INDIETRO

 

 

17-4-2013

 

Ciò che stiamo facendo ultimamente è riconfigurare la psicanalisi, abbandonando concetti come quello di inconscio, di rimozione, che sono impiantati ancora su questioni magiche, superstiziose, insomma dare alla psicanalisi uno statuto, non dico scientifico perché non significa niente, ma dignitoso. La prima cosa da fare è mostrare come i concetti di inconscio o di rimozione possano essere mostrati in modo molto più semplice e più efficace attraverso il funzionamento del linguaggio, senza ricorrere a termini o concetti più o meno metafisici, più o meno magici. Come sapete l’inconscio di cui parla Freud è costituito da ciò che è rimosso, dall’Es e dalle pulsioni che per lui sono due: pulsioni sessuali e pulsioni dell’Io, poi pulsioni di vita e pulsioni di morte. L’Es costituisce grosso modo il luogo dove permangono quegli istinti naturali che muovono gli umani, dove ci sono forze poderose e sconosciute e incoercibili, che non possono essere eliminate, non possono togliersi. Posto così come l’ha posto Freud l’Es è veramente di scarsissimo interesse. Lacan aveva fatto un piccolo passo avanti accorgendosi che Es in tedesco è la forma impersonale, poi Verdiglione l’ha ripresa articolandola ulteriormente e mostrando come l’Es non sia nient’altro che “l’impersonale”. In tedesco è un pronome impersonale che viene usato nella locuzione “es regnet”, per dire “piove”. Nella teoria di Verdiglione dunque l’Es in quanto l’impersonale è ciò cui un percorso analitico occorre che giunga nel momento in cui giunge alla cifra, la cifra sarebbe l’impersonale: volgere il personale, cioè ciò che è ritenuto appartenere alla persona in qualcosa che non appartiene più alla persona ma riguarda l’atto di parola. Dunque l’inconscio, occorre trovare il modo per mostrare che tutto ciò che si pone come inconscio non appartiene ad altro che alla struttura del linguaggio, non ci sono forze sconosciute, incoercibili, e malefiche che operano nella persona, e giungere all’impersonale non è altro che un altro gioco linguistico. Si tratta di intendere che tutto ciò che contrasta, che impedisce qualche cosa che si è consolidato come verità all’interno di un discorso, tutto questo non può coesistere con la verità che è stata accolta, non potendo coesistere viene apparentemente cancellato dal sistema, ma come sappiamo non è che venga eliminato, propriamente, ma permane, permane perché, come dicevamo, tutto ciò che è stato accolto come vero dal discorso non può togliersi, a meno che non venga dimostrato essere falso, e allora sì, se no permane. Tutte quelle cose che sono connesse con queste verità, accolte dal discorso ma che non hanno la possibilità di emergere perché sono contraddittorie con delle verità che sono riconosciute dal discorso come più funzionali al suo funzionamento, ecco, tutte queste cose, sono quelle cose che Freud ha immaginato costituissero l’inconscio. Non ha avuto torto a considerare che tutte queste cose hanno una certa importanza, poiché così come minacciano la verità, quella più funzionale al sistema, allo stesso tempo sono una minaccia per la persona che non è nient’altro che questo discorso, cioè questa somma di verità, cioè il suo sapere, e lo minaccia mettendolo in difficoltà ogni qual volta questa verità che è stata, che si è dovuto accantonare, usiamo questo termine forse più appropriato, può tornare ad affacciarsi nel discorso laddove trovi un aggancio o una serie di agganci che la ripropongono. Può anche essere una cosa importante la verità che è stata accantonata, ma è comunque sempre meno importante della verità nei confronti della quale costituisce una minaccia, se no avrebbe lei la supremazia, cioè sarebbe più funzionale al sistema. Con “più funzionale” intendo dire che consente al sistema di muoversi attraverso un numero maggiore di agganci, di connessioni. Il discorso funziona attraverso l’affermazione di proposizioni vere, ovviamente accade che all’interno di questo sistema, cioè del discorso, ci siano altre affermazioni vere che però contrastano, cioè non sono coerenti con altre affermazioni, quindi una delle due deve essere accantonata, tutte queste verità che vengono accantonate costituiscono quello che nella psicoanalisi è noto come l’inconscio. Certamente costituiscono qualche cosa che fa muovere la persona in una certa direzione, ogni qual volta questa verità accantonata, in seguito a una serie di connessioni, si riaffaccia, riaffacciandosi è come se riacquisisse la sua priorità e quindi fa muovere di conseguenza, come fa qualunque verità, e questo rende conto tanto della rimozione, quanto dell’inconscio. Riuscire a riproporre la psicoanalisi in questi termini, torno a dire non scientifici, perché non significa niente, ma attinenti al funzionamento del linguaggio potrebbe costituire forse la nostra fortuna in quanto si ripropone una teoria come la psicoanalisi, senza tutte le connotazioni magiche. Una delle principali questioni connesse con la psicanalisi, anche da parte dei suoi detrattori, è che costituisce una teoria fondata sull’irrazionale, sui sentimenti, emozioni, eccetera, questa è stata anche la sua fortuna perché per molte persone dare credito e importanza alle emozioni e alle sensazioni è come dare importanza a loro. Possiamo dare alla psicoanalisi uno statuto più dignitoso, meno fantasioso, più potente, tutto naturalmente tenendo conto unicamente del funzionamento del linguaggio, il quale linguaggio per potere funzionare, cioè per potere proseguire deve di volta in volta concludere con un’affermazione che venga accolta come vera dal discorso stesso. Con “vera” intendiamo semplicemente che non contraddica le premesse da cui muove. È molto semplice, deve proseguire con affermazioni vere, qualunque cosa ostacoli questo percorso ostacola il percorso stesso del linguaggio, ma il linguaggio non può arrestarsi e pertanto utilizzando quella regola che lo fa funzionare, cioè il principio di non contraddizione elimina quelle affermazioni che sono contrastanti fra loro, cioè di due ne accoglie solo una, quale? Quella che gli consente di funzionare, di funzionare e cioè di costruire altre proposizioni. Verità contrastanti accolte dal sistema non è propriamente che bloccherebbero il sistema, cioè lo bloccherebbero se fossero simultanee entrambe, se no in effetti costituirebbe sì una possibilità di proseguire, ma di proseguire in direzione molto limitata. Vi facevo l’esempio della marmellata, della mamma buona e cattiva “se la mamma è buona questo mi consente di proseguire a vivere letteralmente, se invece accolgo quell’altra che dice che la mamma è cattiva perché non mi dà la marmellata, le opportunità di proseguire, aldilà di mangiarmi la marmellata, sono molto limitate, sono chiuse perché se la mamma è cattiva allora non farà più quelle cose che mi danno l’opportunità di continuare a vivere”. Magari non è posta in questi termini, però non c’è nient’altro all’interno del funzionamento del linguaggio se non la ricerca continua di ciò che fa girare il sistema e cioè delle affermazioni vere, c’è solo questo, come in una macchina vengono accolte tutte quelle proposizioni, quelle sequenze che sono riconosciute vere, cioè possono fare funzionare il sistema, se ce n’è una che lo impedisce anche la macchina si arresta, si arresta perché è programmata per arrestarsi, non è che si arresta per una sua decisione. Anche gli umani si arrestano perché sono programmati per arrestarsi di fronte a una cosa che è simultaneamente vera e falsa, di per sé una cosa che simultaneamente è vera e falsa non significa assolutamente niente, significa qualcosa e quindi diventa un problema quando ci sono delle istruzioni che dicono che se una certa cosa è vera e falsa simultaneamente allora deve essere o una o l’altra, o nella peggiore delle ipotesi nessuna delle due.

A questo punto la psicoanalisi non è nient’altro che l’analisi del discorso a partire dal funzionamento del linguaggio, tiene conto di come funziona il linguaggio, quindi di conseguenza ci sono una serie di mosse che vengono fatte dal discorso, la prima, prioritaria è quella di andare sempre nella direzione che riconosce vera, cioè che non contraddice le premesse che lo muovono. Ma perché gli umani imparano a parlare? Questa è una domanda piuttosto insolita, non tanto “come” gli umani imparano a parlare ma “perché?” imparano a parlare, perché? Cosa c’è nel linguaggio che costituisce quasi una necessità di apprendimento? E non è tanto perché vivere necessita del linguaggio, perché originariamente non c’era nessuna necessità, ma c’è qualche cosa all’interno della struttura stessa del linguaggio che costringe a proseguire e viene da pensare che gli umani imparino il linguaggio quando viene loro trasmesso perché per la struttura stessa del linguaggio è come se non potessero più farne a meno, una volta che hanno acquisto delle informazioni è come se non potessero più tornare indietro, non potessero più farne a meno, ma a meno di che? Il linguaggio, di cui sono fatti, li costringe ad andare sempre nella direzione della verità e ricercare sempre e comunque proposizioni vere, affermazioni vere. È questo il motivo, molto probabilmente, per cui gli umani imparano a parlare, potrebbe anche non importare niente, tecnicamente è possibile, però nel momento in cui si avviano certe procedure è come se da quel momento queste stesse procedure diventassero “autonome”, cioè il linguaggio cominciasse a funzionare e funziona, tra virgolette “da solo”. È un’ipotesi per il momento, però pare abbastanza accreditabile, anche perché non ci sono altre cose che costringano a imparare a parlare se non il linguaggio stesso, e certo non è la mamma che insiste, perché insista occorre che ci sia già il linguaggio, se no insistere, come si può fare con un gatto, si può insistere per tutta la vita e anche oltre e non succederà mai niente. Adesso vi dirò delle cose che potranno apparire un po’ fantascientifiche, e magari lo sono pure, però possono dare l’occasione per rifletterci ancora. Stavo pensando infatti al linguaggio che si installandosi negli umani come un virus, li trasforma irreversibilmente, e cioè fa fare loro delle cose che sono quelle cose che noi chiamiamo parlare, pensare, fare, eccetera. Il linguaggio, posto in questi termini, è da pensare come un virus informatico, un qualche cosa che costringe un’altra cosa a muoversi nel modo che vuole lui, e quelle cose che chiamiamo umani hanno incominciato a muoversi, a pensare, a fare delle cose a causa o grazie a questo virus che è il linguaggio. Senza questo in effetti nulla di tutto ciò che siamo, che abbiamo fatto, che abbiamo pensato in questi ultimi tre milioni e mezzo di anni non sarebbe mai esistito. Non che sia un virus propriamente, però funziona come un virus, e cioè fa fare a una certa cosa un’altra cosa, esattamente come fanno i virus informatici. Appare che questa cosa che chiamiamo linguaggio abbia trasformato gli umani in modo tale, che dopo non sono più stati la stessa cosa, non sono più stati come le volpi o le scolopendre, sono diventati un’altra cosa, letteralmente. E perché imparano a parlare? Il linguaggio, la struttura di cui è fatto, costringe a costruire proposizioni, sempre nella ricerca di quelle proposizioni che possono essere accolte come vere. Dal momento in cui si installa il linguaggio, da quel momento essendo strutturato in un certo modo deve proseguire a costruire sequenze vere, che riconosce come vere. Intervento: la ricerca della verità…

La ricerca della verità fuori dal linguaggio viene dopo, molto dopo, è una cosa che viene trasmessa insieme a delle informazioni false, per così dire, e tendenziose, cioè si fa credere che ciò che si afferma è vero se collima con qualche altra cosa che è stato insegnato essere vero, ma non è né vero né falso, si è insegnato che è vero, cioè le cose che vedo, gli si insegna che sono vere, e che quindi costituiscono il parametro di riferimento per il discorso per costruire affermazioni vere, ma questo subentra dopo. All’inizio è una struttura, un virus che si riproduce all’infinito. Vi faccio un esempio molto banale, ci sono dei virus dei computer che sono fatti da dei burloni in questo modo: una volta che si installa nel computer modificano l’assetto, la configurazione dei files di sistema del computer, per cui il computer appena si accende incomincia ad aprire finestre all’infinito. Sono finestre nulle, vuote, che non significano niente, e non si ferma mai finché ha saturato la memoria del sistema, a quel punto si ferma. Questo virus è programmato in modo da riprodurre il suo funzionamento all’infinito. Ecco, il linguaggio funziona grosso modo alla stessa maniera, non riproduce finestre vuote, produce altre cose più complesse, più sofisticate, ma riproduce all’infinito delle sequenze che devono concludere in modo vero. Per esempio nel virus di cui vi dicevo, “concludere in modo vero” è aprire una finestra e mostrarla sul monitor, per lui ha concluso, a questo punto deve farne un’altra, e poi un’altra, all’infinito. Questo linguaggio, questo virus, dal momento in cui si trasmette da un umano all’altro lo modifica, l’umano non è più come prima, cioè come era quando era senza linguaggio, non sapremo mai com’era ovviamente, perché per sapere ci vuole il linguaggio, ma lo modifica, letteralmente.

A noi non interessa minimamente sapere da dove è partito il linguaggio, non lo sapremo mai, ci interessa sapere come funziona adesso, qui e ora, per quale motivo per esempio, ci siamo chiesti questa sera, qualcuno impara a parlare, perché dovrebbe farlo? Ciò che gli si trasmette contiene delle informazioni, sono queste informazioni contenute in ciò che gli si trasmette che lo costringono a proseguire e quindi a imparare sempre di più, cioè gli si trasmette questo “virus”, e incomincia a riprodurre proposizioni all’infinito; cosa fanno gli umani e ci pensate bene, per tutta la loro esistenza, da quando incominciano a esistere nel linguaggio, cioè a esistere tout court, fino a quando smettono di farlo? Costruiscono proposizioni vere, cioè aprono finestre all’infinito, come fa il virus giocherellone. Tutto ciò è soltanto un funzionamento, che intravedo essere straordinariamente semplice. Perché quel virus continua a spalancare finestre all’infinito? Perché lo fa? Perché è stato programmato per fare questo, non c’è nessun altro motivo, e gli umani sono programmati, lo so che a Eleonora non piace questa parola, la detesta, per aprire finestre all’infinito, ogni finestra possiamo considerarla una proposizione vera. Dicevo prima che gli umani fanno questo per tutta la vita: costruiscono proposizioni vere. Certo è una struttura che a noi appare essere molto complessa, ma non è né complessa né semplice, non è niente, a noi appare essere complessa, tutto qui.

La questione è: perché non si può smettere di parlare? Cosa c’è in questo marchingegno che impedisce che si smetta di parlare? Come per le finestre del computer. C’è qualcosa nella struttura del linguaggio che non soltanto impedisce ai parlanti di fermarsi, ma li costringe a proseguire e imparare a parlare, se no perché mai avrebbero dovuto imparare a parlare? Per muoversi meglio? Meglio di che cosa? Quando non c’era nemmeno il concetto di meglio o di peggio, che non esisteva né poteva esistere, non è neanche pensabile una cosa del genere.