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17-2-2000

 

L’affermazione che qualunque cosa questa è necessariamente un atto di parola, occorre che funzioni nel discorso comune esattamente così come funziona il principio di non contraddizione…

Intervento: e quindi non c’è bisogno retoricamente che ci sia il principio di non contraddizione perché quello già funziona nel discorso… la proposizione nulla è fuori dalla parola deve funzionare senza doverla enunciare e cioè renderla vera o falsa a seconda del gioco che si intende, cioè se interviene crea proposizioni che in qualche modo la devono verificare e quindi fa compiere al discorso giri superflui. Perché interviene come se io ricordassi “che bello nulla è fuori dalla parola” e allora se questo serve a far dimenticare a cosa serve, mi dimentico anche perché è così importante che “nulla è fuori dalla parola” perché immediatamente il discorso religioso taglia via tutte le questioni e non se ne parla più, chiude il discorso, però dio o la proposizione non cambia molto la questione, ho dato un nome ad una cosa e quella cosa funziona come dio. Come fare in modo che questa proposizione funzioni automaticamente nel discorso, quindi sia non più usufruibile, fare in modo che non ci sia più bisogno di fare migliaia di giri. Diceva bene Sandro quando parlava del percorso e quindi arrivare ad intendere che nulla è fuori dalla parola, la cosa è semplice però le “resistenze” di cui parlava Freud sono sempre resistenze, la cosa continuamente sotto il naso, fare in modo che questa proposizione funzioni e non sia più usufruibile cioè non sia più quella cosa che rompe le scatole

Quindi perché il principio di non contraddizione è assolutamente presente e inserito in una sorta di automatismo in qualunque discorso, mentre questa proposizione no? Perché nel discorso comune non è così diffuso in quanto che “nulla è fuori dalla parola” sia una proposizione che può essere considerata con tutte le sue implicazioni, nel discorso religioso non esiste questa proposizione e quindi non esistono tutte le implicazioni e quindi può continuare a esistere lungo il discorso religioso, mentre quello di non contraddizione sì, funziona, perché la persona cerca comunque parlando di non contraddirsi o se lo fa e se uno glielo fa notare si secca, generalmente, e quindi funziona come una sorta di automatismo (mi stavo chiedendo se l’operazione che stiamo facendo non sia la stessa di Aristotele, Aristotele non ha inventato nulla, ha semplicemente formalizzato qualcosa di esistente, qualcosa di funzionale, lei dice… la questione di questo assioma che dice che nulla è fuori dalla parola, non funziona ma il discorso religioso comunque la fa funzionare, in un certo senso può anche darsi che funzioni, può anche darsi) il discorso religioso? Il discorso religioso si fonda sull’esclusione di questa proposizione (tuttavia ci si trova in mezzo costantemente) no, non esiste cioè questa proposizione per il discorso religioso è un non senso oppure è falsa, in entrambi i casi non è utilizzabile (sì però qualunque discorso non può dire che il principio di non contraddizione è vero o falso, perché già funziona mentre parla, quindi il dire che è vero o falso il principio di non contraddizione sarebbe una tautologia, nel senso che utilizza il principio di non contraddizione per parlarne, quindi può anche dire che la proposizione nulla è fuori dal linguaggio è vera o falsa ma comunque si trova nella parola, volente o nolente, in questo senso intendo dire che funziona, può anche non riconoscere, come può anche in teoria non riconoscere il principio di non contraddizione, però funziona e lo stesso che possa dire quello che sto dicendo, quindi sto dicendo che stiamo in un certo senso formalizzando qualcosa allo stesso modo di Aristotele, Aristotele ha formalizzato questi tre principi logici, ma non li ha inventati non ha rivoluzionato nulla, ha dato forse allo stesso modo in cui potremmo farlo noi, degli strumenti per pensare, anche noi non abbiamo inventato nulla, abbiamo formalizzato quello che è un principio, come quello di non contraddizione, di identità… forse ha una valenza diversa però non è che questo principio non funzioni, forse posso non riconoscere…) questo sì, può essere interessante mostrare che il principio di non contraddizione funziona nel linguaggio senza che nessuno se ne avveda ma poi di fatto funziona e se ne avvede nel momento in cui ci incappa, allo stesso modo si potrebbe utilizzare questo discorso per quanto riguarda la proposizione che stiamo discutendo “nulla è fuori dalla parola” mostrare come di fatto funzioni, ma, ma siamo sicuri che funzioni? Siamo sicuri che funzioni? (io parto dal principio che comunque posso anche negarlo…) senza il principio di non contraddizione è impossibile parlare, come qualunque altro principio piaccia dire, non è possibile parlare, potremmo dire la stessa cosa del principio che afferma che nulla è fuori dalla parola? (al contrario, è un’operazione retorica la mia, come dire mostrare anche per benevolenza, anche per noi che non si sta dicendo nulla di strano, si sta dicendo esattamente come funziona il linguaggio, perché funziona comunque, è semplicemente il rilevare un principio, come quelli di Aristotele, eventualmente l’operazione può essere affinata nel modo che diventa estremamente evidente che il principio di non contraddizione per esempio è assolutamente necessario, se vogliamo formalizzare, in questo caso si tratta di trovare il modo di rendere assolutamente evidente. Quando si dice che è una proposizione non negabile, come è una proposizione non negabile il principio di non contraddizione, allo stesso modo, far toccare con mano, come dire non ho mai pensato, perché in effetti nessuno pensa al principio di non contraddizione, ma quando lo legge è così, non puoi dire nulla che possa contraddire questa cosa…) sì ci manca ancora un elemento in effetti il principio di non contraddizione come tutti gli altri non è altro che un componente di un altro elemento, che è la proposizione che stiamo avanzando, si tratta di trovare questo aggancio, rendere assolutamente necessario e semplice il passaggio fra il principio di non contraddizione per esempio, o qualunque altro sia, e questa proposizione che “nulla è fuori dalla parola”, naturalmente sì, se non è negabile questo non è negabile neanche quest’altro (infatti io stavo pensando come se questo fosse il quarto principio, i principi di Aristotele sono assolutamente collegati l’uno all’altro) potremmo dire che ciascuna cosa è necessariamente quello che è, questo comporta che sia identica a sé che non possa esserci nulla che la contraddice e che non ci sia una terza possibilità di fronte ad una alternativa (lei riesce a tradurre il nostro principio in questo modo?) è possibile. Ha già in mente? (…) cosa sono io l’hardware? Interessante questo, riuscire a formalizzare allo stesso modo, così come è immediatamente evidente che i principi di non contraddizione ecc., quasi immediatamente evidente anche se molti dicono di no… però è abbastanza facilmente dimostrabile il funzionamento e che il fatto che non sia negabile, che in qualunque modo io voglia negare il principio di non contraddizione, nelle proposizioni che costruirò lo dovrò utilizzare, ché se mi contraddico non vado da nessuna parte, ecco mostrare che questa proposizione che afferma che qualunque cosa è necessariamente un atto di parola, è necessariamente nel linguaggio che è la stessa cosa, funziona allo stesso modo, sì direi che questo è l’obiettivo, cosa dice Cesare? sì ci stiamo avvicinando molto alla questione centrale…..costruire un’argomentazione logica molto potente (addirittura il principio da cui discendono tutti i principi) sì o come diceva lei un quanto principio, adesso non stiamo a fare le graduatorie oppure un principio che è composto da questi altri principi, così come un po’ l’abbiamo pensato fino ad oggi, una sorta di meta principio che è fatto poi di questi altri principi, l’aggancio è questo, così come non è negabile il principio di non contraddizione, perché non è negabile lo abbiamo detto, perché chiaramente viene utilizzato, però possiamo fare la stessa cosa per il principio che non c’è uscita dal linguaggio, l’abbiamo anche fatto, il fatto che non c’è uscita qualunque cosa io cerchi di fare è necessariamente un atto di parola, però è come se fosse ancora troppo complicato, non così quasi immediatamente evidente come il principio di non contraddizione, bisogna pensarci, si tratta poi di pensare, di costruire una serie di proposizioni non tantissime non più di sette, otto ..dieci ma che siano quasi immediatamente evidenti (per esempio utilizzare A e non A… stavo pensando prima che la questione grossa è la realtà, c’è qualcosa che deve escludere questa possibilità, è questo che frena ad intendere una cosa di questo genere, ciò che dico è vero ma c’è la realtà, cioè qualcosa che non è nel linguaggio, nel linguaggio c’è ciò che dico e basta, nessuna considerazione che la realtà sia ciò che dico, viene continuamente elusa la questione della realtà, ciò che impedisce ad una persona di intendere ciò che diciamo è perché crede in lei, qualunque cosa sia, c’è qualche cosa che è fuori…) l’aggancio può passare attraverso questo, qualunque pensiero attorno alla realtà comunque la consideri, in qualche modo è costretto pensare alla realtà come un qualche cosa che non sia autocontraddittorio perché si dissolverebbe, la realtà occorre che sia non autocontraddittoria (come se fosse fuori dal linguaggio perché non sia aucontraddittoria) a questo punto occorre porre l’autocontraddizione o comunque la contraddittorietà, o il principio di non contraddizione come necessariamente nel linguaggio, questo già sarebbe un passo avanti, se l’autocontraddizione è necessariamente un fatto linguistico (è negabile?) sì , allora il fatto che la realtà possa essere autocontraddittoria è un fatto linguistico e può essere autocontraddittoria se e soltanto se è nel linguaggio, autocontraddittoria oppure non è contraddittoria, è su questo che occorre lavorare, ché la realtà molto spesso anche nella filosofia è un discorso, è stata accostata alla verità è vero ciò che è reale, la realtà non mente poi ci sono tutti i luoghi comuni ecc… e se mente non è la realtà è un’apparenza, la realtà non può mentire perché è necessariamente quello che è, cioè è un principio di identità, deve pensarsi bene, mi sa che abbiamo dato una direzione precisa alla ricerca, molto precisa… Cesare qualche considerazione? (il fatto che anche i tre principi sono religiosi, cioè la realtà esiste…) (e lo sono religiosi al momento in cui senza questo assioma questi principi possono essere intesi religiosamente, perché al posto di A e non A non metto più delle proposizioni ma metto delle cose, invece questo principio dovrebbe costringere ad accogliere delle proposizioni che possono allora sì giocare)… allora dobbiamo lavorare in questa direzione della contraddittorietà o non contraddittorietà della realtà, come avvio, perché non può essere autocontraddittoria? Che cosa significa affermare che è autocontraddittoria per esempio o che non lo è? Formalizzare il tutto… (il principio di identità dice che qualcosa è se stesso, certo è fuori dal linguaggio) sì non può essere nient’altro che se stesso e se è se stesso non è altro, o è se stesso o è altro (il principio di identità come ciò che non è autocontraddittorio, la relazione di autocontraddittorietà è nel linguaggio anche questo) sì certamente bisogna renderlo quasi autoevidente, sta qui la difficoltà, certo è un principio, una procedura linguistica e non può essere altrove, ci pensiamo è una questione piuttosto complessa (non funzionerebbe il linguaggio senza i principi) ci sono tutte le obiezioni, supponiamo che tolgo il principio di non contraddizione e quindi non posso più parlare della realtà però la realtà esiste lo stesso anche se non ne parlo, questa è l’obiezione più corrente, perché ne abbiamo parlato anche nella Seconda Sofistica però non è ancora così semplice (…) potremo dire che se togliamo il principio di non contraddizione non possiamo più parlare della realtà né di qualunque cosa… se uno toglie il principio di non contraddizione per cui qualunque cosa dica può significare qualunque altra, non può più parlare di niente, però uno potrebbe dire io non posso parlare di niente però la realtà c’è lo stesso (le obiezione al sofista) è un bel compito per giovedì prossimo…