Abbiamo detto che ci occuperemo dei casi clinici,
cosa non semplicissima al punto in cui siamo, non semplicissima riprenderla in
termini di qualche interesse; però l’altra questione su cui merita riflettere è
questa: trattare il caso clinico in termini molto semplici è sicuramente più
proficuo per quanto riguarda il pubblico, l’interesse del pubblico.
Dicevamo tempo fa che le persone sono interessate
agli affari altrui, e il caso clinico è un modo di occuparsi degli affari
altrui e, pertanto, se l’intendimento è quello di accogliere il maggior numero
di persone sicuramente questa è la via più efficace. Descrivere, in definitiva,
una serie di fantasie in cui ciascuno possa identificarsi è una questione
fondamentale.
In questo modo otteniamo, molto probabilmente un
consenso di pubblico. Però ciò su cui occorre riflettere, su cui vi invito a
riflettere, è il passo successivo e cioè fare in modo che le persone che ascoltano
una cosa del genere siano indotte a fare uno sforzo in più, e cioè incominciare
a considerare la questione del linguaggio che già nel titolo è presente,
psicanalisi, caso clinico e scienza della parola.
Al punto in cui siamo le acquisizioni che abbiamo
sono molte, essendo molte consentono di spaziare in una gamma notevole. l’idea
che avevo in questi giorni è, in prima approssimazione, di incominciare nelle
conferenze a esporre una serie di fantasie, cioè esporre come si pensa
generalmente. In fondo ciò che ha fatto Freud per i suoi casi clinici non è
altro che raccontare quello che le persone pensano generalmente; quando diceva
che ciascuno pensa che le cose che racconta siano le uniche al mondo,
irripetibili, mai sentite prima, e invece sono le cose che pensano altri cinque
o sei miliardi di persone. Quindi un racconto delle fantasie più diffuse. Poi
ciò che attrae molto le persone è il fornire degli strumenti in modo da poter
riconoscere, per esempio, delle strutture del discorso.
Tempo fa si diceva che una cosa che attrae
moltissimo le persone è potere acquisire rapidamente un qualche cosa che
permetta loro di trarre nuove acquisizioni. Riflettevo su questo: una persona
che, per esempio, è in analisi e acquisisce le prime nozioni di psicanalisi
immediatamente cerca di riconoscere nell’altro la particolare struttura di
discorso: questo è ossessivo, questo è paranoico ecc.; possiamo fornirgli
queste indicazioni in modo che si divertano a fare tali operazioni. Non porta
molto lontano in questi termini, posta in altri termini invece la questione
delle varie strutture del discorso può essere ripresa e una cosa del genere può
essere fatta in una seconda tranche di conferenze.
Dicevo che può essere ripresa in modo interessante
in quanto le strutture del discorso forniscono una prima indicazione sulle cose
che abbiamo dette l’altra volta, sulle varie superstizioni, le varie cose in
cui una persona crede, i suoi tic, come dire che fornisce una direzione.
Se voi capite che una persona si trova in un
discorso ossessivo allora sapete già, grosso modo, le cose in cui crederà, i
suoi tic, le cose che più lo spaventano. Si tratta di volgere tutto questo in
una sorta di utilità clinica.
Ciò che è stato fatto fino ad ora nella psicanalisi
non è altro che, per esempio rispetto al discorso ossessivo, individuare degli
aspetti e dire che cosa non va del discorso, però sulla questione del come
intervenire rispetto al discorso ossessivo, trovate ben poco. Ci sono molte
descrizioni circa i tic però sul come intervenire rispetto a quella struttura
la letteratura fa acqua. Invece è ciò che esporremo, perché la nosografia che
ci è stata tramandata da Freud in buona parte mostra, come vi dicevo, le cose
più manifeste, ma anche quelle cui la persona si attiene e si atterrà con
maggiore tenacia: per esempio prendete una struttura come quella del discorso
paranoico, appare descrittivamente facile da individuare, ma quando vi trovate
di fronte all’eventualità in cui vi troverete a intervenire rispetto alla
struttura del discorso paranoico e fare in modo che questa struttura sia consapevole
e partecipi del gioco linguistico ecco che diventa complicato.
In altri termini ancora, ciò che la nosografia di
Freud ci ha tramandato, non è altro che una lista dei luoghi comuni ai quali
questi discorsi si attengono e dai quali, in nessun modo, vogliono allontanarsi,
sono le cose a cui credono fermamente e dalle quali sarà molto difficile
smuoverli.
Ecco perché, dicevo, è importante riprendere la
struttura dei discorsi, le strutture dei discorsi prese proprio così, come una
serie, un listaggio di luoghi comuni più accreditati a seconda dei discorsi, a
seconda delle varie persone.
I luoghi comuni più accreditati cioè le cose alle
quali la persona non rinuncia per nulla al mondo. Per esempio, nel discorso
isterico rinunciare all’idea di essere il portatore della verità per conto
terzi è una cosa che non se ne parla proprio di rinunciare. Perché una cosa del
genere? Perché rispetto ad alcuni luoghi comuni non c’è nessuna intenzione di
rinunciare, cosa hanno questi luoghi comuni, perché l’isteria non può
rinunciare ad un’operazione del genere? Qui, certo, intervengono ben altre
mozioni che abbiamo elaborate in questi anni cioè, per esempio, la
considerazione da parte dell’isterico che rinunciare a questa operazione
equivalga tout court a rinunciare alla propria esistenza, la quale ha questo
unico obbiettivo, una missione, così come il discorso paranoico ha come
missione quella d’insegnare al prossimo quale è la verità ecc.
Sono missioni così come il missionario che parte per
l’Uganda per convertire gli ugandesi, uguale.
Intervento: Per l’ossessivo
è quella d’impararla.
Direi che la missione del discorso ossessivo è
quella di mostrare, attraverso il proprio sacrificio, qual è la verità,. In
ogni discorso c’è la questione della verità, l’ossessivo è come se dovesse dare
un’immagine di quello che dovrebbe essere il modello, per esempio, notate nel
discorso ossessivo il modo che ha di porsi di fronte a qualunque problema che
può avere con altri, nella relazione con altri, vedrete che la sua condotta è
tale per cui cerca di insegnare all’altro che il modo corretto di fare è la sua
condotta, come dire: tu dovresti comportarti come faccio io, solo che, nel
discorso ossessivo, viene mostrato attraverso la condotta mite, remissiva ecc.,
nel discorso paranoico viene mostrato attraverso l’imposizione, tu sei un
cretino, io t’insegno, nel discorso isterico è la verità per conto terzi che viene
tramandata, io conosco la verità, non ne sono responsabile però so che si fa
così.
C’è sempre e comunque la questione della verità,
vale a dire potere affermare con certezza qualche cosa che debba essere
necessaria.
A questo punto, certo, possono essere inserite una
serie di considerazioni che abbiamo fatte rispetto al necessario e alla verità.
I vari discorsi si possono distinguere a seconda di cosa interviene come
necessario, quale è la superstizione circa la verità.
Ma ciascun discorso non può rinunciare alla sua
missione perché la sua missione è il manifestarsi stesso della verità e alla
verità gli umani non rinunciano, perché non rinunciano? Per il discorso religioso,
perché rinunciare alla verità e quindi al discorso religioso è rinunciare alla
possibilità di evitare l’arresto della parola, quindi la morte, la paura della
morte non è altro che questo, la paura che il discorso si fermi, che non possa
proseguire
È un’astuzia questa del discorso ossessivo di
mostrarsi remissivo, bisognoso d’informazioni e di essere addestrato perché
mostra in questo modo come si deve fare.
Intervento: cerca sempre di
fregare il padrone.
Intervento: è la
dimostrazione dell’incapacità dell’altro
Esatto, l’altro non è stato capace d’imparare la
lezione, è la punizione così come negli altri discorsi. Però in ciascun
discorso appare determinante la questione della verità, del modo di definirla
al fine di trasmetterla, d’insegnarla al prossimo.
Intervento: come si colloca allora il discorso dell’insicurezza, dell’incertezza, in questa posizione di conoscere o di avere la verità?
Ma, potremmo porre l’incertezza come figura
retorica. L’incertezza può intervenire in vari modi, proviamo a considerare
degli esempi dai vari discorsi. Nel discorso paranoico l’incertezza è la paura
che l’altro sia più forte, più forte in genere psichicamente e cioè sappia di
più e, quindi, non possa mettere in atto la sua operazione.
In questo caso non è che c’è una rinuncia al porre
in atto tale operazione, è soltanto parcheggiata da qualche parte in attesa di
potere avere armi sufficienti per potere distruggere il maestro.
Quell’enunciato famoso “impara dal tuo maestro e poi uccidilo”, mi pare sia
orientale, ha una struttura paranoica. L’ideale è riuscire a carpire all’altro
qualche cosa in modo da mettersi al suo posto e quindi essere lui secondo tutta
una serie di fantasie di cui l’ultima, diceva Verdiglione, è l’idea di essere
l’unica donna.
Sì, la fantasia del discorso paranoico è porsi come
l’unica donna, quella tutta, quella che non ha più mancanze, è un po’ porsi
come Dio, almeno questo è l’obbiettivo finale.
L’incertezza, che nel discorso paranoico è
abbastanza assente, la trovate spesso sotto questa forma, l’incertezza di
fronte a colui che ancora deve essere raggiunto, mentre tutti gli altri non
esistono. Il discorso ossessivo invece fa dell’incertezza un altro uso, la
esibisce. Mentre il discorso paranoico non la esibisce, la tiene per sé
nell’attesa di potere sbarazzarsi di quello che ritiene essere superiore, il
discorso ossessivo fa dell’incertezza un’arma perché l’altro si esponga, “io
non so, dimmi tu che sai” è un enunciato tipico del discorso ossessivo.
Naturalmente l’altro esponendosi si trova in una posizione di svantaggio,
perché il discorso ossessivo non si è esposto, quell’altro sì, e quindi si trova
nella posizione di chi ha facile gioco generalmente, per esempio nel confutare
delle cose, dicendo che non è così, che ha sbagliato, ma non si assume mai la
responsabilità di ciò che afferma, e l’indecisione che utilizza muove da
questo, dall’impossibilità, fra virgolette, di assumersi la responsabilità,
aspetta sempre che sia l’altro a mostrarsi.
Talvolta dà un po’ sui nervi il discorso ossessivo
perché chiede come si deve fare, e se glielo si dice non va bene. È una
caratteristica del discorso ossessivo.
Intervento: Io pensavo che il paranoico, in senso lato, dà in testa all’altro che ritiene superiore perché l’altro gli può impedire di finire il proprio discorso e, quindi, dire l’ultima parola. Non penso che sia una eliminazione dell’altro per altri scopi, ma è d’impedimento al proprio discorso, impedisce di dire l’ultima parola, quindi, impedisce la nevrosi.
Sì, è la questione religiosa della verità. Se c’è
qualcuno che minaccia la mia verità ecco che devo farlo fuori, o perlomeno devo
stare buono fino al momento in cui... Abbastanza emblematico del discorso
paranoico è la figura di quello che con i potenti si fa zerbino e con i deboli
gradasso.
Però, la questione centrale che si tratterà di
considerare più attentamente è quella della verità rispetto al linguaggio, cioè
di possedere l’ultima parola. Perché è così importante questo aspetto? Ché se
questo aspetto dovesse comparire per qualche motivo, ci sono buone probabilità
che queste figure del discorso si dissolvano non avendo più motivo di esistere,
con tutti i malesseri, tutti gli acciacchi, tutte le lamentele che questi
comportano.
La necessità, dunque, di imporre una verità, a
seconda dei vari modi.
Intervento: Tutti i discorsi, anche quello schizofrenico.
Tutti i discorsi cercano d’imporre la verità in cui
credono. Affermare una cosa del genere, cioè la verità in cui si crede, è
fondamentale, ne va, dicevo prima della propria esistenza, questo in ciascun
discorso. Ed è qui, è su questa questione che si basa un’analisi, il fatto di
riuscire a fare in modo che questa necessità d’imporre la verità cessi.
Veramente attraverso tutta una serie di passaggi. Possono anche essere lunghissimi
questi passaggi, oppure no, a seconda dei casi ma, come sapete bene, mai avere
fretta in analisi, è la cosa peggiore.
Potremmo costruire una sorta di percorso in cui voi
vi trovate di fronte ad una serie di enunciazioni che riguardano le cose in cui
una persona crede. Voi avete di fronte un ossessivo e sapete che la questione
centrale per lui è quella di imporre la verità a cui crede. Solo che, essendo
ossessivo, negherà di sapere qual é la verità e lo chiederà a voi. Voi gli dite
qual é, chiaramente per poi dire che non è quella ovviamente. Come se in questo
frangente facesse una caricatura del discorso isterico. Tutto ciò che sapete è
che cerca d’imporre la sua verità, ma in cosa consiste la verità nel discorso
ossessivo? In ciascun discorso la questione della verità è questione che va
valutata attentamente, non è che l’isterico, il paranoico, l’ossessivo ecc.
sappiano con precisione di cosa si tratta, la verità non è altro che ciò che
dicono, semplicemente. E quindi nel discorso ossessivo la verità consiste nel
fatto che l’altro non la conosce, e cioè la verità non è nient’altro che
questo, è altro da ciò che altri dicono, semplicemente. È sempre altro da ciò
che viene detto dagli altri, però è sfuggente.
È interessante nel discorso ossessivo la questione
della verità, ché è come se fosse camuffata, come se fosse sempre nascosta
dietro qualche altra cosa. Qualunque cosa diciate non sarà mai quella o farà
finta di accoglierla soltanto per ingannarvi.
Intervento:…
Prendete i tic del discorso ossessivo, continua
all’infinito a ripetere le stesse cose, divide continuamente le cose, la
pignoleria dell’ossessivo è diventata proverbiale, fa i distinguo. Dividere le
cose e ripetere all’infinito queste divisioni, anche le cose più classiche come
tornare a vedere se ha spento il gas, controllare mille volte se ha preso le
chiavi di casa, tornare indietro per vedere se ha spento il motore ecc. è un
modo per dividere qualche cosa cioè, come dire, puntualizzare, frammentare, parcellizzare.
Cerca la verità in questa continua frammentazione, nella divisione. Divide et
impera, diceva Tommaso che, quanto a nevrosi ossessiva la sapeva lunga. La
verità sta in questo, nella divisione delle cose, alla fine di questa infinita
divisione delle cose ci sarà la verità.
Intervento: Ma questa divisione non serve ad impedire, in un certo senso, che ci possa essere una sorta di infezione tra una cosa e l’altra?
Sì, come l’enunciato: “isolare e rendere avvenuto”,
poi la contaminazione è sempre lì, per questo occorre tenere le cose separate,
distinte.
Intervento:…
Potremmo dire che il decostruttivismo è una fantasia
ossessiva.
La distruzione riguarda sempre la verità dell’altro,
di ciò che l’altro afferma che deve essere distrutto, mentre invece nel
discorso paranoico non c’è la distruzione del discorso dell’altro perché non
c’è niente da distruggere, semplicemente non c’è il discorso, anzi bisogna
mettergliene uno, quello ossessivo invece no, in quello ossessivo l’altro ha il
discorso, deve esporlo in modo che io possa distruggerlo. C’è l’eventualità che
il discorso sulle infezioni sia un’altra figura che procede dalla necessità di
dividere, di parcellizzare, perché uno si chiede come mai, a che scopo, tenendo
conto che l’obbiettivo di ciascun discorso è sempre quello di mettere le mani
sulla verità e cioè sul controllo del discorso in modo che non finisca per
poterlo proseguire.
Intervento:…
È utile verificare come interviene nel discorso la
sessualità, ma la sessualità non è fuori dalla parola, come tale subisce le sue
vicissitudini.
Intervento: Laddove interviene lo stupore e ci si accorge di tutta una serie di fantasie che riguardano l’essere sorpresi ecc. e riportano a delle figure che possono non essere che quelle di uno stupro per esempio, no? O cose di questo genere.....
La sessualità in questa fantasia è fuori dalla
parola, come dire che la ricerca del piacere sessuale non è affatto disgiunto
dalla riuscita dell’atto linguistico. La paura è importante che la possiamo confrontare
rispetto alla questione religiosa, per cui io so che è un discorso religioso e
quindi tutta una serie infinita di altri discorsi e non ho più paura che il
discorso si fermi, non ci può essere nessun modo, nessuna altra paura. Che si
fermi ciò stesso che consente agli umani di esistere, il linguaggio.
Se il linguaggio cessa cessano di esistere anche gli
umani nello stesso momento, quindi è la sola paura che ci possa essere con
cognizione di causa. Il discorso religioso è una risposta alla paura che il
discorso si fermi, se non si ferma è perché noi sappiamo qual é la verità e
quindi che cosa consente al discorso di proseguire, Dio, è lui che consente al
discorso di proseguire, se no si arresta per via dei paradossi che già spaventavano
gli antichi, di fronte al paradosso vedevano la morte. Di fronte
all’eventualità che qualunque cosa sia simultaneamente vera e falsa. Non c’è
più la possibilità di affermare alcunché, la possibilità di stabilire nulla, di
fare nulla. Io faccio una certa cosa, perché? È simultaneamente vera e falsa,
non ho nessuna indicazione quindi non faccio più niente, non esisto più. È il
modo di rispondere a questa paura. Che sembra in effetti strutturale al linguaggio
questa sorta di paura, non a caso dicevo che occorre un addestramento rispetto
al linguaggio al suo funzionamento per poterne uscire altrimenti non c’è modo.
Non c’è nessun modo perché considerato i discorsi
che vengono fatti anche da logici, linguisti non escono da questa struttura.
I vari discorsi che stiamo considerando, le figure
le quali figure cercano di porre rimedio costruendo una loro religiosità,
sempre per questo motivo. Se voi vi rendete conto del perché una persona è ossessiva
e già avete una direzione precisa. Il fatto di sapere che crede in una verità
che può essere reperita che alla fine ci sarà, ci sarà quando sono terminate
tutte queste infinite operazioni ed è il motivo per cui continua a fare tutte
queste operazioni, perché alla fine ci sarà la verità. La verità è
quell’elemento che gli consentirà di essere sicuro e il linguaggio non finirà,
e quindi è sicuro che tutto possa proseguire, che esista, che lui stesso potrà
continuare ad esistere. Però un ossessivo non sa tutto questo, continua a
ripetere all’infinito sempre le stesse cose, perché le ripete? Perché qualcosa
lo costringe a farlo e ciò che lo costringe a farlo sono le cose in cui crede,
il fatto di non sapere mai se ha compiuto una certa operazione, non essere
sicuro, cosa vuol dire non essere sicuro? Io affermo che ho fatto
quell’operazione, e ma non è la verità, perché la verità non si dà così, si dà
attraverso una serie infinita di divisioni, quindi non può essere questa, devo
dividere questa affermazione in un’altra che dice per esempio che non è sicuro
e devo andare a controllare. Una divisione continua, sfibrante. E, qui, dovete
sempre tenere conto che questa struttura è quella che il discorso ossessivo
deve mantenere, la sua economia è che deve mantenere questa struttura e quindi
non la abbandonerà, è in buona parte il motivo per cui molte persone che
ascoltano ciò che andiamo facendo si allontanano. Si allontanano perché devono
mantenere questa struttura, mentre tutta la psicanalisi consente loro di
mantenerla con qualche variante così come il discorso scientifico mantiene una
certa religiosità, anche qui con qualche variante però la religiosità viene
mantenuta e cioè che ci sia la religiosità, che ci sia la verità e cioè che ci
sia la possibilità che il discorso prosegua, tutto qui. L’addestramento al
linguaggio è un addestramento a potere accorgersi che comunque prosegue, che
non può fermarsi in nessun modo, e a questo punto che il discorso ossessivo
come qualunque altro, cessa. Non dipende più dal reperimento della verità il
proseguimento del discorso e quindi della propria esistenza e di tutto su cui
si fonda.
Queste considerazioni potete trarle da
considerazioni molto banali intorno a dispute teoriche, per esempio, quando uno
vince sull’altro? Quando riesce a mettere l’altro in contraddizione perché se
si contraddice, per esempio ho letto un paio di articoletti, uno di Cacciari su
un Enciclica e la risposta di un teologo, i quali entrambi cercano il primo di
far cadere il Papa in contraddizione come dire che afferma delle cose che vanno
contro ciò che sostiene la Chiesa, l’altro invece cosa fa? Esattamente la
stessa operazione ma di segno opposto cioè fa in modo di far cadere Cacciari in
qualche contraddizione. Allora vi rendete conto dell’importanza della
contraddizione, non soltanto nelle discussioni filosofiche ma nel discorso di
tutti i giorni. La necessità di non contraddirsi, che il discorso sia coerente
con sè stesso, con le premesse e questo vi mostra quanto sia importante per
qualsiasi discorso in qualunque campo la questione della verità. La verità non
è altro che l’ultima considerazione a partire da una serie di assiomi dopo aver
condotto un procedimento corretto, questa è la verità. E, quindi, anche il
discorso ossessivo segue la stessa via e gli strumenti che utilizza sono gli
stessi, cercare di fare cadere l’altro in contraddizione o mostrare che in un
certo discorso c’è una contraddizione, nient’altro che questo. A questo punto
saprà che la verità non è lì, quindi è altrove.
Intervento: questo è un po’ comune a tutti.
Comune a qualunque discorso. Si, quello che noi
abbiamo trattato come un gioco, come uno dei tanti giochi, quello di tipo
eristico, è vero, è falso ecc...
Nel discorso comune, invece, risulta fondante e
fondamentale, risulta qualcosa su cui ciascuno fonda la propria esistenza,
anche se generalmente non lo ammette. Anche l’ossessivo, anche l’isterico,
anche lo schizofrenico o il paranoico mostreranno o esibiranno, o faranno
valere, anche con la forza, le loro argomentazioni, per quanto a voi possano
apparire squinternati, ma se la sostengono è perché immaginano che siano
coerenti, se nq non potrebbero farlo, cioè immaginano che sia la verità anche
se dissimulata sotto varie forme e aspetti.
Sempre più andiamo considerando che se non riusciamo
ad addestrare all’uso del linguaggio sarà difficile che le persone possano
seguire un discorso di questo genere, almeno, comunque, fornire delle
indicazioni.
Iniziare dalle fantasie è un modo per iniziare a
indurre qualcuno a riflettere sul fatto che alcune cose possono essere
fantasie, intanto cominciando a riconoscerle sugli altri, che è la cosa più
semplice. Crede delle cose strane, questa persona e pretende pure che siano
vere, è il primo passo, accorgersi che esistono delle fantasie. Il secondo
passo è mostrare che cosa sostiene una certa fantasia, il terzo è trovare che
cosa sostiene le cose dopo avere considerato che lo sono, perché prima di
considerare quali sono gli elementi che sostengono delle fantasie occorre avere
già colta l’eventualità che si tratti di fantasia. L’uso di questo significante
fantasia potrebbe essere fuorviante, in effetti, viene generalmente
contrapposto alla verità, ma, in questo ambito in cui ci muoviamo è così, è
contrapposta alla verità, è il primo passo. C’è la verità c’è la
contraddizione, bene allora questa cosa non è la verità ma è una fantasia, ora,
a questo punto possiamo incominciare a chiedere qual è la verità? Però
inizialmente l’opposizione è questa, in termini contrapposti. Da qui, non
sempre le persone che da poco si sono avvicinate alla psicoanalisi nell’accezione
che sono tue fantasie, sono tue fantasie e quindi devi rifletterci.
Noi faremo come se ci esistessero le fantasie e
queste fossero contrapposte alla realtà. Ché se io parlo di persona di una
fantasia in qualche modo riesce a avvicinarsi alla questione. Se io parlo di
stringhe di significanti sarà più complicato. Questa è soltanto una stringa di
significanti non sortisce un grande effetto, perché non riesce a situare questa
cosa da nessuna parte cioè non riesce ad utilizzarla, invece la fantasia sì
perché è avvezzo a considerare questa contrapposizione fantasia contro realtà,
la realtà sono le cose come sono, la fantasia invece è una deformazione che non
si attiene alla realtà ma combina elementi fra loro in modo tale che la realtà
la esclude. Una descrizione intorno alle fantasie avvince. Mi sono accorto che
a un certo punto, così per gioco, mi sono messo a fare questa operazione e c’è
sempre una grande attenzione, ognuno cerca di riconoscere nell’altro, nel vicino
quella struttura di cui si sta parlando.
In effetti non ha assolutamente nessun utilizzo una
cosa del genere, invece interessa. Incominciare ad individuare la struttura
dell’altro può essere importante contrariamente a quanto abbiamo detto tempo
fa, però possono essere riprese come una sorta di indicatori, in quanto
mostrano ciò a cui la persona non vuole rinunciare e quindi ciò che opporrà
nell’analisi.
Per esempio, se cogliete in una persona la struttura
del discorso ossessivo, saprete immediatamente che se direte a questa persona
che cosa deve fare o come stanno le cose, cioè rispondere alle sue domande ciò
che farà è dire che non è così, anzi, considerare che se è tutto lì ciò che
avete da dirgli non è un gran che, questo già vi induce a evitare di cadere in
questa trappola. Rinviare sempre alla persona la sua domanda, come sapete già.
L’analisi non è altro che tenere conto delle cose che per lui sono di
fondamentale importanza perché ne va della sua verità, di quella che lui
ritiene essere tale e cioè le sue parole. Anche nell’ossessivo, per quanto
affermi qualche incertezza, le cose che lui dice per lui sono la verità, di
questo bisogna tenerne conto. Se invece cadete in questa sorta di trappola che
vi tende, anche voi crederete che le cose che lui afferma sono dubbiose e
incerte se ne avrà a male perché aspetta da voi la verità, per poter dire che
non è così, ma se l’aspetta. Se non la fornite, o se siete d’accordo con lui
nell’affermare che le sue posizioni sono dubbie e discutibili allora le
affermerà con risolutezza.
Intervento: Non va mai bene niente.
No, perché l’altro deve essere combattuto comunque.
C’è l’eventualità che a questo punto possiamo trovare effettivamente un modo
molto più efficace. Ci sono alcune cose, alcuni percorsi che inducono a pensare
che qualche cosa sta funzionando in un altro modo, si tratta di formalizzare
qualcosa che è ancora un po’ vaga. Bisogna trovare il modo di formalizzare ciò
che avviene in seduta senza che ci sia una connotazione precisa di ciò che si
fa durante un intervento, però, effettivamente molto più efficace, come se si
andasse più sul sicuro e si va più sul sicuro proprio perché c’è una maggiore
attenzione a ciò che la persona dice, c’è una maggiore attenzione in quanto si
tiene in maggior conto tutto ciò che funziona come religione nel suo discorso,
si sa perché la religione è costruita.
Non è escluso che possiamo giungere anche abbastanza
rapidamente a scrivere una sorta di manuale piuttosto efficace su come
sbarazzare dalle superstizioni.
Questo potrebbe essere un lavoro di qualche
interesse. Teoricamente è possibile anche se è chiaro che ciascun discorso ha
delle variabili che sono infinite, tuttavia la cosa che risulta incrollabile è
una sola, la sua verità in senso personalissimo e il modo in cui la costruisce,
la difende, questo è ciò che definisce la struttura del discorso quindi si
muoverà sempre allo stesso modo e per cui avrà sempre questo obbiettivo e
cercherà sempre di raggiungerlo ecco, la strategia è sempre la stessa, le
tattiche possono cambiare, no?. La strategia non è altro che l’insieme delle
procedure che consentono di giungere alla conclusione del gioco, questa è la
strategia, la tattica è quella che consente il raggiungimento di ciascun
obbiettivo. Ora questo, la tattica è differente, certamente, ma la strategia è
la stessa, è quella che definisce ciascun discorso. Le tattiche possono essere
anche molto simili ma la strategia no. Il modo in cui crede la verità e la
verità in cui crede è differente. Il modo in cui l’isteria crede alla verità è
differente dal modo di credere del paranoico, ma prendete due paranoici e
crederanno allo stesso modo, è questo che fa pensare che sia possibile una
sorta di formalizzazione dell’intervento. Che poi la tattica è irrilevante, la
tattica è soltanto un indicatore, un elemento che serve all’analista per
mostrare la strategia, cioè rilevare un aspetto tattico è un modo per
raccogliere dal parlante qual è la strategia in atto, cioè il fatto che creda
religiosamente alla Madonna sotto forma di verità.
E, quest’aspetto dell’analisi del discorso, fa parte
della seconda tranche, cioè analizzare il discorso in termini linguistici è il
passaggio, è il trait d’union, prima l’aspetto più folcloristico e quello dove
si considerano gli aspetti più precisi e determinanti, come se le conferenze
che prepariamo per il prossimo inverno fossero anche un modello di analisi.
Effettivamente se, durante questo inverno, ci sarà
qualcuno che vorrà darmi una mano nell’ambito di ciò che stiamo facendo, ben
venga. Va bene, ci vediamo giovedì prossimo.