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17-5-2006

 

Intervento: la responsabilità e la questione del potere

La responsabilità dice lei, chi risponde? Chi parla ovviamente, cioè il discorso, e di cosa è responsabile il discorso? Di ciò che dice? Sì anche, ma soprattutto è responsabile del fatto che non c’è nulla fuori dalla parola, che qualsiasi cosa è un elemento linguistico, di questo è responsabile il discorso, se è responsabile, naturalmente, è questa la sua responsabilità, è questo che si risponde continuamente e che non può non rispondersi: qualsiasi cosa è un elemento linguistico e quindi essendo un elemento linguistico è inserito all’interno di un gioco, essendo inserito all’interno di un gioco trae la propria verità o falsità dalle regole di quel gioco, e che qualunque cosa si ponga è necessariamente o vera o falsa all’interno di quel gioco, fuori da quel gioco no, non significa niente per cui non è né vera né falsa, ma all’interno di quel gioco deve essere o vera o falsa e di questo occorre tenere conto, ma vera in base alle regole di quel gioco, sono quelle regole che stabiliscono quale conclusione sarà vera o sarà falsa, cioè verrà accolta oppure rigettata. Un gioco linguistico “deve”, non “può”, deve essere vero, deve potere concludere in un modo tale da potere affermare che la conclusione o è vera o è falsa, se è vera prosegue, se è falsa no…

Intervento:…

Allora deve cambiare direzione, ma deve concludere, in un modo o nell’altro, questa è una prerogativa del gioco linguistico che, essendo un gioco, è vincolato da regole e queste regole a che cosa servono? Perché alcune mosse sono consentite e altre no? Perché se così non fosse il gioco non potrebbe farsi perché a quel punto qualunque conclusione verrebbe accolta oppure rigettata e allora non si gioca più. La responsabilità coinvolge il funzionamento del linguaggio perché il discorso di questo è responsabile, di ciò che non può non sapere, di ciò di cui non può non tenere conto, appunto che ciascun elemento è un elemento linguistico. Potrebbe darsi un elemento non linguistico?

Intervento: no, perché per interporre questo elemento c’è la necessità che affermi quell’elemento che non è linguistico, pare un paradosso ma è necessario una struttura per affermare che qualcosa non è linguaggio

Sì, è vero certo, per potere affermare che qualcosa non è linguaggio occorre il linguaggio e quindi cosa dobbiamo trarre da questa considerazione?

Intervento: non c’è uscita dal linguaggio

Beh, per il momento non è ancora così automatico…

Intervento: occorrerebbe isolarlo dal linguaggio

E se fosse già isolato? C’è anche questa possibilità…

Intervento: non sarebbe riconosciuto dal linguaggio quindi sarebbe niente… per valutare che questa cosa non è un elemento linguistico occorre il linguaggio

Questa non è tout court l’esistenza fuori dal linguaggio, dice soltanto che per poterla verificare occorre una struttura, però nessuno mi dice qualcosa di decisivo… se non lo posso verificare, signori, rimane un’ipotesi, e che cos’è un ipotesi? È un’affermazione che attende di essere verificata ma non lo è ancora. È possibile verificare qualcosa in assenza di linguaggio? No, quindi un’ipotesi che non è verificabile che cos’è? È nulla. Ci sono vari modi per affermare, consolidare o provare ciò che diciamo, dovete averli a disposizione tutti simultaneamente per potere usare di volta in volta quello che ritenete più opportuno. Prendete carta e matita e scrivete: “perché non esiste nulla al di fuori del linguaggio?” e date almeno cinque risposte, tutte ineccepibili e inattaccabili, fate questo esercizio, vi tornerà utile. Daniela, se esistesse qualcosa in assenza di linguaggio noi potremmo saperne qualcosa?

Intervento: No…

Come lo sa? Come fa ad affermarlo con tanta certezza?

Intervento: non posso in nessun modo verificare che sia possibile determinare qualche cosa se non all’interno della struttura linguistica

Ma può escludere che possa esistere qualcosa in assenza linguaggio?

Intervento: posso escludere che esista qualcosa fuori dal linguaggio?

Sì, le ho chiesto questo, un retore le porrebbe questa domanda, un logico no probabilmente, ma un retore sì perché potrebbe sfruttare la sua risposta a suo vantaggio. Sì o no? Verrebbe da pensare che non lo possiamo escludere, è vero che non la possiamo dimostrare ma non possiamo neanche dimostrare il contrario, e cioè che esista qualcosa fuori dal linguaggio, non possiamo provarlo, ma possiamo provare che non c’è?

Intervento: ma in ogni caso anche se ci fosse non potrei parlarne in nessun modo e quindi posso dire che qualche cosa esiste al momento in cui esiste un concetto

Un retore sfrutterebbe questa sua risposta, e cioè: “anche se esistesse”, quindi lei dice che c’è la possibilità che esista, ma anche se esistesse, lei dice, comunque noi non lo sapremmo, bene, però dalla sua stessa risposta si evince che potrebbe esistere, non ne sapremmo niente ma esisterebbe…

Intervento: potrei chiedere: che cosa intende con esistenza?

A questo punto mi avvalgo della sua domanda: esiste tutto ciò che esiste nella parola, e quindi anche ciò che è fuori dal linguaggio, esistendo nella parola, perché lo sto dicendo, esiste.

Intervento: sta utilizzando delle parole legate tra loro

Infatti io uso il linguaggio come uno strumento, come arma delle volte, è utilizzando il linguaggio che posso affermare questo, è il linguaggio che mi consente di affermare che esiste qualcosa fuori dal linguaggio, ora, io do molto credito al linguaggio, lo tengo in moltissima considerazione al punto da credere in ciò che afferma, qualunque cosa, che poi sia vera oppure no questo dipende dai criteri che vorremo utilizzare, ma affermo che esiste perché il linguaggio l’ha posta e se il linguaggio l’ha posta deve esistere necessariamente, a meno che non diamo una definizione diversa di esistenza…

Intervento: il linguaggio potrebbe anche dire che lei non esiste

Sì, potrebbe farlo…

Intervento: e allora se è un mezzo il linguaggio in che modo può utilizzare se abbiamo tolto la sua esistenza? decade la questione del linguaggio posta in questi termini

No, non è esattamente così, anche l’affermazione che dice “io non esisto” viene accolta, perché cosa fa? Prima il linguaggio mi pone e quindi esiste, e poi afferma che non esiste, cioè compie un’operazione che la retorica può fare, dire che una certa cosa non esiste, come faceva Magritte disegnando la pipa e scrivendo sotto “questa non è una pipa”, come dire che la pipa non esiste più? No, compie un gioco retorico che può compiere proprio perché ha posto in essere, cioè come esistente, qualche cosa che da quel momento esiste, perché nel momento in cui il linguaggio parla esiste.

Intervento: un momento il linguaggio non è un mezzo perché il linguaggio compie tutte queste operazioni…

Io ho detto che è uno strumento infatti lo sto utilizzando in questo momento per mettervi in difficoltà, un utensile…

Intervento: il concetto di esistenza esiste, poi può porsi fuori dal linguaggio

Io addirittura ho detto che esiste, ho posta la definizione di esistenza come ciò che esiste nel linguaggio, nella parola, cioè ciò che viene detto, ciò che viene affermato dal linguaggio…

Intervento: lei ha posto la nozione di esistenza fuori dal linguaggio... certo può consentire di affermare qualunque cosa… però esiste nel linguaggio nel senso che… il linguaggio mi consente di fare qualunque affermazione sia che sia dentro, sia che sia fuori…

È come la prova dell’esistenza di dio, è possibile provare che dio esiste, dopodiché cosa ho fatto esattamente?

Intervento: ho costruito una stringa di inferenze

Sì, un sofisma, per cui è anche possibile affermare che qualcosa esiste fuori dal linguaggio, così come ho fatto, così come si può dire che dio esiste, certo che esiste in quanto se ne parla…

Intervento: ieri sera forse la frase che poteva essere detta che l’unica realtà possibile è il linguaggio… andava detta in modo più marcato cioè non negare la realtà…

Può spingersi ancora oltre, in effetti la realtà interviene al momento in cui si parla perché ciò che si dice al momento in cui si dice esiste, ed è l’unica esistenza, poi costruendo varie proposizioni si configura in vari modi ma l’esistenza è questa: che qualcosa dicendosi si dice, e da quel momento esiste. Rileggete Austin “Fare cose con le parole”, sono le parole che creano le cose perché le parole esistono e da quel momento comincia a esistere tutto, in seguito al fatto che esistono le parole.