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19-7-2001

 

Dicevamo la volta scorsa che l’obiettivo da raggiungere in un percorso come quello che facciamo, è che la persona giunga a potere cessare di avere bisogno di credere in qualcosa, ché se questo potesse verificarsi cesserebbe come d’incanto di avere paura, cesserebbero i vari malanni. Parlavamo anche della sicurezza nello corso incontro, quindi della certezza, perché una persona cerca la certezza? Di che cosa è certo? Qualunque persona è certa delle cose in cui crede, di quelle di cui vive; delle cose in cui crede è certa fino a prova contraria, però finché ci crede ne è certa se no non ci crederebbe. Perché è certa della certezza, a cosa gli serve? La certezza comporta l’idea di un verità, di qualcosa che è vero sempre e necessariamente, è la verità “sub specie æternitate”, quello che fu vero mille anni fa e sempre lo sarà fino alla fine dei tempi, questa è la certezza, qualcosa sarà comunque sempre così. Se sarà sempre così vuol dire che ci sarà, e quindi ci sarà sempre un riferimento, cioè non ci sarà una fine perché sarà sempre così, è da lì viene, è stata mutuata da qualcosa del genere. Il fatto che sia eterna comporta che ci sia da sempre e questo per molti costituisce un garanzia, c’è oggi, c’è domani… c’è da sempre. Dicevamo che l’unico timore che gli umani possono avere è che il linguaggio si arresti, l’unica cosa che possiamo dire che abbia un po’ di senso, se questa cosa che vi dicevo ci sarà sempre è come immaginare che ci sarà sempre la parola, il discorso non si fermerà finché ci sarà la certezza di una verità. Ora non è che le persone pensano una cosa del genere, però, però ciascuna forma di certezza, di sicurezza, può facilmente ricondursi al linguaggio, visto che è il linguaggio che crea questa necessità, essere sicuri di qualcosa, dicevo perché una persona cerca la sicurezza? Perché immagina che questo elemento talmente sicuro, immutabile, eterno, garantisca la presenza del linguaggio, generalmente si formula in questo modo, cioè garantisce che le cose non finiscono e comunque ci sarà sempre un rilancio del gioco, ma perché c’è questa necessità? E quindi anche la necessità di credere, a questo punto il credere parrebbe avere questa funzione, potere continuare a pensare che qualcosa ci sarà comunque, qualunque cosa ma ci sarà, ora se volete anche il discorso che andiamo inventando comporta una cosa del genere, anche se non prevede la credenza di questo, perché abbiamo sostituito il credere con una necessità logica, con una costrizione logica, questa ci esenta dal credere una qualunque cosa. La costrizione logica è qualcosa per cui siamo costretti a considerare che le cose stiano in quel modo perché se stessero altrimenti non potrei più considerare alcunché, e bell’è fatto. Com’è che si cessa di credere? Almeno in due modi: primo non avere più bisogno di pensare che ci debba essere qualcosa che duri in eterno, per esempio pensare al linguaggio, pensare che il linguaggio duri in eterno non ha alcun senso, cosa vuol dire? Niente, visto che l’eterno è una produzione del linguaggio, il gatto che si morde la coda, pensare cosa sarà quando non ci sarà più il linguaggio, pensare cosa fu quando non c’era linguaggio, è un non senso perché comunque utilizzo il linguaggio per pensarci, quindi posso costruire qualunque cosa e il suo contrario e andrà sempre bene, per cui già ci solleviamo dall’incombenza di rispondere a questa domanda, perché non ci interessa, così come la domanda cosa sarebbe se non ci fosse il linguaggio, non lo sapremo mai. Dunque questo è un modo, considerare la ricerca di questo elemento che duri in eterno come un non senso, questione non semplicissima, in altro modo che invece è più praticabile è condurre un’interpretazione di qualunque cosa, qualsiasi interpretazione, non ha nessuna importanza, alle estreme conseguenze cioè continuare a interpretare, faccio un esempio molto semplice, dico questo per questo motivo, e dico per quest’altro motivo quest’altro ancora, poi quello per quest’altro ancora, all’infinito, che succede andando avanti all’infinito? Oltre ad annoiarmi a morte anche un altro fenomeno, ad un certo punto mi accorgo che le risposte alle domande che mi pongo si moltiplicano, diventano miliardi, a questo punto quale? Quando e perché? Visto che posso anche non arrestarmi, io posso interpretare un mio gesto, una mia parola all’infinto, come ciascuno di voi sa perfettamente, se non lo faccio è perché ho altro da fare, perché la cosa non è che mi interessa più di tanto, ora dicevo questa sorta di infinitizzazione dell’interpretazione, comunque una risposta a una qualunque domanda impone ad un certo punto la cessazione della ricerca, uno si accorge che può andare avanti fin che gli pare, è stufo e quindi che fa? Intanto constata che le domande, le risposte che può darsi a una qualunque domanda sono di un numero infinito (prima cosa) e quindi non c’è una risposta definitiva, può trovarne una che gli piace più di un’altra ma a questo punto qualunque risposta accoglierà non sarà affatto costretto ad accoglierla, la accoglierà perché gli sarà piaciuto così, come dire che non potrà non assumersi la responsabilità di ciò che ha deciso. Cosa vuol dire “assumersi al responsabilità”? che qualunque sia stata la sua decisione, qualunque, questo dipende da null’altro che da lui, nulla l’ha costretto a farlo, anche la decisione più estrema, gioco dopo giorno decidere di continuare a vivere, ad esempio, è una mia decisione, di cui mi assumo la responsabilità, cioè accolgo per il momento e va bene così, ma nessuno mi costringe a farlo, ché sono io e quindi il mio discorso, in definitiva, che decide una cosa del genere, perché lo fa? Possiamo metterci lì ad interpretare e produrre tutte le interpretazioni che vogliamo, di qualunque tipo, però anche lì ci ritroveremmo esattamente al punto di partenza, dovremmo accoglierne una, ora il fatto di accoglierne una anziché un’altra può essere motivato anche dal gioco che sto facendo in questo momento, come dire mi conviene questo, mi è utile questo, in questo momento va bene così anche la totale assunzione della mia responsabilità in questa decisione. Ora mi sarà difficile a questo punto, avendo chiaramente gli strumenti per farlo, accogliere una risposta e da lì incominciare a credere che sia così, quando so benissimo che non è così, lo so perché posso continuare all’infinito, e poi ancora a darmi risposte più o meno divertenti, interessanti, piacevoli, quindi dove mi fermo? Dove mi pare. Ma questo “dove mi pare” comporta una responsabilità che mi riguarda, cosa tra l’altro piuttosto banale se considerate bene, uno può pensare “domani cosa faccio?” quello che mi pare. Ma ciò che mi parrà comunque non mi esimerà dall’assumermi la responsabilità, qualunque cosa mi sarà parsa, cosa vuol dire che mi assumo la responsabilità? Che non credo che ci siano delle costrizioni cioè che ci sia una verità superiore, qualcosa del genere che mi costringe a credere una certa cosa, no, non c’è, certo una persona che si presenta a voi… prendiamo Beatrice ad esempio, può pensare di essere costretta la mattina di andare in ufficio, e qualunque persona dirà così, io non sono libero sono costretto ad andare in ufficio, perché se non vado in ufficio non mi danno lo stipendio, se non mi danno lo stipendio non mangio, se non mangio muoio, come dire che salta, baypassa una questione fondamentale, che non considera affatto essere una sua decisione il fatto che per esempio, anche se vi parrà strano, proseguire a vivere oppure no, se non mangio muoio e allora? Primo che non importa niente a nessuno, secondo non cambia nulla, per lui cambia ovviamente, ecco che allora decide a piacer suo, decide, quindi allora sì all’interno di quel gioco allora è costretto così come sono costretto a pendere il piatto, giocando a poker, se quell’altro ha le carte migliori, mica si tratta di costrizione io ho accolto un gioco se accetto quel gioco, queste sono le regole, e mi ci devo attenere per giocare quel gioco, ecco cessare di credere dunque o non avere più la necessità di farlo e si incontra tale necessità per esempio come dicevo facendo la seconda ipotesi in questa sorta di infinitizzazione, di risposta dell’interpretazione, cioè perdono senso, non hanno più un valore particolare hanno quello che io, a questo punto non posso più non ammetterlo, gli attribuisco di volta in volta a seconda di ciò che sta accadendo, ora questo in termini ancora abbastanza teorici, astratti, perché dobbiamo tenere conto, torniamo alla questione che più ci interessa di una persona che ad esempio viene da voi, la prima volta e non sa assolutamente niente, ha paura del babau, e ci chiede di cessare di avere paura, ecco e quindi è ovvio che non sarà possibile farle un discorso del genere è chiaro. Ora supponete proprio questo caso, viene una persona da voi e dice che ha paura del buio, potete anche immaginare che la sua paura del buio nasconda qualche altra cosa, potete anche farlo nessuno ve lo impedisce, potete anche non farlo nessuno vi impedisce anche questo, potete attribuire a questa paura del buio quello che vi pare, qualunque cosa o il suo contrario, tenendo conto…

Intervento: mentre la persona parla suscita in me delle immagini, dei pensieri

Non necessariamente suscita delle cose, può per esempio non suscitare niente, suscita il fatto che ha ascoltato questa proposizione, questo lo suscita… torniamo a questa tizia che ha paura del buio cosa sappiamo? Quello che ci dice intanto che ha paura del buio, questa è l’unica cosa che dice, ora come vi dicevo qualunque cosa noi attribuiamo a questa affermazione per il momento non ci serve assolutamente a niente a meno che noi non vogliamo persuaderla di qualcosa e allora diventa fondamentale tradurre, spostare, modificare, ciò che lei dice in qualche altra cosa: tu hai paura del buio perché per te il buio è ignoto e si sa che gli umani da sempre hanno paura dell’ignoto, allora se c’è il buio pensi all’ignoto o qualunque altra fesseria del genere, adesso può essere magari una cosa più o meno elaborata, sofisticata, si riduce a questioni piuttosto semplici, oppure prendiamo questa prima parte dove diciamo che la persona che ha paura del buio deve essere modificata, la persona deve essere persuasa di qualche altra cosa, noi possiamo persuaderla a non avere paura del buio, possiamo anche farlo dandole qualche altra sicurezza, però dicevamo la volta scorsa che non è esattamente questo ciò che ci interessa e cioè persuadere qualcuno che le cose non stanno come dice lui ma come diciamo noi, che è ciò che avviene per lo più, oppure un’altra via quella che incominciamo a considerare che potrebbe essere anche un po’ più complicata però, la quale via considera che cosa? Cose straordinariamente semplici, che questa persona ha paura del buio, nessuno la costringe, perché lo fa? Cosa ne trae? Perché la diverte avere paura del buio? Noi sappiamo molto bene che tutto ciò che una persona dice, pensa, non può procedere da altri che da lui, anche se sono parole che altri gli hanno messo in testa, come si suole dire, comunque le ha fatte sue e a noi questo basta, come dire che procedono dal suo pensiero e sappiamo anche che ciò che desidera non può essere nient’altro che ciò che pensa, sappiamo ancora che non può non desiderare ciò che pensa, a questo punto che la persona, forse accennavo la volta scorsa, che ha paura del buio, che ha paura che suo figlio muoia, che ne so? Qualunque sciocchezza, qualunque cosa tragica per quanto riguarda chi ascolta in quel momento, è esattamente la stessa cosa e cioè non gliene importa assolutamente niente del contenuto di ciò che sta affermando, ecco perché non è minimamente coinvolto da ciò che ascolta, perché non gliene importa niente del contenuto? Come dire che qualunque cosa enuncia è l’occasione per poter affermare qualcosa, il qualcosa in particolare per il momento ci è totalmente indifferente, ora è ovvio che è preferibile non mostrare l’indifferenza, ma questo anche in una conversazione qualunque, se no una persona se ne ha a male ma in effetti non è proprio una totale indifferenza, c’è qualcosa che importa, ciò che interessa, ciò che importa è il fatto che questa persona abbia trovato questa esca, o motivo per potere dire qualcosa, per potere affermare qualcosa, ora questa persona ci crede ovviamente a quello che dice, è ovvio, perché ci crede? Esattamente per il motivo di cui dicevo all’inizio, perché se crede una certa cosa vera allora questa cosa dà una stabilità, una sicurezza, che c’è e ci sarà, anche se dice che vuole sbarazzarsene, il fatto che dica di volersene sbarazzare, potrebbe essere intesa come una contraddizione in termini, come vuoi sbarazzarti di qualche cosa che tu stesso hai prodotto? Bastava non produrlo è così semplice, sappiamo che questa enunciazione non è altro che un modo per dire a chiare lettere che non ne è responsabile di questa paura ad esempio, io non la voglio e quindi non ne sono responsabile, il potere pensare di non essere responsabile in molti casi è l’unico modo per potere continuare a usufruire di una questione perché se immagino che mi sia capitato così tra capo e collo a mia insaputa allora posso continuare per esempio a lamentarmene, se invece sono io a produrmelo come faccio a lamentarmene? buona parte del gioco perde la sua portata, se io mi dessi una martellata sulle mani dicendo che questo mi fa male, qualcuno potrebbe suggerire di smettere di darmi le martellate sulle mani, potrei trarne vantaggio e a questo punto farei un po’ la figura dell’imbecille, se invece il male di cui soffro non dipende da me allora poso continuare a usufruirne tranquillamente e nessuno mi dirà che sono un imbecille per esempio, o un martire e come sapete le persone non amano passare per imbecilli, mai per nessun motivo è una delle cose che seccano di più, ecco dunque si tratta a questo punto di porre attenzione al modo, cominciare a porre delle questioni alle persona che crede certe cose, qualunque cosa dica non ha nessuna importanza, ciò che importa è che nel dire queste cose sta credendo qualche altra cosa, questa è l’unica cosa che interessi, il nostro compito è che cessi di credere, giungendo certo, dicevo prima, a questa sorta di infinitizzazione dell’interpretazione, l’obiettivo è sempre lo stesso porre le condizioni perché non abbia più bisogno di credere, né in quella cosa né in un’altra. Ora a questo punto la questione che ci interroga e già tempo fa abbiamo posto il modo, il tipo di intervento che può essere anche totalmente retorico… è vero in alcuni casi funziona meglio, in altri peggio, e per questo occorre trovare un modo che sia efficace, se per esempio una persona qualunque ha paura del buio, è ovvio che ritiene che in questo buio ci sia un pericolo, a questo punto certo possiamo domandargli perché ritiene che il buio sia pericoloso e c’è l’eventualità che ci dia una risposta, la questione è cosa ce ne facciamo di questa risposta? Possiamo utilizzare la risposta per porre un’altra domanda, ad esempio, però andando avanti lungo questa via potremmo anche non ottenere un granché, provate a chiedervi il perché una certa cosa, come dicevo prima potrete andare avanti all’infinito ma un certo punto perderete il punto da cui siete partiti, il quale rimane intatto, no occorre che questa infinitizzazione riguardi ciò che afferma. Qui i casi sono due o troviamo un sistema che funzioni in qualunque caso e che riguarda in qualche modo la struttura del linguaggio oppure è da valutare e allora qui potrebbero tornare utili le varie strutture del discorso, isterico, ossessivo ecc. che non sono altro che dei modi di pensare diversi. Questa è già una questione…

Intervento: modi di pensare diversi, perché credono a delle storie diverse?

L’ossessivo crede a delle cose diverse da quelle di un isterico…

Intervento: questo comporta una struttura logico e sintattico diversa? diverse credenze

Sì, come quella cristiana, quella di Budda, quella della reincarnazione, sono degli assiomi, dei principi… oppure come dicevo avvalerci delle differenti strutture del discorso, sappiamo le cose in cui crede l’ossessivo, così come sappiamo le cose in cui crede l’isterico, per esempio metti il caso di un ossessivo, lui crede alcune cose che individuate, quando si tratta di intendere se ciò che afferma procede necessariamente da queste cose che crede oppure no, mi rendo conto che sono cose complicate adesso però stiamo un po’ sgrezzando il discorso, sicuramente c’è una specificità per esempio nel discorso ossessivo, che si distingue da quello isterico e paranoico, li distingue la nosografia psicanalitica, però si comportano anche in modo diverso, perché credono cose diverse. Prendete un paranoico o un ossessivo per esempio, di fronte a una stessa situazione si muoveranno in modo totalmente differente, può esserci utile muovere dalle cose che necessariamente crede un paranoico, se è tale, oppure no? Questa è una questione, faccio un esempio banalissimo, il paranoico cosa crede? Che l’altro sia cretino? Adesso faccio un esempio così, molto banale, è ovvio che credendo una cosa del genere si muoverà in un certo modo, e per esempio potrà accadere che avrà, spesso nel discorso paranoico la paura che il controllo, il controllo della situazione gli scappi di mano, la questione che sto ponendo è questa rispetto all’esempio che vi ho fatto, possiamo ricondurre la paura di perdere il controllo su una cosa al fatto che crede fermamente, che chiunque altro all’infuori di lui sia un cretino? Visto che questa seconda cosa la crede fortemente, e necessariamente? La prima non necessariamente anche se è molto frequente però, Marx direbbe che è una sovrastruttura, come dicevo l’ideale sarebbe trovare il modo che salti tutte le differenti strutture di discorso e si fondi unicamente sulla struttura del linguaggio, non vedo semplice la questione, mentre muovendo dalle viarie credenze, dai vari discorsi può essere più semplice, ecco si tratta di trovare un modo retorico, prendete di nuovo l’esempio di prima il paranoico, potete facilmente condurlo ad affermare che l’altro per lui è un cretino, provate a chiedergli come lo sa, sarà in difficoltà non saprà cosa rispondere, perché è così, sarà anche disposto ad ammettere che non lo sa, questo potrebbe, questo inizio legittimamente costituire già una incrinatura nella sua struttura monolitica, ma non illudetevi che sia così, ché questa crepa si richiuderà dopo pochi minuti inevitabilmente in modo massiccio, no occorre un altro sistema molto più efficace, trovare un altro sistema che sia in grado di togliere la necessità di credere, nessuno è mai riuscito a fare una cosa del genere, negli ultimi tremila anni e questo ci stuzzica, però, però c’è la possibilità, comunque c’è, così come c’è la possibilità di modificare un programma che è poi la stessa cosa, potete pensare, non siete molto lontani…il paranoico è come una persona che si muove mosso da un programma, da un software, per cui se accade una certa cosa, se si verifica una certa situazione allora penserà necessariamente una certa cosa volete un esempio? prendete un paranoico, uno qualunque chi volete e mettetelo di fronte una persona che si mostri timida e adulatrice, il paranoico penserà che questo è un cretino, comincerà a pensare a come utilizzarlo, perché lo fa? Perché non può fare altrimenti, un paranoico non potrà pensare altro che questo, quindi in quella situazione questa è la risposta, come un programma. Cliccate sull’icona di Word, il vostro computer lo apre e non ne apre un altro, a meno che non l’abbiate manipolato, se no aprirà sempre Windows cioè risponderà sempre e comunque in quel modo, penserà questo perché non lo può non fare come dire date le premesse, gli assiomi da cui muove, il suo modo di pensare quella sarà la conclusione, necessariamente, non c’è scampo. Ora tutto ciò lo sappiamo molto bene, ma la questione è se 1° se possiamo utilizzare una cosa del genere, cioè se ci è utile utilizzarla, 2° se stabiliamo di sì, lo troveremo un sistema. Teoricamente è molto difficile fare questo gioco, forse l’ho accennato costruire un discorso, un testo, un saggio quello che vi pare mostrando i luoghi comuni a cui si attengono i quattro discorsi, in modo in cui ciascuno sappia esattamente quali sono i punti deboli di ciascun discorso, e potersene avvantaggiare. Ora è chiaro che se la cosa è diffusa si perde l’utilità in un certo senso, però…

Intervento: potrebbe essere un altro “Secreta monita”

Molto più efficace, è come armare tutti, non è questa la questione interessante ma il fatto di perdere una certa ingenuità, dicevo entro certi limiti prevedibili se voi sapete quali sono le premesse da cui muove, sapete come pensa e come concluderà, perché non lo può non fare. Un esempio stupidissimo: un fervente cattolico alla domenica andrà alla messa e farà di tutto per farlo, salvo qualche motivo ma voi sapete che farà di tutto per farlo, sembrano stupidaggini ma funziona così. Sapete come pensa una persona, sapete come sono le premesse da cui parte e sapete che cosa concluderà. Però vedere se questo può esserci utile in una analisi, come dicevo è possibile prevedere certe cose però ci interessa sapere se ciò che possiamo prevedere ci serve a qualcosa oppure no, se no perché prevedere. So che una persona è una fervente cattolica so che la domenica andrà a messa ma non ci serve per niente cioè la cosa può interessarci se sappiamo come utilizzare questa cosa, se no non ci importa assolutamente nulla. Per tornare all’esempio di quella che ha paura del buio, il fatto che per esempio sia isterica o ossessiva cambia ovviamente il suo modo di pensare e quindi la sua condotta ma questo ci è utile oppure no? Forse sì, sono questioni che dobbiamo considerare, perché prendete un’isterica o un’ossessiva entrambe hanno paura del buio, il fatto che una persona sia isterica e l’altra ossessiva modifica questa paura? La rende diversa per qualche cosa? Per quanto ci interessa ovviamente oppure no? Il fatto che muova da assiomi differenti, da cose che si credono diverse modifica questa paura oppure no? Questa è una questione…

Intervento: se la paura è una conclusione, una implicazione è chiaro che in forza di questa implicazione permane la paura

Ma può anche essere la stessa, lei può andare a Milano prendendo la Torino Milano io posso arrivarci prendendo un’altra via e arriviamo entrambi a Milano…

Intervento: arriviamo entrambi alla conclusione medesima ma il percorso sarà diverso

Sì ma questo incide in qualche modo nella conclusione oppure no? Questo non è mica così automatico…

Intervento: bisogna trovare il modo più rapido per giungere all’enunciazione dell’assioma

Non è così semplice. Certo muovendo da assiomi diversi costruisce storie diverse che concludono entrambi a questa affermazione che lui è un pericolo… (…) sì, partono dal luogo comune ma muovono da assiomi differenti e giungono alla stessa conclusione, il perché potrà essere differente, queste persone hanno regole diverse, rimane il fatto che per entrambe il buio è un pericolo, e quando si troveranno al buio avranno paura entrambe, non so se sia una questione su cui merita riflettere oppure no, sicuramente merita riflettere sull’eventualità di potere utilizzare le varie strutture di discorso per dissolvere la necessità di credere in qualche cosa…

Intervento: come funziona la verità per esempio nel discorso paranoico o nel discorso ossessivo, per il paranoico la necessità che l’altro sia cretino, è perché per lui la verità funziona in un certo modo, potrebbe non essere per l’ossessivo il dubbio…

Sì, sono luoghi comuni così il paranoico pensa che di dire lui la verità, l’ossessivo pensa sempre che la dica un altro però lui la conosce, sì sono modi di pensare diversi certo, e questo porta a storie diverse e quindi a conclusioni che sono diverse, una persona che dice ho paura del buio è come se dicesse io credo questo, questa è la mia fede, esattamente come una persona che dice credo in Pippo Baudo o nella reincarnazione o nel progresso, non ha nessuna importanza: io credo questo e questa è la mia fede. Che ce ne facciamo di questo? Questa è la domanda fondamentale, cosa ce ne facciamo di questo? A questo punto non è tanto cosa vuole dire o cosa non vuole dire, però dobbiamo tenere conto, fa questa domanda che è paradossale, di sbarazzarlo di ciò in cui crede tutto sommato, cosa che non vuole fare e Freud stesso se ne accorse… rimaneva perplesso che una persona non volesse abbandonare il sintomo per il quale pagava esserne affrancato, curioso… ci dice una cosa in cui crede più fortemente ci dice qual è la sua religione e allora? Sì saremmo in una posizione strana come un fondamentalista islamico che ci chiedesse di non credere più in Allah (…) ciò che avviene generalmente è questo toglie questa fede e ne mette un’altra, uno può anche modificare la sua formula, il suo credo è ho paura del buio, la modifica ed è non credo e non ho paura del buio, questo è l’effetto terapeutico che avviene, una guarigione così detta, l’abbandono del sintomo ma la questione che a noi interessa è proprio questo credo, “credo che” o più propriamente ancora questa necessità che ci sia, è questo che ci questiona, perché non abbandona la fede? perché ci crede, perché parte dalla verità, dicevamo all’inizio che ciò che credo è ciò che è necessariamente vero, quindi immutabile, per la forma dell’eternità della verità, se è così, sarà così sempre per forza se no è un’opinione. Complicata la questione. Vedete ciascuno è come se avesse la necessità di credere, poi che cosa questo varia da una persona all’altra perché pensare ai quattro discorsi è come pensare i quattro luoghi comuni più accreditati, il paranoico si attiene al suo, perché uno diventa paranoico anziché isterico, forse non lo sapremo mai, ma non è neanche così interessante, certo ci sono delle condizioni tali per cui però prendete un’altra persona nelle stesse condizioni e non diventa affatto paranoico, in questo caso le variabili che intervengono sono sterminate è inutile star lì a domandarsi come è avvenuto, come avviene che uno crede in dio e ad un certo punto diventi buddista? Non gli piace più, non lo so, non è più soddisfatto o è perché c’è l’amico che è così, perché ha letto un articolo sul giornale, può essere qualunque cosa e il suo contrario, l’importante è sapere che una persona ha la necessità di credere in qualcosa, e in effetti poi cambiano fede abbastanza facilmente. È più difficile proprio nel caso proprio della struttura di discorso che intervengano variazioni cioè per esempio che un paranoico diventi un isterico, che sono ai poli opposti, però. Anche pensare che una madre possa cessare di amare suo figlio non è sicuramente meno facile, ci sono alcune cose alcuni luoghi comuni in cui si crede più fermamente poi probabilmente sono quelli che danno maggiore sicurezza. Abbiamo molto lavoro da fare ancora, tutto molto aleatorio, tutt’altro che saldo, abbiamo fatto il lavoro di sgrezzare alcune questioni per vedere cosa può essere utile e cosa no… va bene ci fermiamo qui.