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19-3-2008

 

Beatrice legge alcune riflessioni tratte dal testo “Clavis Magna” di Giordano Bruno.

 

L’Intelligenza Artificiale

 

La Clavis Magna è un testo di retorica, la costruzione di un testo di retorica matematicamente costruito con lettere dell’alfabeto e numeri una sorta di criptogrammi chiamati atri, cubili, sigilli che dovevano contenere tutti i modi di pensare fino allora costruiti dagli umani e cioè dalla filosofia, dalla teologia, dalla fisica, dalla magia e quindi tutti i modi per poterli confutare, per avere la possibilità di argomentare e controargomentare in qualsiasi discorso, in qualsiasi occasione, per poter persuadere gli animi o dirigere le folle, poter confutare qualsiasi affermazione, diremmo noi, qualsiasi affermazione si ponga come l’ultima affermazione cioè come quell’affermazione assolutamente vera fuori da una struttura linguistica, fuori quindi dal gioco e dalle regole di cui il gioco è fatto. È un testo straordinario anche se in certi casi oscuro e complesso ma le figure retoriche che lo configurano hanno un vigore, una forza, una ricchezza difficile da reperire in altri testi. Clavis Magna è l’arte di pensare, così la chiama lui, l’arte di reperire nel proprio pensiero quel divino che pare essere per l’umano la forma più alta cui si possa aspirare e da cui gli umani traggono la loro non responsabilità, traggono il loro limite perché hanno posto quel divino, quel dio fuori dal loro discorso e invece Bruno riporta il divino al pensiero che potendolo pensare diventa divino il pensiero per lui è dio e da quella posizione il suo pensiero agisce, qui noi diremmo che il pensiero è la condizione del divino se mai può interessare questa superqualità, perché senza un pensiero che può pensare dio, dio non esisterebbe né sarebbe mai esistito, così come qualsiasi altra cosa. E quindi si trova a svolgere il pensiero, mostra come svolgerlo, come piegarlo, mostra come costruire il pensiero e parte dall’arte della memoria che già Lullo aveva inventato e che molti conoscevano e praticavano ma a Bruno non interessava tanto la mnemotecnica cioè questa possibilità di avere a disposizione tutti i dati possibili per poi ripeterli come un registratore nei momenti più utili, alla bisogna, ma interessava partire da quei dati che ciascuno può reperire nel suo ingegno, nella sua memoria per costruire giocando il divino che è appunto a disposizione di ciascuno, reperire attraverso l’interesse che è proprio, che è proprio del proprio discorso l’infinita possibilità di un pensiero infinito, visto che l’umano ha costruito il concetto di infinito ma a lui interessava costruire un programma che in cui l’intelligenza agisse libera dai macigni del pensiero religioso, imposto dalla filosofia praticata per lo più, insegnata per lo più, imposta. E parte proprio dalla capacità fantastica di ciascuno, il demoniaco che è in ciascuno perché è attraverso questa che chiama dea memoria, questa possibilità inferenziale, questo legare gli elementi che ciascuno può intendere e costruire il suo ingegno, non c’è nulla da scartare ma solo da accogliere ed è solo attraverso l’attività fantastica, le fantasie, i sogni, le immagini cioè ciò con cui gioca il pensiero che è possibile passo dopo passo agire, inventare un altro modo di pensare, pervenire all’invenzione della propria intelligenza giocando, giocando costruire un metodo e costruisce forme geometriche in cui dispone le cose che ciascuno vede, parte dai luoghi comuni e quindi dagli occhi comuni cioè ciò che ciascuno dice di vedere perché ciò che si vede è creduto per lo più vero, non c’è bisogno di verifica, è immediato pare non mediato dal discorso, eppure tutto ciò che si vede e sul quale gli umani si accordano e comunicano, dice lui, è dato dalle lettere dell’alfabeto con le quali si scrive e si legge il reale e l’irreale, il razionale e l’irrazionale, il divino e il demoniaco (pag. 72 il soggetto delle immagini I libro Clavis Magna) ciascuno vede ed è assolutamente certo di ciò che vede ma ciò che ciascuno vede è visto da un soggetto che è costruito letteralmente da quei particolari che attraggono la sua “vista” tra virgolette e che in qualche modo lui solo può vedere cioè questo soggetto, in vero lui può vedere molto poco perché la sua vista segue la direzione di ciò che lo attrae e ciò che lo attrae è funzionale a ciò che lui crede o meglio vuole vedere, a ciò che deve vedere cioè anche qui, diremmo noi, l’inferenza funziona a partire da quei particolari fantastici che soli lo hanno spinto a muovere e a concludere le prime verità. Qui mi viene in mente l’istallarsi del linguaggio quando qualcosa comincia a funzionare, quando tutte le vie sono aperte, quando la possibilità di gioco è infinita, ecco nella Clavis Magna è possibile reperire molto materiale per intendere i giochi che gli umani utilizzano per vivere e come questi giochi in fondo costituiscano il programma all’interno del quale muovono, l’intelligenza degli umani quella che lui chiama naturale lui si ingegna a trasformarla farla diventare artificiale attraverso un gioco fatto ad arte e mostra come dalle prime forme di rappresentazione delle cose concrete, per esempio, un tavolo che così come si dipinge sulla carta è un immagine che utilizza il proprio pensiero, si possano rappresentare le cose astratte, le cose che paiono non essere dipingibili e queste cose si rappresentano nel proprio pensiero attraverso discorsi, per esempio, la giustizia è un concetto astratto e quindi per pensare la giustizia si utilizza un simbolo la bilancia cioè un discorso che illustra che ci deve essere un peso uguale per ciascuno, come dire che anche il pensiero astratto utilizza forme le cui parole dipingono, mostrano ciò che stanno facendo e quindi illustra come è possibile costruire immagini sempre diverse, immagini che muovono spinte dai desideri e dalle azioni che i desideri promuovono, desideri e azioni dell’anima in preda alle passioni …e dalle passioni delle forme che si vedono alle forme che solo la luce dell’intelligenza può dare, luce che lui chiama l’unica forma, si può attingere a quelle sempre più astratte, alle forme di pensiero, alle figure del discorso quelle figure che giocano il loro ruolo nei sillogismi e quindi nei giudizi. C’è un punto parlando dell’attività fantastica cioè della capacità di gioco del suo discorso, che ritorna e che si aggancia ora a un dio ora ad un altro, cui allude spesso nei suoi scritti lui ci indica una sua fantasia: quando era bambino in fasce vide un grosso e vecchissimo serpente uscire da un buco, serpente che lo voleva aggredire, lui bimbo in fasce non si sa bene come chiamò i genitori e disse loro del serpente, chiaramente i genitori furono più stupiti dalle parole di quel bimbo in fasce che dal serpente e lo salvarono e qui lui ci dice “se ho parlato è perché già sapevo parlare anche se gli altri non lo potevano sapere” e dice ancora: anni dopo mi sono risvegliato come da un lungo sonno e ho rammentato e ancora una volta ho stupito i miei genitori raccontando quella scena. Il sogno di destare stupore di stupire è un po’ il gesto di Prometeo che ruba il sapere agli dei per offrirlo agli umani e per questo sarà punito, un sogno, una grossa ambizione in qualche modo un delirio di potenza, delirio di potenza che forse non gli fa intendere che anche quello da lui ha inventato è un gioco un gioco che il linguaggio ha costruito e può mostrare se lo si può accogliere che qualsiasi cosa è un elemento linguistico.

 

Atri: quella figura in cui sistemare in opposizione o per similitudine le cose concrete (rappresentazioni)              

Cubili: quella figura in cui sistemare in opposizione o per similitudine le cose concrete e le cose astratte (rappresentazioni di cose – azioni)

Sigilli: le operazioni che compie il pensiero attraverso forme logiche

 

Dal I libro della Clavis Magna

 

Capitolo XIII

IL SOGGETTO DELLE IMMAGINI

 

Certamente non possiamo provare che questa rappresentazione e impressione delle immagini delle cose visibili venga effettuata nella mente cosi come facciamo sulle cose materiali (appunto sulle superfici dei corpi), dove i corpi maggiori tollerano di più, i minori invece di meno. Infatti in molta tavola o papiro dipingiamo molte immagini, in una più grande le dipingiamo grandi e scriviamo anche i caratteri. Ma qui c’e una certa sostanza indivisibile, che concepisce i caratteri e le figure sia di molte cose che di grandi cose. Al modo che percepiamo tutta la selva delle cose col centro della pupilla con un solo sguardo indivisibile, e riduciamo e giudichiamo la dimensione propria di cia­scuno da un piccolo specchio indivisibile, non meno bene quella potenza

interim e in qualche modo più spirituale dell’anima che recepisce e compone queste apparenze, che risiede nello spirito fantastico, va concepita come qualcosa di indivisibile del genere della luce, sicché essa stessa sia luce, la cosa illuminata e l’atto della cosa sensibile e della forma, diversa dalla vista esterna, che viene informata attraverso una luce estranea, perché essa stessa e contem­poraneamente luce e vedente: in proporzione si distingue anche la luce del sole da quella della luna, ed infatti questa è visibile come per una luce esterna, quello come per la propria. Infine la vista dell’occhio differisce dalla vista dello spirito interno come uno specchio vedente da uno specchio non vedente, ma solo in quanto e uno specchio illuminato e riflettente le forme poiché rap­presenta se stesso ed e contemporaneamente luce e specchio e nel quale ogget­to sensibile e soggetto sensibile sono una sola cosa.

Lo spirito interno a un certo mondo e un grembo per cosi dire insaziabile di forme e di specie che non solo contiene le apparenze delle cose concepite esternamente secondo la loro grandezza e it loro numero, ma anche con la for­za dellimmaginazione aggiunge grandezza a grandezza e numero a numero. E ancora come in natura da pochi elementi si compongono e si sviluppano in­numerevoli specie cosi anche ad opera di codesto intrinseco efficiente le for­me delle specie naturali non solo sono conservate in codesto amplissimo grembo ma invero potranno anche essere moltiplicate per un aumento smisu­rato delle innumerevoli immagini da concepire, come quando da uomo e cer­vo, da uomo, cavallo e uccello, immaginiamo centauri alati, esseri razionali alati, e con una simile mescolanza possiamo dedurre infinite cose da innume­revoli, più abbondantemente che con le poche lettere dell’alfabeto con le quali si compongono le espressioni di molte lingue con combinazioni e coordina­menti vari.

 

Potrebbe essere utile in funzione della programmazione in effetti ci sono delle informazioni che potrebbero esserci utili in questo senso: un programma retorico, ciò di cui abbiamo parlato spesso riguardo al virus ha a che fare con qualcosa del genere, in fondo è un programma retorico molto più che logico…

Intervento: beh un programma retorico che funziona all’interno di un sistema logico assolutamente perfetto…

Bisogna partire però da una logica specifica che è quella che abbiamo inventata noi; c’è un’altra questione che intendo affrontare nei prossimi giorni e che riguarda un problema, proprio la dimostrazione logica, un problema tecnico, qualunque buon manuale di logica matematica ne parla per esempio Mendelson per fare un nome, il problema è questo: noi abbiamo sempre detto che l’induzione è un sistema di inferenza non probatorio, nel senso che la conclusione cui giunge non è necessaria e fin qui non abbiamo detto niente di nuovo, mentre la deduzione è un sistema inferenziale probatorio cioè la conclusione cui giunge prova la verità in quanto se muove, come è noto, da una premessa vera deve concludere necessariamente con una conclusione vera perché la conclusione è contenuta nella premessa stessa ora il problema che incontra la logica matematica soprattutto consiste in questo, varie volte ho fatto questo accenno e adesso possiamo riprenderlo e cioè la deduzione occorre per essere utilizzabile all’interno di un sistema logico matematico che sia un teorema cioè che sia dimostrata, che si dimostri che la deduzione consente di giungere a una conclusione vera non basta che sia un’idea “mi sembra che…” in logica matematica il “mi sembra che” non è accolto tra le conclusioni più attendibili ebbene per dimostrare ed è quello che voglio andare a rivedere adesso per bene, per dimostrare il teorema di deduzione è necessaria all’interno o almeno fino adesso lo è stato è necessario quello che Kleene chiamava induction step cioè un passo induttivo e viceversa per dimostrare il teorema di induzione è necessaria la deduzione …questo cosa significa che la deduzione per dimostrare se stessa cioè la propria validità necessita ad un certo punto di qualche cosa che di fatto non è dimostrabile questo rende all’interno della logica matematica la dimostrazione della deduzione problematica certo viene accolta lo stesso ma rimane un problema come se rimanesse un anello della catena debole (sta dicendo che la premessa della deduzione…) no, non è una premessa è proprio lungo la dimostrazione che è necessario ad un certo punto un passo induttivo cioè occorre inserire un’induzione per potere proseguire nella dimostrazione della deduzione. Questo ci dice almeno due cose la prima è che comunque la logica matematica non riesce a dimostrare di fatto alcunché senza ricorrere continuamente come in questo caso ma anche in ciascun altro qualcosa che non è dimostrabile, la seconda cosa che ci dice è che dobbiamo come abbiamo fatto inventare un’altra logica quella che c’è non è sufficiente fa acqua da tutte le parti o almeno da molte parti e siamo avvantaggiati in questo perché a fondamento poniamo ciò stesso che consente di costruire qualunque argomentazione logica non solo ma quella stessa cosa che consente di costruire qualunque criterio di verità ora siccome non ci sono altri strumenti risulta necessario questo e noi questo lo poniamo come premessa generale, come una sorta di universale tenendo sempre conto che è il linguaggio che ci consente di costruire l’universale …questo per dirvi che tutte le conclusioni che muovono dall’induzione anche logicamente se si considera la cosa molto attentamente non sono né più né meno fondate delle conclusioni della deduzione così come è intesa dalla logica matematica naturalmente non dalla logica come la intendiamo noi perché noi baypassiamo questo problema della logica matematica perché la logica matematica non ha mai potuto muovere da un asserto che fosse necessario, noi sì, per cui rimane questa differenza fra la deduzione e l’induzione ma alla condizione che si utilizzi la logica che noi abbiamo inventato non la logica matematica se no siamo punto e a capo anzi da “capo a tredici” come diceva mia nonna che non ho mai saputo cosa volesse dire esattamente però lei diceva così e allora dobbiamo sì certo costruire un programma retorico come suggerisce Bruno ma anche non riconsiderare ma considerare con maggiore attenzione la logica che abbiamo inventata e se è possibile darle una forma più precisa, più utilizzabile quindi due sono i programmi per quest’anno un programma retorico e costruire una sorta quasi un manuale di logica, quasi che ….però muovendo come ho detto e come sapete benissimo da una premessa maggiore che è necessaria e poi si tratterà di definire questa necessità, dire perché è necessaria ecc. muovendo da lì può costruire, non interessa fare tutti i giochini che fanno i logici non è quello che ci interessa ma intendere il meccanismo, fornire una sorta di algoritmo della logica cioè quella sequenza operativa che consente di costruire qualunque cosa in base a quella…cos’è un algoritmo? L’ho appena detto: una sequenza operativa che consente di costruire qualunque cosa, qualunque operazione in base a certe informazioni date …scrivere un manuale di logica più che un manuale di logica un testo sulla struttura della logica anche perché no? Mostrando perché la logica quella conosciuta da Aristotele fino a Mendelsonn o a Gödel comunque sia non può che fallire necessariamente, è inevitabile, matematico sono dei begli impegni qualcuno è disponibile a darmi una mano o devo fare tutto da solo? Anche un programma retorico è molto impegnativo in cosa consiste un programma retorico? Quelle indicazioni che fornisce Giordano Bruno possono essere di qualche utilità nella sistemazione di alcune sequenze di proposizioni, un programma retorico è qualche cosa che per esempio, diciamola così è un discorso, un’argomentazione che può essere inserita all’interno di qualunque conferenza, per esempio, e una volta inserita all’interno di qualunque conferenza produce degli effetti nell’uditorio, può essere inserita con termini differenti ma la struttura può essere sempre la stessa non la vedo facile così ad occhio voi invece avete idea che sia una cosa semplice?