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17-1-2002

 

Qualcuno ha qualche considerazione intorno al lavoro che stiamo facendo per gli incontri all’Avogadro? Nessuno ci sta pensando minimamente?

Intervento: mi stavo interrogando sulla questione della scuola

Dice che il pensare non ha niente a che fare con la scuola? Non ha torto, però bisogna trovare il modo di…

Intervento: non si po’ fare un attacco alla scuola

No, nulla contro la scuola né nulla a favore…

Intervento: il modo di porre le questioni, l’accenno ai luoghi comuni per esempio la forma di addestramento e il sistema premiante…

E allora si aspetti la domanda degli insegnanti “e quindi a suo parere cosa dovremmo fare?”

Intervento: rivoluzionare la scuola!

Bene e come? (…) però è una domanda che occorre preventivare…

Intervento: insegnanti che non puntano a questo non è che non ce ne siano, verrebbe di pensare alla scuola come a qualcosa che non fornisce risposte ma strumenti per domandare, per interrogare

Quali sono?

Intervento: la questione centrale mi pare la necessità di abituare ciascuno a non fermarsi mai, perché noi diamo alla scuola questa prerogativa che debba insegnare a pensare? La scuola dà delle nozioni serve a questo, questo a questo

In effetti è una domanda legittima, di buono stampo morattiano: perché la scuola dovrebbe insegnare a pensare? Non c’è un motivo, sicuramente il motivo non è istituzionale, allo stato non serve la gente che pensa, noi proponiamo qualche cosa che potrebbe suonare come sovversivo all’interno della scuola, sappiamo bene che la scuola non è fatta per questo, però ecco tutto ciò che noi stiamo facendo in questi ultimi tempi può suonare sovversivo, compreso questo intervento dove proponiamo una cosa che per la scuola spesso, soprattutto dalla Moratti, è visto come fumo negli occhi, insegnare a pensare fornire degli strumenti per cui gli allievi possano pensare in modo diverso da quello che vuole Berlusconi, ancora non è un reato (…) adesso è Berlusconi, prima era un altro… invece di Berlusconi dite semplicemente lo stato, lo stato non vuole che gli allievi pensino oltre un certo limite, perché qualunque persona che cominci a farsi troppe domande, a pensare troppo, è sospetta, è sospetta perché pensando c’è l’eventualità che non accolga più i luoghi comuni, questa è una questione con cui ci troviamo ad avere a che fare da tempo, pensate ad esempio anche a ciò che avviene nelle Università ma non soltanto anche in associazioni o in istituzioni di altro genere dove si fa della teoria, che cosa avviene di fatto? Anche lì, se volete, non c’ nessun pensiero se chiamiamo pensiero in una certa accezione ovviamente, tutte queste scuole, tutte queste discipline, sia umanistiche che scientifiche si trovano sempre a muovere da qualche cosa che non è provabile, c’è una sorta di omertà, nessuno si chiede una domanda simile a quella che poneva prima Sandro “da dove viene ciò che faccio?, su che cosa poggia?” una omertà che dura da moltissimo tempo, però coinvolge tutti sono “silenzio tacito” su una cosa che poi è banalissima, quelle famose domande che ogni tanto vi suggerisco di porre e soprattutto di porvene una: potrebbe essere esattamente il contrario? E se no, come lo so? Perché anche riflettendo intorno all’avvio della grammatica della logica una questione del genere si pone, o si accoglie questo silenzio tacito, come tacito accordo che vige ovunque oppure ci si pongono queste domande, è inevitabile, sapete benissimo per esperienza ciascuno di voi che moltissime teoria delle quali in buona parte ciascuno di noi si è formato, sono fatte così, una serie di enunciati, proposizioni assolutamente indimostrabili, dei quali tuttavia non si cercava affatto la dimostrazione muovendo dalla supposizione che tanto nulla può essere provato, però qui già c’è un inghippo…

Intervento: può essere cambiato!

È questo l’inghippo, molto semplice, se non possono essere provate allora che ce ne facciamo? Le utilizziamo per dimostrare qualche cosa ovviamente, per costruire una teoria per esempio, la quale teoria varrà quanto qualunque altra oppure no? La risposta potrebbe essere no perché ne è diverso l’utilizzo e in che modo è diverso l’utilizzo? Perché per esempio offre maggiori possibilità di elaborazione, è possibile ma di questa elaborazione che cosa ce ne facciamo? La applichiamo ma perché non applicarne un’altra a questo punto? Che cos’ha di differente da qualunque altra? Vi pongo la domanda in termini più semplici “perché la teoria di Lacan è più interessante di quella di Jung?” a ciascuno verrebbe da dire che “lo è assolutamente” sapreste dirmi perché? E soprattutto in base a che cosa? Ciascuno di noi è stato addestrato a pensare questo che la teoria di Lacan fosse più interessante di quella di Jung, badate bene non sto dicendo che quella di Jung sia interessante, una accozzaglia di fesserie, però, però se io dovessi dire perché e in base a che cosa la teoria di Freud è più interessante di quella di Jung potrebbe non essere semplice rispondere a una domanda del genere, se non muovendo da ciò stesso che si rifiuta, e cioè dal fatto che una è vera e l’altra no, e qui torniamo al punto di partenza è vero cioè risponde a qualche cosa che avviene, che accade, tutti modi per definire in modo più soft la questione della verità senza nominarla mai, è pericolosissima, e se uno la nomina a quel punto viene bersagliato da domande e da richieste di provare che è la verità, lui ha già detto all’inizio che non lo può fare e quindi ci si aggrappa a tutta una serie di cose più o meno interessanti, più o meno fantasiose, primo per evitare questo termine, per evitare di affermare che ciò che si afferma è vero e secondo per mostrane una qualche utilità, per non dovere necessariamente affermare che tutto ciò che si è fatto è tutto assolutamente inutile e non serve assolutamente a niente, cosa alla quale pochi sarebbe disposti ad accostarsi, dopo un lavoro di vent’anni tutto il lavoro che ha fatto è niente? È seccante, ciononostante funziona così, perché checché se ne dica lo stesso pensiero debole evita accuratamente l’uso di termini forti, come verità, certezza, necessità condannandosi però a dire molto poco, nel senso che se io affermo che “domani pioverà oppure domani non pioverà” è vero che quello che dico è difficilmente confutabile, ma non sto dicendo assolutamente niente, già! Che è poi il problema di tutto il pensiero contemporaneo questa oscillazione tra il tentativo di dire qualcosa di forte che però è sempre risultato confutabile oppure qualcosa di estremamente debole ma che non è confutabile perché non dice niente, e quindi la prima cosa da farsi non è tanto quella di costruire una teoria su nulla, ma stabilire un criterio che sia esibibile (brutto termine) che si possa esibire molto facilmente e che ovviamente soddisfi a certi requisiti, quello che abbiamo stabilito sembra che possa funzionare cioè che sia necessario, cioè ancora che non possa non affermarsi perché non affermandosi produce proposizioni autocontraddittorie. Perché una proposizione autocontraddittoria è da evitare? Perché non serve a niente, per nessun motivo, oppure qualunque. Quindi una proposizione autocontraddittoria è inutilizzabile, tanto più una teoria, lo sapevano già gli antichi. Anche i logici si guardano bene da incappare in una cosa del genere se all’interno di un sistema è possibile dimostrare una proposizione e la sua contraria il sistema è invalidato, è indecidibile e quindi è abbandonato a se stesso, invece nel sistema che noi abbiamo inventato no, non è possibile costruire una proposizione necessaria in questo caso e autocontraddittoria, quindi è un sistema molto forte, il più forte che sia mai stato costruito, e quindi questo è il criterio da cui muovere e poi domandarsi cose molto semplici, cosa accade, dicevamo la volta scorsa, quando si pensa? Metto insieme degli elementi, sicuramente, però in un modo particolare, in modo che l’elemento da cui parto che chiamo assioma, principio, a seconda dei casi, dove procedo in un certo modo, mica così, occorre cioè che ciascun elemento che segue il precedente sia coerente con quello che precede, cosa vuol dire che sia coerente? Che sia deducibile, alcuni userebbero anche inducibile o abducibile a seconda dei casi ma noi abbiamo scartate questi due ultimi tipi di inferenze e li abbiamo scartati perché non conducono a una necessità, necessità logica, cioè qualcosa che è necessario che sia se io affermo che domattina sorgerà il sole questa affermazione non è, non risponde a questo requisito, che il sole sorga domani mattina non è assolutamente necessario che sia, potrebbe anche non sorgere, lo saprò domani se sarà stato così, non adesso, soltanto la deduzione consente di procedere in modo rigoroso e inattaccabile. Sto parlando in termini logici, so benissimo che per ciascuno di noi funziona una cosa del genere, sto costruendo la grammatica della logica non del luogo comune se no avrei detto sto costruendo la grammatica del luogo comune…

Intervento: per arrivare ai termini logici cioè riuscire a rendere “a una proposizione segue un’altra proposizione deducibile dalla prima” non avviene così automaticamente

So benissimo che nel luogo comune non avviene una cosa del genere, non solo non avviene così automaticamente ma non avviene affatto, ma questo è un altro discorso, adesso mi sto occupando della grammatica della logica, dove invece interviene così, cioè che venga utilizzata unicamente la deduzione che è l’unico criterio, cioè che l’elemento che segue sia implicito in ciò che precede, non c’è via di scampo, quindi il pensiero si muove in questo modo cioè fa una cosa del genere, che poi ci riesca oppure no questo è un altro discorso, però quando uno argomenta una qualunque cosa, argomenta per giungere a una conclusione vera mica per giungere a una conclusione falsa, e perché vuole concludere a una conclusione vera?

Intervento:  per poter concludere ancora in un modo vero

E perché non può farlo con una falsa?

Intervento: perché da una proposizione falsa ma forse anche da una proposizione falsa si può anche costruire una proposizione vera

Sì certo, sì questo in ambito retorico certo, propagandistico, soprattutto, come se fosse esortativo, parenetico, come lo chiamavano una volta, certo si parte da una cosa che è falsa ma che però si spaccia come vera, sì, e ciò che abbiamo considerato originariamente è il fatto che ciascuno parlando fa di tutto per affermare la verità, qualcosa che ritiene vero anziché il contrario e che anzi si secca moltissimo se qualcuno gli dimostra che ciò che lui ha affermato è falso, abbiamo incominciato a domandarci perché, che gliene cale? E invece no, si inquieta moltissimo, bisogna vedere quanto. Già. E così ci siamo domandati perché e ciò che abbiamo considerato a questo riguardo è che non è un suo ghiribizzo particolare è la struttura del linguaggio che gli impone di fare un’operazione del genere, proprio per il motivo di cui diceva Beatrice e cioè che se giunge a una conclusione che è falsa non può proseguire. Dicevamo che la struttura del linguaggio è fatta in modo tale per cui ad un elemento ne segue un altro necessariamente, cioè parte da uno e conclude con un altro, ora il fatto che concluda con un altro il “se A allora B”, famoso, ha una rilevanza notevole nella struttura del linguaggio cioè che obbliga a muovere da un elemento e a concludere a un altro, ché abbiamo visto che se togliamo un sistema inferenziale dalla struttura del linguaggio il linguaggio non funziona più, non può più concludere né pensare niente si ridurrebbe a una serie di congiunzioni e , e , e, e, e, ma questo non è più linguaggio, non funzionerebbe più così come sta funzionando nel momento in cui ne parliamo. Dunque dicevamo non può non concludere però abbiamo aggiunto occorre che questa conclusione sia vera, cosa vuol dire che sia vera? Che il B cui giunge gli consenta di proseguire verso un altro C, per esempio, e a quali condizioni il linguaggio consente di compiere questa operazione? Abbiamo detto prima che B sia vera e cioè? Questo è il punto centrale, avevamo detto queste cose? Cosa vuol dire che sia vera?

Intervento: che può tralasciare tutto quanto quello che c’è prima, che può partire di lì

Lo abbiamo appena detto che consente di proseguire ma a quali condizioni ci stiamo domandando adesso è possibile proseguire? E torno a dire quando questa B è considerata vera, cioè? Cioè che cos’è, di fatto, questa B che consente di passare a C anziché di bloccarsi lì? (…) è una cosa che anche Kant aveva intuito a modo suo, che non sia autocontraddittoria, solo questo, la condizione perché possa proseguire, “è vero” diceva Kant nella Critica della ragion pura: “ciò che non è autocontraddittorio” cioè che non sia autocontraddittorio questa è la condizione che il linguaggio esige per potere proseguire, perché se è autocontraddittoria afferma se stessa e il suo contrario, a questo punto non è utilizzabile cioè non ha un senso letteralmente non ha una direzione, si ferma tutto e il linguaggio questo lo vieta, adesso detta così in termini molto spicci, si tratta ovviamente fondando la grammatica della logica di porlo in termini molto più precisi…

Intervento: quindi se A allora B, è B che indica la direzione?

Se non è autocontraddittorio sì, se no, no (…) esattamente un vettore…

Intervento: se B è vero non è autocontraddittorio

Anzi non è autocontraddittorio quindi è vero, vero nel senso in cui stiamo dicendo cioè è possibile proseguire, adesso diamo qui un’accezione di vero un po’ particolare, vera come accoglibile, utilizzabile, costruibile…

Intervento: forse vero quello che è ritenuto come tale

Sì in effetti siamo partiti dal luogo comune, una persona vuole che il proprio discorso giunga a qualcosa di vero e ci siamo chiesti perché, per rispondere a questa domanda abbiamo considerato la struttura del linguaggio e abbiamo visto che è il linguaggio che lo costringe a fare una cosa del genere, perché il linguaggio per poter proseguire e non può non farlo, necessita di elementi che non siano autocontraddittori, tutto qui, è chiaro che bisogna elaborare in modo più accurato però la questione centrale è questa, è negabile questo che ho affermato? Cioè il linguaggio può proseguire di fronte a un elemento autocontraddittorio? Provate a dimostrare una cosa del genere, un buon retore già vi metterebbe i bastoni fra le ruote, la vostra dimostrazione che avete fatto potrà essere autocontraddittoria? Negabile oppure no? Questo direbbe, se sarà autocontraddittoria non avrà dimostrato niente e quindi non avrà confutato e quindi Cesare? (…) e quindi può risultare difficile negare una cosa del genere, però ci si può provare…

Intervento: dice che il linguaggio non può proseguire se l’inferenza è autocontraddittoria

È chiaro che sto facendo questa eguaglianza autocontraddittorio è uguale a falso…

Intervento: dal punto di vista logico funziona così dal punto di vista retorico non c’è sospensione, sulle conclusioni autocontraddittorie poi si costruisce qualunque cosa

Sugli ossimori, sulle metonimie, sull’antinomia sono costruite un sacco di cose certo, ma perché ci sia una metonimia, perché ci sia un paradosso retorico occorre che un elemento sia necessariamente quello, cioè si dia, a questo punto io posso negarlo, abbiamo discusso, la figura retorica come variante, perché ci sia una variante occorre che qualcosa non vari, se no è variante rispetto a che? Se tutto è variante è un po’ come dire che qualunque elemento linguistico è uguale a qualunque altro…

Intervento: stavo ponendo una eventuale obiezione di chi non tiene conto dell’aspetto logico e dell’aspetto retorico, e quindi di chi continuamente arriva al paradosso, alla contraddizione

C’è un solo modo per proseguire nel momento in cui si impone una autocontraddittorietà, ignorarla, esattamente fare come se non ci fosse e trovare un’altra soluzione oppure fare tutt’altro, in effetti tutti i paradossi logici…

Intervento: l’ascolto: lei dice ignorarla per poter proseguire, la questione invece sta nel non ignorarla, allora la questione dell’ascolto è in termini molto differente

Certo, in effetti nessuno ha risolto il paradosso né quelli antichi né quelli moderni se non utilizzando in parte la teoria dei tipi di Russell, però l’unico modo per dissolvere il paradosso è poter tenere conto che i due corni del dilemma giocano giochi diversi, comunque diversi, allora sì, come dire c’è una escamotage in parte retorico, perché se li considerate entrambi come affermazioni logiche e quindi fanno lo stesso gioco, le stesse regole allora non c’è soluzione, il paradosso in questo senso non è risolvibile, chiaramente si fanno giochi diversi, l’unico paradosso che non è risolvibile è quello che abbiamo indicato come la madre di tutti i paradossi ed è che esiste qualcosa fuori dal linguaggio, questo è l’unico che non ha nessuna soluzione, e quindi non è praticabile, in nessun modo e in questo caso non posso dire che faccio due giochi, per fare un gioco diverso dovrei fare un gioco diverso dal linguaggio, con regole diverse dal linguaggio e cosa gioco? Non ha via di uscita, è l’unico paradosso che non ha nessuna soluzione. Ecco, intanto questa questione gli umani che non possono non dire la verità in un certo senso, non possono non cercare di farlo, non è un loro ghiribizzo è il linguaggio, la struttura del linguaggio che costringe a compiere questa operazione perché il linguaggio non può fermarsi e quindi sono costretti a proseguire, per proseguire occorre che un elemento non sia autocontraddittorio, e pertanto farà di tutto per cercare di dire qualcosa di vero, ciascuno a modo suo, nel modo in cui è possibile certo… come pongo la questione rispetto all’insegnamento? Primo: perché dovrei farlo?

Intervento: perché facciamo degli incontri in una scuola

Bene, questo è un motivo sufficiente…

Intervento: perché qualcuno potrebbe anche chiederglielo oltre a me

Potrebbe, se io dicessi queste cose…

Intervento: ecco lei le evita

Non è questo l’intervento che intendo fare, non sulla grammatica della logica sicuramente ha un altro titolo si chiama retorica dell’insegnamento, ma non è che pongo questo rispetto all’insegnamento ma al punto in cui siamo l’unico insegnamento che può porsi non è altro che questo, rispetto ovviamente a pensare, è chiaro che se io devo insegnare a qualcuno a smontare questo aggeggio, allora tutto ciò che ho detto poc’anzi non serve a niente, tutto ciò che sto dicendo serve unicamente per potere consentire di pensare, non di eseguire delle operazioni, come smontare quest’aggeggio, però se uno vuole pensare deve passare di qua, e occorre che sia così nei prossimi anni e che questa cosa sia sempre più chiara a molti, quindi se vuole cominciare a pensare deve passare di qui non c’è niente da fare, oppure fa altro, però siccome tutti si piccano più o meno di saper pensare ciascuno si imbestialisce se qualcuno gli dice che non sa farlo, è una cosa che riguarda ciascuno almeno potenzialmente, se Cesare dicesse a uno che conosce “lei non è capace a pensare” questo se ne avrebbe a male perché suppone di saperlo fare, e questo è un vantaggio, va bene… ci sono obiezioni, confutazioni? Forse Beatrice ha un criterio più solido da proporci?

Intervento: forse occorre definire pensare, se con pensare intendiamo come si fa a distruggere o a costruire un registratore

Costruire proposizioni che da un elemento giungano a un altro vero…

Intervento: perché è così importante giungere da un elemento vero a un altro elemento vero

Se no è un problema…

Intervento: non è chiarissimo la gente è abituata a pensare che pensare sia qualcosa che può essere utile a migliorare la vita

Ancora con la gente, sto facendo un altro discorso, se io parlassi a delle persone che sono dei bambini di 5 anni sicuramente non avrei parlato nel modo in cui ho parlato, avrei detto queste cose in altri termini, è ovvio che sto riflettendo sulla grammatica della logica insieme con voi e quindi posso consentirmi di saltare in questo caso moltissimi passaggi che altrimenti dovrebbero essere inseriti per forza ma anche soltanto in una conferenza non potrei parlare nei termini in cui ho parlato questa sera, mi renderei conto che nessuno capirebbe assolutamente niente, certo, adesso sto ponendo delle questioni giusto per orientare una riflessione sulla grammatica della logica, anzi sono proprio i primi passi, non si preoccupi della gente…

Intervento: mi preoccupo della comprensione

La sua comprensione?

Intervento: la mia comprensione

A ecco!