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20 marzo 2019

 

La struttura originaria di E. Severino

 

Non abbiamo pensato di leggere questo libro come un testo intorno alla volontà di potenza, cosa che invece sarebbe stato opportuno fare. Potrebbe anche essere letto così. In effetti, tenendo conto di tutte le cose dette da Severino in questo libro, potremmo intendere la volontà di potenza in modo preciso, e cioè in questo modo: come la volontà che un significato possa determinarsi in quanto quel significato. Questa è la definizione di volontà di potenza che è a mio parere la più precisa e rigorosa, e anche la più efficace. La volontà di potenza non è solamente il volere soverchiare l’altro; questo è un effetto, sul quale si sono attestate fantasie di ogni sorta. Ma la volontà di potenza, così come la pone Nietzsche, cioè qualcosa di strutturale – lui parla della volontà di potenza come l‘essere – è proprio questo, e cioè la volontà che un significato possa determinarsi come quel significato. Ora, perché possa determinarsi come quel significato, se io voglio questo, se la volontà di potenza mi muove in questa direzione, mi trovo di fronte a degli ostacoli, e Severino ci sta raccontando una serie di questi ostacoli, non ultimo la contraddizione C. Per lui, per compiere questa operazione, e cioè per potere determinare la possibilità che quel significato sia quel significato, devo reperire tutto ciò che quel significato non è per poterlo togliere; ecco il problema. Questo problema a noi interessa perché ci mostra una delle più grosse difficoltà del linguaggio, e cioè potere determinare il significato di qualcosa. Questo significato come si pone, di fatto? Quello che lui chiama significato non è altro che una relazione, una connessione tra una cosa e un’altra. Potremmo dire che è una rappresentazione, ma questa rappresentazione ha come rappresentato un qualche cosa che anche lui è un’altra rappresentazione. Ecco che si innesca quel processo che Peirce chiamava semiosi infinita, cioè l’impossibilità di determinare il significato o, più propriamente come direbbe Severino, l’impossibilità di determinare un significato come “quel” significato. Quindi, questo testo è, in effetti, un modo di affrontare la questione della volontà di potenza in termini più radicali. Potrei dirla anche in modo più spiccio, e cioè la volontà di potenza come la volontà che ciò che dico sia esattamente ciò che voglio dire. A pag. 479, paragrafo 12. In quanto l’originario si realizza come quell’oltrepassamento formale del momento problematico… L’originario è l’intero. Per essere l’intero deve essere l’oltrepassamento del momento problematico, cioè di quell’impasse, come sappiamo, della contraddizione C, per intenderci. Ma oltrepassamento formale. Abbiamo visto cosa intende lui per oltrepassamento formale, e cioè la consapevolezza che c’è una soluzione al problema, che cioè il problema può essere risolto. Come non si sa, ma c’è la possibilità di risolverlo. Questo per lui è l’oltrepassamento formale, non concreto. …la struttura originaria vale come l’apertura originaria del sapere metafisico. La struttura originaria, cioè l’intero, questo intero che è posto formalmente, dice che è l’apertura originaria, potremmo dire, la possibilità del sapere metafisico. Si tratta di un sapere che costituisce un problema: il sapere metafisico è quel sapere che immagina di avere oltrepassato il problema e di averlo risolto, senza riuscirci. Infatti, sappiamo benissimo che la metafisica incontra una serie notevolissima di problemi. Si avverta che l’orizzonte metafisico si è già aperto col progettare. Progettando, cioè supponendo qualche cosa, io ho già aperto questo orizzonte metafisico, ho già aperto questa possibilità di pensare di avere il tutto, anche se ce l’ho solo formalmente. E cioè già il progettare è un oltrepassamento dell’esperienza possibile. Perché se io progetto, pongo qualche cosa, penso qualche cosa, questo pensare qualche cosa è già un oltrepassamento dell’esperienza possibile, vado già oltre quel pensiero. Ma questo oltrepassamento è problematico: nel senso che l’orizzonte, in cui l‘essere si libera originariamente, è aperto come un’alternativa tra la sua positività e la sua nullità. Questo oltrepassamento, questo andare oltre, io vado oltre questa cosa che ho qui, ma questo andare oltre non so se è qualche cosa oppure se è nulla. E se non ci fosse nulla oltre questo oltrepassamento? Per Severino è una possibilità: questo andare oltre comporta che andando oltre trovo o qualcosa oppure nulla. Ma l’apertura problematica è solo un aspetto o, meglio, un momento dell’apertura originaria dell’orizzonte metafisico. Questa apertura originaria è ciò che si apre nel momento in cui io dico qualcosa: mi si apre qualche cosa davanti. Il toglimento formale della contraddizione originaria… Che sappiamo essere la contraddizione C. …è infatti l’apertura categorica di questo orizzonte. Tolgo formalmente la contraddizione dicendo che questa contraddizione è superabile, ma il fatto che io ponga questa contraddizione, questa apertura, significa che sto ponendo qualche cosa di problematico, che è da superare, ma lo sto ponendo. E, infatti, dice che questo rappresenta l’apertura categorica di questo orizzonte. Nel momento in cui decido che questo problema deve essere risolto io stabilisco che c’è il problema. La categoricità dell’orizzonte metafisico è data appunto dalla posizione necessaria del momento in cui il progettare è risolto – e tale posizione è necessaria perché la negazione di quel momento implica il permanere della contraddizione pertinente all’originario, come contraddizione affermata. Questa categoricità dell’orizzonte metafisico, cioè questa apertura verso altro, è data dalla posizione necessaria del momento in cui il progettare è risolto. Se il progettare è risolto… Cosa vuole dire che è risolto? Che questo progetto fa quello che deve fare, cioè suppone che ci sia la possibilità di passare dal formale al concreto. Ma è chiaro altresì che all’orizzonte metafisico compete una siffatta originaria categoricità nella misura in cui esso è un orizzonte formale o indeterminato. Siamo sempre ne formale, quindi, nell’indeterminato. È come se io dicessi “il tutto”: il tutto è formale, non è concreto. Il contenuto metafisico, che si costituisce come un siffatto possesso originario… Che cos’è il contenuto metafisico? È questa idea di un possesso - e qui torniamo alla questione della volontà di potenza – possesso di ciò che ha posto formalmente. Infatti, prima vi dicevo la volontà che un significato “possa” determinarsi come quel significato. Siamo nel campo del possibile, quindi, comporta la volontà che sia così. …non ha altra determinazione che questa: di essere risolvimento del progettare – di essere cioè toglimento della contraddittorietà del progettare. Questo è la volontà di potenza: risolvere il problematico togliendo la contraddittorietà. Volere che un significato possa determinarsi come quel significato è togliere ogni possibile contraddittorietà, perché sennò non può essere quel significato, è autocontraddittorio. Il risolvimento e il toglimento in parola è sì conseguito – onde la sua posizione è categorica –, ma non è conseguita (originariamente) la sua determinazione concreta:… Ancora: formalmente lo tolgo ma non concretamente. …non si è in grado di stabilire quale sia la determinazione, tra quelle progettate (tra quelle che costituiscono l’alternativa), che valga come il contenuto metafisico esclusivo della sua negazione. Non sappiamo, cioè, cosa esattamente dobbiamo togliere per potere affermare qualche cosa. Questo orizzonte metafisico si apre ma per potere affermare qualche cosa con certezza devo sapere perfettamente che cosa questa cosa che io sto affermando non è. Se non lo so, rimane autocontraddittorio. Se questo originario sapere metafisico consiste nel porre la soluzione formale del problema originario, è chiaro che la metafisica originaria, proprio perché formale, non è “trascendentistica” piuttosto che “immanentistica”. … Affermando l’originarietà formale del sapere metafisico, non si esclude la possibilità di (=non è immediatamente contraddittorio il progetto di) un accertamento dell’originarietà concreta di tale sapere. È chiaro che se io affermo la formalità del sapere metafisico con questo non escludo necessariamente che possa anche essere concreto. Infatti, dice che non è immediatamente contraddittorio il progetto di un accertamento dell’originarietà concreta di tale sapere. È chiaro che qualora quell’accertamento abbia a realizzarsi… E cioè che sia contraddittorio. …l’affermazione dell’originarietà formale del sapere metafisico è rilevata come concetto astratto. È un astratto nel senso che questo sapere metafisico non posso porlo concretamente. Non posso porlo concretamente perché non è l’intero: non è l’intero perché non so cosa devo togliere per potere affermare con certezza ciò che sto affermando. A pag. 480, paragrafo 13. Il toglimento originario della contraddittorietà del progettare… Il progettare è contraddittorio perché è un progetto, suppongo, quindi, non so con certezza che cosa sto affermando. Magari sì, magari no, perché se suppongo una cosa vuole dire che non so, se lo sapessi non ci sarebbe la supposizione ma la certezza. Il toglimento originario della contraddittorietà del progettare, da un lato toglie (formalmente) il progettare, ma dall’altro lato lo lascia permanere come contenuto dello stesso orizzonte categorico. Se io voglio togliere la contraddittorietà del progettare devo togliere il progettare, cioè devo togliere la supposizione per trasformarla in certezza. Solo che la tolgo formalmente, perché ancora non so bene di che cosa sia fatta. Dice ma dall’altro lato lo lascia permanere come contenuto dello stesso orizzonte categorico. Questo toglimento originario permane; in realtà, non l’ho tolto affatto. Il progetto è risolto nel senso che è posto il suo dover essere risolto; ma poiché, come si è detto, questa necessità del risolvimento lascia indeterminato il modo del risolvimento, il modo resta progettato e la contraddizione del progettare permane come non tolta: formalmente tolta, materialmente non tolta. In relazione alla contraddizione originaria sussiste dunque un compito originario (la necessità cioè di togliere la contraddizione)… È sempre questo il compito fondamentale originario: togliere la contraddizione. Finché il progetto di togliere questa contraddizione non è autocontraddittorio, per cui il toglimento di questa contraddizione è incontraddittorio e, quindi, la posso togliere, finché non avviene questo il problema permane. Il compito permane invece, come tale, in quanto la contraddizione non è materialmente tolta. … il compito è cioè originariamente posta già dal punto di vista di Γa. Γa è la F-immediatezza astratta dalla L-immediatezza, cioè l’apparire della cosa senza l’incontraddittorietà della cosa che appare. Quindi, non lo posso affermare come incontraddittorio. Il compito, d’altra parte, vale originariamente come un progetto in quanto, dal punto di vista dell’originarietà strutturantesi come Γa, resta progettato se l’essere oltrepassi o no, in senso forte, l’immediato; sì che, in relazione al teorema per il quale ogni significato è costante di ogni altro significato, è un progetto che l’originario, in quanto oltrepassato in senso forte da un positivo, sia realizzazione della contraddizione C, e quindi è un progetto il compito consistente nel toglimento di questa contraddizione. Dice che resta progettato, resta un‘idea se l’essere oltrepassi o no l’immediato, l’immediatamente presente. E l’essere è tutto l’essere? No. Questo è certamente ma non è l’essere, in senso universale. Per il momento, dice, resta progettato, c’è la supposizione che l’essere vada al di là di questa cosa qui, non lo so ancora con certezza. …sì che, in relazione al teorema per il quale ogni significato è costante di ogni altro significato, è un progetto che l’originario, in quanto oltrepassato in senso forte da un positivo, sia realizzazione della contraddizione C. Dice, in base al fatto che un significato è costante di ogni altro significato, è un’idea, una supposizione, il fatto che l’originario, in quanto oltrepassato da un positivo, cioè da ciò che sto ponendo, sia la realizzazione della contraddizione C. Stante che ogni significato è costante di ogni altro significato, l’originario, cioè l’intero, in quanto oltrepassato da un positivo, – oltrepassato da un qualcosa che io sto ponendo, perché se io pongo un qualche cosa questo qualche cosa è oltrepassato da un positivo, cioè da qualche cosa che posso porre – questo, dice, è un progetto, una supposizione che questo sia la realizzazione della contraddizione C. quindi, è una supposizione il compito consistente nel toglimento di questa contraddizione. Sta soltanto dicendo che, se io pongo qualche cosa, il fatto che possa pensare che l’essere oltrepassi questa cosa è un progetto. Quindi, l’essere oltrepassa questa cosa; se l’oltrepassa vuole dire che questa cosa è contraddittoria perché allora non è più l’intero. … e quindi è un progetto il compito consistente nel toglimento di questa contraddizione. È una supposizione il pensare di potere togliere questa contraddizione, perché di fatto non la tolgo, la contraddizione rimane. A pag. 462. b) In questo senso, l’alternativa che costituisce a problematicità originaria può essere considerata come doppia: ossia da un lato come possibilità di determinare – come essere o come nulla – l’altro dall’immediato; e dall’altro lato come possibilità dell’accertamento, sul tipo di quello kantiano, dell’impossibilità di una determinazione qualsiasi di tale alterità. L’alternativa è questa: o non sappiamo se ciò che oltrepassa l’immediato è qualcosa o è nulla oppure non siamo in grado di determinare niente. A pag. 481. I due lati di questa più ampia alternativa – “alternativa includente” – sono, come si è detto: possibilità del risolvimento dell’alternativa-momento (del risolvimento cioè del progetto della positività-negatività dell’orizzonte in cui si libera l’essere),… Cioè, essere qualcosa o essere nulla. …e l’impossibilità (autocontraddittorietà) di quel risolvimento. Non è possibile risolverlo perché non siamo in grado di determinare tutte le costanti. Diciamo dunque che progettare l’impossibilità del risolvimento dell’alternativa-momento – ossia progettare che sia possibile accertare che il concetto di “risolvimento dell’alternativa-momento” sia intrinsecamente contraddittorio –, diciamo che questo esito dell’alternativa includete appare originariamente come autocontraddittorio. Nel senso che nell’un caso come nell’altro non c’è la possibilità di stabilire l‘incontraddittorietà: nel primo caso perché non sappiamo se ciò che oltrepassa è qualcosa o è nulla; dall’altro lato, non sappiamo determinare e, quindi, rimane contraddittorio. A pag. 482. È chiaro che qualora un prolungamento dell’analisi dell’immediato pervenisse al risolvimento immediato della stessa alternativa-momento… Cioè, se potessi sapere come vanno a finire le cose. …si dovrebbe dire dell’alternativa-momento quanto si è detto dell’alternativa includente: che uno dei suoi lati appare immediatamente come autocontraddittorio… Uno dei due, dice, è necessariamente autocontraddittorio. …sì che il concetto concreto dell’immediatezza non lascia costituire l’alternativa-momento come un’alternativa… Se so che uno dei due è risolto, è chiaro che non c’è più la contraddizione. …come un progettare, ma la toglie immediatamente con la posizione categorica di uno dei suoi due lati… Perché a questo punto uno dei due lati diventa incontraddittorio. …e pertanto l’alternativa in questione sussisterebbe solo come contenuto del concetto astratto di un momento della struttura dell’immediato. Questa alternativa non è più un’alternativa concreta se io ho risolto uno dei due lati del dilemma. (Con ciò è chiaro che la strutturazione concreta di Γa include il progetto che tale strutturazione sia concetto astratto dell’originario). Insomma, quello che sta dicendo è che ciò che occorre fare, il compito che ci riguarda, è quello di portare Γa al concreto, perché Γa è astratto, è il fenomeno astratto del concreto, ma senza sapere se questo fenomeno è incontraddittorio, cioè senza sapere se posso porlo veramente. Quindi, il compito è quello di riportare Γa al concreto. Per portare Γa al concreto, ovviamente, devo porre Γa come un qualcosa che implica necessariamente la L-immediatezza. Se non la implica, cioè se posso astrarre la F-immediatezza, rimane autocontraddittorio o, meglio, rimane incontraddittorio formalmente ma non materialmente.