20-7-2006
Intervento: Sto
leggendo La grammatica della logica… ogni affermazione deve essere provabile e
quindi deve seguire i criteri della logica per essere provabile, nessuna
affermazione può essere provata come vera…
In ambito teorico occorre che lo sia, al di fuori, no…
Intervento: qualsiasi
affermazione in ambito retorico è arbitraria?
Sì, qualunque affermazione, per esempio: mi piace la
cioccolata, è un’affermazione arbitraria e così anche tutte quante le
affermazione attorno al bene, al bello, al giusto, al conveniente sono sempre
arbitrarie, partono da premesse che non sono necessarie, l’unica premessa
necessaria è quella che si pone come condizione per costruire qualunque
proposizione, qualunque altra non è necessaria, cioè intendiamo con necessario
soltanto ciò che deve darsi perché esista anche tutto il resto, invece arbitrario
è ciò che, ci sia oppure no, che si modifichi oppure no, non inficia la
struttura…
Intervento:…
Esattamente, quindi arbitrario, certo, mentre in ambito
teorico si occorrerebbe almeno costruire proposizioni che concludano con
un’affermazione necessaria, perché se è arbitraria allora è vera quella quanto
la sua contraria…
Intervento:…
No, perché si parte sempre da delle premesse che sono
date così, acquisite per esperienza, per tradizione o per sentito dire o per un
giudizio estetico, cioè piace che sia così, ma in realtà non è provabile in
nessun modo, lo stesso Freud quando stabilisce l’esistenza dell’inconscio
costruisce una proposizione che non è provabile…
Intervento:…
Il fatto che sia vera secondo lui, non costituisce una
dimostrazione, per mia nonna, per esempio, era diversa, ora se andassimo a verificare
ciò che sosteneva mia nonna o quello che sosteneva Freud, entrambe le
affermazioni non sono provabili, né l’una né l’altra, sono arbitrarie e quindi
si possono accogliere sì, certo, ma è una questione estetica, come dire che a
me piace così, va bene, però in ambito teorico si dovrebbe esigere qualcosa di
più che una semplice dichiarazione estetica…
Intervento: il linguaggio
e le emozioni e le sensazioni… sono linguaggio?
Certo, lei sostiene il contrario?
Intervento: no, non
sostengo il contrario… ma possono influire sul linguaggio?
No, sul linguaggio no, ma sul discorso si, utilizziamo
questa distinzione che in realtà è soltanto a scopo illustrativo, didascalico, tra
linguaggio e discorso che non sono separabili, intendiamo con linguaggio un
sistema operativo, la struttura di base, quella che viene decritta lì nella
Grammatica della Logica, vale a dire una sequenza di istruzioni per costruire
proposizioni e questa non è modificabile, ora questa struttura può costruire e
costruisce infiniti discorsi, i discorsi sì sono modificabili e anzi si
modificano continuamente ma la struttura, ciò che consente la costruzione di
discorsi, questa non può essere modificata, è uguale e identica per tutti, è
come dire che per tutti è necessario che ciascun elemento, per potere essere
usato deve essere identificabile e distinguibile dagli altri, per esempio, per
tutti è necessario che ci sia un sistema che chiamiamo inferenziale che
consente di dedurre, di inferire da un elemento un altro, se manca questa
struttura è un problema, non si parla più, per questo dico che il linguaggio
non è modificabile. Il linguaggio costruisce infiniti discorsi che si
modificano continuamente, diciamo che il linguaggio è ciò che consente di
costruire, i discorsi sono ciò che viene costruito di volta in volta, e quindi
il discorso può cambiare e cambia continuamente in effetti, i discorsi sono per
esempio le opinioni, le cose che le persone credono, sono discorsi costruiti
dal linguaggio, e non sono necessari. Un discorso generalmente muove da una
premessa che è assolutamente arbitraria e di conseguenza concluderà in un modo
assolutamente arbitrario, l’inganno che viene perpetrato dagli umani da sempre
consiste nel fatto che ciò che una persona crede essere vero lo crede vero in
modo universale, immagina che sia necessario mentre è vero all’interno del
gioco che sta facendo, e così tutte le cose che gli uomini pensano, credono,
immaginano sono vere all’interno di quel gioco, date quelle premesse che sono
assolutamente arbitrarie, poi si costruisce in modo più o meno coerente e si
giunge a una conclusione che è vera rispetto a quel gioco, ma fuori da quel
gioco non significa niente, oppure basta modificare la premessa e la conclusione
è totalmente differente. Per esempio prenda la teoria di Freud dell’atto
mancato, è coerente con la premessa da cui parte, e la premessa da cui parte è
che esiste una struttura che chiama inconscio che agisce all’insaputa del
parlante e pilota buona parte della sua condotta, dei suoi pensieri, ora data
questa premessa lui giunge a concludere che l’atto mancato in realtà è un atto
riuscito, in un certo senso, cioè fa quello che voleva fare: ciò che afferma è
vero o è falso? È vero rispetto alla sua premessa, ma se noi modifichiamo la
premessa potrebbe risultare falso, e cioè che esiste un inconscio per esempio,
qualche cosa che appartiene al parlante ma il parlante non ne sa nulla, perché
dovrebbe esistere questa cosa? Lui lo ha rilevato in base a una sua esperienza
ma l’esperienza non è criterio tale da consentire di giungere a una
affermazione necessaria, anche perché lui ha avuto questa esperienza, altri
hanno avuto altre esperienze, per cui se volessimo potremmo anche confutare
quello che afferma Freud dicendo per esempio che non c’è in nessun inconscio,
tutto ciò che attiene al parlante è presente, tutto simultaneamente, poi che ne
utilizzi i vari aspetti oppure no, questo è assolutamente marginale, però è
presente; lui dice che un elemento rimosso funziona in modo tale da modificare
ciò che seguirà, perché dovrebbe fare una cosa del genere? E poi siamo sicuri
che è l’inconscio che l’ha modificato, oppure no? Oppure è qualche altra cosa,
un evento, un pensiero, qualunque cosa, perché dovrebbe essere l’inconscio? In
realtà non c’è un motivo necessario, ha stabilito così perché gli serviva per
tutta una serie di cose, ma in realtà potremmo fare a meno della nozione di
inconscio? Sì, lei mi ha mai sentito parlare di inconscio? No, non è casuale, è
che non mi serve questa nozione, non me ne faccio niente, se consideriamo ciò
che non può non essere e cioè il linguaggio che costruisce le varie
proposizioni, quindi anche tutte le teorie, allora abbiamo qualcosa di molto
più potente di una teoria che si basi sull’inconscio, che è una nozione come
abbiamo detto non provabile, e tutto ciò che ci serve per procedere non è altro
che la struttura del linguaggio, il suo funzionamento, attraverso questo noi
possiamo illustrare degli eventi, dei fenomeni che accadono unicamente
attenendoci al funzionamento del linguaggio e così, se lo volessimo fare,
potremmo anche spiegare l’atto mancato, perché il linguaggio ad un certo punto
dovrebbe compiere un’operazione che il discorso stesso ritiene, teniamo sempre
conto che non è la persona in quanto tale, è il discorso, la persona non è
altro che ciò che dice, che ciò che pensa e quindi il discorso di cui fatto,
perché dunque questo discorso dovrebbe immettere qualcosa che comunemente si
chiama atto mancato? Perché dovrebbe fare questo? Proviamo a considerare la
questione: utilizziamo uno degli esempi che utilizza Freud, una persona
inavvertitamente urta una statuetta, la butta per terra e quella va in pezzi,
Freud giunge a considerare, interrogando la persona opportunamente, o pilotandola,
che questa persona ha rotta la statuetta perché la persona che gliela aveva
regalata è diventata antipatica, e allora? Io conservo cose di persone che mi
hanno regalato oggetti e che sono diventate antipaticissime, e sono ancora lì,
questo è già un controesempio, e se ne possono costruire quanti se ne vuole di
controesempi, per cui se una teoria è basata sull’osservazione “io ho osservato
questo che quella persona ha compiuto questo gesto per quel motivo”, ma
un’altra persona non ha compiuto quel gesto pur avendo lo stesso motivo, perché?
E questo nessuno lo sa spiegare, oppure rompo una cosa che mi sono comperato io
e che mi serviva per una serie di cose… trovare il motivo è sempre arbitrario
perché come dicevo si può sempre costruire un controesempio che nega
quell’affermazione, e allora occorre andarci cauti in una situazione del genere:
si è rotto quello e allora vuol dire che… no, è solo possibile che voglia dire
qualcosa, è tutto quanto possiamo dire, è una possibilità, ma da lì stabilire
una legge che dovrebbe essere universale ce ne passa. Per costruire una teoria
occorre fondarsi su qualche cosa di solido, per questo l’abbiamo costruita sul
linguaggio anziché su ciò che ci pareva bello…
Intervento: oppure io
rompo la statuetta però è qualcosa che io faccio in quel momento, decido di
fare quella cosa per cui non c’è nessuna rimozione, è il mio comportamento la
persona mi è antipatica per cui lo distruggo però è ben presente la questione…
Se è presente la questione, cioè se lo fa apposta questo
è un altro discorso…
Intervento: Aristotele
ha costruito il sillogismo scientifico partendo dall’osservazione che da sempre
tutti gli umani muoiono, quindi gli umani sono mortali, per tutte le x esiste
la mortalità, Socrate è una x e quindi Socrate è mortale… non c’è poi una
grande differenza in questo caso, si è costruito un filo a partire da questa
premessa che tutti gli umani utilizzano per trarre inferenze e che partono da
un dato certo, noi partiamo dalla premessa che tutte le x sono linguaggio se
non fossero linguaggio non avrebbero nessuna esistenza, non ci sarebbe nessuna
x… le questioni nel discorso occidentale da Aristotele e quindi anche da Freud
sono poste tutte in questi termini, solo per noi se la x esiste la x è un
elemento linguistico…
Questo riguarda la questione clinica se, come stiamo ponendo,
qualunque cosa appartiene al linguaggio allora possono intervenire dei problemi
tra giochi linguistici, ciò che per esempio Freud chiamava nevrosi è facilmente
riconducibile a un conflitto di giochi linguistici, la stessa cosa vale per
l’atto mancato, giochi che si oppongono tra loro, come dire che per condurre e
portare a termine un certo gioco devo per esempio eliminarne un altro, se io
voglio andare a Milano con la macchina devo escludere di andarci con il treno,
per esempio, non posso andarci con la macchina e con il treno simultaneamente,
la stessa cosa avviene rispetto a certe cose che si credono: credo fermamente
una certa cosa, questa però va in conflitto con un’altra, allora salvo quella
che è più importante e l’altra la elimino, la elimino finché posso chiaramente,
poi magari non posso eliminarla del tutto ecco che allora si crea un conflitto.
Conflitti tra giochi, tra cose che si credono vere, ché è necessario che si
credano vere perché siano in conflitto tra loro e allora accade esattamente
come accade tra due persone che giocano a carte: una delle due vince, quella
più abile, e generalmente se si tratta di pensieri e di credenze, beh quella
che è prioritaria, quella che è più importante ed è più importante quella che
consente una maggiore produzione di proposizioni che non è nient’altro che ciò
che il linguaggio esige, nient’altro che questo. Conflitti di giochi, giochi
che si vogliono giocare simultaneamente, se voglio vivere da solo e non voglio
vivere da solo questo crea un problema, per esempio, molte fanciulle si trovano
in una situazione del genere: vogliono stare da sole ma non vogliono stare da
sole, non è una contraddizione in realtà, perché se la cosa viene ricondotta ai
due giochi di cui è composta allora entrambi hanno diritto di parola, e in
effetti dicono, però accade che nel vivere comune e sociale, in base ad un
altro gioco ancora in cui è inserita questa fanciulla, questa possibilità non
c’è, potrebbe esserci, in realtà potrebbe soddisfare entrambe le richieste e
cioè stando per esempio con una persona quando ha voglia e non starci quando ne
ha voglia, però ecco che interviene un altro problema, il terzo gioco di cui è
fatta la società civile, in cui siamo inseriti e che non consente una cosa del
genere e impone una decisione tra i due corni del dilemma, che di per sé potrebbero
convivere, però un terzo gioco glielo impedisce e quindi si trova in
difficoltà, se questi due corni del dilemma sono vitali per questa persona ecco
che la difficoltà diventa notevole al punto di arrivare anche alla paralisi,
fino alla catatonia in alcuni casi e cioè l’immobilità totale, assoluta e irreversibile.
Una madre vuole tagliare la gola al figlioletto, non è così infrequente non mi
guardi male, però si rende conto che questo suo desiderio è qualcosa di
abominevole, perché abominevole? Per via di un altro gioco in cui è inserita
questa fanciulla che considera un desiderio del genere una cosa abominevole ed
esclude la possibilità che una madre possa pensare una cosa del genere nei
confronti di suo figlio, però questo desiderio c’è stato, magari è eccessivo,
in alcuni casi è stato fatto, però in altri invece si ottengono magari
facendogli il bagnetto “oh! è annegato, pensavo che respirasse sott’acqua e
invece no…” oppure spingendo la carrozzina quando si attraversa la strada
nell’attimo in cui arriva un camion, ci sono vari modi, e questa è una
questione che sarebbe curiosa da verificare, anche se non è facile, certo, quanti
degli incidenti che capitano ai bambini piccoli siano in realtà degli omicidi,
forse più di quanti generalmente si suppone, ma sia come sia in ogni caso c’è
questo problema del desiderio, che cresce e continuerà a insistere e si
trasformerà nel suo contrario, pur di conservare questo desiderio, cioè di
conservare tutte le varie richieste, si trasformerà nella paura che gli succeda
qualcosa di terribile. È il modo in cui il desiderio di morte si mantiene,
perché una madre non dovrebbe accogliere l’idea di volere uccidere il figlio?
Perché? Magari se accoglie questa idea poi non lo fa, se l’accoglie la interroga,
la svolge. Essendo provvisti di linguaggio abbiamo potuto costruire una
quantità sterminata di giochi linguistici, ognuno dei quali ha delle regole
ovviamente, e quindi ci sono infinite cose che proibiscono di fare cose che le
persone vorrebbero fare ma non lo fanno, dunque conflitti di giochi in cui
ciascuno si trova inserito quotidianamente e infinite volte, e non c’è
necessità di ricorrere a nozioni piuttosto discutibili quali l’inconscio, quali
la rimozione, non servono, è tutto così semplice: il linguaggio è fatto di
giochi, ciascun gioco è fatto di regole e per giocare quel gioco occorre
attenersi a quelle regole, se una persona vuole vivere all’interno di una
società civile deve accogliere le regole di quel gioco, se vuole vivere deve
accogliere delle regole che gli consentiranno di continuare la sua esistenza,
in primis di respirare, per esempio, se cessa di farlo ecco che cessa anche di
vivere…
Intervento: in genere
il disagio è sempre dovuto al conflitto di due giochi… un depresso vorrebbe un
mondo ideale come lui lo pensa però il mondo non è così… sono due giochi in
conflitto…
In quel caso no, non è un conflitto propriamente, un
conflitto tra giochi non è sempre il motivo del cosiddetto disagio, anche
perché ciò che si chiama disagio in realtà, cioè ciò che si oppone all’agio, è
ciò che la persona ha costruito, , non è che gli viene da chissà che cosa, e se
lo ha costruito ha dei buoni motivi per farlo e cioè è esattamente ciò che
vuole fare, se è esattamente ciò che vuole fare perché dovrebbe rinunciare? E
infatti non lo fa però, e qui intervengono i giochi, per mantenere questa
situazione che è comunemente nota come disagio deve, per via di un altro gioco,
subirla, perché se la agisse non sarebbe più considerato disagio, non potrebbe
più appiccicargli questo nome, se qualcuno mi dà una martellata su un dito io
posso lamentarmene, posso arrabbiarmi, posso imprecare contro la mala sorte, se
invece me lo do da me, volontariamente, contro chi me la prendo? Con nessuno, e
la cosa finisce lì perché l’ho agita la cosa, quindi la condizione per potere
praticare quella che gli umani chiamano generalmente sofferenza è il trovarsi,
o il supporre di trovarsi a subirla, perché se la agissi cioè se ne fossi
responsabile, non mi interesserebbe più, per questo la volta scorsa o qualche
altra volta non mi ricordo più, si diceva della responsabilità, e come lungo il
percorso analitico sia necessario giungere alla responsabilità, è la condizione
perché la persona cessi di essere attratta dalla sofferenza, in questo caso
diventa un gioco obsoleto, non interessa più, non dà più emozioni e quindi cessa
di praticarlo. Tornando alla madre di prima che desidera la morte del figlio,
ritiene sicuramente questo desiderio abominevole, ma se questa madre avesse
l’opportunità di accogliere questo desiderio, di intendere di cosa è fatto,
intendere che è una cosa piuttosto comune e che non comporta assolutamente
niente, ma un pensiero al pari di qualunque altro, non ne sarebbe più
spaventata, cioè questo pensiero cesserebbe di essere così terrorizzante, di essere
la cosa più tremenda, perché si è svolto, perché ha visto di che cosa è fatto, ed
è fatto di niente, un pensiero stupido come qualunque altro, che magari è
sorretto dall’idea che questo figlio le impedisce di andare a ballare la sera,
o qualcosa del genere, un’idiozia, però qualunque idiozia se ben costruita può
diventare spaventosa, e accade di non accorgersi più che è un’idiozia, e
costruire tutta la propria esistenza per mettersi a riparo da questa tragedia
che non c’è, che non esiste, non è mai esistita, però non articolando la cosa,
non elaborandola, non accorgendosi di cosa è fatta rimane una cosa tremenda di
cui anzi si deve tacere, perché se soltanto si dicesse in giro una cosa del
genere verrebbe lapidata. Dunque ha desiderato uccidere il figlio, e allora?
Qual è il problema? Non l’ha fatto, anzi, se si elabora la cosa non lo farà mai
perché non avrà nessun interesse a farlo, perché è una cosa stupida e non lo
farà, ma se non la elabora potrà accadere che lo faccia non volontariamente ma
per un incidente, oppure passerà la vita a temere che accada, distruggendo la
propria vita e quella di chi le sta intorno, ovviamente, compreso il figlio, e
non lo ucciderà magari direttamente, materialmente, però gli renderà la vita un
inferno e contribuirà a farlo crescere insicuro, spaventato e magari anche a
farsi odiare, insomma tutta una serie di cose che potrebbero assolutamente
venire eliminate con estrema facilità, perché non sono niente, assolutamente
niente, solo una perdita di tempo, tempo sottratto a cose più interessanti. La
clinica consiste propriamente in questo, nel fare intendere che tutto ciò che
la persona crede è una costruzione del linguaggio, sono sequenze di
proposizioni, delle quali occorre assolutamente che si assuma la responsabilità,
perché assumendosi la responsabilità si accorge di quello che sta facendo, si
accorge della sua inutilità e cessa di farlo, cessa di perdere tempo con cose
che non significano niente, è vero che danno forti emozioni, ed è il motivo per
cui le fa, certo, però si accorge anche che queste forti emozioni sono determinate
dalla non conoscenza di una certa cosa, come è noto da sempre: è noto che
l’ignoto spaventa, una persona che deve entrare dentro una porta buia, in cui
non è mai entrata in vita sua ha un momento di perplessità, se invece è casa
sua ci entra tranquillamente, se un certo gioco è conosciuto cessa di fare
paura, si può continuare a giocarlo in alcuni casi ma non si può più non sapere
che è un gioco, e cambia tutto…
Intervento:…
No, non è che perché le persone sanno che il poker è un
gioco allora non lo giocano più, oppure che la seduzione è un gioco e allora
non seducono più, no continuano a farlo ma diventa un gioco e non è necessario,
non si pensa più, non si crede più che da questo dipenda la felicità, la
propria esistenza…
Intervento: è una
scelta e a quel punto si innesta la responsabilità perché si agisce…
Fate in modo che una persona sappia e non possa più non
sapere che qualunque cosa appartiene al linguaggio, ed è inserito all’interno
di un gioco linguistico, e questa persona non avrà più paura, non sarà più
gestibile e non avrà più bisogno di essere gestita, non avrà più bisogno della
mamma e vivrà in assoluta leggerezza, senza paura di niente, cosa che potrebbe
essere una tragedia per qualunque governo, ma questa non è la prima delle
nostre preoccupazioni, neanche l’ultima, perché non c’è proprio, per cui la
clinica non ha più bisogno di aggrapparsi a teorie, a nozioni la cui utilità viene
a cadere, perché ho bisogno di costruire l’idea di un inconscio che da qualche
parte pilota la mia condotta? A questo punto posso anche pensare che un dio
piloti la mia condotta, perché no? In fondo molti lo credono…
Intervento: infatti le
persone vogliono proprio questo non vogliono essere responsabili…
Tutto sorge dal fatto che queste persone non sono a
conoscenza del funzionamento di ciò che li fa esistere, se lo fossero cosa se
ne farebbero di dio? Anche per questo è utile la retorica oltre che la logica,
la retorica insegna a provare e a confutare qualunque cosa, a dimostrare prima
che è vera e dopo che è falsa, anzi questo sarebbe più l’eristica che la
retorica, quella che praticavano i sofisti, a questo punto diventa difficile
credere a qualcosa se si è in condizioni di provarne la falsità oppure la
verità, a piacere, chiaramente sapendo che la verità o la falsità sono sempre
all’interno di quel gioco, non sarà mai necessaria, per questo la portata del
discorso che continuiamo a elaborare e a praticare è essenziale, rende inutile,
obsoleta qualunque altra cosa. Tutte le teorie psicanalitiche sono costruite su
premesse totalmente arbitrarie per cui non sono utilizzabili, dico
psicanalitiche ma qualunque altra teoria in fondo è un gioco, stabilisce delle
regole come tutti i giochi, come il poker, se è un gioco è perché ci sono delle
regole, d’altra parte senza regole non si potrebbe giocare, non si potrebbe
neanche parlare, pensi alle regole grammaticali, se non ci fossero sarebbe un
problema. I giochi possono essere più o meno belli, più o meno divertenti, ma
rimangono dei giochi e in abito teorico fondarsi su un gioco arbitrario è
complicato; un gioco di carte come il poker è fondato su regole, se no non si
potrebbe giocare, però le regole del poker non è che siano necessarie, al di
fuori del poker non significano niente, che cosa è necessario? Ciò che occorre
al linguaggio per funzionare, questo è necessario, perché se non ci fosse
questo allora non ci sarebbe nient’altro, tutto il resto è arbitrario, Per
questo l’ho definito un meta gioco, il gioco che è al di sopra di tutti o più
propriamente la condizione per potere giocare qualunque gioco, perché fornisce
quelle regole che consentono la costruzione di qualunque tipo di regole, e per
costruire una regola devo sapere che esiste la possibilità di passare da un
elemento a un altro, di potere distinguere un elemento da un altro, se no non
posso fare niente, ecco perché è un meta gioco, per usare una espressione dei
linguisti che non è molto felice, però l’abbiamo utilizzata lo stesso, In un
certo senso la clinica è da ricostruire, non ci siamo mai occupati in modo
specifico della clinica, potrebbe essere questa l’occasione per potere
approfondire qualche aspetto…
Intervento:…
Cosa deve sapere l’analista della parola, certo…
Intervento: lei parlava
di due giochi in conflitto nel nevrotico per cui una certa proposizione è come
se potesse giocare un solo ruolo all’interno di un discorso
Sì, come avviene di volere giocare uno stesso gioco ma
con regole diverse, sarebbe come volere giocare a carte con gli scacchi…
Intervento: comunque
questi due giochi in conflitto sono all’interno di un altro gioco…
Anche più di uno, ogni sistema di credenza è un gioco,
ogni opinione è un gioco, anzi il più delle volte è fatto di molti giochi che
intervengono, e quindi? Che cos’è un gioco linguistico Beatrice? Definisca un
gioco linguistico…
Intervento: un gioco
linguistico è una serie di regole che stanno funzionando e che producono appunto
all’interno di quel gioco una proposizione vera
Sì certo, un gioco linguistico è l’applicazione di
regole e le regole sono delle istruzioni, dei comandi, è ovvio che per fare
quel gioco occorre accogliere quel certo comando, se no non si fa quel gioco,
se ne fa un altro, però se si vuole fare quello bisogna accoglierne i comandi,
poi le regole si possono modificare, certo, tant’è che si modificano
continuamente e allora si fa un altro gioco, per esempio quando si modifica una
legge, da quel momento si fa un gioco diverso, le regole sono diverse, così per
qualunque cosa sia che si giochi. Dunque costruire una clinica, come dicevano
gli psicanalisti una volta, una tecnica psicanalitica, senza avere nessuna
necessità di istruzioni salvo la conoscenza del funzionamento del linguaggio,
dal momento che qualunque problema, qualunque ansia, qualunque angoscia, paura,
timore, tremore etc. è prodotto dal linguaggio, quindi se si intende
esattamente come funziona il linguaggio, come costruisce e perché costruisce
delle sequenze, il gioco è fatto. È come smontare qualche cosa nei pezzi che
necessariamente lo compongono e se ciascuna di queste cose è fatto di
linguaggio, il linguaggio l’ha costruita e solo il linguaggio può smontarla,
oppure si fa come si fa generalmente: si toglie una credenza e se ne mette
un’altra, anche questo funziona in effetti, da dei benefici, provvisori, ma da
dei benefici, però è un problema per quanto riguarda l’intelligenza; prendete
il nevrotico, crede una certa cosa, lo psicanalista gli fa credere un’altra
cosa, per esempio che il suo malessere è dovuto a… qualunque cosa, dipende
dalla teoria e quindi se la persona crede questa certa cosa ha un beneficio,
così come il neofita di qualunque religione è sempre una persona molto
entusiasta e molto attiva, sta benissimo perché suppone di avere trovata la
verità e la verità ha sempre un effetto terapeutico, un effetto benefico. Ma non
deve mai metterla in discussione, cosa che la più parti delle persone è disponibilissima
a fare purché gli si fornisca una verità. Quindi una volta che l’ha acquisita
non farà nulla per metterla in discussione, perché dovrebbe? Va contro i propri
interessi. Per quanto ci riguarda abbiamo perduta la fede il giorno in cui ci
siamo accorti che è un atto linguistico.