INDIETRO

 

19-3-2003

 

Ha mai pensato perché è così facile trasmettere, instillare la paura nella gente? Tutto ciò che abbiamo fatto ultimamente ci fornisce un ottimo strumento per intendere; gli strumenti che abbiamo acquisiti in questi anni ci consentono di rispondere a qualunque domanda che ci facciamo o altri ci facciano intorno a ciò che accade. Per esempio, perché è così facile che una persona abbia paura? È semplice, visto che il linguaggio non deve fare nient’altro che proseguire, la paura è uno degli strumenti che consente di costruire proposizioni, che consente di rilanciare discorsi, e pertanto viene accolta con estrema facilità così come viene accolta con estrema facilità qualunque cosa faccia soffrire, qualunque cosa in qualunque modo dia da fare, dia da pensare, dia da dire. La paura come si sa produce una quantità enorme di pensieri, di scene, di immagini, di racconti, da sempre, da quando esiste, per esempio la tragedia è stata considerata come una delle migliori fonti della narrativa. Una persona si aggancia immediatamente a qualcosa che avverte come pericolo perché lì c’è da fare, lì c’è da dire, lì c’è da pensare e così in qualunque altra situazione ciò che abbiamo reperito ci rende molto semplici intendere le cose, perché tutte queste cose sono costruite dal linguaggio, se noi sappiamo come funziona il linguaggio, allora diventa tutto straordinariamente semplice. Poi, perché una paura anziché un’altra? Semplicemente perché quella paura ad esempio interviene a verificare una serie di elementi precedenti: tutto diventa semplice, chiaro, lineare, sappiamo che ciascun elemento è tale in quanto deve verificare quello che lo precede, è così anche la paura, è così anche qualunque altra cosa. In effetti è una delle cose più difficili da vincere la paura, perché è più ancorata e così come è difficile sbarazzarsi di una religione, sbarazzarsi di ciò che si sa con assoluta certezza, è una delle cose più care. Così come tutte quelle altre cose che consentono di costruire notevolissime proposizioni, storie, non si abbandonano mai, si rimane aggrappati con notevole tenacia perché il linguaggio non vuole sbarazzarsene per nessun motivo poiché la paura, adesso stiamo parlando di quella, consente di avere sempre a disposizione la possibilità di procedere, di costruire proposizioni, storie racconti, immagini, scene etc. e non molla la presa, a meno che non si offra in cambio qualche altra cosa, come sempre accade, la stessa vecchia storia del drogato, il drogato non smette di drogarsi finché non trova in cambio qualcosa di meglio, che non è certo coltivare le patate…

Intervento:…

Sì, la cosa che consente al linguaggio di proseguire è, come sappiamo, la verità, trovare cose vere, ciò che potrebbe consentire al linguaggio di proseguire abbandonando tutte le superstizioni precedenti è possedere qualcosa di assolutamente vero, che è ciò che noi abbiamo reperito, la difficoltà consiste nel fatto che una cosa del genere non viene creduta vera, pur essendo provabile, non viene creduta vera, come dire “non è possibile che sia così”. Come sapete l’aspetto retorico che stiamo seguendo punta a questo, a rendere credibile ciò che è necessariamente vero, sembra una cosa strampalata però è così, rendere credibile ciò che è necessariamente vero, se è necessariamente vero non ha bisogno di essere credibile e invece… perché l’alternativa è sempre stata ed è a tutt’oggi, a parte il percorso che facciamo noi, di una trasformazione religiosa cioè l’unico effetto terapeutico è dato dalla conversione da una religione a un’altra, così come accade, ma togliere la possibilità stessa di credere, quindi togliere la possibilità stessa di qualunque forma di religione è chiaro che rende le cose diverse, non si tratta più di offrire in cambio un’altra religione, un’altra fede ma qualcosa che il linguaggio è costretto a cercare: anche la stessa fede non è altro che l’idea di qualcosa di assolutamente vero, le persone che abbracciano una nuova fede lo fanno perché ritengono che sia più vera di quell’altra ovviamente se no, non lo fanno, e quindi noi abbiamo in mano qualcosa che è necessariamente vero ma non risulta credibile. Dovremmo riuscire ad intendere perché qualcosa che è necessariamente vero non risulta credibile. Il linguaggio costringe a fare questo, a cercare qualcosa di vero perché deve proseguire, per proseguire necessita di proposizioni che possa riconoscere come vere, e la paura come sappiamo è una delle cose più vere, più reali, perché? Perché il vero è ciò che da lo sbocco, ciò che apre ad altre storie, la paura fa questo quindi è vera. Dobbiamo cominciare a utilizzare le cose che abbiamo acquisite in questi ultimi anni per intendere tutto ciò che accade, perché ci può consentire di farlo con estrema facilità, sempre attenendoci a ciò che non può non essere. È ovvio che dovremo ancora lavorare su questo e cioè sul fatto, per esempio, che sia necessario per il linguaggio costruire proposizioni vere. Come sempre abbiamo fatto cercheremo ancora di negare questa cosa, se riusciremo, perché dobbiamo poterlo affermare con una certezza che va al di là del pensabile, quindi può partire da questo la costruzione di una psicanalisi perché non abbiamo più bisogno di andare a cercare chissà dove, nei fantasmi materni, paterni, fantasmi di zii, nonni ecc. ma unicamente in ciò che non può non essere cioè il funzionamento del linguaggio, tutto il resto sono fantasie, sono storie, possono essere più o meno divertenti ma assolutamente irrilevanti. Invece ecco il funzionamento del linguaggio, il linguaggio funziona così necessariamente e siccome funziona così allora avviene questo, siccome è necessario costruire proposizioni vere allora qualunque cosa che apra ad altre proposizioni viene accolto come vero, è inevitabile: “la paura fa questo? Si, allora la paura è vera!” Quindi reale, tutto qui, è straordinariamente semplice…

Intervento: sì, però… noi invece poniamo la verità che è così…

È proprio il fatto di non accoglierla in quanto produzione del discorso che consente di mantenerla. Abbiamo detto tante ma lo continuo a dire perché è fondamentale: per il linguaggio che una cosa sia bella o brutta è assolutamente indifferente, che uno prosegua costruendosi storie terrificanti, agghiaccianti o che prosegua costruendo raccontini divertenti è assolutamente indifferente, non cambia niente, chiamiamo semplicemente brutto o sgradevole o spaventoso ecc. qualcosa di cui non è possibile accogliere la responsabilità, allora per poterlo mantenere sono costretto a dire che è brutto e che quindi non lo voglio, ché se lo volessi allora è affar mio, ma allora non si chiama più sofferenza, per esempio, ma si chiama piacere , il problema non è cambiare un termine con un altro, il problema è che se io mi accorgo che è un piacere cesso di subirlo e subirlo è la condizione per potere praticarlo. La costruzione della psicanalisi che andremo facendo lungo queste conferenze e anche oltre ovviamente, muove proprio da qui, cioè dagli strumenti che abbiamo acquisiti e che costituiscono la base per costruire la psicanalisi cioè costruire un sistema che consenta di intendere qualunque cosa accada all’interno del linguaggio attraverso il linguaggio, anziché attraverso fantasie le più squinternate. Per esempio, se io non ricordo una certa cosa, supponiamo che voglia ricordarmi il nome di Pinco Pallino e non mi viene in mente, ora come sapete c’è tutta una teoria intorno a questo nella psicanalisi tradizionale, e che non vi sto adesso a ripetere ma che cosa avviene? Tenendo conto di ciò che abbiamo inteso fino adesso noi sappiamo che il linguaggio deve proseguire e non può non farlo e quindi utilizza unicamente quegli strumenti che sono funzionali alla sua prosecuzione, se un elemento viene eliminato da questo sistema allora che cosa dovremmo considerare? Almeno due aspetti intanto, poi potremmo riflettere meglio, il primo è che l’eliminazione di questo elemento consente la costruzione di tutta una serie di altre storie, secondo che l’eliminazione di questo elemento sia invece funzionale, nel senso che la riproposizione di tale elemento potrebbe arrestare il discorso. Ora a questo possono agganciarsi tutta una serie di questioni però è nella struttura nel funzionamento del linguaggio che dobbiamo trovare una risposta, adesso ho solo fatto delle ipotesi campate per aria, ma se io affermo che dimentico un nome e questo nome è connesso con qualcosa che mi è spiacevole per esempio, quante infinite cose io tengo presente continuamente e perché proprio quella che magari è meno spiacevole di altre ? È un’obiezione legittima e poi posso provare che è così? E come? E perché questo sistema chiamato inconscio dovrebbe eliminare qualcosa di spiacevole e a che scopo? Visto che per tutta la sua esistenza non fa altro che crearsi cose spiacevoli per goderne? Sarebbe una situazione paradossale, e allora perché dovrebbe esistere questa struttura che toglie di mezzo un elemento perché sgradevole, spiacevole, quando gli umani non fanno altro che ripetere esattamente queste cose? Dovrebbe essere la prima cosa di cui si ricordano e invece tutta la teoria psicanalitica è in parte fondata su una cosa del genere, che non sta in piedi in nessun modo e facilmente confutabile. Ho ben presente una infinità di cose assolutamente spiacevoli, dunque la psicanalisi che andiamo costruendo deve trovare nel funzionamento stesso del linguaggio, cioè in ciò che non può non essere, la possibilità di rendere conto di tutto ciò che funziona all’interno del linguaggio, torno a dirvi utilizzando unicamente il linguaggio e cioè ciò che sappiamo, vale a dire che l’unica intenzione che ha è quella di proseguire se stesso e pertanto utilizza solo quegli elementi che gli consentono di soddisfare questa funzione, funzione che per potere verificarsi deve costruire proposizioni che devono essere riconosciute vere e cioè che abbiano la possibilità di costruire altre proposizioni che pertanto non siano contraddittorie con quelle precedenti, questa è la condizione: che non contraddicano quelle precedenti, non ci sono altre condizioni. La contraddizione è una delle en passe del linguaggio, esclude che da lì si possa proseguire, vi siate mai chiesti perché non potete continuare a proseguire a dire una cosa che sapete essere falsa? Voi pensate delle cose e vi accorgete che le cose che avete pensate sono delle stupidaggini, sono delle fesserie, cose assolutamente false, quindi non le proseguite, perché? È curioso ma è come un divieto, non è possibile, non è possibile in nessun modo, a meno che non menta ma questo è un altro discorso, è un discorso retorico. Questa è una delle cose più sorprendenti se ci pensate bene, è una delle cose che meglio rende conto del funzionamento del linguaggio, che sbarra l’accesso a tutto ciò che è falso, non è possibile andare da quella parte in nessun modo, è così che funziona il linguaggio questo è il modo più semplice per illustrarlo. E allo stesso modo costringe a proseguire dalla parte che è ritenuta vera dallo stesso linguaggio, dalle regole del gioco che sta utilizzando per funzionare in quel momento. È così che dobbiamo inventare la psicanalisi, riflettere su come funziona il linguaggio e ci si accorge di che cosa fa sì che un termine, una parola, non la si ricordi, soltanto utilizzando il funzionamento del linguaggio senza ricorrere a niente altro, questo è il modo per costruire la psicanalisi più potente, l’unica possibile e trasformando qualunque altra idea, qualunque altra teoria in una cosa assolutamente ridicola, risibile, fantascientifica. Vi siete mai chiesti perché dovrebbe esistere la rimozione? Perché un elemento dovrebbe essere rimosso cioè non essere accessibile alla catena significante? Vi ricordate il giochetto che faceva Lacan? Un significante e la barra, sotto il significato, se io dico quel significato allora dico un significante, ma questa è una petizione di principio e cioè muove dal fatto che io posso dire solo il significante, questo giochino è una petizione di principio, scorretta anche retoricamente, non c’è nulla al mondo che giustifichi la presenza della rimozione, né la dimenticanza né qualunque altra cosa. C’è la possibilità che vi abbiano preso in giro… bene, giusto per introdurre il discorso di Beatrice sulla paura…

Intervento: paura di non continuare a dire tutto sommato

È possibile la paura di non continuare a dire? Pensateci bene, è possibile? Può il linguaggio fare una cosa del genere? Può il linguaggio costruire una cosa del genere, paura di non proseguire?

Intervento: può crederci descrivendo questa paura continua ed assolve al suo compito di proseguire

Sarebbe un bel paradosso, cioè per avere paura di non proseguire prosegue…

la psicanalisi riporta la questione del padre, questo potrebbe anche in teoria essere il modo Intervento: attraverso il quale chi ha paura del lupo cattivo trovi il modo di potere creare tutta una storia, e quindi la questione del lupo cattivo sia legata a un pensiero intorno… non è tanto questo il blocco, quanto questo: è ciò che produce un modo di pensare, come dire che la psicanalisi può anche essersi avvicinata in qualche maniera ma non è ha data la ragione di questo

Sì, infatti è assolutamente casuale che siano il padre o la madre, visto che sono le uniche persone con le quali per anni il bambino ha a che fare e solo con quelle, le prime e uniche, è chiaro che sono quelle intorno alle quali si costruiscono delle cose…

Intervento: l’originario sta intorno a questa fantasia, laddove invece l’originario potrebbe essere quest’altra questione e cioè questa stessa fantasia è ciò che produce tutta una serie di cose ha la funzione di far trovare cose vere di cui ha bisogno

Il padre, la madre, lo zio sono dei supporti, certo…

Intervento: la questione è che uno può anche dare una spiegazione ma perché è così e non potrebbe essere anche in un’altra maniera?

Si costruiscono storiacce per lo stesso motivo per cui Aristotele si chiedeva della tragedia perché, è la cosa più efficace di fronte a un pubblico, per lo stesso motivo, perché dà da fare, dà da pensare, dà da muoversi, da agitarsi, da costruire una quantità sterminata di cose, tutto qui, non c’è altro.

Intervento: è il solo modello di storia, quali altre storie va raccontando l’umanità, se non questo) storiacce (storiacce, storielle, ma il racconto è questo, non possono raccontare un’altra storia perché non c’è, non è stata inventata

No, perché ci sia la storia occorre che ci sia un obiettivo da raggiungere e qualcosa che lo impedisca, questa è la base di qualunque storia, c’è l’obiettivo e c’è l’ostacolo poi dà lì si costruisce tutto, da Cappuccetto Rosso all’Iliade, alla Bibbia…

Intervento: è possibile se tutto scorre liscio raccontare? Perché c’è bisogno di questi problemi?

È la struttura del linguaggio che costringe a farlo, ha bisogno di un elemento di creare un elemento che ostacoli il proseguimento in modo da potere costruire tutta una serie di cose, questa è una questione sulla quale abbiamo detto molto poco ma è come se…

Intervento: il problema

Sì, il problema è strutturale al funzionamento del linguaggio, però abbiamo ancora molto da dire intorno a questo perché in effetti la struttura inferenziale e cioè se A allora B… parrebbe non avere necessità di intoppi per funzionare, però noi riscontriamo per il momento che non è così, perché c’è necessità di qualcosa che funzioni da ostacolo, da impiccio e allora ecco che bisogna rimuovere questo ostacolo e quindi fare tutta una serie di cose, come dice giustamente Cesare se non c’è nessun ostacolo e tutto fila liscio la cosa finisce lì…

Intervento: si può raccontare il liscio

Sì, ma quali sono gli ostacoli che costruisce il linguaggio, di cosa sono fatti?

Intervento: le strade false…

No, quelle non sono ostacoli, sono le interrogazioni, le interrogazioni sono ostacoli, l’ostacolo in accezione positiva del termine, potremmo dire così in primissima approssimazione qualcosa che interroga e quando qualcosa interroga? Quando è in attesa dell’apodosi, della conclusione, del conseguente, quando deve costruire il conseguente…

Intervento: quando le proposizioni che intervengono non sono coerenti

Se non sono coerenti vengono eliminate, è come una proposizione falsa, viene eliminata, no il problema è qualche cosa che è lì e che deve essere risolto, la proposizione falsa non deve essere risolta, viene eliminata dal sistema e invece il problema è lì e deve essere risolto cioè impone di essere risolto, si tratta di vedere se questo è strutturale al funzionamento del linguaggio oppure no, oppure effettivamente, come suggeriva il mio amico Cesare, il linguaggio può proseguire senza interrogazioni, ciò che individuavo come ostacolo…

Intervento: il famoso B non è solo un ostacolo

No, non necessariamente però all’interno di una catena certo una sequenza di conseguenti possono essere acquisiti e quindi non costituire ostacolo, faccio un esempio banalissimo: se lascio cadere questo per terra, come mi è successo con l’altro, si rompe, poi prendo questo lo lascio cadere e poi lascio cadere questo aggeggio, si romperà oppure no? So che questi due si sono rotti ma questo? Si romperà oppure no? Non lo so ancora, ora è un’interrogazione, una domanda, una questione possiamo chiamarla come ci pare, non ci sono molti modi per risolvere il problema, semplicemente lasciare cadere il pacchetto di sigarette e vedo che non si rompa quindi concludo a questo punto che non si è rotto ma finché non ho concluso questo conseguente ancora non è stato individuato, non è stato costruito ovviamente e quindi continua a interrogare, come dire, c’è un antecedente ma non c’è ancora il conseguente. Generalmente non è che c’è un antecedente, ci sono una serie di elementi che portano a quello e quello ancora non si è costruito, finché non si è costruito è un problema un ostacolo, e l’ostacolo così come il problema costringe a trovare una soluzione, e sappiamo che è il linguaggio che costringe a fare questo, ma ciò che ci stiamo chiedendo è se la presenza di un ostacolo e quindi di una interrogazione sia necessario al funzionamento del linguaggio oppure è casuale. È una domanda alla quale risponderemo, questa è solo una breve introduzione a quello che sta per dire Beatrice intorno alla paura. Da dove viene la paura Beatrice?

Intervento: da un antecedente e quindi come conclusione c’è questa conclusione: io ho paura

Sì, la paura può anche agganciarsi ad un problema certo, è tipico quello della guerra, cosa succederà nei prossimi giorni? Ecco ci sono una serie di antecedenti ma il conseguente ancora non è costruito e quindi muove a pensare, muove a organizzarsi a fare a seconda dei casi, la paura e può agganciarsi a questa incognita se si immagina che ciò che accadrà sarà qualcosa di nefando. E se gli iracheni possiedono armi nucleari e si scatena una guerra atomica? E se i militari colpiscono per sbaglio i russi e i russi se ne hanno a male? E se… e via di seguito, sì questa è una questione importante da intendere, se l’ostacolo è condizione necessaria al funzionamento del linguaggio, e se sì perché? Mentre Beatrice ci spiegherà perché la paura può agganciarsi a qualcosa che di per sé non è altro che un problema da risolvere. A quali condizioni può agganciarsi e trasformare un problema, un quesito in paura, a quali condizioni? Supponiamo che domani le ponga questo quesito: a quali condizioni un problema, una questione, una interrogazione diventa paura?

Intervento: alla condizioni in cui io tenga conto che questo problema è isolato dalla catena

Tenga conto che domani c’è l’eventualità che qualcuno insorga: ma la paura non è una costruzione linguistica, se si scatena una guerra nucleare io muoio quindi la paura è reale.

Intervento: possiamo riprendere la questione

È sempre la stessa questione: una esplosione nucleare è un elemento linguistico?

Intervento: è qualcosa che significa qualcosa per qualcuno, se non significasse non significherebbe e quindi nulla sarebbe, se significa qualcosa per qualcuno è inserito in una catena e quindi è l’antecedente

Allora se la persona è persuasa delle sue argomentazione potrebbe chiedere perché ci appare come reale? Supponiamo che sia convinta delle sue argomentazioni, ma allora perché ci appare come reale anziché essere un elemento linguistico?

Intervento: perché non lo posso considerare un elemento linguistico.

Perché no, io lo faccio e quindi è possibile…

Intervento: la cosa della botta in testa lei ha detto dal gioco che vuoi fare se uno decide che vuole vivere quando passa il tram si scansa se invece fa un altro gioco allora fa un altro gioco e non vede il tram e il tram non è reale

E perché vuole vivere, cos’è che la costringe? È semplice: è il linguaggio che non può fermarsi, per questo costringe ciascuno cercare di mantenersi in buona salute per così dire, immagina cioè come l’eventualità in questo caso della fine del discorso, il discorso non si ferma per nessun motivo, certo ha inventato tutta una serie di cose, per esempio la religione, la vita eterna, la reincarnazione queste storie però nel dubbio preferisce proseguire a parlare…

Intervento: diciamo che la morte posta come ostacolo è la fine del linguaggio…

Sì, è l’idea la rappresentazione della fine del discorso. Funziona così, quindi perché appare come reale? L’abbiamo detto prima, perché costruisce un sacco di cose quindi consente al linguaggio di proseguire e proseguendo è automaticamente vero, se consente di proseguire allora è vero, non il contrario. Sì, diciamo che è vero e quindi consente al linguaggio di proseguire ma di fatto è questo, può continuare se non contraddice gli elementi da cui procede e quindi è vero, non contraddice il linguaggio, le sue procedure perciò prosegue e se prosegue allora è vero. Tutto ciò che consente di parlare, di dire, di fare è considerato vero. L’obiettivo della psicanalisi è quello di agire il linguaggio e non di subirlo. Subirlo è in effetti trovarsi a ripetere sempre le stesse cose, si ripetono come se venissero da qualcosa che è fuori dal linguaggio, però come abbiamo detto per continuare a subire queste cose sono costretto a immaginare che non dipendano da me, e quindi…

Intervento: come se la domanda procede da un elemento vero e quindi debba avere per forza un conseguente altrettanto vero…

Occorre verificare, perché come nella situazione in cui la persona lamenta che gli succede sempre la stessa cosa e che non la vuole, in effetti per potere continuare a mantenere questa situazione dalla quale trae un certo beneficio deve immaginare di subirla e quindi di non volerla, e pertanto si pone come falsa rispetto a ciò che lui desidera…

Intervento: quello che gli accade è una risposta ed è assolutamente reale

La creazione di una situazione di insoddisfazione è un po’ come la tragedia greca: ha a che fare con le sensazioni…

Intervento:

Sì, la riconducevo a questa storia, l’idea di trovarsi in una situazione penosa è ciò che muove a cercare una soluzione, è l’ostacolo, è l’interrogazione quindi muove in quella direzione, poi che la trovi oppure no è assolutamente marginale, l’importante è che ci sia la tragedia, non che la tragedia si risolva perché la tragedia risolta impone un’altra tragedia da risolvere; questo intendo l’essere giocati dal linguaggio, cioè non accorgersi…

Intervento:provoca delle proposizioni vere

Proposizioni che consentono di costruirne altre quindi sono vere. Tutto ciò che consente di proseguire e cioè è coerente con le premesse e si attiene alle regole di quel gioco è considerato vero, ma vero all’interno di quel gioco, se non ci si accorge che è un gioco allora da vero passa a reale, se no rimane soltanto vero all’interno di quel gioco, se no diventa la realtà delle cose, la realtà esterna, la natura… ecco quindi domani saremo in guerra.