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19 febbraio 1998

 

Iniziamo ponendoci una questione: se facciamo un’affermazione, del tipo “la Terra è rotonda”, possiamo conseguentemente negare questa affermazione? In genere, quando nascono delle difficoltà rispetto a una questione come questa, per esempio, è buona norma, in generale cominciare a riflettere sui termini che compongono la proposizione. In questo caso uno dei termini principali su cui si regge tutta la proposizione è il negare. Se io mi chiedo se è possibile negare una proposizione e ho qualche perplessità circa il fatto che lo sia oppure no, allora occorre che mi interroghi su che cosa sto intendendo esattamente con negare. Se con poter negare io intendo semplicemente dire no, allora posso farlo: “La Terra è rotonda”? No. Però in questo caso forse si intende qualcosa di differente con la parola negare; perché se ci si chiede se è possibile compiere una certa operazione, che in questo caso è negare, occorre sapere molto bene qual è l’operazione che si deve compiere, di che cosa si tratta. Quando si incontra una difficoltà, questo può essere un modo per iniziare ad affrontarla in termini più precisi. Quindi bisogna iniziare a riflettere in che cosa consista questa operazione, cioè il negare qualcosa. Ci chiediamo se sia possibile costruire una proposizione che confuta una prova fisica, una dimostrazione fisica, come quella, per esempio, della forma del pianeta sul quale generalmente viviamo e che cosa significhi esattamente e quindi, a questo punto, che cosa sia una prova, una prova scientifica, che cosa supponga, quali garanzie offre e che cosa si debba intendere con garanzie in questo caso; questione molto complessa. Perché se si accolgono le regole del gioco che compie la fisica, allora questa proposizione, che afferma che la Terra è tonda, non è negabile, non è confutabile; allo stesso modo se si accettano le regole, per esempio, del calcolo numerico, non si può confutare l’affermazione che afferma che  2+2=4, perché così è stabilito. Allora, il problema è se accogliere queste regole del gioco che fa il discorso scientifico, oppure no, e se sì entro quali  limiti; perché è possibile non accoglierli evidentemente, anche se si suppone che abbiano un carattere costrittivo in quanto mostrano le cose così come sono. Lo stesso Galilei immaginava che le leggi dell’universo fossero già scritte e che si trattasse soltanto di trovare il codice di accesso, come dire: la realtà è quella che è con le sue leggi e tutti i suoi annessi e connessi. Gli umani, nel loro cammino, nel loro progresso, stanno scoprendo mano a mano tutte queste leggi; le scoprono nel senso che ci sono, le scoprono letteralmente, perché sono coperte, e loro alzano il velo che le copre. Questo così, nella vulgata più diffusa, la quale si fonda su alcuni criteri che non sono altro che le regole di quel gioco. Ma ciò che prima accennavo è che il discorso scientifico e comunque il discorso occidentale ha tentato in tutti questi secoli di compiere un’altra operazione, cioè quella di spacciare le regole del gioco per necessità, nelle varie accezioni, adducendo che le cose sono quelle che sono e non possono essere altre. Però, di fatto, questa serie di regole di cui stiamo parlando, non costringono all’assenso, non hanno un carattere così costrittivo, e allora per tornare alla domanda iniziale possiamo rispondere dicendo che se accogliamo le regole con cui gioca la fisica, allora questa affermazione non è più confutabile, se non le accogliamo, allora non si tratta più di confutare o non confutare, non si accoglie semplicemente questo gioco come se fosse una manifestazione della realtà. Questa operazione di spacciare le regole di un gioco per una necessità, quasi insita nelle cose stesse, in effetti, è qualcosa che avviene anche nel discorso, in ciascun caso. quando uno parla si trova a scambiare delle regole che stanno operando all’interno del suo discorso e che fanno esistere, andare avanti il suo discorso come delle necessità, necessità che sarebbero insite nella natura delle cose. Questa affermazione è discutibile, cioè che esista la natura delle cose in questi termini, vale a dire come qualcosa di costrittivo, di necessario, di inalienabile. E proprio la volta scorsa si rifletteva anche intorno a questo e cioè su come avvenga che delle regole di un gioco (regole che intendiamo in un’accezione molto semplice cioè come degli indicatori che vengono stabiliti, per potere compiere un certo gioco) possano sorreggere tutto un discorso, il quale necessita di alcune premesse che nel mio discorso sono date come acquisite. Ad esempio, uno di questi elementi che può funzionare come una regola per il mio discorso è che tutte le persone che non condividono un certo modo di vivere, di pensare o una certa religione, per esempio, sono il nemico, lo sono oppure lo sono potenzialmente. Credere in questo caso una cosa del genere è una delle regole perché io possa fare questo gioco, lo stesso vale per il discorso contrario. Ma alle volte alcune persone, ascoltando solo un certo tipo di informazione, vengono portate di più a pensare alcune cose invece di altre e nel momento in cui hanno la possibilità di ascoltare anche altre versioni è possibile che alcune di loro incomincino a mettere in discussione quello che avevano pensato precedentemente? Le informazioni sono tutte dello stesso tipo, e non necessariamente se uno può confrontare ha delle possibilità in più. Oggi, c’è un ritorno molto forte alla religiosità, alla credenza in una quantità sterminata di cose, alla spiritualità. Non so se avete letto in questi giorni sui giornali, a proposito di una notizia riguardante un gruppo di persone che fanno parte della chiesa e che si sono autonominati “La spada di Dio”. Queste persone vanno in giro a creare confusione in modo da mettere in difficoltà le prostitute in quanto hanno chiarito in modo molto preciso che le prostitute sono il diavolo e quindi vanno eliminate. Dato che non le possono eliminare fisicamente, cercano di farlo in questo modo, anche perché sono assolutamente convinti che gli uomini che ci vanno non siano colpevoli ma che la colpa sia solo della donna che ammalia, attrae, inganna e l’uomo è una vittima del satanasso; loro si ispirano alla Santa Inquisizione. Tutta questa spiritualità, religiosità, sono spinte oggi molto più di quanto lo fossero dieci, venti anni fa, eppure oggi la quantità di informazioni, la possibilità di accedere alle informazioni è, rispetto a quanto poteva esserlo vent’anni fa, sterminata. Per esempio, attraverso Internet ci si può connettere con tutto il mondo in tempo reale e quindi si può disporre di tutte le informazioni che si vuole, ma per farci che cosa? Supponiamo che si ricevano ogni giorno, rispetto ad un singolo evento, due o trecento versioni differenti, come si utilizzano queste informazioni e in base a quale criterio si vaglierà la verità o la falsità di esse? Che attraverso la quantità e la rapidità delle informazioni i cittadini siano più e meglio informati è falso, perché tutte queste informazioni che vengono fornite devono essere lette e allora può essere sufficiente compiere una dimostrazione in termini logici molto precisi di come funziona una certa cosa perché questa sia creduta? Assolutamente no, perché la quantità e la rapidità di accesso alle informazioni non solo non sta producendo una maggior libertà o capacità di pensiero, semmai potremmo dire il contrario. Ma, nonostante questo non è detto che non sia utile la facilità di accedere ad una quantità maggiore di informazioni, può essere utile ma non insegna a pensare, non consente una maggiore possibilità o facilità di pensiero. Poi, le informazioni riguardo al pensiero ci sono sempre state da quando esiste la stampa, ciascuno ha avuto modo di accedere a qualunque cosa, generalmente, ma non per questo hanno dato chissà che; d’altra parte con l’avvento della radio e della televisione, ecc., questo non ha consentito una migliore qualità del pensiero, non è cambiato assolutamente niente. è cambiato qualcosa nel senso che la tecnica, grazie ad alcuni strumenti è riuscita a costruire un certo numero di cose, cose inutili per quanto riguarda una maggiore capacità, facilità di pensiero, cioè per un certo gioco e utili rispetto ad un altro gioco. Si tratta di giocare un gioco che ha delle regole particolari che non rappresentano uno stato di fatto necessario delle cose, ma è un gioco che viene utilizzato. Mi riferisco più ad una questione connessa con la filosofia della scienza, cioè la scienza come modo di pensare, quindi come ricerca della verità, ricerca dello stato di cose. Ma se due persone vedono la stessa cosa e la interpretano in modo differente, perché devo attribuire ad una cosa obbligatoriamente un nome anziché un altro? La questione è molto più semplice di quanto si possa immaginare: ci sono degli elementi linguistici che si utilizzano all’interno del linguaggio e che consentono al linguaggio stesso di procedere. Avviene che si utilizzino alcuni significanti per indicare delle cose; l’utilizzo di questi significanti è difficile stabilire se sia una convenzione oppure no ma in ogni caso esistono, nel senso che il linguaggio è fatto in modo tale per cui per potere proseguire deve dire qualche cosa, deve riferirsi a delle cose, che possono essere anche altre parole, e quindi, per la sua stessa esistenza, occorre che ci sia questa possibilità; se il linguaggio non potesse dire nulla, cesserebbe. Ecco che allora, utilizzando il linguaggio, si utilizzano dei termini che vengono utilizzati anche da altri, hanno un’accezione che generalmente è condivisa ed è condivisa per un motivo particolare, perché se non lo fosse il linguaggio non potrebbe esistere. Allora c’è questa necessità, che già Aristotele aveva intravista, e cioè che un elemento del linguaggio sia un significato, abbia necessariamente un aggancio ad un altro elemento. Ma non soltanto, occorre che questo altro elemento a cui si aggancia sia riconoscibile all’interno di una struttura e soprattutto consenta la produzione di altri elementi, perché se non è riconosciuto non  può produrre niente. Dire quindi che la Terra è rotonda, non può confutarsi all’interno di alcune regole che possono essere anche delle regole di un linguaggio, per giocare al linguaggio. Poi, qui si apre un discorso da fare molto ampio che chiamiamo provvisoriamente condivisibilità del linguaggio. E’ chiaro che dicendo che la Terra è rotonda la buona parte delle persone che abitano almeno nelle zone tecnicamente più avanzate hanno immediatamente un riferimento; fin da piccoli hanno visto atlanti, fotografie dai satelliti, ecc., e quindi ciascuno afferma che le Terra è rotonda. Il problema non è tanto questo, cioè di trovarsi ad affermare una cosa del genere all’interno di una regola linguistica: tutto ciò è molto semplice ed è utilizzabile. Il problema che stiamo affrontando non è tanto questo, quanto il problema che sorge quando di fronte a questa proposizione che afferma che la Terra è rotonda, si comincia a chiedere: “Cosa vuol dire esattamente? Cosa sta dicendo”? Questo non perché non abbiamo capito cosa vuole dire o perché non abbiamo viste le fotografie da un satellite, ma l’interrogazione è più radicale, che porta poi ad affermare che questa affermazione, che la Terra è rotonda, fuori da queste regole che consentono di affermarlo non ha nessun referente, non significa niente, cioè non c’è una Terra, non c’è una rotondità, e questa questione sorge quando ci si chiede:  “cosa vuol dire questa affermazione esattamente”? Ed è qui che si rinvia immediatamente alla struttura del linguaggio e cioè a ciò che ci consente di affermare che la Terra è rotonda. Tempo fa hanno detto che senza il linguaggio la Terra non è ne rotonda né in nessun altro modo. Però, se noi accogliamo delle regole lo facciamo perché ci troviamo all’interno di una struttura, di una società fatta in un certo modo e quindi, come dicevano i sofisti, per starci dentro occorre che ne accogliamo le regole altrimenti veniamo cacciati. Quindi, una persona che afferma qualcosa che è assolutamente contraria a tutto ciò che comunemente si pensa, si trova in una posizione difficile, più che per gli altri per sé, perché si trova in una condizione di non essere inteso da altri. Esattamente, la stessa cosa accade se ci si trova in un ristorante a Singapore dove tutti parlano il singalese e non c’è modo di comunicare, si dicono così delle cose che gli altri non capiscono e questo può essere un problema, un problema perché a questo punto essendo la struttura della società improntata in un certo modo, ciascuno ha continuamente necessità di un’infinità di cose. Insomma, ciascuno si trova preso in una serie di cose che lo costringono, per così dire, ad accogliere una struttura molto complessa, molto raffinata, la quale non può sottrarsi se intende continuare ad esistere all’interno di una sistema strutturato in un certo modo. Poi, come porsi nei confronti di una persona che fa un’operazione del genere è difficile rispondere; intanto, il problema è suo poi, se per lui è un problema tale da chiederci di correre in soccorso, lo si può anche fare. Ma se definisco che la Terra è rotonda, che cosa vuole dire questo esattamente? Se a ciascuno chiedessero: qual è la forma di un pacchetto di sigarette, la risposta sarebbe: “un parallelepipedo”, nessuno direbbe una cosa contraria a questa, primo perché non avrebbe nessun motivo di farlo, questione non marginale. Perché non affermo che un pacchetto di sigarette è rotondo? Perché affermarlo non avrebbe nessun utilizzo, perché non ha un rinvio. Il problema che noi incontriamo in ciò che stiamo facendo è di due tipi, l’uno una ricerca teorica, l’altro è utilizzare tutto questo e porci nelle condizioni laddove qualcuno, per esempio, si possa trovare nelle condizioni di chiedere di elaborare o di sbarazzarsi di qualche cosa che costituisce un impedimento, potere dare una mano. Però, questa mano che possiamo dare ha sempre un significato retorico. Si tratta di porre delle condizioni perché degli elementi comincino a vacillare. Ora,  un analista non è che di fronte ad un discorso ne indichi un altro più reale, come molti immaginano, semplicemente mostra la vanità, la non sostenibilità del discorso che si sta facendo e anche di quello contrario; non ha da sostenere nulla, per questo utilizza la retorica; la retorica è anche un mezzo per mostrare altri aspetti delle cose. Siccome oggi non ci sono grandissimi esempi di pensiero molto più interessante di quanto ce ne fossero cento anni fa, ecco che allora possiamo dire che la quantità di informazioni che disponiamo non è sufficiente a produrre un cambiamento, un miglioramento del pensiero. Questa è un’argomentazione retorica, non è vera e non è neanche falsa, non è niente, è soltanto un esempio e cioè una costruzione che ha la funzione di incrinare un’altra costruzione che era ritenuta solida, stabile. Nessun’altra funzione, non mostra nessuna verità, affermare che i media di oggi sono la via della salvezza o la dannazione è la stessa cosa. La fisica sostiene che le parole si riferiscono a delle cose, noi aggiungiamo che queste cose sono altre parole per cui non c’è nessun problema intorno a queste regole, però se si inizia a domandare di queste regole allora ci si trova davanti a problemi insormontabili. Se vogliamo giocare ad un gioco, dobbiamo soltanto attenerci a certe, determinate regole.