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18-10-2001

 

Si parla della proposta di Lodari per incontri con gli studenti dell’Avogadro, collegamento fra Psicanalisi e industria e scuola.

 

Dicevo di una questione che ha sollevato Beatrice intorno ad un incontro dove si diceva (fine settembre) che il linguaggio non può accogliere una contraddizione, perché di fronte a una contraddizione si arresta. Logicamente in effetti è così di fronte a una contraddizione a un paradosso non può proseguire e quindi deve trovare un’altra strada, o risolve il paradosso o di lì comunque non può passare, tant’è che ricordate benissimo tutti i paradossi finché non si è trovato il modo di risolverlo costituivano una en passe notevolissima come dire oltre a questo limite non è possibile andare, però diceva Beatrice retoricamente invece il linguaggio prosegue comunque e la più parte delle persone di fatto compie questa operazione cioè afferma cose che sono assolutamente autocontraddittorie e prosegue tranquillamente e quindi il linguaggio non si arresta. Come è questa questione dunque? La questione nel discorso comune retoricamente cosa avviene? Avviene che propriamente che non si tratta di sillogismi così come fa la logica ma di entimemi, che sono sillogismi in cui la premessa maggiore cioè il principio da cui si muove è assente, è assente oppure è creduto vero. Cosa vuol dire questo? Nel caso sia assente il problema non si pone, nel caso sia creduto vero è trattato in effetti come una premessa vera, il discorso retorico non si chiede delle prove, non chiede di provare nulla di ciò che afferma e allora a questo punto che cosa fa? Muove da un elemento, inferisce delle cose e giunge a una conclusione, perché non si arresta considerando che la premessa non è assolutamente valida? Perché non la considera tale, la considera valida, questo comporta che un sillogismo se crede che la premessa sia vera prosegue tranquillamente non ha nessun problema a proseguire…

Intervento: nell’entimema la premessa non c’è e allora da dove?

La premessa non c’è ma è implicita non è esplicitata nell’entimema, non è detta ma c’è, e il lavoro che stiamo facendo noi è esattamente questo fare in modo che o si espliciti la premessa in modo che possa essere affrontata, per così dire considerata oppure mettere in discussione il principio da cui si muove che esattamente ciò che il discorso occidentale non fa, non può fare perché le poche volte che ci ha provato si è trovato di fronte a delle aporie, a dei problemi insolubili, i famosi insolubilia dei medioevali, e quindi volgere ciascuna affermazione retorica se volete metterla così in una affermazione logica, solo a questo punto c’è l’incontro con il sillogismo che sta a fondamento di questa affermazione e quindi con la possibilità di considerare cioè constatare che non ha nessun fondamento e a questo punto trattarla come tale…

Intervento: è un intervento clinico

Sì certo è difficile che una persona giunga da sé a una cosa del genere, difficile perché tutto ciò cui è stato addestrato va in un’altra direzione. (un esempio) prenda per esempio la questione della realtà sulla quale lei sta lavorando ciascuno considera la realtà ciò che vede, ciò che lo circonda, e non si pone grossi problemi rispetto a questo perché è stato addestrato a pensare la realtà in un certo modo quindi le cose che vede che tocca, che usa, contro le quali urta sono quelle che chiama realtà e quindi per lui va bene così. Il problema sorge al momento in cui considera questa realtà di cui parla qualcosa che è fuori dal linguaggio cioè qualcosa che è dato indipendentemente dalla struttura che ne è la condizione, allora il lavoro che stiamo facendo è quello invece di reinserire la realtà all’interno del linguaggio e vedere quali che sono gli effetti di questa operazione, a questo punto una persona non può più non considerare che la realtà, le cose contro cui urta non sarebbero mai esistite se non ci fosse il linguaggio e a questo punto ovviamente la realtà assume una configurazione differente, non è più qualcosa contro cui combattere o un ostacolo o comunque qualcosa di esterno ma una produzione del linguaggio che è tale perché così l’ha costruita il linguaggio. Per assurdo se il linguaggio fosse strutturato differentemente la realtà sarebbe diversa, così come parzialmente avviene nel campo dell’informatica ultimamente, una realtà virtuale cosiddetta ora il discorso è ancora un po’ complicato però se mai un giorno ne parlerò, detto questo passiamo a Beatrice la quale ci illustrerà le tesi principali dell’intervento che terrà il 25-10-2001 alla Legolibri. Qual è intanto la cosa a cui Beatrice vuole che gli uditori giungano a pensare, cosa deve rimanere impresso?

Intervento: che il linguaggio è la condizione per esempio della psicanalisi

Cosa vuol dire questo?

Intervento: la psicanalisi così come la scienza così come qualsiasi disciplina non potrebbe sussistere se non ci fosse il linguaggio cioè quella struttura logica che permette che si ponga o che esiste questa dottrina

Perché dovrebbero credere una cosa del genere?

Intervento: è necessario accorgersi che il linguaggio è la condizione del linguaggio, in prima istanza, io posso parlare di linguaggio, non solo di psicanalisi o di religione o di scienza

Saprebbe provare ciò che sta affermando?

Intervento: io sto affermando che il linguaggio è la condizione perché qualsiasi cosa possa esistere… io posso negare che esista la psicanalisi la scienza e il discorso può proseguire non sono necessarie al suo funzionamento, al momento in cui io mi trovo a negare che esiste il linguaggio che mi permette questa affermazione io mi posso accorgere che mi sto contraddicendo

Nessuno nega che ci sia il linguaggio…

Intervento: no, nessuno nega che ci sia il linguaggio però nessuno pone il linguaggio come condizione per poter fare questa affermazione

Se è una affermazione è chiaro che è fatta di linguaggio, una definizione… Beatrice deve imparare a pensare più rapidamente…

Intervento: certamente nessuno nega che il linguaggio esiste, che è una struttura grammaticale e sintattica… io posso anche affermare che il linguaggio esiste al di là di me che parlo, prima e dopo… ma questa cosa esiste al momento in cui io l’affermo, io posso pensare che il linguaggio è indipendente da me o da Cesare che lo sta utilizzando, io posso anche pensare che il linguaggio sia un mezzo a disposizione del parlante per descrivere una realtà che esiste indipendentemente da me ma non mi accorgo che non posso uscire dal linguaggio per compiere questa affermazione… così come posso pensare che esisteva l’America prima di Colombo anche del linguaggio posso pensare che esista al di là di me che ne parla

Potrebbe definire cosa intende con linguaggio in questo momento?

Intervento: con linguaggio sto intendendo quella struttura logica che mi permette di compiere queste affermazioni

E cosa c’è di strano in tutto ciò?

Intervento: (io voglio arrivare a poter affermare senza fraintendimenti che l’operazione che avviene generalmente è quella di descrivere un qualche cosa che esiste di per sé e questa operazione la sto compiendo anche nei confronti di questa struttura che mi permette di compiere questa affermazione che è la descrizione del linguaggio

Sì ma la persona che dal pubblico non solo accoglie questa affermazione ma può anche rincarare la dose dicendo “certo il linguaggio è ciò che mi consente di fare queste affermazioni è fuori di dubbio, ma con linguaggio possiamo intendere con buona precisione uno strumento che ci consente di fare questa operazione, il quale strumento muove dalle cose che io percepisco dal mondo esterno, questo linguaggio che è una struttura logica come lei sta affermando consente di organizzare queste percezioni in modo logico in modo tale da potere trarre da questa percezione delle conclusioni, da queste conclusioni trarre altre conclusioni ancora e quindi costruire ciò che gli umani generalmente chiamano pensiero. Cosa obiettiamo a questo?

Intervento: obiettiamo che questo è il punto di arrivo cioè questa è la condizione e cioè che il linguaggio sia condizione di se stesso

La condizione è che lo dimostri, solo a quel punto sarà come lei dirà che sia, cioè fino a quel punto vale ciò che affermo io, confuti quello che ho detto cioè la definizione che ho data io di linguaggio…

Intervento: il linguaggio come strumento

Il linguaggio come strumento logico, abbiamo detto, che organizza tutto ciò che cade sotto i miei sensi in modo tale da poterne trarre delle inferenze, quindi conclusioni che serviranno a costruire altre conclusioni, altre preposizioni in definitiva costruire ciò che si chiama pensiero…

Intervento: io devo confutare che il linguaggio è uno strumento così come si è pensato da millenni

Lo faccia dunque smentisca…

Intervento: il linguaggio è ciò che mi permette di compiere questa affermazione

Allora consideriamo la mia obiezione e cioè che il linguaggio è una struttura logica che organizza tutto ciò che io percepisco dal mondo esterno, bene. Ciò che sto affermando lo so perché è una deduzione, lo so per esperienza o in quale altro modo lo so che il linguaggio è ciò che io ho descritto? È una mia decisione così come potrei decidere che il mondo è grigio o il mondo è rosso…

Intervento: ho accolto questo luogo comune, il linguaggio l’ha dato dio accolgo questo luogo comune

Quindi affermando che il linguaggio è una struttura organizzata che consente di organizzare appunto delle cose, che cosa sto affermando, qualcosa che so perché è necessariamente così oppure no? Da dove mi viene questo sapere? Questa affermazione dunque è necessaria? È necessariamente vera o è quello che io penso?

Intervento: è arbitraria

A questo punto, a questo punto affermare che il linguaggio viene da dio ha lo stesso valore e altrettanto arbitrario, ha conseguenze differenti ma questo ci interessa poco per il momento, dunque a questo punto lei ha posto il suo obiettore nella condizione di dover dire e in effetti non sa come lo sa, e questo è già a suo favore, a questo punto Beatrice cosa fa? Il passo successivo dice al suo interlocutore che la sua affermazione, l’abbiamo appena verificato è assolutamente gratuita e c’è l’eventualità che infinite altre siano fatte allo stesso modo ma è possibile, domanda sempre Beatrice al suo interlocutore, costruire invece una affermazione che non sia affatto gratuita ma risulti necessaria, con necessaria intende in accezione più banale del termine ciò che è necessariamente e che non può non essere, quindi occorre trovare un qualche cosa che sia necessariamente e che non possa non essere perché se non fosse allora non sarebbe nient’altro, è abbastanza robusto. E a questo punto Beatrice qual è l’affermazione che risponde a questo requisito?

Intervento: che nulla è fuori dalla parola o qualsiasi cosa è un atto linguistico

Sì, perché questa affermazione non è in nessun modo negabile (…) questa è una affermazione che afferma che l’unica cosa che è assolutamente necessaria è il linguaggio, necessaria per qualunque cosa, negare questa affermazione cosa comporta? Comporta che per poterlo fare deve utilizzare ciò stesso che affermo di negare, a questo punto mi trovo in una situazione che la logica ritiene inaccettabile, ora uno può anche dire a me della logica importa poco io dico così e tanto basta ma a questo punto Beatrice può affermare e quindi ha detto anche il contrario, a questo punto, come dicevano i medioevali? “ex falso quodlibet” già e pertanto può a questo punto condurre il obiettore a considerare che per poter parlare è necessario che esista il linguaggio, per potere parlare, per potere pensare, per potere quindi esistere, lui e qualunque altra cosa e che pertanto dunque qualunque cosa esiste se e soltanto se esiste il linguaggio.

Intervento: (lei ha posto una obiezione a Beatrice che il linguaggio serve a descrivere il mondo esterno, come posso solo descrivere?

Certo qui con la percezione sensoriale…

Intervento: sì ma solo attraverso il linguaggio, sono io che le porto in atto parlandone

Sì parlammo tempo fa della percezione, la percezione è percezione di qualcosa o è percezione di nulla? Se è percezione è percezione di qualcosa quindi deve esserci qualche cosa, è questo qualche cosa che fa esistere la percezione o preesiste la percezione. Se preesiste la percezione come lo so? Perché lo so soltanto quando c’è in atto la percezione e quindi è la percezione che lo fa esistere e quindi la percezione preesiste qualunque cosa e allora a questo punto consideriamo la percezione “io ho una percezione” di nuovo qui possiamo utilizzare gli schemi precedenti come lo so? Lo avverto ma come so che lo avverto? Senza questo sapere quindi senza il linguaggio non può esistere assolutamente niente, né sarebbe mai esistito niente, per una questione logica di cui è fatto il linguaggio, questo ci impedisce di muoverci altrimenti, perché abbiamo soltanto lui per potere considerare e lui è fatto in quella maniera, il linguaggio è strutturato così. Per questo dicevo all’inizio la realtà in effetti è strutturata così come la struttura del linguaggio ci consente di costruire, se paradossalmente o immaginificamente il linguaggio fosse strutturato differentemente, se avesse comunque una nozione di realtà sarebbe ovviamente differente. Allora a questo punto abbiamo risolto il problema dell’obiettore, andiamo avanti

Intervento: a questo punto abbiamo stabilito che il linguaggio è la condizione per cui qualsiasi cosa esiste, la stessa esistenza può esistere…l’ulteriore passaggio è parlare dell’uso di tutto questo marchingegno a cosa serve

Sì ma cosa comporta che la psicanalisi sia un effetto del linguaggio cioè che esista a condizione che esista il linguaggio? Cambia niente o cambia moltissimo?

Intervento: cambia moltissimo per esempio in una analisi è importante che una persona ascolti ciò che dice e ad un certo momento lo può fare perché si trova ad avere a che fare con ciò che dice e quindi con ciò che afferma e a questo punto può confutare qualsiasi proposizione o qualsiasi credenza che interviene nel suo discorso, a questo punto si accorge di poterlo fare perché questa realtà che in un primo tempo si trova a descrivere poi si accorge, la persona in analisi, che è lei stesse che la costruisce, proprio perché si accorge di come ciò che afferma non possa non essere una costruzione che non ha nessuna valenza di necessità al di là del fatto che la sta affermando e quindi la può confutare, la può negare può inventare un’altra direzione. La psicanalisi non può considerare di sé di essere un discorso per cui non può mettere in gioco quelle costruzioni che ha poste in atto per giocare un certo gioco, termini come inconscio , come fantasma materno o cose di questo genere sono state utilizzate dalla psicanalisi per la costruzione di certe proposizioni funzionali al discorso che stava facendo in un certo momento

Forse, però ci vorrebbe una piccola premessa ad un discorso del genere che si riallaccia al discorso di prima del linguaggio e cioè che il linguaggio può affermare una sola cosa necessariamente e cioè la sua esistenza, qualunque affermazione che il linguaggio faccia è assolutamente gratuita ché non è necessaria, per cui qualunque teoria venga costruita è sempre arbitraria a meno che non proceda in modo deduttivo da quell’unica premessa che risulta necessaria e cioè dell’esistenza del linguaggio e dedurre che cosa segue necessariamente a questa affermazione, che è poi quello che stiamo facendo. Qualunque altra direzione prenda il discorso potrà soltanto costruire affermazioni arbitrarie la cui utilità può essere messa facilmente in discussione, l’utilità di un procedere teorico poi possono avere un valore estetico ma questo è un altro discorso…

Intervento: la psicanalisi non può considerare le sue affermazioni come costruzioni linguistiche cioè in quanto esiste una struttura che ha prodotto una certa costruzione e quindi non le può mettere in gioco nel gioco linguistico pena la distruzione delle sue affermazioni e delle verità che invece deve mantenere

Due cose deve considerare, soprattutto 1° che cosa comporti porre il linguaggio come condizione della psicanalisi e 2° quali ne sono gli effetti…

Intervento: gli effetti sono l’ascolto, sono la responsabilità del poter farsi carico delle proprie affermazioni facendosene carico si può considerare laddove il discorso in qualche modo si ferma

Salta un sacco di passaggi: la responsabilità segue alla considerazione che ciò che affermo non è affatto necessario e quindi…

Intervento: mi sembrava implicito

No, in una conferenza non sono impliciti…

Intervento: ma qui ne abbiamo parlato per tanto tempo

Andiamo avanti quindi che cosa comporta? Quali sono gli effetti immediati?

Intervento: questa è la chance accorgersi che qualsiasi cosa accade solo perché io affermo che sta accadendo una certa cosa, per cui mi assumo la responsabilità di ciò che avviene

Assumersi la responsabilità di ciò che avviene cosa vuol dire?

Intervento: che sono l’artefice di tutto quello che mi trovo a credere tutto sommato

Esattamente…

Intervento: l’unico modo che io ho per non credere è che io possa considerare quello che dico quindi considerare che ciò che sostiene ciò che credo sono affermazioni che sono arbitrarie, arbitrarie cioè non necessarie… e quindi non mi costringono a crederci, se lo faccio è perché lo voglio e quindi sono costretto a considerare come funzionano gli elementi che intervengono nel mio discorso e questo è l’unico modo per non fermarmi di fronte a delle questioni che si mangiano la coda

Sì questa è un po’ la traccia. Qualcuno ha qualche questione qualche suggerimento, qualche questione da rivolgere a Beatrice…

Intervento: per approcciare la questione che sabato si è approcciata abbastanza semplicemente appunto della responsabilità del proprio discorso e quindi che il discorso si ferma su quelle affermazioni che mi piacciono, si può andare oltre al momento in cui sono io l’artefice di quello che affermo e non riesco a interrogare questo affermazioni che compio perché sono affermazioni, allora se compio un itinerario analitico e l’itinerario della persona deve diventare una continua analisi, cioè un continuo gioco intellettuale non posso arrestarmi su nulla. Laddove mi arresto devo considerare che quello che sto facendo è fermarmi su delle questioni che possono tranquillamente proseguire. Certo non è semplice ma occorre ginnastica intellettuale

Lodari obiezioni?

Intervento: sarebbe interessante che alcuni dei termini più in uso i concetti fondamentali della psicanalisi si facesse vedere come si possono tradurre appunto in termini linguistici: il sintomo, l’inconscio, il transfert, perché altrimenti la cosa sembra un po’ stratosferica e poi sembra che si voglia evitare invece il linguaggio più immediato come questioni. Dato che bisogna fare vedere che dietro c’è un lavoro che riguarda tutti questi aspetti o lasciarlo per lo meno intuire che non è un dato di partenza… la scoperta freudiana e come si possa recuperare la scoperta freudiana. Una obiezione che avviene sempre nelle mie conferenze è la comunicazione corporea, gestuale… c’è il linguaggio corporeo poi c’è il linguaggio gestuale come lo riduciamo a una questione linguistica? I segnali stradali sono linguaggio come la parola di solito sono obiezione che fanno

Sì certo, Sandro qualche considerazione?

Intervento: l’aspetto retorico per esempio una questione introduttiva il linguaggio e psicanalisi richiama quello che è il luogo comune della psicanalisi e cioè quello che è ritenuto il ruolo del linguaggio nella psicanalisi e cioè che il linguaggio servirebbe per enunciare fantasie che si trovano… quindi utilizzare proprio questi elementi come quasi accompagnando l’intendimento del pubblico a un altro tipo di impostazione…la parte conclusiva dove è sottolineato l’aspetto dell’effetto che si chiede allo psicanalista e cioè a cosa serve la psicanalisi, perché questa è la domanda, da questa impostazione giungere a vedere anche quali sono gli effetti. Lavorare molto sull’aspetto retorico più che sull’aspetto logico che può condurre in percorsi poco conosciuti) (questo è quello cui volevo giungere è chiaro che la cosa sulla quale punterò sarà proprio la psicanalisi come percorso di parola fino ad arrivare alla magia della parola…

Come farei una conferenza con questo titolo? Partirei da Anna O. ha inventato questa formulazione la cura attraverso la parola e Freud ha ascoltato questa signora. Noi abbiamo portato questo ascolto alle estreme conseguenze giungendo a considerare che la parola, il linguaggio è assolutamente necessario per qualunque cosa e a questo punto la cura attraverso la parola avviene proprio allo stesso modo esattamente allo stesso modo cioè portando alle estreme conseguenze il discorso e giungendo ad intendere ciò che funziona, ciò che è necessario e ciò che è assolutamente arbitrario, e potere tenere conto di tutto questo. È questa l’ossatura.