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20-7-2006

 

Intervento: Sto leggendo La grammatica della logica… ogni affermazione deve essere provabile e quindi deve seguire i criteri della logica per essere provabile, nessuna affermazione può essere provata come vera…

In ambito teorico occorre che lo sia, al di fuori, no…

Intervento: qualsiasi affermazione in ambito retorico è arbitraria?

Sì, qualunque affermazione, per esempio: mi piace la cioccolata, è un’affermazione arbitraria e così anche tutte quante le affermazione attorno al bene, al bello, al giusto, al conveniente sono sempre arbitrarie, partono da premesse che non sono necessarie, l’unica premessa necessaria è quella che si pone come condizione per costruire qualunque proposizione, qualunque altra non è necessaria, cioè intendiamo con necessario soltanto ciò che deve darsi perché esista anche tutto il resto, invece arbitrario è ciò che, ci sia oppure no, che si modifichi oppure no, non inficia la struttura…

Intervento:…

Esattamente, quindi arbitrario, certo, mentre in ambito teorico si occorrerebbe almeno costruire proposizioni che concludano con un’affermazione necessaria, perché se è arbitraria allora è vera quella quanto la sua contraria…

Intervento:…

No, perché si parte sempre da delle premesse che sono date così, acquisite per esperienza, per tradizione o per sentito dire o per un giudizio estetico, cioè piace che sia così, ma in realtà non è provabile in nessun modo, lo stesso Freud quando stabilisce l’esistenza dell’inconscio costruisce una proposizione che non è provabile…

Intervento:…

Il fatto che sia vera secondo lui, non costituisce una dimostrazione, per mia nonna, per esempio, era diversa, ora se andassimo a verificare ciò che sosteneva mia nonna o quello che sosteneva Freud, entrambe le affermazioni non sono provabili, né l’una né l’altra, sono arbitrarie e quindi si possono accogliere sì, certo, ma è una questione estetica, come dire che a me piace così, va bene, però in ambito teorico si dovrebbe esigere qualcosa di più che una semplice dichiarazione estetica…

Intervento: il linguaggio e le emozioni e le sensazioni… sono linguaggio?

Certo, lei sostiene il contrario?

Intervento: no, non sostengo il contrario… ma possono influire sul linguaggio?

No, sul linguaggio no, ma sul discorso si, utilizziamo questa distinzione che in realtà è soltanto a scopo illustrativo, didascalico, tra linguaggio e discorso che non sono separabili, intendiamo con linguaggio un sistema operativo, la struttura di base, quella che viene decritta lì nella Grammatica della Logica, vale a dire una sequenza di istruzioni per costruire proposizioni e questa non è modificabile, ora questa struttura può costruire e costruisce infiniti discorsi, i discorsi sì sono modificabili e anzi si modificano continuamente ma la struttura, ciò che consente la costruzione di discorsi, questa non può essere modificata, è uguale e identica per tutti, è come dire che per tutti è necessario che ciascun elemento, per potere essere usato deve essere identificabile e distinguibile dagli altri, per esempio, per tutti è necessario che ci sia un sistema che chiamiamo inferenziale che consente di dedurre, di inferire da un elemento un altro, se manca questa struttura è un problema, non si parla più, per questo dico che il linguaggio non è modificabile. Il linguaggio costruisce infiniti discorsi che si modificano continuamente, diciamo che il linguaggio è ciò che consente di costruire, i discorsi sono ciò che viene costruito di volta in volta, e quindi il discorso può cambiare e cambia continuamente in effetti, i discorsi sono per esempio le opinioni, le cose che le persone credono, sono discorsi costruiti dal linguaggio, e non sono necessari. Un discorso generalmente muove da una premessa che è assolutamente arbitraria e di conseguenza concluderà in un modo assolutamente arbitrario, l’inganno che viene perpetrato dagli umani da sempre consiste nel fatto che ciò che una persona crede essere vero lo crede vero in modo universale, immagina che sia necessario mentre è vero all’interno del gioco che sta facendo, e così tutte le cose che gli uomini pensano, credono, immaginano sono vere all’interno di quel gioco, date quelle premesse che sono assolutamente arbitrarie, poi si costruisce in modo più o meno coerente e si giunge a una conclusione che è vera rispetto a quel gioco, ma fuori da quel gioco non significa niente, oppure basta modificare la premessa e la conclusione è totalmente differente. Per esempio prenda la teoria di Freud dell’atto mancato, è coerente con la premessa da cui parte, e la premessa da cui parte è che esiste una struttura che chiama inconscio che agisce all’insaputa del parlante e pilota buona parte della sua condotta, dei suoi pensieri, ora data questa premessa lui giunge a concludere che l’atto mancato in realtà è un atto riuscito, in un certo senso, cioè fa quello che voleva fare: ciò che afferma è vero o è falso? È vero rispetto alla sua premessa, ma se noi modifichiamo la premessa potrebbe risultare falso, e cioè che esiste un inconscio per esempio, qualche cosa che appartiene al parlante ma il parlante non ne sa nulla, perché dovrebbe esistere questa cosa? Lui lo ha rilevato in base a una sua esperienza ma l’esperienza non è criterio tale da consentire di giungere a una affermazione necessaria, anche perché lui ha avuto questa esperienza, altri hanno avuto altre esperienze, per cui se volessimo potremmo anche confutare quello che afferma Freud dicendo per esempio che non c’è in nessun inconscio, tutto ciò che attiene al parlante è presente, tutto simultaneamente, poi che ne utilizzi i vari aspetti oppure no, questo è assolutamente marginale, però è presente; lui dice che un elemento rimosso funziona in modo tale da modificare ciò che seguirà, perché dovrebbe fare una cosa del genere? E poi siamo sicuri che è l’inconscio che l’ha modificato, oppure no? Oppure è qualche altra cosa, un evento, un pensiero, qualunque cosa, perché dovrebbe essere l’inconscio? In realtà non c’è un motivo necessario, ha stabilito così perché gli serviva per tutta una serie di cose, ma in realtà potremmo fare a meno della nozione di inconscio? Sì, lei mi ha mai sentito parlare di inconscio? No, non è casuale, è che non mi serve questa nozione, non me ne faccio niente, se consideriamo ciò che non può non essere e cioè il linguaggio che costruisce le varie proposizioni, quindi anche tutte le teorie, allora abbiamo qualcosa di molto più potente di una teoria che si basi sull’inconscio, che è una nozione come abbiamo detto non provabile, e tutto ciò che ci serve per procedere non è altro che la struttura del linguaggio, il suo funzionamento, attraverso questo noi possiamo illustrare degli eventi, dei fenomeni che accadono unicamente attenendoci al funzionamento del linguaggio e così, se lo volessimo fare, potremmo anche spiegare l’atto mancato, perché il linguaggio ad un certo punto dovrebbe compiere un’operazione che il discorso stesso ritiene, teniamo sempre conto che non è la persona in quanto tale, è il discorso, la persona non è altro che ciò che dice, che ciò che pensa e quindi il discorso di cui fatto, perché dunque questo discorso dovrebbe immettere qualcosa che comunemente si chiama atto mancato? Perché dovrebbe fare questo? Proviamo a considerare la questione: utilizziamo uno degli esempi che utilizza Freud, una persona inavvertitamente urta una statuetta, la butta per terra e quella va in pezzi, Freud giunge a considerare, interrogando la persona opportunamente, o pilotandola, che questa persona ha rotta la statuetta perché la persona che gliela aveva regalata è diventata antipatica, e allora? Io conservo cose di persone che mi hanno regalato oggetti e che sono diventate antipaticissime, e sono ancora lì, questo è già un controesempio, e se ne possono costruire quanti se ne vuole di controesempi, per cui se una teoria è basata sull’osservazione “io ho osservato questo che quella persona ha compiuto questo gesto per quel motivo”, ma un’altra persona non ha compiuto quel gesto pur avendo lo stesso motivo, perché? E questo nessuno lo sa spiegare, oppure rompo una cosa che mi sono comperato io e che mi serviva per una serie di cose… trovare il motivo è sempre arbitrario perché come dicevo si può sempre costruire un controesempio che nega quell’affermazione, e allora occorre andarci cauti in una situazione del genere: si è rotto quello e allora vuol dire che… no, è solo possibile che voglia dire qualcosa, è tutto quanto possiamo dire, è una possibilità, ma da lì stabilire una legge che dovrebbe essere universale ce ne passa. Per costruire una teoria occorre fondarsi su qualche cosa di solido, per questo l’abbiamo costruita sul linguaggio anziché su ciò che ci pareva bello…

Intervento: oppure io rompo la statuetta però è qualcosa che io faccio in quel momento, decido di fare quella cosa per cui non c’è nessuna rimozione, è il mio comportamento la persona mi è antipatica per cui lo distruggo però è ben presente la questione…

Se è presente la questione, cioè se lo fa apposta questo è un altro discorso…

Intervento: Aristotele ha costruito il sillogismo scientifico partendo dall’osservazione che da sempre tutti gli umani muoiono, quindi gli umani sono mortali, per tutte le x esiste la mortalità, Socrate è una x e quindi Socrate è mortale… non c’è poi una grande differenza in questo caso, si è costruito un filo a partire da questa premessa che tutti gli umani utilizzano per trarre inferenze e che partono da un dato certo, noi partiamo dalla premessa che tutte le x sono linguaggio se non fossero linguaggio non avrebbero nessuna esistenza, non ci sarebbe nessuna x… le questioni nel discorso occidentale da Aristotele e quindi anche da Freud sono poste tutte in questi termini, solo per noi se la x esiste la x è un elemento linguistico…

Questo riguarda la questione clinica se, come stiamo ponendo, qualunque cosa appartiene al linguaggio allora possono intervenire dei problemi tra giochi linguistici, ciò che per esempio Freud chiamava nevrosi è facilmente riconducibile a un conflitto di giochi linguistici, la stessa cosa vale per l’atto mancato, giochi che si oppongono tra loro, come dire che per condurre e portare a termine un certo gioco devo per esempio eliminarne un altro, se io voglio andare a Milano con la macchina devo escludere di andarci con il treno, per esempio, non posso andarci con la macchina e con il treno simultaneamente, la stessa cosa avviene rispetto a certe cose che si credono: credo fermamente una certa cosa, questa però va in conflitto con un’altra, allora salvo quella che è più importante e l’altra la elimino, la elimino finché posso chiaramente, poi magari non posso eliminarla del tutto ecco che allora si crea un conflitto. Conflitti tra giochi, tra cose che si credono vere, ché è necessario che si credano vere perché siano in conflitto tra loro e allora accade esattamente come accade tra due persone che giocano a carte: una delle due vince, quella più abile, e generalmente se si tratta di pensieri e di credenze, beh quella che è prioritaria, quella che è più importante ed è più importante quella che consente una maggiore produzione di proposizioni che non è nient’altro che ciò che il linguaggio esige, nient’altro che questo. Conflitti di giochi, giochi che si vogliono giocare simultaneamente, se voglio vivere da solo e non voglio vivere da solo questo crea un problema, per esempio, molte fanciulle si trovano in una situazione del genere: vogliono stare da sole ma non vogliono stare da sole, non è una contraddizione in realtà, perché se la cosa viene ricondotta ai due giochi di cui è composta allora entrambi hanno diritto di parola, e in effetti dicono, però accade che nel vivere comune e sociale, in base ad un altro gioco ancora in cui è inserita questa fanciulla, questa possibilità non c’è, potrebbe esserci, in realtà potrebbe soddisfare entrambe le richieste e cioè stando per esempio con una persona quando ha voglia e non starci quando ne ha voglia, però ecco che interviene un altro problema, il terzo gioco di cui è fatta la società civile, in cui siamo inseriti e che non consente una cosa del genere e impone una decisione tra i due corni del dilemma, che di per sé potrebbero convivere, però un terzo gioco glielo impedisce e quindi si trova in difficoltà, se questi due corni del dilemma sono vitali per questa persona ecco che la difficoltà diventa notevole al punto di arrivare anche alla paralisi, fino alla catatonia in alcuni casi e cioè l’immobilità totale, assoluta e irreversibile. Una madre vuole tagliare la gola al figlioletto, non è così infrequente non mi guardi male, però si rende conto che questo suo desiderio è qualcosa di abominevole, perché abominevole? Per via di un altro gioco in cui è inserita questa fanciulla che considera un desiderio del genere una cosa abominevole ed esclude la possibilità che una madre possa pensare una cosa del genere nei confronti di suo figlio, però questo desiderio c’è stato, magari è eccessivo, in alcuni casi è stato fatto, però in altri invece si ottengono magari facendogli il bagnetto “oh! è annegato, pensavo che respirasse sott’acqua e invece no…” oppure spingendo la carrozzina quando si attraversa la strada nell’attimo in cui arriva un camion, ci sono vari modi, e questa è una questione che sarebbe curiosa da verificare, anche se non è facile, certo, quanti degli incidenti che capitano ai bambini piccoli siano in realtà degli omicidi, forse più di quanti generalmente si suppone, ma sia come sia in ogni caso c’è questo problema del desiderio, che cresce e continuerà a insistere e si trasformerà nel suo contrario, pur di conservare questo desiderio, cioè di conservare tutte le varie richieste, si trasformerà nella paura che gli succeda qualcosa di terribile. È il modo in cui il desiderio di morte si mantiene, perché una madre non dovrebbe accogliere l’idea di volere uccidere il figlio? Perché? Magari se accoglie questa idea poi non lo fa, se l’accoglie la interroga, la svolge. Essendo provvisti di linguaggio abbiamo potuto costruire una quantità sterminata di giochi linguistici, ognuno dei quali ha delle regole ovviamente, e quindi ci sono infinite cose che proibiscono di fare cose che le persone vorrebbero fare ma non lo fanno, dunque conflitti di giochi in cui ciascuno si trova inserito quotidianamente e infinite volte, e non c’è necessità di ricorrere a nozioni piuttosto discutibili quali l’inconscio, quali la rimozione, non servono, è tutto così semplice: il linguaggio è fatto di giochi, ciascun gioco è fatto di regole e per giocare quel gioco occorre attenersi a quelle regole, se una persona vuole vivere all’interno di una società civile deve accogliere le regole di quel gioco, se vuole vivere deve accogliere delle regole che gli consentiranno di continuare la sua esistenza, in primis di respirare, per esempio, se cessa di farlo ecco che cessa anche di vivere…

Intervento: in genere il disagio è sempre dovuto al conflitto di due giochi… un depresso vorrebbe un mondo ideale come lui lo pensa però il mondo non è così… sono due giochi in conflitto…

In quel caso no, non è un conflitto propriamente, un conflitto tra giochi non è sempre il motivo del cosiddetto disagio, anche perché ciò che si chiama disagio in realtà, cioè ciò che si oppone all’agio, è ciò che la persona ha costruito, , non è che gli viene da chissà che cosa, e se lo ha costruito ha dei buoni motivi per farlo e cioè è esattamente ciò che vuole fare, se è esattamente ciò che vuole fare perché dovrebbe rinunciare? E infatti non lo fa però, e qui intervengono i giochi, per mantenere questa situazione che è comunemente nota come disagio deve, per via di un altro gioco, subirla, perché se la agisse non sarebbe più considerato disagio, non potrebbe più appiccicargli questo nome, se qualcuno mi dà una martellata su un dito io posso lamentarmene, posso arrabbiarmi, posso imprecare contro la mala sorte, se invece me lo do da me, volontariamente, contro chi me la prendo? Con nessuno, e la cosa finisce lì perché l’ho agita la cosa, quindi la condizione per potere praticare quella che gli umani chiamano generalmente sofferenza è il trovarsi, o il supporre di trovarsi a subirla, perché se la agissi cioè se ne fossi responsabile, non mi interesserebbe più, per questo la volta scorsa o qualche altra volta non mi ricordo più, si diceva della responsabilità, e come lungo il percorso analitico sia necessario giungere alla responsabilità, è la condizione perché la persona cessi di essere attratta dalla sofferenza, in questo caso diventa un gioco obsoleto, non interessa più, non dà più emozioni e quindi cessa di praticarlo. Tornando alla madre di prima che desidera la morte del figlio, ritiene sicuramente questo desiderio abominevole, ma se questa madre avesse l’opportunità di accogliere questo desiderio, di intendere di cosa è fatto, intendere che è una cosa piuttosto comune e che non comporta assolutamente niente, ma un pensiero al pari di qualunque altro, non ne sarebbe più spaventata, cioè questo pensiero cesserebbe di essere così terrorizzante, di essere la cosa più tremenda, perché si è svolto, perché ha visto di che cosa è fatto, ed è fatto di niente, un pensiero stupido come qualunque altro, che magari è sorretto dall’idea che questo figlio le impedisce di andare a ballare la sera, o qualcosa del genere, un’idiozia, però qualunque idiozia se ben costruita può diventare spaventosa, e accade di non accorgersi più che è un’idiozia, e costruire tutta la propria esistenza per mettersi a riparo da questa tragedia che non c’è, che non esiste, non è mai esistita, però non articolando la cosa, non elaborandola, non accorgendosi di cosa è fatta rimane una cosa tremenda di cui anzi si deve tacere, perché se soltanto si dicesse in giro una cosa del genere verrebbe lapidata. Dunque ha desiderato uccidere il figlio, e allora? Qual è il problema? Non l’ha fatto, anzi, se si elabora la cosa non lo farà mai perché non avrà nessun interesse a farlo, perché è una cosa stupida e non lo farà, ma se non la elabora potrà accadere che lo faccia non volontariamente ma per un incidente, oppure passerà la vita a temere che accada, distruggendo la propria vita e quella di chi le sta intorno, ovviamente, compreso il figlio, e non lo ucciderà magari direttamente, materialmente, però gli renderà la vita un inferno e contribuirà a farlo crescere insicuro, spaventato e magari anche a farsi odiare, insomma tutta una serie di cose che potrebbero assolutamente venire eliminate con estrema facilità, perché non sono niente, assolutamente niente, solo una perdita di tempo, tempo sottratto a cose più interessanti. La clinica consiste propriamente in questo, nel fare intendere che tutto ciò che la persona crede è una costruzione del linguaggio, sono sequenze di proposizioni, delle quali occorre assolutamente che si assuma la responsabilità, perché assumendosi la responsabilità si accorge di quello che sta facendo, si accorge della sua inutilità e cessa di farlo, cessa di perdere tempo con cose che non significano niente, è vero che danno forti emozioni, ed è il motivo per cui le fa, certo, però si accorge anche che queste forti emozioni sono determinate dalla non conoscenza di una certa cosa, come è noto da sempre: è noto che l’ignoto spaventa, una persona che deve entrare dentro una porta buia, in cui non è mai entrata in vita sua ha un momento di perplessità, se invece è casa sua ci entra tranquillamente, se un certo gioco è conosciuto cessa di fare paura, si può continuare a giocarlo in alcuni casi ma non si può più non sapere che è un gioco, e cambia tutto…

Intervento:…

No, non è che perché le persone sanno che il poker è un gioco allora non lo giocano più, oppure che la seduzione è un gioco e allora non seducono più, no continuano a farlo ma diventa un gioco e non è necessario, non si pensa più, non si crede più che da questo dipenda la felicità, la propria esistenza…

Intervento: è una scelta e a quel punto si innesta la responsabilità perché si agisce…

Fate in modo che una persona sappia e non possa più non sapere che qualunque cosa appartiene al linguaggio, ed è inserito all’interno di un gioco linguistico, e questa persona non avrà più paura, non sarà più gestibile e non avrà più bisogno di essere gestita, non avrà più bisogno della mamma e vivrà in assoluta leggerezza, senza paura di niente, cosa che potrebbe essere una tragedia per qualunque governo, ma questa non è la prima delle nostre preoccupazioni, neanche l’ultima, perché non c’è proprio, per cui la clinica non ha più bisogno di aggrapparsi a teorie, a nozioni la cui utilità viene a cadere, perché ho bisogno di costruire l’idea di un inconscio che da qualche parte pilota la mia condotta? A questo punto posso anche pensare che un dio piloti la mia condotta, perché no? In fondo molti lo credono…

Intervento: infatti le persone vogliono proprio questo non vogliono essere responsabili…

Tutto sorge dal fatto che queste persone non sono a conoscenza del funzionamento di ciò che li fa esistere, se lo fossero cosa se ne farebbero di dio? Anche per questo è utile la retorica oltre che la logica, la retorica insegna a provare e a confutare qualunque cosa, a dimostrare prima che è vera e dopo che è falsa, anzi questo sarebbe più l’eristica che la retorica, quella che praticavano i sofisti, a questo punto diventa difficile credere a qualcosa se si è in condizioni di provarne la falsità oppure la verità, a piacere, chiaramente sapendo che la verità o la falsità sono sempre all’interno di quel gioco, non sarà mai necessaria, per questo la portata del discorso che continuiamo a elaborare e a praticare è essenziale, rende inutile, obsoleta qualunque altra cosa. Tutte le teorie psicanalitiche sono costruite su premesse totalmente arbitrarie per cui non sono utilizzabili, dico psicanalitiche ma qualunque altra teoria in fondo è un gioco, stabilisce delle regole come tutti i giochi, come il poker, se è un gioco è perché ci sono delle regole, d’altra parte senza regole non si potrebbe giocare, non si potrebbe neanche parlare, pensi alle regole grammaticali, se non ci fossero sarebbe un problema. I giochi possono essere più o meno belli, più o meno divertenti, ma rimangono dei giochi e in abito teorico fondarsi su un gioco arbitrario è complicato; un gioco di carte come il poker è fondato su regole, se no non si potrebbe giocare, però le regole del poker non è che siano necessarie, al di fuori del poker non significano niente, che cosa è necessario? Ciò che occorre al linguaggio per funzionare, questo è necessario, perché se non ci fosse questo allora non ci sarebbe nient’altro, tutto il resto è arbitrario, Per questo l’ho definito un meta gioco, il gioco che è al di sopra di tutti o più propriamente la condizione per potere giocare qualunque gioco, perché fornisce quelle regole che consentono la costruzione di qualunque tipo di regole, e per costruire una regola devo sapere che esiste la possibilità di passare da un elemento a un altro, di potere distinguere un elemento da un altro, se no non posso fare niente, ecco perché è un meta gioco, per usare una espressione dei linguisti che non è molto felice, però l’abbiamo utilizzata lo stesso, In un certo senso la clinica è da ricostruire, non ci siamo mai occupati in modo specifico della clinica, potrebbe essere questa l’occasione per potere approfondire qualche aspetto…

Intervento:…

Cosa deve sapere l’analista della parola, certo…

Intervento: lei parlava di due giochi in conflitto nel nevrotico per cui una certa proposizione è come se potesse giocare un solo ruolo all’interno di un discorso

Sì, come avviene di volere giocare uno stesso gioco ma con regole diverse, sarebbe come volere giocare a carte con gli scacchi…

Intervento: comunque questi due giochi in conflitto sono all’interno di un altro gioco…

Anche più di uno, ogni sistema di credenza è un gioco, ogni opinione è un gioco, anzi il più delle volte è fatto di molti giochi che intervengono, e quindi? Che cos’è un gioco linguistico Beatrice? Definisca un gioco linguistico…

Intervento: un gioco linguistico è una serie di regole che stanno funzionando e che producono appunto all’interno di quel gioco una proposizione vera

Sì certo, un gioco linguistico è l’applicazione di regole e le regole sono delle istruzioni, dei comandi, è ovvio che per fare quel gioco occorre accogliere quel certo comando, se no non si fa quel gioco, se ne fa un altro, però se si vuole fare quello bisogna accoglierne i comandi, poi le regole si possono modificare, certo, tant’è che si modificano continuamente e allora si fa un altro gioco, per esempio quando si modifica una legge, da quel momento si fa un gioco diverso, le regole sono diverse, così per qualunque cosa sia che si giochi. Dunque costruire una clinica, come dicevano gli psicanalisti una volta, una tecnica psicanalitica, senza avere nessuna necessità di istruzioni salvo la conoscenza del funzionamento del linguaggio, dal momento che qualunque problema, qualunque ansia, qualunque angoscia, paura, timore, tremore etc. è prodotto dal linguaggio, quindi se si intende esattamente come funziona il linguaggio, come costruisce e perché costruisce delle sequenze, il gioco è fatto. È come smontare qualche cosa nei pezzi che necessariamente lo compongono e se ciascuna di queste cose è fatto di linguaggio, il linguaggio l’ha costruita e solo il linguaggio può smontarla, oppure si fa come si fa generalmente: si toglie una credenza e se ne mette un’altra, anche questo funziona in effetti, da dei benefici, provvisori, ma da dei benefici, però è un problema per quanto riguarda l’intelligenza; prendete il nevrotico, crede una certa cosa, lo psicanalista gli fa credere un’altra cosa, per esempio che il suo malessere è dovuto a… qualunque cosa, dipende dalla teoria e quindi se la persona crede questa certa cosa ha un beneficio, così come il neofita di qualunque religione è sempre una persona molto entusiasta e molto attiva, sta benissimo perché suppone di avere trovata la verità e la verità ha sempre un effetto terapeutico, un effetto benefico. Ma non deve mai metterla in discussione, cosa che la più parti delle persone è disponibilissima a fare purché gli si fornisca una verità. Quindi una volta che l’ha acquisita non farà nulla per metterla in discussione, perché dovrebbe? Va contro i propri interessi. Per quanto ci riguarda abbiamo perduta la fede il giorno in cui ci siamo accorti che è un atto linguistico.