schemi di argomentazioni che siano veri, l’utilizzo principale che è stato fatto dalla logica dell’ultimo secolo è stato quello di provare la fondabilità della matematica, ad un certo punto qualcuno ha cominciato a sospettare l’eventualità che la matematica potesse non essere fondabile. Ci si è impegnati in questo a costruire dei sistemi generalmente molto complessi che devono prevedere tutta le possibilità di calcolo ma l’obiettivo era quello provare la fondabilità della matematica e questo è stato possibile, dicevo qualche tempo fa, fino a Gödel, che è riuscito a dimostrare che invece la matematica può contenere una proposizione dimostrabile ma che dice di sé di non essere dimostrabile, e allora si è creato un problema a tuttora non risolto. Come ha fatto? Volete sapere come ha fatto a compiere questa operazione così complicata? Tutti i sistemi, da Hilbert in poi, ci hanno provato utilizzando il calcolo delle proposizioni, però questo calcolo delle proposizioni si è rilevato inadeguato, inadeguato non soltanto per la complessità della matematica ma anche per il fatto che la traduzione dal sistema hilbertiano classico alla matematica diventava complicato e soprattutto diventava impossibile riprodurre lo stesso sistema tornando dalla matematica al sistema del calcolo proposizionale, invece Gödel ha trovato un sistema quello di aritmetizzare il calcolo proposizionale e trasformare tutti i vari connettivi in numeri, i cosiddetti gödeliani, si chiamano così i numeri di Gödel, per esempio assegnando al connettivo ~ il valore 1, al connettivo V il valore 2, al connettivo É il valore 3 etc., in questo modo utilizzando il calcolo dei predicati del secondo ordine cioè inserendo i quantificatori, utilizzando anche il segno + e il segno x moltiplicato, è riuscito a produrre una proposizione all’interno del sistema che ha le prerogative di cui vi dicevo, e cioè di affermare di sé di non essere dimostrabile all’interno dell’aritmetica. Il tentativo estremo di trovare un sistema che provasse il fondamento della matematica ha trovato il contrario, cioè che non è fondabile. Questo ha avuto delle ripercussioni notevoli non soltanto in ambito matematico ma anche in ambito filosofico poiché la logica costituisce il modello del pensare corretto, questo modello che voleva essere assoluto di fatto si è rivelato indecidibile per cui un sistema corretto è come se non fosse costruibile e queste sono le implicazioni filosofiche, qualunque tipo di pensiero comunque ad un certo punto trova una sorta di contraddizione. Il fatto che trovi una contraddizione non è una questione nuova per noi, in effetti come si fa ad esibire dei fondamenti? Come andavo dicendo in queste poche righe, come provare che un fondamento qualunque esso sia risulta necessario, in che modo? Ed è più che legittimo porre la questione della necessità a questo punto, cosa si deve intendere con necessario? E qualora intendessimo qualunque cosa, questa sarà necessaria? Sarà una definizione necessaria? Badate bene: qualunque definizione io ottenga, se non è necessaria allora il problema è bell’ e chiuso, perché qualunque definizione di “necessario” sarà arbitraria, quindi qualunque cosa definirò come necessario sarà arbitrario, però qual è il problema che noi abbiamo rilevato, è il fatto che qualunque assioma, qualunque assiomatizzazione di una qualunque teoria costruisce delle sequenze che pur essendo sempre vere sono arbitrarie, non necessarie, è la stessa obiezione che tutto sommato può porsi a Gödel, il lavoro che ha fatto è notevole, ma anche il sistema utilizzato da Gödel, cioè l’aritmetizzazione degli assiomi del calcolo delle proposizioni, anche questo non è necessario, è un gioco al pari del tre sette e da qui pare che non ci sia uscita, ma ad un certo punto scrivo un corollario, dicendo che non è possibile assiomatizzare il linguaggio cioè fornire una presentazione assiomatica del linguaggio attraverso il quale costruire un sistema che dimostri che il linguaggio che è fondato, perché qualunque sistema assiomatico sarà arbitrario. La via d’uscita sta nel porre la struttura del linguaggio come assioma. Provate a pensare di compiere questa operazione, allora a questo punto ciò che costruiremo e ha unicamente come assiomi ciò che è indispensabile per il suo funzionamento, che potrebbe apparire una buona idea, in effetti non forniamo più un sistema assiomatico arbitrario ma necessario, possiamo introdurre a questo punto questo termine per la costruzione di qualunque sistema assiomatico. Peano quando ha inventato i suoi 5 assiomi li ha posti come indimostrabili, cioè come idee primitive, non ulteriormente scomponibili, naturalmente si riferiva alla matematica, per esempio affermare che 0 è un numero e che il successore di 0 è un numero per Peano erano idee primitive, ma non c’è una dimostrazione propriamente per questo; perché è vero? Potremmo dire che non potrebbe essere altrimenti, ma perché? Cosa costringe a concludere che se 0 è un numero allora il suo successore sarà un numero? A noi interessa sapere perché risulta vera una cosa del genere, quasi ovvia, inequivocabile, esiste un idea, per parafrasare Peano, che costituisca una sorta di idea primitiva riguardo al linguaggio? O un principio primo? Questa è una questione interessante indipendentemente dal fatto che sia assiomatizzabile oppure no, questo per il momento è una questione che non ci interessa, ma in ogni caso possiamo affermare che qualunque elemento deve potersi distinguere da ciascun altro? Potremmo porla come idea primitiva, perché? Perché questa, chiamiamola regola per il momento, è quella che ci consente di pensare di costruire un principio, perché se ciascun elemento non fosse distinguibile da ciascun altro noi non potremmo costruire una proposizione, di conseguenza neanche un formula ben formata, come dicono i logici, che sia fatta oppure no soltanto di una sintassi e di una semantica. Qualunque elemento del sistema deve potere essere distinto da qualunque altro, potremmo porlo come un assioma? È sempre vero? Ci sono dei casi in cui questo potrebbe essere falso? È un problema, se fosse falso e cioè gli elementi non fossero distinguibili gli uni dagli altri, in che modo potrebbero essere utilizzati per la costruzione di proposizioni? In nessun modo, lasciamo stare per il momento il perché e accontentiamoci di questa affermazione “ciascun elemento deve potere essere distinto da ciascun altro”, come dire che se un certo elemento appartiene al linguaggio allora deve essere distinguibile da ciascun altro elemento che appartiene al linguaggio. Potremmo dire che questo è necessario? E costruire una definizione necessaria? Sì e no, sì perché senza questo principio non siamo in condizioni di costruire nessuna definizione, no perché in fondo qualunque definizione abbiamo visto che può essere considerata arbitraria, tuttavia se noi allarghiamo la definizione di necessario e ci facciamo rientrare anche questa affermazione e cioè “ciò che è e che non può non essere perché se non fosse allora non sarebbe nessuna altra cosa” allora all’interno di questa definizione possiamo dire che abbiamo trovato qualcosa di necessario perché risponde al requisito, perché se non fosse così allora non sarebbe neanche questo. E cioè non sarebbe neppure questa definizione. Ma questa definizione che ho appena data è necessaria? A questo punto possiamo anche dire di sì perché contiene ciò che è necessario per costruire una qualunque definizione di necessario. Per il momento prendetela così. Stabilita questa definizione che appare irrefutabile e anche stabilito che qualunque elemento occorre potere distinguersi da qualunque altro, non ci resta che stabilire un sistema inferenziale, quale? Quello che ci permette di concludere ciò che abbiamo appena concluso, come dire: esibiamo le regole di questo sistema che stiamo costruendo mentre lo stiamo costruendo come condizione della sua costruzione e questo sistema che stiamo costruendo è quello che consente di costruire qualunque altro sistema. Questo sistema che stiamo costruendo esibisce man mano che lo costruiamo le condizioni della sua stessa esistenza, cioè il linguaggio. Se io dico che qualunque cosa deve potere distinguersi da qualunque altra mostro una regola, ma questa regola è importante perché se io violo questa regola non posso più costruire un sistema perché non posso più distinguere nessun elemento da nessun altro, gli elementi sono tutti lo stesso elemento….

Intervento: la differenza è necessaria per…

Sì, adesso lei inserisce elementi complessi, quando si ragiona in termini teorici, più rigorosi e precisi possibile, è preferibile evitare di aggiungere altre cose che a questo punto necessitano di ulteriori delucidazioni…

Intervento: ci vuole una differenza per poter costruire qualunque cosa pensavo a una proposizione qualunque che è formata da diversi elementi che per forza devono essere differenti ciascuno dall’altro…

Intervento: ma questa non è un’affermazione necessaria perché questo sistema che stiamo costruendo prevede una affermazione necessaria,e questa è una spiegazione, è un descrivere qualcosa di vero al di fuori di un gioco…

Dicendo che devono essere distinguibili l’uno dall’altro appositamente non ho inserito il termine “differenza” che prevede ulteriori definizioni, dicevo che in questo modo abbiamo già qualche cosa di solido da cui partire, possiamo dire che la possibilità di potere distinguere ciascun elemento da ciascun altro è un assioma? Perché no? Potremmo anche porlo come assioma. Ma questo assioma ha qualcosa di particolarissimo che non hanno gli assiomi della logica, e cioè dice qualche cosa che è necessario per la sua stessa costruzione, senza ciò che dice lui stesso non potrebbe esistere, e questa è una differenza sostanziale dalla logica tradizionale, come abbiamo detto tante volte gli assiomi della logica tradizionale non possono esibire una cosa del genere, hanno cercato per millenni una cosa del genere ma senza trovarla…

Intervento: perché è autoreferente? perché all’interno di sé trova la sua verità?

È qualcosa di più che autoreferente, perché l’autoreferenza non significa che abbia all’interno di sé le condizioni della propria esistenza ma soltanto che si riferisce a se stesso, ma le condizioni della propria esistenza sono altrove. Un sistema dunque molto potente, dicevamo del sistema inferenziale, è necessario? Se ci atteniamo al calcolo dei predicati del primo ordine potrebbe anche non essere necessario, poiché qualunque implicazione è trasformabile in una disgiunzione e quindi tecnicamente potrebbe anche non essere necessario, sarebbe sufficiente il primo e la definizione di necessità probabilmente, comunque per comodità potremmo anche inserire un sistema inferenziale che è quello che consente di compiere passaggi, cioè porre in relazione ciascuno di questi elementi che è distinguibile da ciascun altro, metterli in relazione fra loro. Questo è lo scheletro, non c’è ancora una semantica, per il momento abbiamo stabilito solo una sintassi…

Intervento: non ho capito la questione dell’inferenza come se la premessa fosse una tautologia un rimando a se stessa…

Perché una tautologia? L’implicazione in ambito logico può essere ricondotta a una formula più semplice che è quella disgiuntiva per esempio “se A allora B” può essere ricondotta a “non A oppure B”. Ma possiamo naturalmente usare l’implicazione.