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17-7-2003

 

La questione del potere

 

Intervento: …quella proposizione che afferma per esempio che qualsiasi cosa è arbitraria. Al momento in cui mi trovo a fare una affermazione e affermo per esempio che qualsiasi cosa è arbitraria nel linguaggio applicando questa alla stessa affermazione questa affermazione diventa necessaria perché se no qualsiasi elemento sarebbe qualsiasi altro e cioè non ci sarebbe modo di intraprendere una direzione, sarebbe un paradosso se questa affermazione non comportasse una procedura in qualche modo per cui a quel punto la mia affermazione che afferma che qualsiasi cosa è arbitraria, se quella affermazione fosse arbitraria non ci sarebbe modo di proseguire il discorso perché se anche quella è arbitraria che affermazione è? Non è neanche una affermazione.

Sì, e quindi?

Intervento: quindi ci troviamo di fronte al funzionamento dei giochi linguistici

Affermare “qualsiasi elemento è arbitrario” comporta quello che ha detto Beatrice, e cioè il fatto che questa proposizione rientra in qualunque elemento e pertanto si mostra arbitrario e affermare che tutto è arbitrario è arbitrario, detto questo…

Intervento: un po’ come il paradosso di Epimenide

Più o meno, a questo punto certo non è possibile proseguire in quella direzione, la proposizione può essere sì, accolta, ma in quanto arbitraria e quindi vale quanto la sua contraria…

Intervento: quindi annulla l’affermazione e quindi annulla il gioco

Pertanto affermare che qualsiasi cosa è arbitraria non porta da nessuna parte. Si ferma lì e bell’è fatto. In effetti se soltanto qualche cosa è necessario allora il discorso regge, si è creduto che delle cose lo fossero ma non lo erano, a quel punto di nuovo tutto quanto il discorso girava a vuoto, finché abbiamo trovato l’elemento che sostiene il tutto, che lo rende possibile, cioè il linguaggio, il quale linguaggio ha questo particolare funzionamento e cioè necessita di costruire proposizioni che possa riconoscere come vere e cioè che dicano al sistema: “sì di qui è possibile proseguire” il vero poi non è nient’altro che questo, un’istruzione che dice al sistema che può andare avanti. Ora a questo punto c’è una questione clinica che può considerarsi, la questione del potere, antica questione, il potere, adesso non importa di che tipo sia, non ha importanza, il potere cioè esercitare la propria volontà su qualcosa o su qualcuno, esercitare il proprio arbitrio su chicchessia, tant’è che dio, essendo onnipotente, può fare quell’accidente che gli pare. Così dice la tradizione… ma in che modo ci interessa una cosa del genere? Ci interessa perché tutta la questione, questo luogo comune riguardante il potere, procede dalla questione della verità e quindi come necessariamente qualcosa è e non può non essere che dalla struttura del linguaggio; avere potere sull’altro: se io posso esercitare la mia volontà sull’altro, questo che cosa comporta esattamente? Intanto che potrò far fare all’altro ciò che voglio, si intende questo quando si dice di avere potere su qualcuno ma perché gli umani dovrebbero avere questa velleità? A che scopo esercitare il proprio potere su qualcuno? Cosa che cercano di fare da sempre in ambito economico, politico, sentimentale, nelle relazioni in generale, perché dunque questa velleità? Da dove arriva? Perché la ricerca di questo potere? Che cosa se ne fa? Eppure è una questione antica, da quando c’è traccia degli umani c’è questa storia…

Intervento:…

Qualcosa del genere sì, in effetti il potere sull’altro non è altro che, come ciascuno di voi ha immediatamente avvertito, il potere di un discorso su un altro discorso e in che cosa consiste il potere di un discorso su un altro discorso se non quello di piegarlo alla propria verità? Piegare l’altro alla propria verità è come dire che ciò che afferma un discorso A viene confortato, confermato dal discorso B, ma perché questo è importante? E perché non è sufficiente che lo affermi il discorso A indifferentemente e indipendentemente da ciò che afferma il discorso B? Perché ha bisogno che l’altro lo confermi? Questo avviene da sempre, ovunque, tranne che per noi, il dubbio, l’eventualità che le cose non stiano come penso io, perché non lo posso provare in ogni caso, e quindi l’altro che afferma un’altra cosa è una spina nel fianco perché io posso credere finché voglio tutto quanto però, però messo alle strette mi troverei nell’impiccio di sostenere qualcosa che né so, né posso sostenere all’infinito, ad un certo punto mi trovo nella mala parata, dovrò essere costretto ad ammettere di non sapere proseguire, nel nostro caso no, ma è un caso particolarissimo. Ecco perché in un discorso qualunque l’eventualità che il discorso B possa affermare un’altra verità minaccia la mia, e se minaccia la mia vuole dire che c’è l’eventualità che io non possa proseguire, cioè che si arresti il discorso e questo può risultare intollerabile, oltre che minaccioso, per cui più persone riesco a persuadere più aumenta la probabilità di potere proseguire il discorso, se invece tutti pensano altrimenti ecco che mi trovo nell’imbarazzo di fronte all’eventualità di dovere arrestare quella direzione. Arrestarla in quanto riconosciuta falsa. Il cosiddetto matto che fa? Oltre a mettersi la caffettiera in testa dicendo di essere Napoleone, non riconosce le verità altrui, cioè quelle riconosciute dal gioco più diffuso, dal luogo comune che non è altro che il gioco più diffuso, ma di questo non se ne rammarica, continua tranquillamente a seguire la sua verità e allora diventa matto, cioè viene definito tale certo…

Intervento: qualche volta le nostre definizioni portano a questo

La differenza, nel nostro caso, è la possibilità di fare, indipendentemente da qualunque altra considerazione e indifferentemente qualunque gioco ci paia più opportuno, il nostro, il loro, quello altrui, con assoluta facilità…

 

Intervento:…

Il matto è fatto anche lui di linguaggio e quindi segue le procedure e le regole che lo costringono a muoversi in un certo modo, e cioè credere che le cose che sa essere vere lo siano davvero, come chiunque, solo che non riconosce i giochi più radicati…

Intervento: abbiamo parlato del gioco della potenza, il gioco del matto, e il gioco B, come avviene che accolga le regole tutto sommato per continuare a parlare, in fondo gli sta bene così

Perché il discorso B accolga il potere del discorso A occorre che gli riconosca la verità, ma che gli riconosca l’autorità per farlo e cioè che questa verità che il discorso ha riconosciuto da altri, che sia molto convincente e soprattutto che non, questo ci riguarda, che non urti contro una serie di altre verità ufficialmente riconosciute e consolidate. Allora il fatto di accordare il potere al discorso A è un’altra forma per mantenere il potere. Qui ci sono delle variabili che riguardano i discorsi ma in linea di massima l’accordare il proprio consenso all’altro procede dall’idea di potere aumentare il proprio potere accordando il potere all’altro, perché lo si suppone per qualche motivo molto potente, è il motivo per cui alcuni personaggi vengono votati per esempio, o il motivo per cui ci si mette in tanti perché l’unione fa la forza. Quindi reperire religiosamente una sorta di verità superiore, ché è superiore al mio discorso, superiore al suo…

Intervento: sempre dio

È la struttura religiosa ovviamente, una verità che è superiore a quelle particolari, allora a questa condizione il discorso B si piega alle argomentazioni del discorso A, perché in cambio all’accoglimento di questa verità ne ha una verità maggiore di quella precedente, come dire: io penso in un certo modo, però se modifico il modo di pensare allora penso come altri dieci milioni di persone, e quindi posso riconoscere la mia verità come la verità di tantissime persone, e quindi vera in assoluto. A questo punto, ovviamente, stiamo parlando di luoghi comuni, di aspetti retorici e retoricamente più una verità è diffusa più è ritenuta vera. Tant’è che è un luogo comune dire “come? tutti pensano così e tu invece pensi in quell’altra maniera?”

Intervento: la ricerca del potere da parte della persona diminuisce la possibilità di de responsabilizzazione della persona stessa…

Intervento: perché parli sempre di de responsabilizzazione?

Intervento: perché la persona tende a de responsabilizzarsi

Sì, trovando una verità suprema…

Intervento: ma cercando il potere è come se volesse assumersene perché vuole dare verità al suo discorso

Sì però questa verità, questa verità che lui trova nel suo discorso, in effetti non è mai attribuita al discorso, è attribuita a qualcosa che è pensato fuori dal discorso, ecco perché mantiene una totale deresponsabilità, perché in ogni caso che sia colui che cerca il potere sugli altri, sia quello che invece attribuisce a lui del potere quindi si riconosce in qualche modo nella sua verità, in entrambi i casi questa verità non è mai del discorso, per questo non c’è responsabilità, ma è sempre di qualche cosa che è superiore, trascende il singolo in quanto tale…

Intervento: e quindi il discorso B è meno responsabile di sé

Accettando il potere dell’altro è chiaro che devolve all’altro ogni responsabilità, il quale l’assume fino ad un certo punto, perché in ogni caso è la situazione, sono le cose stesse, cioè il dovere oppure il volere di dio oppure il bene della nazione, può essere qualunque cosa, ché è sempre la verità che va al di là di me e quindi in qualche modo sono sempre al riparo della responsabilità…

Intervento: quindi la struttura dell’ideale

È la struttura religiosa, affidarsi a un dio. Per intendere meglio la questione clinica, questa del potere, del potere economico, dicevamo tempo fa non è altro che un gioco, un gioco dove si cerca, come qualunque gioco, di vincere la partita, questo è l’obiettivo, ovviamente qui il potere non è altro che vincere il gioco, chi vince il gioco ha potere e cioè ha la verità, dovete sempre pensare non a qualcuno in quanto tale ma al discorso, e all’obiettivo del discorso, quindi il linguaggio, che è costruire una proposizione vera, una volta che l’ha costruita si aprono altre strade e deve trovare altre proposizioni vere all’infinito, il potere non è nient’altro che questo: il potere di stabilire la verità, di affermarla e di esibirla, il potere è tutto qui, non ce ne sono altri.

Intervento: rispetto alla questione della responsabilità se il potere ha questa funzione, è funzionale a qualcosa come vero… il potere come qualcosa che libera dalla responsabilità

Nel luogo comune il potere è un carico di responsabilità…

Intervento: il potere se ne fa carico non è che la stabilisce come se la dovesse salvaguardare, difendere

Dipende dalla struttura del discorso, se è un discorso paranoico per esempio la afferma con assoluta certezza, anzi la impone “io dico la verità e voi stupidi non capite niente” dice così…

Intervento: una figura così è lo stato

Certo, è una figura del potere, una figura retorica, la figura del raggiungimento della verità e quindi è colui che sa come il discorso può proseguire in modo migliore…

Intervento: perché il potere è da tutti in qualche modo mal visto?

Intervento: il potere stabilisce qual è il proprio potere

E quindi?

Intervento: e quindi è necessario per questo…

Sì ma pensi ai due casi estremi, quello del mugugno popolare nei confronti del governo e invece l’accettazione totale e assoluta dell’innamorato e dell’innamorata rispetto al partner, di fronte al quale sembra invece accogliere il potere assoluto dell’altro nei propri confronti, nel primo caso invece no. Che differenza c’è? È sempre una questione di potere, il mugugno interviene là, proprio là dove il potere del governo in qualche modo si fa beffe del potere del…

Intervento:…

Esatto, è la stessa struttura certo…

Intervento: il cittadino, come l’amante, non si sente amato abbastanza

Esattamente e allora è come se dicesse che la verità che stabilisce il governo non è poi così tanto vera…

Intervento: invece nel caso dell’innamoramento assoluto

È il caso dell’ideale, ideale anche politico, religioso…

Intervento: diceva Freud: “come se cadesse un’ombra sull’io” per cui è come se l’io non esistesse più c’è solo l’ideale che funziona

In qualche modo ho risposto alla questione dell’innamoramento, e cioè si suppone che l’altra persona sia esattamente ciò che occorre al mio discorso per essere “felice” nell’accezione austiniana del termine, cioè per raggiungere il suo obiettivo, a questo punto la sottomissione a questo oggetto è totale come dicevo prima, la stessa situazione dell’ideale politico, religioso, del fondamentalista islamico. È come se il discorso trovasse ad un certo punto, per una serie di elementi che poi potremmo anche considerare, un elemento che è assolutamente quello che consentirà al discorso di proseguire nel modo migliore…

Intervento: in questo caso sarebbe l’obiettivo?

Tutta l’arte della retorica punta a questo, a creare una situazione del genere, a fare in modo cioè che l’altra persona supponga che io o il mio discorso o la mia idea sia esattamente ciò che gli occorre per proseguire in un modo strepitoso, straordinario, a questo punto la persona è persuasa o sedotta, che è la stessa cosa.

Intervento:…

Ogni religione ha le sue configurazioni, che non sono altro che la costruzione possibile del linguaggio nel momento in cui il linguaggio si è installato per così dire, da quel momento è sorta la possibilità di provare piacere, dolore, emozioni, tutto…

Intervento: occupandomi di finanza ci sono dei momenti di euforia finanziaria a cui seguono i così detti periodi di depressione…

È ciclotimica la finanza direbbero gli psichiatri…

Intervento: la descrizione che viene fatta è la stessa identica descrizione che viene fatta della depressione, della malinconia, il periodo di euforia corrisponde alla mania.. Poi la depressione, lo smarrimento… tutto diventa impossibile laddove la mania comporta una sorta di onnipotenza… dare una logica in termini di psicanalisi delle masse, in termini logici porre questa struttura…

Pensi alla struttura del discorso religioso, e pensi al momento in cui avviene una conversione religiosa, allora la persona ha un moto giubilatorio, una euforia per avere trovato questo dio che ovviamente è quello vero rispetto al precedente, ha trovato la verità e quindi c’è una grande euforia, una grande gioia, una grande leggerezza, una grande sicurezza, che è esattamente ciò che accade nel caso di un innamoramento. Voi prendete una donna che non ha un amore, si sente insicura, fragile e incerta, prendetene invece un’altra che è innamoratissima, è sicura di sé, si sente forte, si sente che può affrontare il mondo intero, perde l’amore e cessa tutto. È esattamente la stessa struttura…

Intervento: la depressione finanziaria è un po’ come il peccato per il credente, ha bisogno di peccare per ripartire… credo in dio e ovviamente sono peccatore: pecco e raggiungo di nuovo l’obiettivo, lo mantengo poi mi annoio e pecco di nuovo, la borsa è così…

Se c’è l’illusione di averla raggiunta allora ecco che provoca questa euforia, alla quale euforia segue come dicono gli psichiatri la disforia e cioè la consapevolezza, o almeno la considerazione, che forse non era esattamente quella la verità, e quindi il tradimento, ecco che a questo punto sorge la depressione, il tradimento, il tradimento rispetto all’illusione, così come avviene… Jean Genet per esempio chiamava la rivoluzione: “la grande puttana”, perché tradisce tutti, sempre. L’illusione di avere trovata la verità ha, come ciascuno sa, fortissimi effetti terapeutici, ci si sente subito meglio, forti, sicuri, indomiti, la delusione che segue alla considerazione che quella non era la verità è catastrofica, è come se tutto fosse perduto a questo punto, e così avviene, mantenendo ovviamente questa sorta di altalenare di cui diceva Cesare che non è altro che l’andamento comunque di qualunque discorso: sostiene delle cose e poi si accorge che non era proprio così, allora le modifica, ne crede un’altra e così via. È ovvio che se l’attesa che una certa verità sia totale, la delusione sarà piuttosto forte…

Intervento: l’attesa non è che ci sia un’altra verità ma nel mantenimento popperianamente, in economia per esempio, di un livello di produzione tale che si avvicini ma che possa sempre essere in crescita, il problema è che ci sono i cicli… l’ideale è di eliminare i cicli

Sì una sorta di linearità…

Intervento: un aumento della produzione perché significa un aumento del benessere… di avvicinarsi sempre attraverso a questa tensione ascendente

Lei ha fatto bene a citare Popper, anche per Popper in effetti non è tanto il raggiungere la verità, a parte il fatto che non era in condizioni di farlo, ma è il sapere qual è la direzione giusta, questa fase direi che si situa lì…

Intervento: questi cicli si possono evitare se io so prima qual è la verità, sapendolo io posso…

Anche lì può supporre di sapere qual è la direzione, ma in realtà non lo sa…

Intervento: ad esempio se l’ideale dell’economia è quello di aumentare il benessere si tratterebbe di capire che cos’è il benessere… se il benessere è inteso nei beni materiali… se il benessere è inteso ad avere per esempio il telefonino…

La pubblicità si adopera in questo senso, indicare di volta in volta in che cosa consiste il benessere. Tutto ciò che stiamo dicendo riguarda questioni retoriche, in questo caso tengono sempre d’occhio l’aspetto logico da cui muovono e che ne è la condizione, cioè il funzionamento del linguaggio, sì, costruire, trovare proposizioni vere abbiamo detto che non è altro che ciò che comunemente si chiama potere, che ciascuno immagina di avere, anche la persona che ne è totalmente sprovvista in assoluto ha una sua idea, crede che questa sua idea sia vera. Potremmo dire che il potere è arrogante per definizione, perché ritiene di avere trovata la verità, è un’illusione ovviamente, nel nostro caso dove invece la verità è stata reperita in termini molto precisi non c’è nessun potere e quindi nessuna sopraffazione, c’è solo la consapevolezza. Sì cosa diceva Beatrice?

Intervento:…

Non è altro che una figura retorica, quindi ha soltanto la supposizione di potere avere la verità perché il discorso si nutre per così dire di questo…

Intervento: ogni affermazione…

Esattamente, quando è creduta vera immediatamente questo si traduce in potere, non importa se uno è la persona più derelitta di questo mondo, la sola idea di conoscere come stanno le cose mentre invece gli altri non lo sanno da un potere che per lui è fondamentale, è quello che consente al suo discorso di proseguire…

Intervento: la questione di potere sapere e quindi dell’avere ragione. Di fronte alla nostra affermazione che qualsiasi cosa è un gioco linguistico le persone non tanto perché hanno riflettuto a fondo sulla questione rispondono a furor di popolo noi abbiamo ragione perché le cose esistono al di là del dire e questa sorta di potere che è dato da queste voci… nel contesto discorsivo gli operatori deittici l’io, il tu ecc. questo tu che non ha mai ragione tutto sommato

Non è che non ha ragione, ci sono casi in cui ce l’ha…

Intervento: parliamo della responsabilità ma in questo caso la questione della differenza cioè gli elementi che devono differenziarsi e quindi questa contrapposizione continua… a priori il tu per certi discorsi non ha mai ragione…

Il discorso paranoico, chiamiamolo per nome…

Intervento: a priori non c’è ascolto perché io ho ragione quasi fosse abituato a utilizzare queste proposizioni e non potesse aprire il discorso a nulla perché ciò che crede lo porta in questa direzione oppure un’altra struttura di discorso prima parlavamo del dubbio il tu può essere colui che ha ragione perché per esempio nel discorso ossessivo, riprendendo le vecchie categorie

Finché non ce n’è di nuove… nel discorso ossessivo apparentemente ha ragione l’altro, in realtà è una forma di seduzione, vuole soltanto averne il potere seducendolo…

Intervento: abbiamo a che fare con queste strutture che funzionano così

Intervento: il discorso paranoico per poter dire io ho ragione ha bisogno dell’altro che ha torto

Intervento: a me interessava proprio la struttura

Cioè cosa si verifica nel funzionamento di un discorso quando è a fronte di un altro discorso che individua come altro da sé?

Intervento: partiamo sempre dal fatto che un discorso non sa di essere un discorso perché c’è un corpo che ha questo potere di vita e di morte sulla parola

Sì ma noi sappiamo benissimo che invece è un discorso, e quindi può essere interessante intendere qualcosa di più, cioè che cosa avviene in un discorso quando è a fronte di un altro discorso che individua come altro da sé, questa individuazione è data appunto dagli operatori deittici io, tu, noi, voi, essi…

Intervento: poi un’altra questione importante che già Freud poneva è la questione del corpo che esprime che ha potere sul discorso

Questa è una superstizione…

Intervento: certo che è una superstizione ma è la più grande superstizione, è molto difficile elaborare questa questione

Difficile in termini retorici, in termini logici in termini logici è molto chiara…

Intervento: anche perché in termini retorici ci sono pochissime proposizioni che si prestino a un utilizzo confacente a quello che andiamo dicendo

La questione di cui dicevamo l’altra volta, e cioè la superstizione che afferma: “io sento” e se lo sento attiene al corpo e non al discorso, senza sapere che questo “io lo sento” è possibile grazie a una serie di operatori linguistici…

Intervento: questa è la questione più difficile ma è su quella che occorre lavorare

Allora ci si cimenti… va bene, proseguiremo giovedì prossimo.