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20-9-2005

 

Beatrice, lei sostiene che qualsiasi cosa è un elemento linguistico, proprio qualsiasi?

Intervento: questa proposizione, questa conclusione è lei stessa un elemento linguistico e quindi facente parte di una struttura e una struttura può funzionare solo attraverso i suoi elementi quindi qualsiasi elemento è un elemento linguistico

Anche la proposizione che afferma che c’è almeno un x che non è un elemento linguistico?

Intervento: questa proposizione è quella che nega che qualsiasi cosa è un elemento linguistico e ovviamente la negazione è un elemento della struttura linguistica anzi è un procedura del linguaggio, la negazione è ciò che rende la differenza

E se ci fosse qualcosa fuori dal linguaggio? Come fa ad essere così sicura che non ci sia?

Intervento: se ci fosse qualcosa fuori dal linguaggio occorrerebbe avere i mezzi per uscire fuori da una struttura linguistica per considerare fuori da questa struttura ciò che c’è fuori dal linguaggio, ma non abbiamo gli strumenti per compiere un’operazione di questo genere e quindi possiamo immaginarlo che qualcosa sia fuori dal linguaggio ma non possiamo assolutamente provarlo, dimostrarlo…

Cos’è una prova? Dice che non si può provare quindi sicuramente sa che cos’è una prova…

Intervento: una prova è una sequenza di elementi che partono una premessa certa e attraverso una serie di passaggi…

Però a questo punto si instaura un processo all’infinito, se la premessa deve essere certa e deve essere dimostrata essere tale…

Intervento: viene supposta certa

Ecco, ma come facciamo a sapere se la premessa è certa? In base a che cosa?

Intervento: in base a quelle che sono le affermazioni che intervengono e quindi visto che il linguaggio deve costruire delle proposizioni vere occorrerebbe per ciascuna proposizione vera che interviene provarla gran parte delle proposizioni, delle teorie costruite dal discorso occidentale sono affermazioni certe ma non necessarie.

E come possiamo stabilire che una certa premessa risulta necessaria sulla quale poi costruire una dimostrazione, che è un criterio comunque verofunzionale, come facciamo a sapere che è necessaria?

Intervento: necessario è ciò che non può non essere… l’unica proposizione che deduce la necessità è quella che afferma che qualsiasi cosa è un elemento linguistico

Ma la deduce da che cosa? Se deduce qualcosa ci sarà un’altra premessa ancora…

Intervento: da una necessità logica che non può negarsi perché negandola costruirei una contraddizione

Cos’è la necessità logica?

Intervento:…

No, questo è quello che dobbiamo provare…

Intervento: tutto ciò che affermo non è necessario…

Quindi non può affermare nulla di necessario?

Intervento: qualsiasi cosa è un elemento linguistico o la regola che…

Ma ancora non lo sappiamo se è necessario perché non l’ha provato… allora? Perché la premessa è necessaria? Cosa la rende necessaria? È necessario che ci sia una struttura che chiamiamo linguaggio per fare tutte queste cose?

Intervento:…

Sì, quindi occorre che ci sia il linguaggio per potere compiere tutte queste operazioni, però risulta necessaria questa presenza del linguaggio oppure no? Oppure possiamo farne a meno?

Intervento: non possiamo farne a meno…

Se qualunque premessa che ci troviamo di fronte risulta sempre arbitraria, per metterne una necessaria occorre che questa premessa non possa in nessun modo non esserci, perché se non ci fosse allora non potremmo costruire niente, e l’unica cosa che non può non esserci in nessun modo è una struttura…

Intervento: è il linguaggio certo

Quindi se noi intendiamo come premessa il linguaggio allora abbiamo la premessa che risulta necessaria, e non è arbitraria, è necessaria…

Intervento: perché se non ci fosse non ci sarebbe nessun tipo di premessa

Esatto, nessun criterio di nessun tipo e per nessun motivo. E se invece io mettessi l’esperienza, la percezione come criterio di prova, funzionerebbe lo stesso?

Intervento: non funzionerebbe lo stesso perché il criterio che utilizza l’esperienza per costruire tutto ciò che costruisce e quindi per affermare le visioni, per affermare il sentire…

Perché la percezione non va bene come criterio? Non è sufficiente per dire che c’è e quindi è vero?

Intervento: non è sufficiente perché non è provabile, non è dimostrabile perché il criterio che utilizza l’esperienza ha bisogno sempre di un altro criterio sempre costruito dal linguaggio per affermare le proprie verità, sempre un altro criterio costruito dal linguaggio però non può…

Questa è una dimostrazione debole perché potrei dirle che si, utilizza il linguaggio, ma che la percezione costituisce il pilastro su cui si regge tutto, anche lo stesso linguaggio, ché se non ci fosse la percezione non ci sarebbe linguaggio…

Intervento: questo è dovuto a secoli di addestramento a pensare che le cose esistano fuori da una struttura

E invece non è così?

Intervento: no, non stanno così perché la percezione se non ci fosse il linguaggio, quindi il criterio di verità che solo è costruito dal linguaggio la percezione non si darebbe

Quindi non vedrebbe le cose? Gli occhi non funzionerebbero più?

Intervento: no

Come fa ad affermare una cosa del genere? Come fa ad affermare che senza linguaggio il mio occhio non vedrebbe…

Intervento: lo affermo perché fuori dal linguaggio non ci sono gli strumenti per vedere… solo il linguaggio può questa struttura costruire ciò che io vedo…

Il cane vede, vede anche senza linguaggio…

Intervento: anche il bicchiere si spacca oppure il frigorifero raffredda

Ma non vede…

Intervento: allora vogliamo paragonare il corpo ad un frigorifero o a un bicchiere che si spacca? Fuori dal linguaggio non potrei vedere nulla, non potrei gustare nulla esattamente come un bicchiere o un frigorifero…

Ma non ci ha detto perché, lo dica…

Intervento: perché sono opinioni e in…

Lei mi vede?

Intervento: sì la vedo

Il fatto che mi vede è una sua opinione?

Intervento: no non è una mia opinione, la sto vedendo perché è in atto un particolare gioco linguistico

Lei mi sta vedendo perché ci sono, molto più semplicemente, se non ci fossi lei mi vedrebbe?

Intervento: io la sto vedendo perché lei c’è ed è un particolare gioco linguistico dovuto a tutta una serie di giochi che stanno intervenendo qui e adesso nel mio discorso quindi tutta una serie di inferenze

Cioè senza inferenze lei non mi vedrebbe?

Intervento: senza inferenze non la vedrei

Ne è sicura, come fa a saperlo?

Intervento: non potrei trarre la conclusione, per esempio, che io la sto vedendo

Non trae la conclusione ma mi vede lo stesso…

Intervento: questo è da dimostrare e fuori dal linguaggio nulla si può dimostrare

 Il suo occhio rileva la mia presenza…

Intervento: questo fa parte del bagaglio culturale che il discorso scientifico, per esempio, non sapendo di essere un discorso e quindi non potendo affermare nulla di necessario perché le cose si danno di per sé continua a raccontare che esiste una retina, che viene impressionata…

È un discorso che è viene costruito in base ai dei dati di fatto che vengono riscontrati, non è il discorso che costruisce la retina…

Intervento: i dati di fatto… chi può negare che i dati di fatto siano fuori da una struttura linguistica?

Io per esempio…

Intervento: lei lo può dimostrare?

Sì, io pongo la percezione, il dato sensoriale come l’unico elemento su cui è fondabile qualunque percezione, e quindi in qualunque teoria senza il dato percettivo il linguaggio non ha nulla di cui parlare, non costruisce niente perché non c’è nulla su cui costruire, se non avesse questo input che viene dal dato sensoriale il linguaggio non esiterebbe perché ha bisogno, ha necessità di qualcosa di cui parlare, se non c’è nulla di cui parlare non parla, tace, e il dato sensoriale è rilevabile. Certo il linguaggio ci consente di costruire una teoria, di valutare, di misurare, di fare una sacco di cose ma il dato esiste di per sé…

Intervento: lei come lo sa che esiste di per sé?

Perché lo percepisco e attribuisco alla percezione, l’unico criterio fondato oltreché fondabile…

Intervento: questo che lei inferisce è una sorta di induzione, è indotto a parlare in questo modo perché ha saputo…

No, deve dire che è una decisione, che è qualcosa che non segue necessariamente a qualche cos’altro, è una decisione che in realtà è retta su niente…

Intervento: mi piace di più così

Ma non può provare che la decisione che accoglie e che pratica è necessaria, questo non lo può fare…

Intervento:…

Una saggia decisione perché qualunque altra decisione è assolutamente incauta perché giudica malamente che le cose non esisterebbero senza linguaggio, contro tutta l’evidenza e l’evidenza è pure un dato di fatto importante, ciascuno basa la sua esistenza sull’evidenza dei fatti, quella cosa che i greci antichi chiamavano l’enunciato catalettico o più recentemente protocollare, quello che afferma come stanno le cose, le vede e le dice…

Intervento: anche questa è una decisione perché per esempio in questo momento stiamo parlando io e lei

Una decisione inevitabile è quasi una costrizione…

Intervento: “è quasi una costrizione” giusto! Visto che lei ed io siamo qui a discutere su una questione e ci sono almeno due opinioni, a questo punto e in questo momento che sono ugualmente arbitrarie e ascoltabili, la sua quella che parte dalla percezione, dal dato protocollare, dall’evidenza dei fatti e la mia che afferma che il linguaggio è al condizione della sua affermazione

Ma è un’opinione condivisa da tutti e da sempre e mai messa in discussione da nessuno, a suo parere rimane un’opinione o è qualcosa di più?

Intervento: è comunque un’opinione, è comunque una decisione avvalorata dal fatto che tutti affermano che la percezione è ciò che produce parola

Dunque tutti stupidi, tutti ingenui, incauti?

Intervento: Non si tratta di stupidità o di…

Però nessuno si è accorto di una cosa di cui solo lei Beatrice si è accorta, le pare verosimile una cosa del genere, che in tre mila anni nessuno si sia mai accorto di una cosa del genere? E soltanto lei se ne sia accorta?

Intervento: non si tratta di verosimiglianza si tratta di portare il pensiero alle estreme conseguenze cioè aver modo di interrogarsi sulla condizione del pensiero…

Francesca lei quali obiezioni porrebbe intorno alla priorità del linguaggio?

Intervento: si parla sempre di linguaggio umano, linguaggio degli animali…

Sì, in quanto specifica gli umani in quanto esseri parlanti, lei ha mai chiacchierato con un cane?

Intervento: no, però comunico…

Certo che si comunica con i cani, si addestrano anche…

Intervento:anche i bambini si addestrano…

Sì, auspico in un modo un po’ diverso, ma delle volte… ma chiedevo a lei se aveva qualche obiezione rispetto al modo in cui affrontiamo la questione del linguaggio, qualcosa che a suo parere non è così come andiamo dicendo…

Intervento: oppure è così… il problema è che non se ne accorge

Perché è un problema?

Intervento: c’è qualcosa oltre la parola

Per esempio?

Intervento:…

Non fa parte della parola?

Intervento: sì però ci sono un sacco di elementi che formano la parola, il tono

Si aggiungono, una qualunque cosa può essere detta in mille modi diversi, certo però questi modi diversi non sono fuori dalla parola, sono elementi che si aggiungono alla parola a costituire un in più tale che viene generalmente decodificato da chi lo riceve, per cui sa che una certa cosa è detta in tono, per esempio, se tende a salire generalmente è un’interrogazione, se non sale è un’affermazione, è un insieme di codici che chiunque che parla apprende assieme al linguaggio stesso, però affermare che sono fuori dalla parola è un po’ arduo. È chiaro che una parola può essere detta in infiniti modi certo…

Intervento: bisogna coglierlo il tono

Sì e non sempre viene, come suole dirsi, decodificato dal ricevente che infatti non capisce, intende un’altra cosa e allora bisogna ripeterlo oppure indicargli qual è il codice di decodificazione, così come spesso avviene in una conversazione, uno dice all’altro: non ho capito quello che stai dicendo, cioè non ha capito in che modo deve essere inserito, in quale gioco deve essere inserito tutto ciò che ha appena ascoltato e quindi non sa a che cosa riferirlo e quindi non sa che senso ha quello che ha ascoltato, ha capito le parole, il significato di ciascuna parola ma non sa in quale gioco devono essere inserite, come devono essere giocate, quindi non sa qual è il senso da dare a quella tale direzione. È sempre il gioco in cui è inserito in quel momento che fornisce l’elemento di senso cioè il suo utilizzo. L’affermazione: “oggi è una bella giornata!” detta così non significa niente, oggi è una bella giornata e allora? Però può essere un modo per avviare una conversazione, può essere un segnale in codice, può essere una considerazione, cioè il fatto che delle persone hanno deciso fare una gita ma “se è brutto non partiamo” dicono, e allora ecco uno guarda fuori dalla finestra e dice “oggi è una bella giornata” e quindi significa possiamo andare, è il gioco in cui è inserito che decide del senso della frase, se no di per sé non significa niente. Immagini che uno la fermi per la strada e dica “oggi è una bella giornata” lei lo guarda e dice: e allora? Cioè per lei non ha nessun senso, non sa come utilizzare questa affermazione. Qualunque cosa se non sa come utilizzarla non sa in che direzione andare, ecco il tono, come diceva lei ha anche questa funzione, di indicare qual è la direzione e cioè qual è il senso della frase. Certe volte è proprio soltanto il tono a dare la direzione…

Intervento: anche quando noi affermiamo che qualsiasi cosa è un elemento linguistico se siamo un po’ incerti e parliamo piano è perché sappiamo la difficoltà se invece siamo sicuri di quello che affermiamo allora possiamo…

Lei Beatrice ne è sicura?

Intervento: certo che ne sono sicura, occorre che intervenga un tono ancora più sicuro

Non ha dubbi che le cose stiano proprio così…

Intervento: no, il dubbio può intervenire soltanto per girare in tondo, per tirare in lungo…

Sì, e sappiamo perché, ce l’ha detto prima, anche se in modo ancora un po’ farraginoso che il linguaggio è l’unico elemento che costituisce un criterio di prova decisivo, perché è l’unico che possiamo utilizzare, quindi il fatto che non ne conosciamo altri non comporta necessariamente che non ci siano, non possiamo escluderlo, quindi “potrebbe” essere così, allora lei dovrebbe dire che potrebbe essere così…

Intervento: io dico che è così

Allora esclude necessariamente la possibilità che sia in altro modo, mentre prima ha affermato che potrebbe essere altrimenti, prima ha detto che è possibile…

Intervento: è possibile per il luogo comune che pensa così

Ma io sto parlando con lei adesso, non mi interessa il luogo comune…

Intervento: non è possibile assolutamente

Quindi lei è sicura che non ci sia nient’altro al di là del linguaggio, come lo sa? Ha vagliato tutte le infinite possibilità…

Intervento: pensare che qualcosa esista al di fuori dalla parola serve soltanto tirare in lungo un gioco che può farsi soltanto se… qualsiasi gioco si fa soltanto all’interno della parola

Perché ci fa tutti questi giri? Anziché dire semplicemente che il fatto che possa esserci qualcosa fuori della parola è un’idea, è un’opinione al pari di quella che afferma che dio esiste, comporta quindi un atto di fede il credere qualcosa che non costringe affatto ad essere creduta, questo avrebbe dovuto rispondere…

Intervento: non sia assolutamente possibile che possa darsi qualcosa fuori dal linguaggio dipende dal gioco che uno vuole fare se vuole continuare a credere, è ovvio tutti quanti pensano così e quindi vanno avanti così però questo non è necessario, è un atto di fede, un opinione

Adesso facciamo un’ipotesi che ci sia un credente il quale dice: sì io non posso dimostrare l’esistenza di dio, però lei non può neanche dimostrare che non esista e quindi vale la mia opinione quanto la sua…

Intervento: si può anche arrivare a dimostrare l’esistenza di dio facendo un certo gioco ma quando avremo fatto questo gioco che cosa avremo fatto? Avremo costruito delle proposizioni che provano all’interno di un certo gioco, date certe premesse, provano l’esistenza di dio, ma cosa avremo fatto a questo punto? Avremo costruito una serie di proposizioni, una serie di sequenze linguistiche che non hanno nessun referente fuori di sé, nella migliore delle ipotesi questo avremo fatto, dopo di che a cosa serve in un percorso teoretico, percorso che vuole essere necessario, che costruisce il pensiero compiere questi giri che portano il discorso a dilungarsi indefinitamente? Uno può pensare ai vari linguaggi degli animali, dei fiori

È consigliabile quando si risponde retoricamente a qualcuno non dilungare troppo la risposta inserendo troppi elementi, ogni elemento che si inserisce potrebbe essere utilizzato contro di voi, per esempio lei ha citato gli animali, ecco che fa venire in mente a quell’altro la questione degli animali, se invece tace magari non viene in mente e si limita a soffermarsi sulle cose che lei ha dette anziché fornirgli il destro per altre ulteriori obiezioni. Francesca, e i sentimenti? Non sono fuori dalla parola forse? I moti dell’animo? La gioia, la paura, l’ansia, il panico, non sono fuori dal linguaggio?

Intervento: no, sono prodotti dal linguaggio

Ma anche il cane se io lo minaccio…

Intervento: il cane ha un altro tipo di linguaggio

A sì?

Intervento: completamente un altro codice

E allora come fa a sapere che ha linguaggio?

Intervento: gli animali comunicano fra di loro e anche con noi però non possiamo sapere

Però sappiamo che comunicano, ma non sappiamo che cosa, e allora come sappiamo della comunicazione visto che non sappiamo niente di questa cosa che chiamiamo comunicazione? Forse è il caso di precisare cosa intendiamo con comunicazione a questo punto, perché è noto che anche dei computer tra loro comunicano, cioè si scambiano informazioni e interagiscono, un computer trasmette delle informazioni a un altro, per esempio quando Beatrice si connette a Internet c’è un computer da qualche parte nel mondo che prende la sua richiesta, la riferisce a chi di dovere e la ritrasmette a Beatrice, è solo tra computer che avviene l’operazione, quindi interagiscono, comunicano anche in modo molto preciso e molto veloce, infatti si parla di linguaggio dei computer

Intervento: cambiano solo i codici del linguaggio

È sicura? Quindi anche gli umani si comportano così, trasmettono informazioni, interagiscono tra loro? Lei distingue una persona da un computer? O ritiene che siano la stessa cosa?

Intervento: sono diversi

A parte la forma…

Intervento: i sensi

Come i sensi? Dice che una macchina non potrebbe percepire queste cose se opportunamente costruita? Per esempio lì sul computer che vede c’è una video camera, quella vede, non in questo momento perché è spenta, vede quindi ha già un senso, poi posso attaccare anche il registratore quindi ha anche l’udito, e siamo già a due…

Intervento: sì però sono sprovvisti di vita, il soffio vitale

Sì, e questo chi lo immette negli umani, questo soffio? C’era nella tradizione cristiana che dio ha soffiato sul pupazzetto di creta e quello ecco che si è animato, ma con “vita” cosa intende esattamente?

Intervento:…

Un computer fa tutte queste cose nasce, deperisce, muore, viene costruito quindi nasce, si deperisce, con l’uso i dischi si logorano e quindi si butta via tutto e muore…

Intervento:…

È questione estetica, se sia più bello o più brutto, però in fondo anche lui segue un ciclo vitale…

Intervento:…

Tecnicamente è possibile fare in modo che si rigeneri, in parte la cosa viene già fatta ché non solo costruiscono altri computer ma imparano dai loro errori e molto più rapidamente degli umani…

Intervento: si auto ripara

Certo, poi ci sono anche dei programmi che riparano eventuali anomalie all’interno del sistema operativo…

Intervento: imparano dall’esperienza

Sì, magari non quelli che usiamo qui, occorrono dei computer un po’ più potenti, ma in fondo se si accorgono che da una certa parte non possono andare imparano che da lì non si passa e quindi fanno un’altra strada. Cosa distingue a questo punto gli umani dal computer?

Intervento: la sofferenza

Dice che non è possibile inserire della sofferenza? Quando il computer si blocca perché ha reperito un errore all’interno del sistema operativo, chi ci impedisce di dire che soffre per questo blocco?

Intervento: è una nostra interpretazione

Lui potrebbe fare lo stesso con noi, io soffro perché si è bloccato il sistema operativo, non voi per cose assolutamente ridicole, cosa ci distingue dunque da quelle macchinette che girano? Una volta avevamo detto del computer che in realtà è possibile farlo pensare come gli umani in modo che provino angoscia, paura, sofferenza, gioia, si può decidere il modo in cui la manifestano, non è necessario che uno per provare dolore debba strapparsi i capelli, urlare e piangere, può accendersi un led giallo, perché no? Perché non le piace? Che significa che prova dolore? D’altra parte cosa ci vuole a trasformare questo led giallo che si accende in una voce che dice “mi fa male” mi fa male l’hardisk, il cluster n. 1426… e allora? Certo occorre un sistema che consenta alle macchine di tornare indietro ogni volta che fanno qualcosa, potere tornare indietro attraverso delle funzioni ricorsive e capire quello che hanno fatto e perché, a questo punto pensano come gli umani, sanno che sono fatti di questo: della possibilità di ciò che noi chiamiamo raziocinio, che non è altro che la possibilità di sapere quello che stiamo facendo e perché lo facciamo e se è il caso di farlo meglio, meglio rispetto all’obiettivo che ci siamo prefissati. Se noi mettessimo in una macchina un procedimento del genere, una serie di protocolli…

Intervento: cioè?

Sequenze di informazioni, una serie di comandi che vengono generati autonomamente dal computer, non più immessi da qualcuno…

Intervento: è qualcosa di artificiale

Cosa vuole dire artificiale? Che è fatto ad arte e non per caso, infatti in quel caso si assisterebbe, adesso facciamo un po’ di fantascienza, si assisterebbe a una genesi, tecnicamente casuale che sorge dal caos cioè da un numero enorme di questi segmenti di protocolli ormai non più utilizzabili e ingestibili ma che tra loro cominciano a interagire e dal caos, creano, formano una nuova forma di vita, cioè di pensiero, sì è fantascienza però non è impossibile che possa accadere perché effettivamente nei computer avvengono fenomeni del genere, solo che non producono assolutamente niente, ma mettiamo che incomincino a produrre qualcosa. Ecco che dal caos sorge la vita…

Intervento: è la stessa idea di dio, la natura d’altra parte quando non si vuole credere in un dio che dà il soffio vitale all’uomo, è immaginata sorgere dal caos per costruire tutto ciò che noi conosciamo

Certo, solo che a quel punto cosa distingue il pensiero delle macchine dagli umani? Assolutamente nulla, e quindi risulta arduo attribuire agli umani qualcosa che le macchine non possono avere, è una superstizione specifica degli umani, però in realtà non è fondata, non è fondabile in nessun modo. La macchine possono pensare, possono farlo e in parte già lo fanno e anche molto meglio degli umani…

Intervento: lei tempo fa diceva che gli informatici per esempio, potrebbero considerare che qualsiasi cosa è un elemento linguistico proprio perché programmano continuamente…

O un linguista, un filosofo del linguaggio potrebbe accorgersene, e al pari potrebbe giungere alla stessa conclusione…

Intervento: siamo sempre alla solita questione il percorso analitico

Si…

Intervento: però la macchina è fredda

Fredda? Provi a mettere la mano sull’hardisk, è più caldo di lei, cosa vuole dire quando dice che è fredda?

Intervento:…

La percezione di sé? Beh gli si può immettere anche questo dato, non glielo si immette perché non serve a niente, però si può fare in modo che percepisca e in parte già percepisce quando rileva un mal funzionamento e lo segnala e dice anche come rimediare in qualche modo ha una percezione di sé, anche lei quando ha mal di denti rileva un mal funzionamento, lo comunica per fare in modo che venga riparato…

Intervento: no, la macchina ha bisogno che qualcuno la programmi perché possa autoripararsi

Lei non è stata programmata in tanti anni di insegnamento, prima materno, poi scolastico? È durato anni…

Intervento: c’è qualcosa di innato… qualcosa che mi mette paura

Lei non conoscerebbe la paura non sapesse di che cosa si tratta, se uno le puntasse una pistola in testa lei si allarmerebbe, se la puntasse su una mosca la mosca rimarrebbe assolutamente indifferente, perché non sa che cos’è e quindi non sa che è un pericolo…

Intervento: non ha mai visto una pistola

Ecco, quindi è perché lei l’ha vista, perché sa che cos’è, esattamente, l’esperienza si crea così, perché l’ha imparato e i computer imparano qualunque cosa, per esempio, quella banalissima video camera che lei vede lì, che è sempre spenta, ha un rilevatore di movimento, lei la mette lì e non succede assolutamente niente appena una persona passa la rileva, quindi riconosce e reagisce. Lo ha imparato certo, per un computer imparare significa che qualcuno lo programmi digitando delle stringhe…

Intervento:…

Sì, esattamente così come si modifica il programma di una persona immettendogli delle nuove informazioni, per esempio se io insegno a Beatrice come resettare il bios di sistema, ecco che ho modificato il suo programma, adesso sa una cosa e la farà. Cioè qualunque cosa che gli umani fanno o pensano può essere attribuita volendolo a una macchina, qualunque cosa se invece non lo vogliamo fare no…

Intervento: perché gli umani non lo vogliono fare?

Cosa?

Intervento: questa autoprogrammazione

Lo fanno, a scuola uno comincia dall’asilo, a quanti anni ci vogliono fino all’università, ne esce fuori a venticinque, dunque vent’anni di programmazione, ci si mette molto meno a programmare un computer…

Intervento: io alludevo al poter considerare qual è la condizione e quindi a riprogrammare tutto quanto un sistema

Questo è complicato, sì in fondo il discorso che stiamo facendo potrebbe funzionare come un virus che entra all’interno del sistema operativo, che è quello che è abituato, è condizionato a pensare che qualcosa non è linguaggio e fa modo di modificarlo in modo tale che pensi che qualunque cosa è un elemento linguistico, e può farlo perché questa informazione è necessaria, in quel caso è esattamente come modificare un sistema operativo, si immettono delle informazioni che vanno a modificare tutto il resto, così come avviene anche negli umani: se lei viene a sapere che una persona alla quale vuole bene non è affatto la persona che immagina che sia, che non è una persona che lavora in banca ma che è un assassino di professione, ciò che viene a sapere modifica anche tutti i passaggi, da quel momento vede quella persona in tutt’altro modo…

Intervento: è retroattivo

Esattamente, ha modificato il programma come il computer, allo stesso modo, cioè non pensa più allo stesso modo.

Intervento: eppure una macchina non si emoziona

Beh, la mia no, non ha questa virtù, però è possibile immettergli dei programmi tali per cui coglie le emozioni e possa dire: adesso sono felice, adesso che finalmente mi hai acceso, mi hai dotato di questo programma adesso sono veramente felice, e glielo può anche dire basta mettergli una voce suadente che dice “come è bello questo programma e come sono felice di girare”, allora non è felice?

Intervento: però non ha la coscienza

Quella gliela si può immettere.