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17-8-2011

 

Allora a che punto siamo con la conversazione analitica?

Intervento: perché l’obiettivo dell’analisi è quello di non avere più bisogno di credere in nulla?

Non è l’obiettivo, è un effetto, l’obiettivo è praticare il linguaggio, poi come effetto c’è anche quello certo, agire il linguaggio anziché subirlo …

Intervento: per giungere a questo a praticare il linguaggio il pensiero deve essere libero di muovere e quindi non deve attestarsi su nessuna verità extralinguistica e quindi possa accogliere, per esempio, tutte quelle stringhe di proposizioni che generalmente vengono escluse, cioè non vengono accolte dal discorso della persona, non vengono accolte perché si è stati addestrati a credere che le cose esistano fuori dalla parola e che siano fatte in un certo modo ovviamente fuori dalla parola, per potere avere a disposizione i propri pensieri e quindi tutto ciò che il proprio pensiero produce occorre almeno andare al di là del bene e del male, ad un certo momento dell’analisi poter fare i conti con quelle stringhe che funzionano all’interno del proprio pensiero a sviare certe direzioni o ad imporne altre e quindi uno dei modi per giungere a praticare il linguaggio è non avere più bisogno di nessuna “morale” l’analista occorre che sia, non immorale ma amorale, come si diceva tanti anni fa, e per poter considerare le cose, come funzionano all’interno della propria struttura di pensiero occorre che queste stringhe si producano e io possa utilizzarle … parlare sì certo, fino ad accorgersi che il parlare è l’unica cosa a mia disposizione perché parlando io penso, perché il pensiero è fatto di parola, questo per intendere quello che avviene in una conversazione analitica, in linea di massima una persona racconta le sue storie, le sue magagne, in linea di massima si accede all’analisi per qualche problema …

Dunque che cos’è che caratterizza una conversazione analitica? Cos’è che la distingue da una chiacchierata tra amici?

Intervento: intanto l’ascolto di un’altra persona … l’ascolto dell’altro, che è una autorità, giustifica quello che io dico anche se in certi casi da questa giustificazione può sorgere una contrapposizione proprio all’autorità, comunque non è semplice lasciare che le cose si dicano, si producano, se tutto è finalizzato alla giustificazione e quindi ad essere importante …

L’ascolto dell’altro? chi è quest’altro?

Intervento: l’analista che ovviamente deve essere formato all’ascolto … per molto tempo esistendo la questione del bene e del male la persona è indotta a dire quello che dice in base a ciò che giudica sia l’ascolto dell’altro … tutto passa attraverso l’ascolto dell’altro, nel senso che crede che l’altro risponda allo stesso modo in cui invece è lei che risponde, attribuendo i suoi pensieri all’altro …

Come accade che a un certo punto non è più soltanto l’analista ad ascoltare il discorso ma la persona stessa che incomincia ad ascoltare il proprio discorso?

Intervento: perché si accorge dell’importanza della propria parola, delle proprie affermazioni …

Anche prima considerava importanti le cose che diceva, anche le peggio fesserie le considerava importanti …

Intervento: man mano che si prosegue nel percorso analitico tutte le cose importanti vengono messe in gioco, nel gioco linguistico, vengono considerate, verificate e quindi man mano molte cose perdono l’importanza e quindi non vengono più utilizzate …

Intervento: l’analista è lui che interviene anche chiedendo come fa a sapere che le cose sono a quella maniera e automaticamente la persona comincia ad avere dei dubbi sulle certezze …

Questo può avvenire, ma all’inizio se chiede alla persona come fa a sapere che le cose stanno così le risponde immediatamente “perché l’ho visto, perché me lo hanno detto, perché lo so, perché quella persona si comporta sempre così” …

Intervento: sì è importante questo aspetto per ascoltare il proprio discorso, occorre che non sia più certo come lo era all’inizio per esempio basta chiedere conto delle cose che afferma a questo punto lo ha imparato …

Intervento: mettiamo che stai raccontando la storia della tua vita, per molto tempo ti ricordi che le cose sono andate in un certo modo, l’analista subito non può dire “è ovvio il ricordo è un punto di partenza importante da cui partono i suoi pensieri, è il sistema inferenziale che parte da una premessa e attraverso dei passaggi che non contraddicono la premessa conclude, l’analista non lo può fare ascolta quello che tu gli dici, quelli che tu chiami ricordi, che sono le basi della tua realtà, che sono i riferimenti della vita che tu vivi …

A che punto dicevo prima avviene questo passaggio e cioè la persona incomincia ad ascoltare quello che dice? Che è un punto fondamentale in una analisi e non è neanche così automatico che accada, però ad un certo punto può accadere, cosa avviene lungo questo percorso? Cosa ha fatto l’analista perché si verifichi una cosa del genere?

Intervento: l’analista interviene chiedendo ovviamente le condizioni per le cose che dice però reperendo quali sono i punti nodali del discorso della persona perché se no la persona continua a parlare e non si rende conto delle cose che lei va raccontando e quindi facendo ma l’ascolto dell’analista “ricorda”, sarebbe meglio dire costruisce in qualche modo questo racconto che la persona fa e che si trova a ripetere incessantemente e quindi passo dopo passo nell’analisi ci sono cose che si ripetono e quindi l’attenzione dell’analista sarà fare in modo che la persona si accorga delle cose che va dicendo e quindi ripetendo, l’analisi procede mano a mano mostrando quelle che sono effettivamente le cose che sostengono quel discorso, perché i punti nodali di cui tiene conto l’analista per la persona non sono punti nodali i punti nodali, semmai, sono ricordi, le cose che continuamente le accadono e lei non sa nulla del perché le accadono, certo si può accorgere di come costantemente il proprio pensiero sia attratto da certe questioni, questo indubbiamente, ma se non ci fosse l’analista che interviene nel restringere il campo questo discorso continuerebbe a giocare il suo gioco senza poter nulla se non subire quel discorso che lei va facendo, è ovvio che poi mano a mano la persona comincia ad accorgersi di tutte le analogie, di tutte le “storie simili” diciamo così, che il proprio discorso va costruendo e rimettendo sempre in gioco nel proprio pensiero, come dire tutta una serie di pensieri funzionano e costruiscono una certa cosa e un’altra serie di pensieri costruiscono in un modo totalmente differente, con altre stringhe, altri attori, altre storie, altri “episodi” chiamiamoli così, altri racconti, ci si accorge delle analogie, delle similitudini di come abbiano la stessa struttura nonostante siano diametralmente opposti in certi casi oppure senza nessun riferimento, cose assolutamente differenti, per cui ovviamente l’importanza è sempre di più per quelle proposizioni che fanno funzionare il proprio pensiero …

Intendere che cosa sta funzionando come elemento religioso, vale a dire quell’elemento importante, quello che per la persona è importante, e il compito dell’analista è intendere perché è importante, che cosa c’è di importante, qualunque cosa sia è irrilevante, l’essere importante all’interno del discorso è come dire che quello è un caposaldo, è una di quelle affermazioni o proposizioni fondamentali, fondanti il discorso e potrebbe anche rinviare alla premessa, per esempio, di tutto un discorso e questo si rileva attraverso l’importanza che il discorso dà a quell’elemento o a quegli elementi. A questo punto come vi dicevo il compito dell’analista è domandare al discorso perché certe cose sono importanti, certo questo può comportare l’aggancio con altre cose che apparentemente sembrano non avere nulla a che fare, ma all’interno del quale comunque continuano a insistere, questo elemento che è ritenuto importante dal discorso si ripete, perché essendo importante per la persona è tutto ciò che consente al suo discorso comunque di costruire altre proposizioni, una proposizione è importante all’interno del discorso perché consente la costruzione di altre sequenze, è questo che la rende importante, perché è una verità e come tale su questa verità è possibile costruire qualunque cosa. La via più efficace all’interno di un’analisi è quella che porta a quel passaggio di cui dicevo prima, e cioè incominciare ad ascoltare il proprio discorso, quando la persona incomincia a domandarsi: “perché una certa cosa è importante nel mio discorso, in ciò che sto dicendo, perché, cosa comporta”. La persona incomincia a trovarsi di fronte al proprio discorso quando il proprio discorso diventa un racconto o meglio una teoria, una teoria da considerare, da valutare, da interrogare, quando appunto si è instaurata la possibilità di una domanda del genere, cioè perché è importante qualcosa? Domanda che lo accompagnerà poi per tutta la vita a seguire, indipendentemente dal fatto che decida di praticare come analista oppure no, ma perché è importante una certa cosa? Come dire che questa cosa è considerata vera all’interno del discorso, che è la stessa cosa, è ovvio che avendo gli strumenti per rispondere a questa domanda, perché se non li ha non succede niente, se ha gli strumenti allora può considerare che il motivo per cui una certa cosa è importante è perché questa cosa è vera rispetto ad altre cose che ha imparate, che ha acquisite, alle quali crede, ed è a questo punto che diventa una sorta di automatismo o dovrebbe diventarlo, trovarsi di fronte a delle questioni e svolgerle in tempo reale praticamente, laddove nulla ha la possibilità di attestarsi “credo questo perché è vero, è vero perché quest’altro è vero, perché quest’altro è vero, quest’altro è vero …” finché a un certo punto il discorso religiosamente trova qualche cosa su cui attestarsi, qualche cosa che per lui è indiscutibile e allora si ferma, ed è uno di quegli aspetti religiosi di cui accennavamo anche la volta scorsa, ora se c’è dell’analista questo non può in nessun modo accadere, perché questo percorso non troverà mai, e la persona a quel punto lo sa che non troverà mai qualcosa su cui arrestarsi, e quindi sa che se crede una certa cosa è per una superstizione, non c’è nessun altro motivo, per la questione religiosa, a questo punto il modo in cui si pone di fronte a questa cosa è totalmente differente …

Intervento: può essere anche una questione estetica qualcosa che non vuole affrontare perché le piace così, per esempio la questione dei valori …

Gli piace così sì, ma c’è sempre un buon motivo per cui piace una certa cosa, difficile che sia solo una questione estetica, gli piace una certa cosa perché intanto …

Intervento: non vuole affrontarla preferisce non farlo …

Certo perché se è una cosa che è bella essendo bella è anche necessariamente vera, in genere si pensa così, ma è sempre la questione della verità, la questione più antica da parte degli umani è la verità e ciò che si instaura è un procedimento tale per cui ciò con cui ha a che fare la persona, questo però accade in genere quando l’analisi è a un punto tale per cui c’è dell’analista, dicevo che ciò che non può non considerare è che ciascuna cosa, ciascuna parola non è altro che l’esecuzione di un algoritmo, il linguaggio è un algoritmo, non è altro che un’istruzione per la costruzione di sequenze. Il lavoro che stiamo facendo è intendere esattamente quale algoritmo, quale algoritmo è sufficiente alla costruzione di qualunque stringa linguistica e la parola, come dicevo, non è altro che l’esecuzione, come una macchina, la parola è una macchina che esegue un algoritmo, l’analista è colui che non può non praticare, e quindi ovviamente sapere una cosa del genere in ciascun atto di parola, e di conseguenza, considerata la questione in questi termini, parlare di questioni religiose o cose del genere è una cosa che non è più praticabile in nessun modo. Questo per arrivare proprio al fine corsa, dove chiaramente la considerazione che non può più non farsi è che la parola è l’esecuzione di un algoritmo, vedremo di stabilire esattamente quale algoritmo funziona all’interno di ciascuna parola, quello in condizione di costruire qualunque cosa, alcune cose abbiamo detto certo, però forse possiamo arrivare a qualcosa di più preciso, qualcosa di prossimo a ciò che tempo fa indicavo come “pensare come una macchina” che non ha nulla di negativo, pensare come una macchina è sapere e non potere non sapere che ciascun atto di parola è costruito da un algoritmo che continua a funzionare e funzionando produce proposizioni, poi ogni volta che una di queste proposizioni si attesta su un qualche cosa immaginando che non sia costruita da un algoritmo ma da un qualche cosa che è fuori dal linguaggio, allora quello si stabilisce come un elemento religioso, lì il discorso si attesta e incomincia a costruire quegli aspetti religiosi che sono noti come credenze, superstizioni, molto spesso anche emozioni eccetera, Queste cose che hanno come condizione l’attestarsi su qualche cosa immaginato fuori dalla parola, che procede da qualche cosa che è una realtà extralinguistica e quindi rispetto alla quale non si può fare niente, si può solo subire appunto. Per questo diciamo che l’analista è colui che non subisce più il linguaggio perché non può più considerare che esista qualcosa fuori dal linguaggio, non lo può fare, quindi la conversazione analitica ha questo obiettivo. Non è semplice giungere a una cosa del genere ma non più di quanto non sia far intendere a un fondamentalista islamico che Allah è una invenzione, la difficoltà è la stessa …

Intervento: forse occorre esplicitare il fatto che una conversazione analitica senza il supporto di una costruzione teorica fatta in questo modo, non può proseguire …

Prosegue come è sempre proseguita, cioè religiosamente, al posto di un attestazione su un qualche cosa la sposta su un’altra attestazione, su quello che dice Freud per esempio, che dice Lacan, che dice Verdiglione, che dice chiunque, che è solo uno spostamento fra un credo e un altro …

Intervento: in questo discorso invece non c’è nessuna attestazione, cioè è un discorso fluido …

Fluido al punto da non dare più importanza a tutta quell’aura di tragicità, di gravità che hanno le cose che gli umani pensano generalmente, che si aspettano che vengano riconosciute come gravi, importanti e interessanti soprattutto …

Intervento: l’analista è importante anche se non parla cioè se è indifferente alle mie cose importanti, di qui è nata la mia interrogazione … ascoltava certo però non partecipava alla cosa …

Dipende dal discorso, per esempio nel discorso paranoico non si interviene effettivamente, si lascia che continui a parlare mostrando poi eventualmente che le cose non stanno forse soltanto come dice ma anche in un altro modo, mentre nel discorso isterico la questione è differente, differente dal discorso schizofrenico o ossessivo, ci sono vari modi in cui la persona espone le sue verità, a seconda delle modalità con lui le espone possiamo distinguere grosso modo delle strutture di discorso, è una cosa che si acquisisce con l’esperienza, ma si potrebbero anche invece stabilire dei criteri rispetto a questi discorsi, cioè come cogliere delle istanze che appartengono a un certo discorso e come intervenire rispetto a un certo discorso, almeno per evitare di commettere errori grossolani, ché un intervento fatto in un certo modo con il discorso isterico per esempio non funziona assolutamente con il discorso schizofrenico, o con un discorso paranoico, anche se l’obiettivo è sempre lo stesso però è differente il modo in cui la persona si attende di essere importante. Ora si potrebbe anche dire alla persona che non ha nessuna importanza, il problema è che si alza e se ne va, e non è questo l’obiettivo in una analisi. L’obiettivo inizialmente, così come abbiamo detto mille volte, all’inizio dell’analisi è che la persona continui a parlare, e perché continui a parlare occorre che abbia un motivo per farlo e il motivo per farlo è interessare l’analista, prevalentemente questo, e quindi l’analista occorre che mostri dell’interesse in un modo o nell’altro, a seconda del tipo di discorso che ha di fronte. Ciascuna seduta è differente da ciascun altra, non soltanto ciascun discorso ma ciascuna seduta è differente da ciascun altra e ciò che si gioca, si gioca tutto lì, in quel frammento di tempo che dura una seduta, lì si gioca anche il fatto che un analizzante torni la volta successiva per esempio, cosa che non è così automatica. Avete di fronte una persona che ha un bagaglio di superstizioni, di religioni, di credenze inverosimili, ciascuna delle quali per la persona è di straordinaria importanza, il suo timore più grande è che una di queste cose possa non essere presa con la considerazione che merita, e sono sterminate le cose in cui crede, alle quali tiene, le cose importanti, dicevamo prima, e questo naturalmente rende conto anche della difficoltà della conduzione di un’analisi, che non ha mai nessuna garanzia, non c’è neanche la garanzia che la persona torni la volta successiva, in fondo come si diceva tempo fa la cosa che sorprende non è che la persona interrompa l’analisi ma che la prosegua, che la prosegua nonostante si trovi a dovere confrontarsi con cose che per tutta la vita ha tentato di evitare: paure, ansie, angosce, fobie, superstizioni di ogni sorta, un bagaglio sterminato di superstizioni, quasi illimitato, con il quale occorre fare i conti. Ogni volta che apre bocca enuncia una quantità sterminata di atti di fede ai quali crede, crede fortissimamente, non solo crede che siano veri ma credendo che siano veri, crede anche che siano importanti ma non per sé, ma per il mondo intero …

Intervento: stavo ribadendo che l’analisi é come fosse la cosa più interessante del mondo e la più terribile in certi momenti …

Spesso sì, la persona ci tiene tantissimo alla tragicità di quello che dice, è per questo che è così lunga l’analisi, perché essendo così fortemente aggrappata alla tragicità e alla sua importanza prima che si pongano le condizioni perché possa lasciare questa importanza a vantaggio di altro ce ne passa. Da tutto questo pare che l’analista debba avere una sensibilità particolare e straordinaria, il che non è, perché anche una macchina potrebbe farlo se sufficientemente addestrata, in fondo tutto ciò che rileva un analista lo rileva in base alle sue conoscenze, in base alle acquisizioni durante il suo percorso, anche una macchina può acquisire tutte queste cose e valutare anche le sfumature, in fondo che cos’è la sfumatura? Qualche cosa che si mostra ma che mostrandosi nasconde, volutamente oppure no, questo si tratta di stabilirlo, un’altra cosa che invece nasconde per qualche motivo, la sensibilità sta nel cogliere quell’aspetto che non è manifesto, perché una macchina non dovrebbe poterlo fare? Se è addestrata sufficientemente bene lo fa anche meglio e più rapidamente, si diceva già dai tempi di Freud che l’analista dovrebbe essere sgombro da superstizioni sue, da credenze eccetera, chi meglio di una macchina che non ha mai avuto neanche accesso a una cosa del genere?

Intervento: bisognerebbe spiegare quando parliamo dell’analista che dovrebbe funzionare come funziona il pensiero di una macchina …

Qui si va a urtare contro un’altra serie di altre superstizioni ancora, che la macchina non è l’uomo, la macchina è fredda …

Intervento: però occorre spiegare perché occorre giungere a non credere a nulla ma confrontarsi con quello che io sto giocando in questo momento, se non all’unica cosa che rimane dopo aver considerato tutte quante le questioni che gli umani hanno costruito e che sono accolte, imparate, utilizzate dal pensiero e quindi la parola e quindi non è facile mostrare al luogo comune che tutti i problemi sono dati dalla credenza che qualcosa sia fuori dalla parola, questo non è che sia facile … cioè il fatto di poter considerare tutte le questioni che produce il proprio discorso che sono schermate … mostrando una certa questione ne nasconde un’altra …

Sarebbe come dire che ciò che fanno gli umani in tutta la loro esistenza è eseguire un algoritmo, nient’altro.