19-7-2005
Esercizi di retorica
La chiave di accesso sta lì,
l’unico criterio possibile, e non ce ne sono altri, ché qualunque altro è
costruito da questo e affermare che la percezione è un criterio, certo è
affermabile, ma non è provabile, affermare invece che il linguaggio è la
condizione è provabile, perché utilizza se stesso come prova, non ha bisogno di
inventare nient’altro è una costrizione logica, è la stessa questione della
volta scorsa: il linguaggio è la condizione della realtà o la realtà è la
condizione del linguaggio? Lei mi ha posta la questione intorno al giudizio di esistenza, il giudizio di valore, e allora la ho
organizzata solo per semplicità in questo modo e cioè l’esistenza è la
condizione perché ci sia un giudizio, l’esistenza delle cose, della realtà,
oppure è il giudizio a creare l’esistenza delle cose? Dunque
chi saprebbe argomentare pro e contra?
Intervento: che
l’esistenza esista prima del giudizio è un’opinione al
pari dell’opinione che invece il giudizio fondi l’esistenza, solo che nel
secondo caso e cioè che solo se c’è giudizio può esserci esistenza questo dipende…
Definisca il giudizio.
Intervento: il giudizio
è quel criterio che stabilisce la verità o la falsità di un certo evento
Sì, decido in base agli elementi che ho a disposizione,
se una certa proposizione è vera o falsa rispetto a un
certo evento, certo…
Intervento: e abbiamo
visto che non può darsi giudizio senza quella struttura che chiamiamo
linguaggio, senza linguaggio non può esserci giudizio… possiamo pensare che
l’esistenza permetta il giudizio ma tutto questo non lo possiamo provare
Ah no?
Intervento: non
possiamo dimostrarlo è un atto di fede…
Dipende da cosa si intende con
dimostrazione…
Intervento: dipende
dalla definizione che daremo nel parlare di dimostrazione
Sì che nell’etimo stesso implica il
mostrare, quindi il fare vendere…
Intervento: cosa dicevo?
Diceva che a seconda di ciò che si intende
con dimostrare allora l’esistenza segue il giudizio oppure no, e dimostrare
segue appunto al “mostrare” perché è fare vedere quindi sottoporre alla
percezione e quindi io adesso utilizzerò questa definizione di dimostrazione, a
meno che lei non ne abbia di migliori…
Intervento:…
La dimostrazione segue all’esibire qualcosa, alla
percezione, solo la percezione fornisce un criterio
valido di realtà delle cose, tutto ciò che è percepibile esiste, ciò che in
nessun modo è percepibile non esiste, questa è la dimostrazione.
Intervento: io posso
dimostrare qualsiasi cosa e il suo contrario con
questo parametro
No, non può dimostrare che qui in questa stanza è
presente un incrociatore, non lo può fare perché non cade sotto i nostri sensi,
non è visibile, non è percepibile e pertanto non esiste, non è presente un
incrociatore, qualcuno vede un incrociatore qui in
questa stanza? No, bene, ho dimostrato che non c’è un incrociatore in questa
stanza…
Intervento:…
Qual è il criterio? La percezione, percepisce
l’incrociatore? Sì, no…
Intervento: l’incrociatore
non cade sotto i sensi e che cosa dimostra una cosa di questo genere?
Dimostra che non c’è…
Intervento: ma questo
non significa che con la negazione di qualcosa che non è percepibile in questo
momento sia possibile dimostrare ciò che è percepibile
e quindi la necessità di ciò che si percepisce non è una dimostrazione
Sì lo è, lo è perché io posso dimostrare che è presente
in questa stanza questo accendino, lo posso dimostrare
perché cade sotto i sensi di ciascuno e ciascuno lo può percepire, ciascuno lo
vede esattamente come lo vedo io, la forma il colore, il peso etc. ora quindi
le sto dicendo che la dimostrazione è un criterio che fornisce la prova
dell’esistenza di qualcosa, ma utilizzando i sensi…
Intervento: nessuno
utilizza i sensi per fornire una dimostrazione rigorosa
Cosa intende con rigorosa? Quando i sensi
di ciascuna persona verificano tutti quanti la stessa cosa, beh, mi sembra più
che rigorosa, quale altra dimostrazione dobbiamo
sperare di ottenere se non l’unanime consenso su un evento?
Intervento: ci sono
molte persone che possono vedere la madonna, possono vedere il diavolo non per
questo visto che sono in molti che la vedono, questa è la realtà
Ci sono anche moltissime persone che non considerano che
il linguaggio sia la condizione di tutto, cosa
dovremmo trarne da questo? Che è falso? Solo perché la
più parte delle persone non considerano che sia così?
Intervento: non è
necessario il fatto che molte persone possano considerare e vedere molte cose
questo non dà diritto alla necessità, quindi a pari merito direi
che questa non è una dimostrazione ma un accogliere quelli che sono i luoghi
comuni
Un luogo comune che è diffuso sul
pianeta e riconosciuto dalla stragrande maggioranza, cessa di chiamarsi luogo
comune e si chiama realtà…
Intervento: mi pare che
la domanda riguardi se l’esistenza esiste senza il giudizio…
Oppure se il giudizio è la condizione dell’esistenza, questo
era il quesito che pose oggi Cesare, il quale però si
tiene in disparte…
Intervento: volevo
parlare della dimostrazione come la possibilità di costruzione
E se io non accolgo la sua definizione
di dimostrazione? Non per malvagità, ma perché ritengo che la mia sia più
appropriata, a meno che lei non dimostri appunto,
provi che la sua è migliore…
Intervento: la sua è
un’ipotesi quindi è possibile negarla mentre…
Non è un’ipotesi, come la fisica ci insegna
è una legge, non è qualcosa che deve essere, che attende di essere mostrata, è
qualcosa che è sotto gli occhi di tutti sempre e costantemente, è una legge,
come quella di gravità, non è un’ipotesi, è una legge perché è verificabile da
ciascuno in ciascun momento e in ciascuna condizione, mentre l’ipotesi, come
ciascuno sa, è un’affermazione che attende di essere verificata. Allora l’altra
volta cosa abbiamo fatto, pensavo che aveste tutto
sulla punta delle dita, e allora? Perché dunque non accoglie
il mio criterio?
Intervento: il suo
criterio è basato sulla percezione e quindi sull’esistenza che da luogo alla
percezione, le cose esistono e io le posso percepire mentre
noi stiamo affermando che le cose esistono in quanto si costruiscono da una
struttura
Sì, questo lo sappiamo, ci dica qualcosa che non sappiamo…
Intervento: e quindi
solo un giudizio può fare esistere le cose
Questo è ciò che lei dovrebbe dimostrare e finché non lo
fa è vera la mia posizione…
Intervento: la sua
posizione è quella che afferma che le cose esistono fuori dal
linguaggio
Lo so qual è la mia posizione, non c’è bisogno che me la
dica lei…
Intervento: stante le
cose in queste termini per dimostrare che le cose
esistono fuori dal linguaggio dovrei uscire dalla struttura e con quali mezzi
potrei compiere questa operazione? E quindi non avendo
i mezzi…
Io non ho mai detto che le cose
sono fuori dal linguaggio, ho soltanto detto che il criterio per dimostrare la
verità di qualcosa sono i sensi, perché mi attribuisce qualcosa che io non ho
mai detta? Un buon retore si ricorda di tutto quello che viene
detto e non lascia attribuire cose che non ha mai dette, blocca subito e
restituisce al mittente ciò che non lo riguarda, mettendo il mittente in
difficoltà perché non si ricorda più cosa doveva dire…
Intervento: sta
giocando…
Come il gatto con il topo, una delle
abilità del retore è proprio quella di confondere il suo interlocutore,
fare in modo che non ricordi più quello che doveva dire e che non sappia
neppure quello che sta dicendo, a quel punto ha buon gioco a invalidare tutto
quello che è stato affermato in precedenza perché non sa neppure di cosa sta parlando,
e quindi l’agone è vinto. Rifletta bene, il criterio che io sto utilizzando, e cioè la percezione, è un criterio che è necessario oppure
no?
Intervento: e io cosa
ho detto prima?
No, no non l’ha detto, non ha mai parlato di necessità,
ha detto alcune cose un po’ arruffate e si è persa in un bicchiere d’acqua
Beatrice…
Intervento: certo che
il criterio della percezione non è necessario
Sì ma non l’ha mai detto…
Intervento: mi sembrava
implicito in quello che andavo dicendo
In un agone dialettico non c’è nulla che sia implicito,
deve essere detto, se lei non lo dice io faccio come se non esistesse, tant’è
che l’ho condotta a un punto tale che lei non sapeva
più cosa dire, e con estrema facilità, e invece era lì: il criterio che io ho
utilizzato è necessario o è arbitrario? O l’uno o l’altro, se è arbitrario vale
quanto qualunque altra cosa, però a questo punto lei avrebbe dovuto dimostrare
il suo ma in ogni caso il mio sarebbe rimasto
arbitrario mentre fino a questo momento non si è neanche posta la questione,
era valido e io l’ho posto come l’unico criterio perché è quello che è
riconosciuto da tutti…
Intervento: se io dicevo
subito che era arbitrario…
Può darsi, però almeno questo aspetto
sarebbe stato liquidato, io non avrei più potuto continuare a sostenere che il
mio criterio era valido perché sarebbe stato arbitrario a questo punto, quindi
valido quanto qualunque altro, anche appunto quello di dio, e a questo punto
certo saremmo arrivati, come la volta scorsa, stiamo ripetendo esattamente le
cose della volta scorsa, al punto in cui io affermo: va bene, il mio criterio è
arbitrario, adesso lei provi che il suo è necessario, se lo proverà allora io
accoglierò il suo criterio, altrimenti rimarrò della mia opinione. Io credo nel
dio dei cristiani, lei in quello dei mussulmani, non andiamo molto lontani, e
quindi lei deve chiedere conto se il mio criterio è necessario oppure no,
naturalmente dopo esserci accordati sulla definizione di necessario. Cosa intende con necessario?
Intervento: ciò che non può non essere
Bene, quindi il mio criterio dovrebbe essere qualcosa
che non può non essere in nessun modo, e qui mi avrebbe messo in difficoltà
perché questo criterio sì, è riconosciuto certo, da tutti, però dire che è necessario ce ne passa ancora, basterebbe che non
fosse riconosciuto da alcuni e cesserebbe di essere necessario…
Intervento: ma come
basterebbe che non fosse riconosciuto da alcuni?
Sì, e allora io sarei in difficoltà a dire
che è necessario perché per alcuni non funziona così e cionondimeno vanno
avanti benissimo…
Intervento: questo
indubbiamente, sono sempre andati avanti
E quindi non è necessario e quindi è
arbitrario…
Intervento: piano, qui
è una questione differente: abbiamo sempre detto che è
necessario quello che andiamo affermando che…
Lo so cosa andiamo affermando…
Intervento: va bene però lei adesso ha aggiunto questo: basterebbe che non
fosse riconosciuto da alcuni e quindi questo criterio non sarebbe più
necessario… sulla faccia della terra che riconoscano questo criterio siamo
pochi quindi questo non essere riconosciuto da alcuni invalida questo criterio?
no, perché è necessario perché è ciò che non può non
essere se no sarebbe alla stregua dei seguaci di dio… è questa la questione
allora a questo punto
Saprebbe risolverla da sé?
Intervento: allora non
conta più ciò che non può non essere a meno che…
Lei ha fatto un passaggio dal piano retorico a quello
logico…
Intervento:…
Allora mi costringe a rispondere in termini logici, e cioè ciò che è necessario, abbiamo appena detto, è ciò che è
e che non può non essere perché se non fosse allora nulla sarebbe, aggiungerei
io, e l’unica cosa che è necessario che sia è quella struttura che consente di
pensare che cosa sia necessario oppure no, per esempio, o qualunque altra cosa,
quella struttura che è nota come linguaggio…
Intervento: però non ci
sono più con il riconoscimento del necessario
È una questione retorica, che è diversa da quella
logica, retoricamente tutto ciò che io dico non è dimostrabile, la retorica non
si occupa di dimostrare niente, in modo logico…
Intervento: però io
come la confuto una cosa del genere sul piano retorico “ciò che è e che non può
non essere perché nulla si darebbe”
Usavo questo unicamente per mettere in difficoltà
l’interlocutore, ma non ha nessun valore logico questa affermazione…
Intervento: però come
ce la caviamo, mettiamo che un bravo personaggio al momento in cui sente del
necessario controbatta sul piano retorico, cioè
proprio su ciò che è e non può non essere
A questo punto se vuole metterlo alle corde
allora dice che non avevamo definito con estrema precisione la nozione di
necessità, ma che se la definiamo come dio comanda allora dobbiamo dire che
necessario è ciò che non può non essere perché se non fosse allora nulla
sarebbe e allora a questo punto il fatto che ci sia l’accordo oppure no è
assolutamente irrilevante, perché riguarda il funzionamento del linguaggio, uno
può anche non essere d’accordo sul fatto che: se A allora B e se B allora C allora
se A allora C, anche per non essere d’accordo lui deve pensare in quel modo…
Intervento: certo
Quindi siamo arrivati al punto che il mio criterio di esistenza è arbitrario…
Intervento: può anche
dirsi per esempio alla percezione dei sensi siccome è a fondamento del discorso
occidentale, si può dire che per esempio, in termini
retorici non solo che questo criterio non è necessario ma che è un criterio non
definitivo, come dire che non interrompe la possibilità di porre ulteriori
domande a questo criterio costringendo ad esporsi malamente… per esempio, come
diceva prima lei i sensi possono ingannare, io posso avvertire calore mentre
tutti gli altri hanno freddo e quindi dire che questo criterio non è
definitivo, quindi non arriva al fondamento ultimo come la teoria della
conoscenza, instabile quanto meno, non dà la certezza assoluta perché a quel
punto lì siamo sicuri al cento per cento di quello che costruiamo…
Certo, può essere questa un’argomentazione: non è definitivo ma è soggetto a continui aggiustamenti, e qui il
popperiano potrebbe utilizzare ciò che lei dice a suo vantaggio, è la sua
prerogativa di essere soggetto a continui aggiustamenti, sempre avvicinandosi
di più alla realtà delle cose, direbbe che è il migliore rispetto alle nostre
conoscenze, quando le nostre conoscenze saranno più articolate, più precise e
più sofisticate allora verrà modificato, così come avviene per la scienza…
Intervento: si immagina qualche cosa come fondamento ultimo e quindi a
questo punto a maggior ragione una cosa vale l’altra, ché non sapendo quel è il
fondamento ultimo a questo punto qualunque cosa può essere un miglioramento, se
non sappiamo dove stiamo andando o dove dobbiamo andare
Allora può utilizzare una bella figura: per orientarsi
occorre sapere dove è l’oriente, se non sappiamo dove è l’oriente non ci
orienteremo… Cesare muova lei un obiezione tremenda,
io ho dovuto piegarmi alle parole di Beatrice e ammettere che il mio criterio è
arbitrario, però adesso sono in trepida attesa che dimostri che invece il suo è
necessario…
Intervento:…
Per il momento sono arbitrari entrambi…
Intervento: si può dire che qualunque criterio uno costruisca per verificare e
quindi per dimostrare l’esistenza di qualche cosa necessita di qualcosa che
consenta la costruzione di questo criterio, un terzo criterio, un terzo
criterio è fatto di proposizioni che conducono a una conclusione ovviamente
coerente con la premessa che consente appunto fare determinate affermazioni,
tutto ciò comporta una costruzione e quindi questo criterio non può essere
definitivo perché necessita di qualcosa per potersi costruire a meno che…
No se noi consideriamo il linguaggio uno strumento,
abbiamo detto anche l’altra volta…
Intervento: a meno che rispetto a questo criterio si immagini
l’esistenza di un qualche cosa al di fuori di questo criterio che lo garantisca
a questo punto questo qualcosa può essere qualunque cosa… e qualunque cosa si
dica che garantisce questo criterio si potrà sempre porre la stessa obiezione e
rinviare la questione all’infinito, mentre invece l’unico criterio che
impedisce questo rinvio all’infinito è quello che rinvia a se stesso, quindi se
immaginiamo il linguaggio non più come uno strumento ma come ciò che è a
fondamento di qualunque criterio, possibile a questo punto abbiamo trovato
quello che è il referente di qualunque affermazione e quindi la struttura del
linguaggio
Esattamente, lei ci ha pensato nel frattempo? In quattro
parole dica perché è necessario il suo criterio e non arbitrario come io vado
sostenendo…
Intervento: se esiste
un criterio che non sia pensabile a questo punto torna la questione della
percezione…
Intervento: anche la
questione della verità
Intervento: anche colui che parla della percezione e afferma che la percezione
descrive l’esistenza della cosa in sé sarà disposto ad accorgersi che quello
che sta dicendo sono delle proposizioni
Assolutamente…
Intervento: ed è una
proposizione vera rispetto al gioco del discorso occidentale, e anche nel caso
che lui consideri il linguaggio un mezzo, anche in questo caso lui considera
che il linguaggio sia un mezzo perché afferma che è vero che la percezione gli
fornisce questo criterio di verità e non potrà negare che questa è una affermazione…
Non ha nessuna intenzione di
farlo…
Intervento: e quindi
dovrà accorgersi che questa è la verità e che la verità è costruita da questo sistema
No, è riferita dal sistema, non costruita: un cane che
non ha linguaggio se posto di fronte, affamato, a una
ciotola con della carne e a una ciotola vuota, va verso la ciotola con la carne,
come dire che per lui è vero che il cibo è lì, anziché dalla parte opposta,
certo non può riferirlo, non può riferire di questa verità ma la esperisce…
Intervento: allo stesso
modo possiamo dire che il posacenere che cade allo
stesso modo e questo posacenere esperisce il dolore?
No, non esperisce nessun dolore, però si spacca, e
questo è un dato di fatto…
Intervento: possiamo
chiedere al posacenere di raccontarci il suo dolore?
Questo no, ma si spacca lo stesso…
Intervento: questo lo
possiamo esperire noi che siamo forniti di linguaggio, il posacenere è fuori dal linguaggio possiamo attribuire al posacenere tutto
quello che vogliamo ma il posacenere è fuori dal linguaggio quindi io dovrei
uscire dal linguaggio
Non può accorgersi che si spacca ovviamente, mentre io
sì, proprio perché sono provvisto di linguaggio posso accorgermi di quel
fenomeno che altrimenti non saprei né potrei riferire
ad alcuno, solo grazie al linguaggio io posso giudicare che esiste questo
fenomeno ma il fenomeno anche in mia assenza si verificherebbe…
Intervento: ecco allora
a questo punto io dovrei… io sto andando in un'altra direzione
Il suo interlocutore non è che
segue la sua direzione per farle piacere anzi, cerca di portarla su altre
direzioni dove lei si troverà malissimo…
Intervento: quindi lei
distingue fra il posacenere che non ha linguaggio e si spacca allo stesso modo
in cui io potrei spaccarmi
Perché, lei forse non si distingue?
Intervento: io posso
distinguermi
Bene, siamo già in due a compiere questa
operazione, magari anche altri sanno distinguere lei dal posacenere e
lei stessa si troverebbe nella mala parata se si trovasse di fronte a qualcuno
che invece non la sa distinguere…
Intervento: mi toglie
gli strumenti da sotto le mani perché io cerco di arrivare in una direzione e
lei ne trova un’altra e quindi mi scompiglia tutto
Un retore fa questo, in modo che lei non sappia più
neanche da che parte girarsi e poi concludere che
dunque non sa rispondere: “dunque è questa la potenza delle sue argomentazioni?
La validità della sua teoria? È così poca cosa dunque? Beatrice, o c’è
dell’altro, se c’è lo dica”…
Intervento: io continuo
ad affermare che il linguaggio è la condizione perché per esempio io e lei…
La condizione perché io e lei si
chiacchieri, ma non perché lei esista, per esempio…
Intervento: certo che è
la condizione per cui io esista
E allora lo dimostri, provi questa sua
affermazione, non la enunci soltanto…
Intervento:…
È ciò che le ho chiesto di fare,
qualcuno vuole dare una mano a Beatrice? Beatrice vuole convincermi che ciò che
lei afferma e cioè che il linguaggio è la condizione della
sua esistenza e che questa affermazione è necessariamente vera…
Intervento: ma in
questo caso lei sta affermando che io Beatrice esisterei al
di là del linguaggio che mi fa esistere
So quello che sto affermando, ciò che deve fare lei
invece è provare che questa mia affermazione è falsa…
Intervento: non è che è
falsa non è dimostrabile
Supponiamo che sia come dite voi, allora dimostrate che
la vostra è vera…
Intervento: è la
questione del criterio… qualunque giudizio di esistenza io ponga in atto necessita della possibilità di
verificarlo cioè di accoglierla come vera per accoglierla come vera si
necessita di un criterio e abbiamo detto che il criterio da lui utilizzato non
è dimostrabile, ma la dimostrazione, la prova è quello che dicevamo prima cioè
che qualunque criterio io voglia utilizzare comunque ha come condizione
necessaria l’esistenza del linguaggio quindi qualunque affermazione io faccia
rispetto a quello che esiste fuori dal linguaggio è assolutamente arbitrario in
quanto non verificabile perché la possibilità di verificare è dipendente
dall’esistenza del linguaggio quindi qualunque cosa affermi che è fuori dal
linguaggio non potrà mai verificarlo perché non posso uscire dal linguaggio nel
momento stesso in cui cerco di verificare questa proposizione…
No, perché io ho detto che è
l’unica possibilità per riferire della verità, non di verificarla perché, e
torniamo al cane, il cane verifica che c’è da una parte il cibo e dall’altra
no, non lo può riferire sicuramente ma lo verifica, tant’è che si dirige sul
pezzo di carne e non verso la ciotola vuota, in questo modo lui ha verificato
l’esistenza della carne in una scodella e l’assenza della carne nell’altra. Certo
non lo può riferire, perché è privo di linguaggio, ma l’ha verificato, tutto
questo percorso è verificato in totale assenza di linguaggio…
Intervento: lei ha dato
una giustificazione…
No, io non ho dato una giustificazione, ho continuato a utilizzare il mio criterio di verità e cioè la percezione…
Intervento: lei ha giudicato il comportamento del cane dicendo: ha fatto
questo e quindi se ha fatto questo lo ha fatto perché ha fame e quindi…
Un momento, io non ho giustificato, l’ho mostrato: il
cane ha fame, qui c’è il cibo e lì no, il cane va verso il cibo, non è una giustificazione ma esibire una prova, una dimostrazione
ostensiva…
Intervento:…
Sì il linguaggio mi ha consentito di riferire ciò che ho
visto, di riferirlo e di organizzarlo in modo tale che
sia riferibile…
Intervento: se questo accadesse fuori dal linguaggio lei sarebbe stato in grado di
costruire questa giustificazione?
Non avrei potuto riferirlo ma
l’avrei visto, magari non avrei saputo attribuire un significato, non avrei
saputo dire ad altri quello che era successo né perché, ma un altro cane che
avesse vista questa scena, cioè un cane andare verso il cibo, immediatamente
avrebbe capito di cosa si trattava e si sarebbe diretto anche lui verso la
carne, magari azzannando il cane precedente, e sempre il tutto in totale
assenza di linguaggio. Certo il linguaggio mi consente di osservare e quindi
trarre…
Intervento: e se un
cane che lei osservava, in totale assenza di linguaggio, avesse avuto la nausea
e quindi non avesse avuto voglia di mangiare non
sarebbe stato attratto…
L’avrebbe visto comunque, anche
una mosca se fosse stata presente alla scena probabilmente…
Intervento: sempre fuori dal linguaggio che differenza c’è tra l’attrazione del
cibo per il cane e l’attrazione del ferro per la calamita?
Assolutamente nessuna, nemmeno il ferro non sa perché è
attratto dalla calamita, però…
Intervento:…
Io sostengo questo, e non solo esisterebbe lo stesso ma certifica il fatto che esista questa scena che io
vedrei lo stesso, il linguaggio che mi consente di capire che esiste e quindi
di dare un senso anche all’esistenza, certo…
Intervento: se non si verificasse l’attrazione perché il cane con la nausea non
è attratto dal cibo lei sarebbe sempre così convinto?
In assenza di linguaggio? In assenza di linguaggio
quello che vedo potrebbe non significare assolutamente niente, ma questo non
significa che se il cane ha fame ed è in buona salute, cerchi il cibo: io non
so cosa sta succedendo, vedo solo una cosa, così come una telecamera che vede
delle cose, le registra ma non sa organizzarle, non sa
cosa sono ma le registra, tant’è che io posso rivederle…
Intervento: ma se la
telecamera non fosse programmata per vedere
Sicuramente anch’io se non avessi gli occhi
non vedrei niente, è fuori di dubbio, e quindi aggiungo: non potrei avere
nessuna esperienza dalla quale muovere per costruire il linguaggio e cioè non
avrei nulla da organizzare, quindi non ci sarebbe neanche il linguaggio che non
è altro che un’organizzazione di informazioni, in altre informazioni utili…
Intervento: a questo
punto bisogna metterci d’accordo di cosa intendiamo quando
parliamo di linguaggio e cosa diciamo quando diciamo che organizziamo il
linguaggio, chi è che organizza il linguaggio? Io mi trovo a parlare e mi trovo
a organizzare il linguaggio
Posso anche dire che il
linguaggio è la possibilità di organizzare delle informazioni, è
l’organizzazione stessa delle informazioni
Intervento:…
Di accorgersi di sapere, si accorge di qualche cosa
tant’è che un cavallo che galoppa, per esempio, si accorge di un ostacolo e lo
salta, lo vede e se ne accorge, per poterlo saltare
deve avere comunque avere avuto delle informazioni, se no non lo salterebbe…
Intervento: ci è consentito di accorgersene per via del linguaggio
perché questa informazione viene inserita comunque in una struttura tale per
cui subisce anche una elaborazione
Tutto quello che sto dicendo
serve soltanto a confondervi, in realtà non sto dicendo assolutamente nulla che
sia dimostrabile, né provabile, ora il compito vostro sarebbe stato quello di
provare la necessità di ciò che andate affermando e la necessità passa proprio
da una cosa che Sandro ha toccata prima, e aveva in mano al chiave di accesso a
tutto, il fatto dell’unico criterio che consente di costruire qualunque
criterio, ed è l’unico che sia provabile perché è l’unico che ha se stesso come
referente e non può…
Intervento:…
Sì Sandro, lo ha detto però non
l’ha utilizzato e invece sarebbe stato da utilizzare perché è la chiave di
accesso per dimostrare che ciò che stiamo affermando è necessario perché non
c’è altra possibilità, e quindi arrivare alla costrizione logica. È chiaro che
io cerco di confondervi, come farebbe chiunque retore che dovesse battervi in
un agone, ma la chiave di accesso sta lì, l’unico
criterio possibile e non ce ne sono altri ché qualunque altro è costruito da
questo e affermare che la percezione è un criterio, certo è affermabile ma non
è provabile, ma affermare che il linguaggio è la condizione è provabile, perché
utilizza se stesso come prova, non ha bisogno di inventare nient’altro, è una
costrizione, gli umani non hanno nessun altro strumento per pensare, per
stabilire, per fare…
Intervento: potremmo dire che l’unico criterio valido è quello che è
autoreferente?
Certo, non ha bisogno di altro, ecco
perché interviene la regressio ad infinitum…
Intervento: non ha
bisogno di altro cui riferirsi e quindi l’unico
criterio possibile è quello autoreferente e chi può valutare questa
autoreferenza se non il linguaggio? in effetti questo
è il dramma del pensiero occidentale, il pensiero occidentale ha sempre cercato
qualche cosa cui riferirsi
Certo, e fuori dal linguaggio
non lo troverà mai…
Intervento: è il dramma
di tutta la conoscenza, cosa si conosce, che cosa lo consente?
Sfociato nella crisi dei fondamenti…
Intervento: un dramma
perché questa cosa ha contribuito a costruire tutti i malanni di questo mondo… è
la battaglia dei fondamenti, la guerra dei fondamenti
Una battaglia persa in partenza, ché
non troverà mai il fondamento…
Intervento: perché ci
sarà sempre un rinvio
Esattamente, perché quell’elemento
che costituisce il fine corsa è il linguaggio, che è la condizione per pensare,
per pensare qualunque cosa. Tutte le volte vi smarrite. A posta facciamo questi esercizi. Va bene, ci
vedremo martedì prossimo.