18-1-2006
Avete risposto alla domanda che posi?
Intervento: se c’è differenza
fra corpo e discorso… pare che non ci sia una grossa differenza…
Grossa o piccola intanto bisogna vedere se c’è, e dicevamo che non è così automatico affermare una cosa del
genere, bisogna stabilirla, stabilire se c’è differenza; ma cosa è la
differenza Daniela, come definirebbe la differenza? Lei trova
che questo posacenere sia differente da Beatrice? In base a
quale criterio?
Intervento:…
Sì, caratteristiche differenti, però qui inserisce ciò
stesso che deve essere definito, proditoriamente, ma noi ce ne
accorgiamo…
Intervento: si
confrontano due elementi…
Ma la differenza in sé, cos’è?
Intervento: è un terzo
elemento
Daniela si rechi lì e prenda quel dizionario e cerchi la
parola differenza, dovreste abituarvi ad usare il dizionario continuamente, dovreste averne uno in ogni stanza in cui esistete… trovato?
Intervento: il De Mauro:
l’essere
differente; diversità, dissomiglianza
Lei condivide questa definizione, visto che introduce
non più differenza ma diversità e cioè lo stesso
termine che deve essere illustrato all’interno di una definizione? È scorretto,
questa operazione è scorretta perché di fatto non
definisce la differenza se non dicendo che è una diversità, cioè una differenza,
già e questo è il Devoto, allora prediamo il DIR e vediamo se ci dice qualcosa
di più interessante…
Intervento: Differenza: diversità
Questo è un sinonimo non è una definizione, allora
cerchi diversità e se la definisce con differenza
allora lo scagli contro…
Intervento: differenza:
condizione di ciò che è diverso
Ecco, adesso sa di che cosa sono fatti i dizionari, cionondimeno
vanno usati continuamente. Insomma non ci ha detto assolutamente niente e
quindi non sapremmo di fatto in che cosa consiste la
differenza stando a questi dizionari, però forse quello etimologico potrebbe
esserci di aiuto, consulti lo Zanichelli etimologico…
Intervento: differenza:
elemento che differenzia due o più persone o cose – risultato della sottrazione
Bene, abbiamo consultato tre dizionari senza venire a
capo di niente, e adesso? Lei come la definirebbe la differenza? Può utilizzare
l’etimo se vuole partire da qualche parte: “differire”:
fero in latino portare, quindi portare altrove, letteralmente, se questo può giovarle
può utilizzarlo. Ma adesso definisca lei il sostantivo differenza,
senza utilizzare un sinonimo che non ci porta da nessuna parte come abbiamo
visto, è come dire “che cos’è la differenza? la
differenza è la differenza”. Non siamo andati molto lontani, e quindi?
Intervento: un elemento
non può essere diverso da se stesso, bisogna
confrontare un elemento con un altro
È sicura? C’è una certa critica letteraria che muove
invece proprio da questa supposizione, e cioè che un
elemento non solo possa differire, ma differisca necessariamente da sé…
Intervento:…
L’impossibilità di stabilirne l’identità, poiché o
stabilisce lei con una decisione che è identico a sé
oppure deve costruire una dimostrazione che provi che questo elemento è
identico a sé e allora, per esempio Giuseppe Peano, logico dei primi del
novecento disse, fra le infinite cose che disse, questa: per stabilire
l’identità di A devo poter affermare che A è uguale ad A, ma le due A che io
pongo essere uguali sono uguali a quali condizioni? Che abbiano
tutte le caratteristiche identiche tra loro, ma di queste due per esempio una è
a sinistra e l’altra è a destra pertanto hanno già un elemento che non è
uguale, e allora come faccio a stabilire che A è uguale ad A? Ma d’altra parte
è pur vero che ciascun elemento è necessariamente identico a sé perché se non
lo fosse allora non sarebbe individuabile e di conseguenza distinguibile da
ciascun altro, e dire che è individuabile è porlo come
individuo cioè non divisibile, letteralmente, e quindi se non è divisibile non
differisce da sé e è pertanto necessariamente identico a sé. Quindi
abbiamo visto che necessariamente è identico a sé e differente da sé. Detto
questo siamo ancora alla definizione di differenza…
Intervento: questa non
uguaglianza viene chiamata differenza
Quindi dice che la differenza è
la non uguaglianza, e l’uguaglianza a questo punto? Se la differenza è la non uguaglianza la cosa viene spostata sull’uguaglianza che
potremmo definire come la presenza simultanea di tutte le caratteristiche di un
oggetto presenti simultaneamente in un altro, però abbiamo visto che è
complicato stabilire questo concetto, tutte le caratteristiche come le
raffrontiamo? Perché quando si compiono queste
affermazioni, almeno in ambito logico, teoretico, occorre provarle, non basta
dirlo. Come facciamo a provare che un elemento è identico a
un altro? Quale criterio utilizzeremo? E se
utilizzeremo un criterio questo criterio dovrà essere
identico a sé quindi dovremmo già per potere utilizzare un criterio per sapere
a quale condizioni qualcosa è identico a sé, ma se è il criterio che ci dirà
che qualcosa è identico a sé sarà complicata questa operazione. Quindi come ne veniamo fuori? Qualcuno ha qualche
suggerimento? È una questione logica però di qualche portata in effetti, sì?
Intervento: abbiamo
affermato che se un elemento non fosse tale il linguaggio non potrebbe
funzionare perché se un elemento è qualsiasi elemento è “difficile” che possa
proseguire in una certa direzione neanche questa affermazione
non potrebbe farsi, perché funzioni il linguaggio occorre che ogni elemento sia
identico a sé…
E allora?
Intervento: se ogni
elemento…
Questo è vero, però è inadeguato. Se lei dice che perché funzioni il linguaggio ciascun elemento
occorre che sia individuabile e quindi distinguibile da ciascun altro, questo
che cosa ci porta ad affermare con assoluta certezza? Che perché funzioni
occorre che ci siano differenze e che pertanto che esistano tali differenze non
è altro che una regola tra le altre che fa funzionare
il linguaggio, in questo caso una regola necessaria al funzionamento del
linguaggio e allora la differenza a questo punto possiamo anche definirla come
“una regola del linguaggio che consente di individuare ciascun elemento
rispetto a ciascun altro” questa è la definizione, una regola del gioco,
nient’altro che questo, non esiste ontologicamente la differenza, per questo
non è possibile dare una definizione ontologica, come se la differenza fosse
qualcosa fuori dal linguaggio e che esiste di per sé, non esiste di per sé…
Intervento: la
stabilisce il linguaggio
Esattamente, proprio così…
Intervento: e se due
cose fossero uguali… cioè il linguaggio non accoglie
due elementi linguistici uguali?
Può utilizzare delle regole tali per
cui due elementi sono identici tra loro ma differenti da altri, lo può
fare e lo fa, perché è il linguaggio che definisce e stabilisce ciò che è
differente e ciò che è identico, può fare qualunque cosa certo, ma non può
negare se stesso e quindi non può dire che ciascun elemento è uguale a qualunque
altro, questo no, però può essere uguale a un altro momentaneamente,
all’interno di un certo gioco può stabilire questa cosa, quindi la differenza
non è altro che una regola, in questo caso più propriamente una procedura che
consente al linguaggio di funzionare e che di volta in volta stabilisce che un
elemento è connesso ad un altro e questo altro non è il primo, ma è solo una
regola, nient’altro che questo, una regola per potere giocare e quindi per
potere funzionare…
Intervento: se non
fosse una regola sarebbe l’elemento che dà l’avvio al linguaggio, è pensato è creduto tale, non sarebbe un elemento
linguistico, ma un elemento che si può descrivere.
A questo punto sappiamo qualche cosa di più della
differenza e cioè che è il linguaggio che la pone come
necessaria per il suo funzionamento, pertanto dobbiamo vedere se ciò che
intendiamo con corpo necessariamente è distinto dal linguaggio oppure no, cioè
se il linguaggio lo distingue dal discorso oppure no, in che modo compiamo
questa operazione? Tutto ciò che necessariamente appartiene al discorso appartiene anche al corpo e viceversa? Oppure
no? Questione complicata dal momento che è soltanto il discorso che ci consente
di cogliere queste differenze, di stabilirle alla bisogna, ciò che sappiamo per
il momento è che in assenza di discorso il corpo non avrebbe nessuna esistenza,
che è già un buon punto di partenza, anche perché ci indirizza immediatamente
in questa direzione, quella che ci costringe a considerare che qualunque cosa
attribuiremo o non attribuiremo al corpo lo avrà fatto il discorso in base alla
sua struttura, cioè il linguaggio…
Intervento:…
Il fatto che utilizziamo il corpo non
ci porta ad affermare con certezza che il corpo sia necessario al suo
funzionamento, abbiamo detto che tecnicamente il linguaggio potrebbe funzionare
anche senza il corpo, con qualunque altro aggeggio, o addirittura anche in
assenza di qualunque cosa teoricamente potrebbe funzionare però…
Intervento: il
linguaggio non il discorso
Forse, anche se dobbiamo sempre tenere conto che la
distinzione che operiamo tra linguaggio e discorso è a scopo didattico, in
realtà è difficile parlare di linguaggio in assenza della sua esecuzione, allo
stesso modo un discorso che non abbia una struttura che lo fa funzionare non
esiste. Appaiono come due facce della stessa cosa, distinguibili solo a scopo
illustrativo ma di fatto non distinguibili tra loro,
li abbiamo distinti per intendere meglio il funzionamento e abbiamo detto che
il linguaggio al momento in cui è in atto, e non può non esserlo, è discorso,
cioè sequenze di proposizioni costruite in un certo modo e quel certo modo è
quello che il linguaggio ha stabilito…
Intervento: una regola
del gioco anche questa, sappiamo che il discorso è una persona che lo fa questo
lo sappiamo, lo abbiamo imparato quindi è difficile togliere questa figura,
immaginare qualcosa che muove senza che sia mosso
Nel momento in cui si installa il linguaggio inizia a
utilizzare tutta una serie di cose, ciò che comunemente chiamiamo il mondo
esterno, che sappiamo che in assenza di linguaggio non è distinguibile dal
corpo anche pèrché in assenza di linguaggio non esisterebbero né l’una cosa né
l’altra, ma come distingue il corpo dal mondo esterno? Attraverso regole di
funzionamento, ciascuno ha imparato che una certa cosa che vede in un certo
modo è quella che si chiama corpo, ciò che riesce a distinguere dal suo corpo lo chiama mondo esterno, potrebbe anche darsi che il corpo,
ciò che chiamiamo corpo, non sia nient’altro che una delle regole che fanno
funzionare il discorso. Sappiamo che il corpo può intervenire sul discorso e
viceversa, ma non sul linguaggio, non ha nessun accesso al linguaggio, cioè al
sistema operativo, dal momento in cui il discorso incomincia a funzionare
funziona attraverso regole ovviamente, e perché una di queste non potrebbe
essere il corpo? Semplicemente una delle regole del gioco, per giocare, e in effetti lo è perché serve al discorso a individuarsi
rispetto ad altri cioè a porsi come differente rispetto ad altri discorsi e una
delle regole del discorso è quella di potere individuarsi come sappiamo
attraverso una serie di altre regole grammaticali che sono l’Io per esempio “io
dico” “io faccio”, che mi distingue dal “tu fai”, “loro fanno” etc. E allora il
linguaggio per funzionare, cioè per fare funzionare il discorso necessita di
potere individuare ciò che utilizza per poterlo distinguere da ciascuna altro e
quindi costruire serie di elementi, di sequenze, e allora utilizza ciò stesso
che gli consente di distinguersi, il discorso in questo caso da ciascun altro, e
almeno apparentemente chiama ciò che si produce da tale distinzione “corpo”. Infatti il corpo è mio, per definizione “il mio corpo è mio”,
e appare che effettivamente non sia nient’altro che una regola del gioco, resta
da stabilire se è una regola del gioco nel discorso o nel linguaggio, se è nel
linguaggio è necessario, se è nel discorso è arbitrario, ma non è automatico né
che sia una cosa né l’altra, ma proviamo a fare il discorso inverso: potrebbe
essere altro da una regola del gioco? Se sì, cosa?
Un’entità a se stante? Il fatto che si costituisca come un’entità a se stante comunque procede dal fatto che qualcuno lo ha definito,
dichiarato e stabilito come tale e solo il linguaggio può farlo, se non fosse
una regola per giocare sarebbe qualche altra cosa, ma cosa? Beh potrebbe essere
una sequenza di proposizioni, questo potrebbe esserlo, e lo è, ma di fatto è una sequenza di proposizioni particolari che
funzionano da premessa o da regola in questo caso per la costruzione di altre,
a che scopo stabilire questa regola, cioè il corpo, come regola del gioco? Perché stabilire un mondo esterno? A che scopo? Perché
costruire le regole? Per giocare, le regole non sono altro che delle istruzioni
per potere reperire differenze…
Intervento: che sono
altre regole del gioco
Sì, in questo caso il corpo sarebbe uno strumento, come
abbiamo detto del linguaggio, uno degli strumenti per potere reperire
differenze e quindi per potere proseguire stabilendo in questo caso il corpo
come una delle regole per giocare, ancora non sappiamo se il linguaggio o il
discorso, ma possiamo porlo come strumento preferenziale? Non direi, dipende
dalle circostanze, dalle situazioni, in alcune situazioni può esserlo, in altre
no, in altre possono essere delle idee gli strumenti preferenziali,
come in una guerra di religione, sono le idee a costituire il pilastro di tutte
le differenze non il corpo, del corpo non gliene importa niente, anche nella
religione tutto sommato il corpo ha una portata ma non così rilevante, anzi una
volta il corpo era frutto del demonio e fonte di ogni perversione e malvagità. Potremmo
dire che è lo strumento di conoscenza attraverso i
sensi? Sì, sicuramente ma non solo, per esempio per i greci antichi come
sappiamo bene l’esperienza e quindi la percezione era considerata assolutamente
secondaria rispetto alla deduzione e al ragionamento deduttivo, quindi al
pensiero, pertanto non ha tutta questa priorità che generalmente gli si
attribuisce. E invece rimane la priorità assoluta del
linguaggio che utilizza il corpo come strumento insieme con le altre cose, è
uno strumento, perché dovrebbe essere prioritario?
Intervento: lei aveva
detto l’altra volta che se è una regola del gioco quella per
cui il corpo è prioritario rispetto ad un certo discorso allora bisogna
intendere perché…
Sì è pur vero che nel caso in cui il corpo manifesti un
grandissimo dolore o piacere in quel caso il pensiero sembra arrestarsi ma non
solo, se una persona subisce una grave perdita, per esempio la morte di una persona
carissima il suo corpo è totalmente intonso, cionondimeno i suoi pensieri al
pari vengono paralizzati dal dolore, quindi anche in
questo caso non ha nessuna priorità…
Intervento: sulle
emozioni mi è parso di intendere che le emozioni siano
qualche cosa… si verificano quando il linguaggio pone un anomalia… gli do un
significato che il linguaggio non coglie… uno ha emozione quando non si tiene
conto che si sta costruendo una proposizione con delle regole che conclude… per
far sì che ci sia emozione sembra che sia qualche cosa che deve essere posta
fuori dal linguaggio
Lei sta parlando come se intendesse l’emozione un qualche cosa al di fuori del linguaggio…
Intervento: sì esatto
sarebbe come un’auto protezione del linguaggio…
La questione importante rispetto alle emozioni è questa,
si può formulare sotto forma di domanda esplicita: le emozioni si imparano oppure no? O sono
innate? Questa è una bella domanda perché se si imparano
allora sono il frutto di una sequenza di istruzioni che una persona ha acquisite,
allora sa che di fronte a una certa cosa, sa perché lo ha imparato così come ha
imparato che questa è la sua mano, deve reagire in un certo, modo oppure sono
innate, e cioè sono indipendenti da qualunque cosa abbia acquisita, compreso il
linguaggio, è difficile rispondere a questa domanda, ma provi a farlo…
Intervento: a me è
parso questo…
Però sarebbe preferibile non ciò che le
appare, ma ciò che è, ciò che è e non può non essere…
Intervento: impararla… direi che non la posso imparare se non così… comunque non la
colgo dall’esterno è qualcosa che riguarda il mio discorso… il batticuore non è
che posso impararlo è qualche cosa che si può verificare in funzione di un
determinato elemento
Ma se quell’evento non significasse
niente, avrebbe batticuore?
Intervento: no,
assolutamente
Intervento: dalla mia
esperienza vedendo mia figlia ho visto chiaramente che lei da bambina provava
delle emozioni ma non poteva distinguerle dalle altre…
Però a questo punto si era già posta una questione
importante, e cioè la necessità di distinguere
qualcosa, quindi individuare qualcosa e cercare un elemento a cui raffrontarla…
Intervento: individuare
un certo stato d’animo che fosse di tristezza, che fosse di qualche altra cosa
questo è avvenuto dopo…
Sì, ma prima ancora ha imparato a
individuare una certa emozione perché se non l’avesse individuata non si
sarebbe potuta porre la domanda su che cosa fosse, per potere chiedere che
cos’è una certa cosa occorre che io possa distinguerla da altre cose, e
rendermi conto che è diversa, e poterla definire e cercare una definizione,
tutte queste cose posso farle se ho una struttura che mi consente di compiere
queste operazioni, se no non può porsi la questione proprio…
Intervento: come si impara a parlare si impara anche a…
Esattamente, fa parte del funzionamento del linguaggio e
quindi imparando a parlare si imparano tutte queste
cose…
Intervento: però perché
si è verificata questa emozione?
Quale emozione?
Intervento: quella di
cui parlava Daniela
Intervento: cosa ha
scatenato questa emozione?
Intervento: una differenza uno stato diverso dal precedente
Intervento: ma perché? Cioè mi pare che ha costruito qualche cosa da cui il
linguaggio si auto protegge
Intervento: cosa vuol dire che il linguaggio si auto protegge?
Intervento: quando
cerchi di porre un significato qualche cosa che non fa parte della sua
struttura lo poni fuori dal linguaggio a questo punto
c’è l’emozione perché c’è qualche cosa che si verifica fantasmaticamente
Cioè lei Cesare sta sostenendo che per
provare emozioni occorre supporre che ciò che le ha scatenate sia fuori dal
linguaggio? Se invece non si potesse non sapere che è
linguaggio allora non ci sarebbe emozione, è questo che sta dicendo?
Intervento: cioè se quella proposizione che dice che qualsiasi cosa è un
elemento linguistico fosse implicita in ogni affermazione… per cui è
un’anomalia l’emozione per il linguaggio perché il linguaggio non ha bisogno di
emozioni
Lei ha fornito in questo modo una definizione di emozione, questa definizione è necessaria o è arbitraria?
Perché se è necessaria allora le cose necessariamente saranno come lei dice…
Intervento: potrebbe
essere necessaria
A quali condizioni?
Intervento: io sono
linguaggio e tutto sommato posso costruire tantissime
cose però l’emozione…
Cesare, però occorre che l’emozione sia quello che lei pensa che sia perché si verifichi…
Intervento: un
batticuore, io dico che l’emozione è un’alterazione
del mio fisico per esempio, da uno stato ideale
Beh, però quella è una sensazione più che emozione, per
esempio una sensazione di freddo non è un’emozione, comunemente almeno si intende così, se io tocco una cosa gelata non mi dà
un’emozione, è una sensazione…
Intervento: no, no non
una sensazione un’emozione… il mio cuore che batte per
qualche cosa è un’emozione
Quindi prevede una situazione particolare alla quale
situazione io ho dato un certo significato, tant’è che ciò che produce emozioni
a lei a un’altra persona per esempio non le produce,
mentre la sensazione nel luogo comune si suppone che sia comune a ciascuno e
cioè che ciascuno se mette la mano sul ferro che brucia avverta la sensazione
di bruciore, mentre le emozioni no, l’emozione è soggettiva, la sensazione no
almeno così nel luogo comune, anche per dare una prima distinzione di massima,
quindi perché ci sia emozione occorre che qualcosa sia stato provvisto di un
certo significato ma che lei ha fornito, non altri, e quindi segue
necessariamente…
Intervento: sì certo è
il mio discorso che lo produce perché non si attiene alla struttura del linguaggio
ossia crea degli eventi che ovviamente contraddice pone qualche cosa che sia fuori da questa struttura e questa cosa che è fuori mi
crea questa emozione
Sì, lei ha fatto questa operazione:
ha data una certa definizione di emozione, più o meno consapevolmente, dopodiché
dice che se c’è un’emozione allora è perché non c’è la consapevolezza del
funzionamento del linguaggio, ma questa definizione che lei dà può essere
modificata, io potrei volendo modificarla al punto tale da arrivare ad
affermare che c’è emozione se e soltanto se c’è consapevolezza del
funzionamento del linguaggio, volendo si può fare anche questo, possiamo fare
qualunque cosa Cesare, e che invece ciò che le persone provano e chiamano
emozione non è affatto un’emozione, ad esempio, basta che io cambi la
definizione di emozione…
Intervento: dire che l’emozione è un elemento al di fuori del linguaggio
compiendo questa operazione diventa un elemento linguistico, potrebbe
essere anche una decisione in questo caso no? Se è una decisione
allora occorre intendere perché si è presa questa decisione, per esempio, se no
è assolutamente arbitraria. Potrebbe anche essere no? se no è un descrivere le cose. Perché
se io costruisco una proposizione… però perché ci sia emozione deve esserci
qualche cosa che io reputo fuori dal linguaggio ho
fatto qualche cosa di cui non so bene tutto sommato… mi da emozione proprio per
questo motivo perché non so come definirla perché si è creata… come credere in
dio a tanti dà emozione… eppure non ne sanno nulla di dio però è qualcosa che
gira che può essere o non essere, qualcosa di non raggiunto…
Come le dicevo prima si può costruire un’argomentazione
che sostenga quello che lei afferma, ed è possibile costruire un’argomentazione
che neghi quello che lei afferma, proprio perché la definizione che diamo non è
mai necessaria, quando noi definiamo qualcosa stabiliamo
che una certa cosa corrisponde a certi criteri, ma lo stabiliamo, lo abbiamo
stabilito per cui certo noi parliamo di emozioni ma generalmente in termini
retorici e cioè per fare intendere eventualmente a chi ci ascolta che anche
quelle cose che quella persona ritiene fuori dal linguaggio in realtà se non
esistesse il linguaggio non sarebbero mai esistite, lei dice che per provare
l’emozione occorre che io non conosca il funzionamento del linguaggio…
Intervento: no, lo conosco però ciò che raggiungo magari lo pongo fuori
praticamente è come un cortocircuito si crea un qualche cosa che… è chiare se
io dicessi “io ho paura” come si diceva ha un significato ben preciso la paura…
ovviamente l’ho costruita la paura… però per avere paura c’è tutta una
fantasmatica che funziona fuori da questa proposizione… potrebbe essere una
sequenza di elementi linguistici che conclude in quella maniera, per cui se
provo paura ovviamente io devo credere che qualcosa non è un elemento
linguistico
Il luogo comune funziona così certo, la questione è che
quelle cose che comunemente si chiamano emozioni in realtà si apprendono
insieme con il linguaggio, e ciascuno le apprende, cioè
impara come si utilizzano, senza il linguaggio non ci sarebbe nessuna
possibilità di provare alcuna emozione, addirittura neanche nessuna sensazione…
Intervento: dicevamo
delle emozioni come di qualche cosa che va, a
differenza delle sensazioni, qualcosa che va ad agganciare qualcosa che è
peculiare alla persona, qualcosa che ha a che fare con qualcosa che ha dato
l’avvio al linguaggio
Certo, rimane la questione del corpo come strumento, e sempre
più sembra configurarsi in questo modo, cioè come uno
strumento, come una delle regole del gioco potere trarre differenze, l’unico
scopo del corpo è questo: reperire differenze, come qualunque altra cosa che
appartiene al linguaggio, per potere costruire altre proposizioni, senza che
abbia, come abbiamo visto, nessuna priorità su qualunque altra cosa perché di
volta in volta, in situazioni diverse, altre cose possono essere assolutamente
prioritarie rispetto al corpo…
Intervento: l’iterazione
fra discorso e corpo l’altra volta si diceva che è
reciproco… il discorso del corpo modifica il discorso fino a portare alla
malattia o viceversa
Sì però il corpo modifica il discorso come qualunque
altra cosa. Bene, questa sera ci siamo dedicati a considerare se, come ci si
poneva un po’ di tempo fa, se il corpo abbia una posizione prioritaria rispetto
ad altre cose, per il momento ci appare non essere così, ma semplicemente uno
strumento tra gli altri, né più né meno. Va bene, comunque
abbiamo tutto il 2006 per giungere a qualcosa di preciso, stiamo appena
abbozzando la questione.