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20-1-2010

 

Domande sulle ultime cose dette?

Intervento: avevamo parlato dell’inganno l’altra volta e abbiamo detto che avremmo proseguito soprattutto sulla questione della responsabilità, come tutto il sistema occidentale, per esempio, sia fondato sulla verità certificata dall’altra persona a patire dal “questo è questo” per cui si instaura la prima inferenza e quindi la prima verità però anche questa è come se venisse da fuori del proprio discorso per cui le persone parrebbero necessitare sempre dell’altro per far funzionare il pensiero perché è l’altro che certifica, tutto è fondato su questo le scuole, la pubblicità, le istituzioni prendono corpo e forma da questa verità che viene … la questione della responsabilità ancora una volta. Visto che quando parliamo di responsabilità in psicanalisi parliamo di responsabilità del proprio pensiero e quindi delle proprie conclusioni a questo punto … è una grossa libertà perché la propria intelligenza può agire perché si è consapevoli di ciò che si produce in ciò che si fa, di ciò che si pensa, di ciò che si sta facendo mentre si dicono delle cose però sembra una questione ostica da praticare molto probabilmente per l’addestramento di ciascuno …

Una considerazione: gli umani, in quanto parlanti parlano. Tutto ciò che abbiamo detto, fatto, scritto, considerato, riflettuto in questi ultimi vent’anni procede da questa considerazione semplicissima, non abbiamo fatto altro che trarre tutte le implicazioni da questa considerazione banalissima e accessibile a ciascuno, perché se come accade, gli umani parlano, allora occorre almeno intendere che cosa accade mentre parlano, cosa succede? È una questione assolutamente banale eppure da lì è sorto tutto quanto, da questa semplicissima considerazione che nessuno ha mai fatta prima o non ha mai preso così alla lettera, non ha mai tratto tutte le considerazioni, le implicazioni che possono trarsi, e si potrebbe anche aggiungere che gli umani parlano e non possono non farlo, e se non possono non farlo non hanno alternative, non hanno scelta, non è che possono parlare oppure no, adesso non sto parlando della verbalizzazione ovviamente. Non possono non pensare, e se non possono non parlare allora tutto ciò che fanno o che non fanno, che costruiscono, inventano, tutti i loro affanni eccetera di fatto sono vincolati alla parola, vincolati nel senso che qualunque cosa accada comunque non possono non parlare, qualunque cosa accada. Non possono non parlare cioè non possono trovarsi fuori da questa struttura. Considerato questo, che è abbastanza semplice da considerare, non resta che intendere che cosa fanno quando parlano, questione antica, l’abbiamo posta già da venti anni fa. Dunque che cosa fanno gli umani quando parlano? O più propriamente, che cosa non possono non fare, perché è questo che a noi interessa, che cosa non possono non fare? Qui la questione appare complicarsi un poco, però possiamo porla anche in modo straordinariamente semplice: qual è la prima cosa che fa il discorso di cui sono fatti, il discorso che sono? Afferma, afferma per stabilire che cosa è vero, per affermarlo o per cercarlo se ancora non l’hanno trovato, questo direi che è la prima cosa che gli umani fanno quando incominciano a balbettare, affermare cose, cioè affermare come stanno le cose, così nella vulgata più comune e più banale, ora perché fanno questo? Intanto inseriamo una postilla: “potrebbero fare altro, dal continuare ad affermare cose? o cercare di affermare cose?” cosa, per esempio, Eleonora, cosa potrebbero fare altrimenti?

Intervento: niente …

La domanda è se c’è un’alternativa a questa posizione, ti viene in mente qualcosa che possa costituire un contro esempio? Guardate che è sempre importante costruire un contro esempio, perché quando si riflette su qualunque cosa in generale ma in ambito teorico in particolare, è sempre molto facile trovarsi a generalizzare cioè pensare di avere costruito una sorta di universale mentre come la logica ci insegna basta un solo esempio contrario, basta solo una x per cui non valga ed ecco che non è più universale, non è più universalizzabile; nessuno ha un contro esempio? Pensate anche alle obiezioni, qualunque cosa vi possa venire in mente, qualcosa che possa negare quello che ho appena affermato e cioè che gli umani di fatto non possano fare altro se non affermare continuamente qualcosa, affermare o negare appunto ciò che va contro l’affermazione, è ovvio, fanno qualcos’altro?

Intervento: no …

Perché sei così risoluta?

Intervento: se tanto comunque ogni pensiero che si fa, ogni dubbio, ogni riflessione, ogni calcolo comunque implica che a ogni passaggio devi provare quello che affermi …

Brava …

Intervento: non possono fare altro … puoi affermare anche il dubbio in un certo senso però …

Sì, ma il dubbio è sempre un momento transitorio nell’attesa che qualcosa si definisca, cioè si dimostri vero o falso a seconda dei casi …

Intervento: il dubbio lo prendi come vero …

Lo prendi come vero in che senso?

Intervento: se tu fai quei passaggi per arrivare al dubbio quei passaggi sono veri …

Non fai i passaggi per arrivare al dubbio, ma per arrivare a una verità …

Intervento: ma il dubbio da cosa arriva? se …

Dal fatto di non aver trovato ancora quella conclusione che soddisfa le premesse da cui sei partita per esempio …

Intervento: ci arrivi al fatto di non aver ancora trovato attraverso dei passaggi …

Intervento: quando lei parla di affermazione possiamo sostituire questo termine con conclusione?

Certo …

Intervento: in quanto si cerca sempre di concludere …

Certamente, quindi in assenza di contro esempi atteniamoci al fatto che gli umani non fanno nient’altro che affermare cose, ora questo dovrebbe indurci a una considerazione su come funzionano gli umani, cioè come funziona il loro discorso in definitiva, e cioè cosa fanno esattamente? È il modo in cui si pensa, si procede e si giunge a una conclusione che si ritiene vera e questo come dicevo ci induce a pensare che il linguaggio di fatto funzioni così, se non possono non parlare e non possono fare altro che affermare qualche cosa, chi li costringe a fare tutte queste operazioni?

Intervento: se stessi …

Come se stessi? Un giorno si è messa lì, ha meditato profondamente e poi è giunta alla considerazione che “non farò altro che affermare cose”?

Intervento: l’hanno insegnato …

Un sacco di cose insegnano, però non tutte vengono seguite con tanto scrupolo e sempre alla lettera senza sgarrare mai. A questo punto già sappiamo che gli umani parlano ininterrottamente e parlano per affermare cose e fino adesso non abbiamo detto nulla di particolarmente difficile e sarebbe invece molto difficile per qualcuno effettivamente trovare dei contro esempi che neghino una cosa del genere. Se sappiamo questo e cioè che è il linguaggio che li costringe, perché parlano, e quindi parlando utilizzano il linguaggio, che altro se no? Compreso quello delle api, il linguaggio dei fiori, il linguaggio dei gesti, il linguaggio della poesia, il linguaggio della musica. In effetti questa è l’obiezione che viene fatta spesso, ma perché il linguaggio è solo quello degli umani? Perché il cosiddetto linguaggio delle api non è tale? Lo sa Elisa?

Intervento: sono spinti dall’istinto?

Questo può essere un effetto. La questione è che non possono fare altro, sono programmate a fare questo, non possono fare un’altra cosa …

Intervento: non possono trasgredire il codice …

Esatto, devono andare lì dove c’è il fiore, fare dei segnali e le altre api arrivano, non possono decidere di farsi una passeggiata al mare quel giorno lì. Fino a qui non c’è nulla che ci ostacoli, almeno apparentemente, dunque il linguaggio costringe a fare così e sappiamo dal modo in cui gli umani pensano, come funziona di fatto il linguaggio perché è da lì che noi lo traiamo, non è che lo traiamo da altro, cioè dal modo in cui pensano e non possono non fare, quindi se gli umani non possono non parlare e devono concludere sempre in un certo modo cioè con affermazioni vere allora è il linguaggio che li costringe a fare questo, quindi è il linguaggio che è fatto così, fino a questo punto non mi sembra che ci siano grosse difficoltà, anche di fronte a persone che non hanno mai sentito queste cose. A questo punto che cosa ci manca? Fino adesso abbiamo soltanto tratto immediate implicazioni dalla considerazione o meglio dalla constatazione che gli umani in quanto parlanti parlano, e abbiamo aggiunto “non possono non farlo” abbiamo solo tratto due semplicissime implicazioni da questa considerazione, che altro può trarsi di interessante da questo? In effetti in ciò che abbiamo detto adesso c’è già tutto in nuce. Quali altre considerazioni possono trarsi di qualche interesse?

Intervento: non è che devono affermare qualcosa di vero per far sì che il linguaggio possa proseguire?

Ecco, questo è già un elemento che possiamo aggiungere e cioè che il fatto che debbano continuare, debbano costruire qualcosa di vero, debbano concludere qualcosa di vero, ha una funzione ben precisa, non è così per caso: devono concludere in un modo vero perché altrimenti il linguaggio si non prosegue, quindi c’è già un altro elemento che ci dice come funziona il linguaggio; stiamo soltanto trovando quelle cose che non possono non essere …

Intervento: anche per esempio se possono fare le cose che fanno è perché c’è il linguaggio …

Qui siamo oltre, ora siamo al fondamento, la base …

Intervento: il discorso è che per fare affermazioni vere devono avere dei punti di riferimento qualcosa che indichi la via, che sono poi le premesse rispetto alle quali le conclusioni vengono commisurate …

Sì certo, basta che le conclusioni non contraddicano la premessa …

Intervento: il fatto che però abbiano bisogno di punti di riferimento è una questione importante perché dà l’idea di verità …

Qui si apre un’altra questione importante che riguarda il funzionamento del linguaggio, e cioè il suo fondamento, noi non è che siamo andati oltre, abbiamo parlato del linguaggio come il fondamento, però poniamola ancora in modo così, molto semplice, molto facile. Il linguaggio necessita per concludere con un’affermazione vera di muovere da premesse che sono ritenute essere vere ma come fa una premessa a essere ritenuta vera? Da dove arriva? Ovviamente la premessa è ritenuta vera perché segue in quanto conclusione a un’altra cosa che sarà la sua premessa e così via ad infinitum in teoria, ma ad infinitum non è, anche se molti lo hanno pensato, queste premesse devono a un certo punto arrestarsi, devono trovare un aggancio, una garanzia, e questa è stata l’occasione per gli umani di inventare una premessa generale universale e naturalmente vera: dio, la natura, la realtà etc., cioè qualche cosa che sia lì dalle origini, da sempre, e da qui l’invenzione, dicevo, che qualche cosa appunto sia “causa sui”, operazione che ha impegnato molte menti anche le più forti senza naturalmente giungere a niente, perché ogni volta che si trovava qualche cosa che poteva essere, costituire, almeno apparentemente il fondamento, arrivava subito un’altra cosa che lo smontava ma è tuttavia una questione di straordinaria importanza perché dalla verità del fondamento segue tutto ciò che ne deriva ovviamente, tutto, ché se la premessa è falsa che succede Elisa? Ex falso quodlibet, dicevano i medioevali: da una premessa falsa è possibile inferire qualunque cosa e da qui la ricerca disperata della verità, che non è stata casuale e neanche del tutto arbitraria. È la necessità di reperire il fondamento, quello che garantisce tutto, l’elemento che sostiene tutto, sostiene qualunque argomentazione, qualunque idea, qualunque pensiero, dà a questa idea una dignità, altrimenti qualunque cosa è una stupidata, e quindi si sono impegnati per trovare qualcosa che non fosse una stupidata ma senza trovarla, cosa ci induce a pensare una cosa del genere, così d’acchito Elisa? Perché si sono così dati da fare per trovare la verità, e imporla anche all’occasione? Perché?

Intervento: per potere fare delle cose con le parole …

Anche, certo chi detiene la verità detiene anche il potere, la conoscenza della verità da potere Intervento: qualcuno che si è inventato la leggenda di Gesù Cristo …

Sì, c’è chi sostiene che sia stato Paolo a inventare questa storia …

Intervento: questa verità è diventata il fondamento …

Ha detto semplicemente che avere il potere sulla verità, da il potere sul prossimo.

Vedete, la questione della verità e della sua ricerca è importantissima perché ci mostra un altro funzionamento, un altro aspetto del funzionamento del linguaggio e cioè che non può procedere in assenza di verità, cioè non può procedere se le conclusioni che trae contraddicono la premessa da cui è partito, e questo risulta necessario e di una cogenza tale da essere impossibile anche pensare che non sia così. Da qualche parte avevo spiegato in modo più teorico perché non può non funzionare così, in effetti il linguaggio una volta che ha stabilito un elemento, proprio perché lo ha stabilito, il linguaggio non può simultaneamente affermare che non esiste, si troverebbe di fronte a una situazione paradossale e non saprebbe più da che parte andare, adesso l’ho detta in modo molto spiccio, per cui non può negare ciò stesso di cui è fatto, come dire che il linguaggio non può negare la sua stessa esistenza se non contraddicendosi, cioè utilizzando se stesso per farlo, come se dicessi “io non parlo” di fatto questa affermazione se presa alla lettera è autocontraddittoria. Una volta stabiliti questi principi non ci resta che aggiungerne uno molto semplice e cioè il fatto che ciascun elemento di cui è fatto il linguaggio, un elemento che interviene nel discorso deve essere individuato e individuabile rispetto a tutti gli altri per funzionare, a questo punto abbiamo costruito la teoria del linguaggio, molto semplicemente e in poche battute, forse possono essere ancora più semplificate però mi sembra che fino a qui non dovrebbero sorgere grossissime obiezioni. Cercate contro esempi, anche tutte le domande che ci sono state rivolte in questi ultimi trent’anni …

Intervento: mi interessava sempre per le conferenze spiegare tutto questo rispetto al discorso di ciascuno, la verità come interviene?

Questo è ancora un discorso da fare, adesso abbiamo soltanto posto il fondamento, poi è ovvio si tratta di precisare come può intervenire per ciascuno una cosa del genere e come ciascuno può tenerne conto e quali sono i vantaggi del tenere conto di una cosa del genere, primo fra tutti naturalmente è avere reperita la verità che sempre ciascuno va cercando …

Intervento: questo in effetti la ricerca della verità da parte di ciascuno nel proprio discorso aggrappandosi a qualunque premessa gli capiti a tiro, quindi tutta la questione del credere, del punto di riferimento di cui dicevamo prima che è chiaramente una questione linguistica …

Sì, occorre puntare su un aspetto determinante, cioè sul fatto che gli umani parlano e non possono non farlo, se si riesce a intendere bene una cosa del genere il resto, i passaggi successivi non dico che siano automatici, ma sono molto facilitati …

Intervento: beh la prima obiezione che viene posta è quello della naturalità del parlare, gli umani parlano perché è naturale è uno dei loro “attributi” questa è sempre la prima obiezione che viene posta …

Ma se anche fosse così, questa ipotesi per quanto sgangherata e sconclusionata, se anche fosse, comunque non ci resta che prendere atto del fatto che gli umani parlano e non possono non farlo, sia come sia …

Intervento: sì perché non viene tenuto in debito conto che sono obbligati a parlare …

Perché non possono non farlo certo …

Intervento: la questione fondamentale della linguistica che il linguaggio è una facoltà …

Intervento: allora i sordomuti come pensano?

Come pensa il sordomuto? Il sordomuto messo in un ambiente sterile, totalmente isolato in una cassa di piombo per cui non passano neanche radiazioni e tenuto lì per tutta la vita? Non credo che sia in condizioni di pensare …

Intervento: sì ho capito ma i sordomuti …

Comunque attraverso altri che sono in condizioni di parlare e quindi stabiliscono dei segni che sono in qualche modo percepibili da loro, riescono a trovare un sistema per comunicare certo, è ovvio che avranno pochi elementi a disposizione non potendo parlare, e con quelli andranno avanti, sarà difficile che un sordomuto inventi un sistema teorico, filosofico per esempio, perché non ha la ricchezza, non può averla …

Intervento: sì però se uno scrive …

Per scrivere occorre pure che qualche cosa abbia in animo di scrivere. Bisogna fornirgli degli strumenti certo, trovare i modi e questo possono farlo solo le persone che parlano naturalmente, allora si addestrano in qualche modo a comunicare qualche cosa …

Intervento: viene prima la parola o il pensiero a questo punto?

Il linguaggio. Il linguaggio produce sequenze e queste sequenze sono già pensiero, il pensiero non è distinguibile dalla parola in realtà …

Intervento: era una eventuale obiezione, non era un mio chiarimento personale …

Il linguaggio costruisce parole e queste parole possono connettersi sia verbalmente sia mentalmente in effetti una volta che si parla, si può parlare anche a voce alta o a voce bassa o anche in un soliloquio. Avete altre obiezioni o contro esempi che vi possono venire in mente per indurci a rendere ancora più semplice questa sequenza che già potrebbe essere semplice, potrebbe essere migliorata naturalmente, qualche contro esempio Eleonora? Quale obiezione potresti fare a tutto ciò che ho detto? O se preferisci come rendere più facile, più immediato accogliere il fatto che gli umani parlano e non possono non parlare? Questione che è sempre fondamentale, se non si intende questo non si va da nessuna parte …

Intervento: forse non è tanto chiaro a chi ascolta come si innesca la cosa, tutto questo linguaggio, parlare, discorso, pensiero …

Cioè da dove viene? Qual è l’elemento che lo avvia?

Intervento: può essere avviato dal fatto che il linguaggio seleziona una prima premessa ma se non arriva dall’esterno non si sa da dove arriva …

Se è la prima come fa a selezionarla? In base a quale criterio? Se è la prima, la prima premessa?

Intervento: è vero però …

Sì avevamo individuato una premessa universale …

Intervento: l’identità?

Sì esattamente, una tautologia il “questo è questo” è il primo elemento che viene fornito, che viene recepito …

Intervento: però in un certo senso, sembra che abbia un riscontro esterno, non è chiaro a me quindi figurati, che c’è questa identità inizialmente ma deve essere giustificata per essere accolta …

Pensa bene: prima “giustificata”, se è la prima cosa che viene inserita nel sistema, viene giudicata in base a che cosa? Valutata in base a che? Non c’è nessun parametro ancora …

Intervento: infatti, ma per arrivare al “questo è questo” io devo avere un questo che sia un oggetto esterno, che sia un pensiero …

Sì, è una dimostrazione ostensiva, qualcuno per esempio indica “questo è questo” lui non sa che cos’è però incomincia a cogliere un’identità, un’esistenza …

Intervento: però un mondo esterno, come se il linguaggio avesse accolto che c’è un esterno …

Può accoglierlo anche dopo, non è necessario che l’accolga prima. Pensa a una macchina, pensa a dovere progettare una macchina, un computer, occorre fornirgli una prima istruzione perché funzioni il tutto e la prima istruzione che viene fornita è generalmente quella che afferma che una certa cosa è un’istruzione e quindi viene accolta come tale, ora nell’essere umano non è che funzioni in modo molto differente. Quando consideravamo Alan Turing che è stato quello che ha costruito la prima macchina “pensante”, come diceva lui, è giunto a delle conclusioni interessanti, in effetti il modo in cui si addestra la macchina è esattamente lo stesso in cui si addestra un bambino, gli si mostra qualche cosa e questo qualche cosa è la prima istruzione, naturalmente la macchina deve riconoscerla come istruzione, la macchina deve riconoscerla, gli si immette un comando del genere, in fondo anche affermare “questo è questo” è fornire un’istruzione, la prima istruzione, questa istruzione costituisce la base su cui poi è possibile costruire, informare altre istruzioni, addestrare un bambino è come addestrare una macchina: si forniscono delle istruzioni e poi altre istruzioni che consentono di maneggiare queste prime istruzioni …

Intervento: quindi a questo punto l’impulso viene da fuori …

Dici che il linguaggio nasce da solo? La questione è complicata Eleonora, perché non abbiamo modo di rispondere a questa domanda …

Intervento: lo so perché bisognerebbe uscirne fuori …

Brava, ciò che sappiamo è che il linguaggio, lo diamo per esistente per il momento, il linguaggio si trasmette da parlante a parlante, la madre, generalmente è lei ma può essere chiunque, fornisce le prime istruzioni, fornendo le prime istruzioni, fornisce anche un’altra istruzione e cioè che quella cosa che fornisce sono istruzioni e così via. Diciamo che ha sempre funzionato così e non c’è modo di pensare altrimenti, cioè di pensare un altro tipo di formazione, noi possiamo anche fare addestrare un bambino da una macchina, non cambia niente …

Intervento: e il bambino nella giungla?

È una questione che scivola molto facilmente nella fantasia o addirittura nella mitologia, noi dobbiamo attenerci a ciò che possiamo sapere …

Intervento: come dire se nasce da un input esterno allora anche lo stesso ragionamento si sviluppa grazie a un esterno …

Perché questa implicazione è così necessaria?

Intervento: no, non necessaria ma probabile, una persona che magari non è abituata al ragionamento non potrebbe mai fare una discussione perché non è mai stata abituata … la struttura c’è ma l’applicazione della struttura arriva poi dall’esterno …

Sì, tant’è che noi insegniamo alle persone a pensare, non ci arrivano da sole. Quando tu hai i primi strumenti che ti consentono di mettere insieme altri strumenti, altre istruzioni, hai tutto quello che ti serve, poi a questo punto tutto ciò che vedi, ascolti etc. viene considerato in tutt’altro modo da come verrebbe considerato, anzi non verrebbe considerato, in assenza di linguaggio, ti ricordi, quando parlavamo delle macchine e tu non ti capacitavi che una macchina potesse arrivare a pensare come un essere umano? In effetti il bambino quando incomincia a parlare è sottoposto a sollecitazioni e informazioni, un bombardamento di informazioni continuo, ininterrotto potremmo dire, cosa che a una macchina non succede, non se ne va in giro gattonando a dire cose, se ne sta lì ferma e quindi perde l’occasione di acquisire altre informazioni, altri input, ma se questa stessa macchina avesse le opportunità del bimbetto che incomincia a camminare e scopre il mondo esterno, perché non dovrebbe anche la macchina arrivare alla stessa articolazione, ricchezza e possibilità di ragionamento? Perché no? In fondo si tratta di input che riceve allo stesso modo, anzi li elabora molto più rapidamente in teoria …

Intervento: non ha la stessa possibilità di implementazione …

Intervento: è sempre la solita questione nel senso che c’è un rifiuto a priori di poter identificare un uomo con una macchina … non accetta questa identificazione perché dice che la macchina è controllabile e l’uomo no, c’è qualcosa di assolutamente incontrollabile nell’uomo …