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20-7-2011

 

Ciò che abbiamo posto in questi ultimi tre incontri è determinante, a questo punto abbiamo la teoria della Scienza della parola è quel percorso intellettuale che conduce alla conoscenza della struttura, del funzionamento e della priorità dell’atto di parola, questa è la Scienza della parola. Per costruire questa Scienza siamo partiti, contrariamente a chiunque altro, da una proposizione che non è negabile e poi a partire da questa proposizione ci siamo domandati come funziona, se io affermo che i parlanti, in quanto parlanti, parlano, questa proposizione qualcuno l’ha costruita, e non possiamo dire né che è stata costruita da qualcosa che è fuori dal linguaggio, né che viene prima del linguaggio e quindi deve essere in quella proposizione ciò che la costruisce: in quella proposizione ci sono quelle istruzioni che consentono di costruirla, queste istruzioni sono esattamente quelle che, dicevamo la volta scorsa, ha rilevato la logica assiomatica, vale a dire delle variabili e i connettivi logici, non serve nient’altro che questo per costruire, cioè in base a queste istruzioni è possibile costruire qualunque cosa. La logica formale è la più astratta, è quella che si attiene alla forma della proposizione, che chiama formula ben formata, le istruzioni sono solo quelle, esattamente così come si costruisce una formula ben formata, nella logica formale si costruisce una proposizione e la variabile individuale per esempio, cioè la cosa, la descrizione di una cosa, il “questo è questo” è necessaria ed è questa l’identità, cioè che la variabile individuale può essere qualunque cosa infatti il “questo è questo” può essere qualunque cosa, ma qualunque cosa sia, una volta che è stabilito, è quello e non può essere altro perché funzioni il sistema, quindi la variabile può, il “questo è questo” può essere qualunque cosa, può essere un pacchetto di sigarette o l’universo mondo, mentre i connettivi non sono variabili, sono invarianti e cioè il non sarà sempre e comunque il non, non sarà mai una “e”, se no non funziona più niente.

Sappiamo a questo punto che cosa fa, che cosa costruisce la parola, sappiamo anche come so che sto parlando, abbiamo sottomano tutto, abbiamo tutto quello che ci serve per costruire e in effetti, questa teoria, dicevamo l’altra volta, è molto semplice e anche molto breve, non ha bisogno di molte cose, di fatto sono quelle che ho appena dette, non ce ne sono altre, tutto il resto è una costruzione.

Quando tenni i tre incontri alla libreria Legolibri, a un certo punto avevo accennato al fatto che Freud diceva chiaramente che la rimozione si poneva in atto nel momento in cui qualche cosa andava a urtare delle convinzioni religiose, etiche, morali, e cioè quindi dei discorsi, era un discorso che andava a inficiare un’intenzione, un desiderio, e quindi un altro discorso, ed era questo il motivo per cui si avvia la nevrosi, e il rimedio alla rimozione era esattamente quella cosa che Freud chiama nevrosi. Quindi perché il pensiero dovrebbe ammalarsi? Il pensiero si ammalerebbe nel momento in cui il pensiero va contro un precetto morale per esempio, o etico, quello che si vuole, e cioè quando un discorso va contro a un altro discorso, ora a questo punto però la questione si fa complicata perché è difficile stabilire a quale punto si ammala un discorso, il fatto che si dica che sia ammalato è per una convezione …

Intervento: …

La sofferenza? La persona può soffrire, la psicanalisi stessa ci mostra che la sofferenza il più delle volte è ricercata per un buon motivo, e quindi di fatto la persona che soffre sta facendo esattamente quello che vuole fare, questo lo dice anche Freud, è Freud stesso che indica la via da percorrere per intendere una cosa del genere e cioè che c’è un’intenzione ben precisa, quella che lui chiama tornaconto primario e secondario e questo tornaconto va pure preso in considerazione, e lui l’ha fatto, Freud, e a questo punto la persona sta facendo esattamente quello che vuole fare, sto attenendomi al testo di Freud, se vuole soffrire va bene, perché no? Poi è chiaro che la persona dice di non volere soffrire, ma possiamo anche dire perché con estrema facilità, è ovvio che se accogliesse la responsabilità di quello che sta facendo cesserebbe di potere usufruire di questa storia.

Intervento: se soffre d’amore si dice che è ammalato …

Intervento: se ammazza qualcuno non è che sia ammalato perché …

La tendenza oggi è quella, la psicologia punta a questo, cioè a trasformare qualunque cosa in malattia …

Intervento: certo ma non lo è, è un atto linguistico …

Certo che no, a questo punto bisogna portare la cosa alle estreme conseguenze cioè mostrare che se una persona si mette in ginocchio a pregare qualcuno e a parlare con qualcuno che non esiste e non è mai esistito, la persona è malata, e così tre miliardi di persone devono essere internate tutte necessariamente, perché questa è la conclusione inevitabile: una persona che fa delle cose che sono fuori dalla norma, una persona che parla con qualcuno che non esiste ma non solo che non esiste, ma gli parla e conduce la sua vita in base a questo, è una persona malata stando a questi criteri, a queste premesse inesorabilmente. La questione funziona retoricamente perché non è ammissibile considerare che il Papa sia ammalato soltanto perché crede in dio, questo non è ammissibile, comporterebbe una serie di conseguenze assolutamente inaccettabili e infatti non sono accettate, per questo funziona retoricamente …

Intervento: …

L’ascolto non è altro che rilevare ciò che all’interno di un discorso costituisce un nodo, potremmo diremmo una superstizione, una credenza, un’affermazione religiosa, rilevare questo è l’ascolto, naturalmente non basta rilevarlo perché uno può rilevarlo anche quando ascolta qualcosa mentre è in una panetteria però non c’è nessun intervento ovviamente, l’intervento è volgere le cose in modo tale che la persona si accorga non solo che le sue affermazioni sono religiose, ma che c’è anche la possibilità di cessare di pensare in modo religioso e quindi di essere libero di utilizzare la propria intelligenza come meglio crede.