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16-12-2009

 

Elisa, chi è lo psicanalista? Risponda dettagliatamente. Che cosa abbiamo fatto in tutti questi anni di intenso lavoro? Abbiamo costruita l’unica teoria che interroga se stessa, che non solo lo fa ma che è in condizioni di farlo cioè ha gli strumenti per farlo, questa è una delle cose che distingue ciò che stiamo facendo da qualunque altro percorso: una teoria che interroga se stessa, cosa significa questo? Si impone, per dirla così, di non accogliere nulla che non sia necessario, naturalmente per potere compiere questa operazione ha dovuto stabilire un concetto, una definizione di necessario che fosse a sua volta necessaria, ovviamente, ci sono altre teorie che interrogano se stesse? Ne conosce qualcuna che interroghi i propri fondamenti?

Intervento: la teoria logica …

In effetti ha fatto l’unico esempio, è l’unica teoria che ha interrogato se stessa, la logica, però non è arrivata fino al punto di interrogare i fondamenti su cui si sostiene tant’è che quando arriva a interrogarsi sul perché gli umani pensano in un certo modo lì si arresta, dice che è così che si pensa naturalmente, non potendo e non sapendo rispondere a questa domanda e cioè perché gli umani pensano in questo modo. Lì si arresta tutto, nessuno è andato oltre, anche le menti più forti e più temprate non sono riuscite a scavalcare questo scoglio, però i logici sono quelli che ci si sono avvicinati di più, gli altri sono rimasti lontanissimi, non si sono neanche mai posti il problema di interrogare i propri fondamenti, e cosa succede quando si interroga il fondamento, cioè le premesse su cui si regge tutta una teoria? Consideri la teoria di Freud, per esempio, che succede se la interroga? È come se avesse davanti a sé messer Freud e gli domandasse: “perché dice questo?” chiaramente lui non può rispondere però la risposta la trova nei suoi scritti e cosa chiederebbe a Freud se l’avesse lì …

Intervento: perché ha detto quello che ha detto?

Cosa direbbe lui a giustificazione di ciò che ha affermato, cosa porrebbe? L’osservazione, quello che ha osservato, ha osservato che in alcuni casi una persona che si comporta in un certo modo ha dette certe cose e lui ha tratte certe conclusioni, in fondo l’impianto teorico di Freud è questo, rimane l’osservazione, e lei cosa direbbe a questo punto?

Intervento: perché ha osservato questo e non quell’altro?

Questa è una buona domanda. Supponiamo di avere stabilito che effettivamente tutto ciò che afferma è arbitrario perché muove appunto dall’osservazione, che è sempre arbitraria direi quasi per definizione, come procediamo a questo punto? Molliamo tutto, lasciamo la psicanalisi al suo destino come una delle infinite stupidate che esistono al mondo o facciamo qualcosa? Che facciamo? Vediamo se si trova qualcosa di più fondato, di più solido, e come facciamo a cercarlo? Dove andiamo a cercarlo?

Intervento: cerchiamo qualcosa che non sia arbitrario …

Esatto, perché nel caso non si trovasse allora sarebbe una tragedia, cioè la psicanalisi varrebbe quanto la madonna di Lourdes. Però a questo punto dove andiamo a cercare qualche cosa di necessario?

Intervento: …

Perché Freud ha usato certi concetti? Perché erano funzionali a quello che voleva dire, così anche le definizioni che vengono fornite nelle teorie sono sempre funzionali a ciò che si vuole dire tant’è che molte volte basta modificare la definizione e cambia tutto, e allora la domanda è: perché si usa una definizione anziché un’altra? Non c’è nessun motivo in realtà …

Intervento: …

Una volta che ha falsificato, questa falsificazione che lei ha messo in atto su che cosa si regge? Su quali principi? Perché per falsificare qualche cosa occorre pure un parametro, un criterio …

Intervento: il concetto di necessità …

Per esempio, come definisce “necessario”?

Intervento: ciò che è e non può essere diverso …

Quando una cosa è necessaria, e non può non essere?

Intervento: è quella lì e basta …

Sì, e abbiamo visto che nelle teorie di necessario c’è molto poco e allora dove andare a cercare qualcosa di necessario? Che cos’è che ha consentito di costruire queste teorie? Intanto qualcuno ci ha pensato, e pensandoci che cosa fa? Cosa avviene quando una persona pensa? Parte da una premessa che ritiene essere vera, e dei passaggi coerenti, questa è la struttura che è necessaria per costruire una teoria, se non c’è questa non si può costruire niente, ora questa struttura a questo punto già ci da una indicazione, che cos’è esattamente questa struttura che appare essere assolutamente necessaria per potere costruire, inventare una qualunque teoria?

Intervento: il linguaggio no?

Sì, è il linguaggio che funziona così in effetti, muove da una premessa che ritiene essere vera e attraverso dei passaggi, delle inferenze, delle deduzioni, delle induzioni, delle abduzioni, quello che preferisce, giunge a una conclusione, quindi quella struttura che consente di costruire una teoria è il linguaggio, e quindi a questo punto cosa abbiamo a disposizione?

Intervento: lo strumento fondante …

Sì, siamo arrivati a un punto importante e cioè abbiamo stabilito che è il linguaggio che consente di costruire qualunque teoria, ora possiamo incominciare a riflettere sulle implicazioni di una cosa del genere e cioè: qualunque teoria essendo costruita dal linguaggio sarà vincolata alle regole del linguaggio in prima istanza, però ancora non sappiamo qual è l’elemento che ci consentirà di stabilire se una teoria cioè una conclusione cui giungiamo è vera oppure no, anche questo è importante nella costruzione di una teoria, uno deve sapere se ha detto delle cose interessanti e valide oppure delle stupidaggini e lì si pone un altro problema, quale criterio utilizzare? Come facciamo, per esempio, a sapere che un’affermazione che dice che esiste l’inconscio è vera o è falsa?

Intervento: sperimentare comunque non si può perché non è tangibile …

Anche la matematica non è tangibile eppure ha dei criteri di prova molto forti. Ci serve un qualche cosa che ci permetta di essere sicuri quando valutiamo una certa conclusione, se questa è vera oppure no, quindi ci occorre un criterio di verità necessariamente, e dove lo prendiamo? Tenendo conto dei problemi che ci sono stati da sempre, da quando esistono gli umani riguardo al concetto di verità, come stabilirla? Lei per esempio definisce il concetto di verità, però una volta che lo definisce che cosa ha fatto esattamente? Come fa a sapere se questa definizione di verità è vera oppure falsa? Visto che ancora non sappiamo che cosa sia la verità, è un problema, e in effetti lì si sono arrestate buona parte delle ricerche intorno alla verità come se si fossero trovati di fronte a qualche cosa di insolubile, e da qui l’ermeneutica. C’è stato un lungo dibattito, come forse lei avrà sentito dire, intorno all’idea che il concetto di verità in quanto tale sia un concetto metafisico e cioè affondi le sue radici su qualche cosa che non può essere provato e lì si è arrestata la ricerca degli umani fino ad un decennio fa, lì, a quel punto. La verità non sappiamo cosa sia, tutti ne parlano ma in realtà nessuno sa che cosa sia, nessuno cioè sa definirla in modo tale da risultare inattaccabile, ineccepibile, necessaria, a questo punto cosa farebbe lei che è scaltra? Aggirerebbe subito la questione, perché arrestarsi come hanno fatto tutti? Direbbe: se quella struttura di cui parlavamo prima è il fondamento ed è necessaria per la costruzione di qualunque teoria anche una teoria sulla verità sarà costruita dal linguaggio …

Intervento: sì!

A questo punto abbiamo a disposizione un’argomentazione molto potente perché non cerchiamo più chissà quale verità da utilizzare che comunque è sempre confutabile, cioè è sempre possibile costruire un discorso che la falsifichi e quindi non è più utilizzabile, e allora facciamo così: per il momento lasciamo in sospeso il concetto di verità, per il momento utilizziamo quello di necessità, sappiamo che il linguaggio è necessario perché senza linguaggio non possiamo costruire nessuna teoria, neanche la teoria sulla verità, non possiamo fare niente quindi a questo punto abbiamo qualche cosa che risponde a questo requisito di essere necessario perché se non ci fosse il linguaggio allora non ci sarebbe né il linguaggio e non ci sarebbe neanche nessun altra cosa perché non avremmo nessuno strumento per costruire niente, quindi sappiamo a questo punto che il linguaggio è ciò che risponde a questa domanda “che cos’è necessario?” necessario è ciò che non può non essere perché se non fosse non sarebbe né lui né nessuna altra cosa. Stabilito che cos’è necessario e cioè il linguaggio a questo punto possiamo anche riprendere la questione della verità, faccia lei il passo successivo …

Intervento: questa struttura, posso dirlo?

Certo, che cos’è una struttura? Occorre sapere che cosa si intende quando si utilizzano dei termini, “struttura” è un termine che è stato inventato dagli strutturalisti, aveva e ha tutt’ora una sua definizione particolare cioè come una collezione di elementi, una sequenza di elementi tale per cui se si modifica un elemento si modificano anche gli altri, questa è la definizione più comune, più tradizionale e comunemente accettata di struttura, però ci manca ancora un passaggio per stabilire che cos’è la verità, una riflessione: quand’è che un discorso può proseguire? Cioè quando si giunge a una conclusione, si accoglie questa conclusione e si prosegue? Se si prosegue è perché questa conclusione è stata data per vera, se si accorge invece che la conclusione cui è giunta è falsa non procede in quella direzione ma la abbandona. Allora, per sbarazzarci di ogni possibilità di attribuire al concetto di verità qualunque connotazione metafisica o ontologica noi diciamo molto semplicemente che se il discorso può proseguire in una direzione, e può proseguire perché le conclusioni non contraddicono le premesse, allora il discorso chiama quella direzione “vera”. Vede che a questo punto la verità non è più un concetto strano, astratto, indefinibile etc. ma è soltanto, come direbbe Jakobson, uno shifter, un operatore deittico, un indicatore, indica che di lì si può andare, puoi procedere: il discorso va avanti? Allora quella direzione la chiama “vera”. A questo punto la verità è un effetto, non è più un obiettivo e in effetti il concetto di verità una volta stabilito quello di necessario non è che abbia più una grande utilità perché a noi interessa molto di più ciò che è necessario cioè ciò che in nessun modo può non essere, mentre la verità, sì, può anche utilizzarla certo, ma al punto in cui siamo la verità non è nient’altro che un effetto del fatto che il discorso procede e quindi se può procedere chiama quella direzione vera se non può procedere la chiama falsa …

Intervento: allora a questo punto ci sono diversi tipi di verità …

Molti lo pensano …

Intervento: io dico che uccido …

Sì, è stato fatto anche questo …

Intervento: questa è la mia verità.

Infatti se gli ebrei sono brutti e cattivi e minano la nostra economia allora gli ebrei devono essere eliminati, non fa una grinza …

Intervento: e così è stato fatto …

Esatto, dove sta l’intoppo? Nella premessa naturalmente, un discorso può essere vero, come sappiamo, anche se la premessa è totalmente arbitraria o addirittura falsa ma il discorso risulta comunque vero perché la conclusione non contraddice la premessa e quindi viene seguito, questo discorso cioè si trasforma, si traduce molto spesso in azione. Come abbiamo detto è la premessa che risulta totalmente arbitraria e non necessaria, è ovvio che partendo da premesse assolutamente arbitrarie si può giungere a qualunque cosa, questo lo sapevano già i medioevali …

Intervento: ex falso quodlibet …

Esatto, è lo pseudo scoto. Occorre interrogare le premesse: sono necessarie? Se sì, devono mostrarlo, se no, se sono arbitrarie inesorabilmente saranno arbitrarie anche le conclusioni, è inevitabile. Certo partire dall’idea che gli ebrei sono brutti e cattivi è assolutamente arbitrario perché altri possono pensare il contrario, gli ebrei per esempio, non pensano di sé una cosa del genere, quindi la verità a questo punto da che cosa dipende? Dal gioco in cui è inserita, dire che come abbiamo detto un sacco di volte due assi battano due jack giocando a poker è vero all’interno di quel gioco cioè la verità dipende dalle regole del gioco in cui è inserita, ma parliamo di vero o falso non più di necessario, il necessario non è di per sé né vero né falso, è qualcosa che pone le condizioni per potere stabilire ciò che è vero e ciò che è falso all’interno di giochi linguistici, quindi costruisce giochi linguistici e costruisce delle regole per stabilire se questi giochi sono veri o falsi o meglio se le loro conclusioni sono vere o false. Il linguaggio in quanto tale non è sottoponibile a un criterio verofunzionale, cioè non possiamo sapere se è vero o falso per due motivi: il primo è che il linguaggio è fatto di istruzioni, istruzioni per costruire proposizioni quindi discorsi, secondo è che il linguaggio è la condizione per costruire, insieme con varie proposizioni e quindi discorsi, anche le regole per potere stabilire se qualcosa è vero o è falso, è la condizione di qualunque possibilità di stabilire il vero o il falso. Ci siamo fin qui?

Intervento: come è stata definita?

In un certo senso sì è autoreferenziale, ora come lei sa perfettamente sia in logica che in retorica un’operazione del genere non è consentita, in retorica sappiamo che si chiama petizione di principio utilizzare ciò stesso che deve essere dimostrato all’interno della dimostrazione, non lo si fa, non è bello, ma nel caso del linguaggio il discorso è differente perché non abbiamo nessun altro strumento per definire il linguaggio se non il linguaggio stesso, è una costrizione, non è una decisione. È autoreferente perché non può non esserlo, perché non essendoci uscita dal linguaggio non può cercare supporto in qualche cos’altro che non sia se stesso, non lo può fare, e quindi non ci resta che concludere che è il fondamento come abbiamo detto in varie occasioni, ciò che gli umani hanno cercato da sempre, dappertutto tranne che lì dove è sempre stato e cioè sotto il loro naso …

Intervento: però spaventa, mercoledì qualcuno diceva: “però c’è solo questo non c’è altro” …

In effetti una persona che non abbia considerato né riflettuto sulla questione non intende che il linguaggio è il fondamento e quindi si trova a pensare che il linguaggio sia un qualche cosa a fianco a tante altre cose, le emozioni, i sentimenti, l’amore …

Intervento: comunque bisogna fare un po’ di educazione … ci sono tanti psicologi in giro che fanno conferenze … si specula tanto sulle emozioni, mai nessuno degli psicologi dice …

È ciò che dicevamo all’inizio, nessuna teoria interroga se stessa, non interrogandosi le premesse da cui parte e le conclusioni a cui giunge vengono date per buone e divulgate …

Intervento: la gente si accontenta … qualcuno ha spiegato bene che cos’è la rabbia …

Perché non ci sono sofisti nella sala i quali definirebbero la rabbia in altri quarantacinque modi differenti e tutti contraddittori fra loro e tutti perfettamente legittimi …

Intervento: io farei una conferenza su una cosa del genere …

Sui fondamenti? Sarebbe una cosa molto interessante, non so quante persone verrebbero ma almeno trovare un titolo adatto …

Intervento: i bambini chiedono: perché invece di dire tavolo non diciamo sedia?

Sono domande più che legittime e alle quali nessuno sa rispondere e per cui vengono abbandonate, così come è stata abbandonata la ricerca della verità ai primi del ‘900. Essendo questa teoria assolutamente particolare cioè una teoria, come dicevo, che interroga se stessa, e avendo reperito il fondamento è anche in condizioni di rispondere a tutte queste domande tutte, lei ponga una qualunque domanda e io risponderò in modo assolutamente ineccepibile. Se qualunque cosa è stata costruita dal linguaggio è nel linguaggio la risposta e non altrove, e soprattutto bisogna anche imparare a porsi le domande; prendiamo per esempio quella che ha posta lei: “chi ha inventato il linguaggio?” viene immediatamente da pensare al perché uno si chieda chi l’abbia inventato, perché dovrebbe esserci qualcuno che l’ha inventato? Da dove viene questa idea? Anche questa è una questione legittima che merita di essere considerata …

Intervento: perché lo usiamo …

Come sa di usarlo? Anche questa è un’altra bella domanda, come lo sa? Come sa di sapere qualcosa? Come avviene questo fenomeno? Interrogare, interrogare sempre, sempre senza stancarsi mai anche le cose che si ritengono più ovvie, più scontate, più banali, è quello che hanno fatto i logici per esempio, arrivando anche a dei punti notevoli e del loro lavoro ci siamo avvalsi in moltissimi casi, certo non era sufficiente, però hanno costituito comunque qualche cosa da cui muovere. Bene, proseguiremo mercoledì prossimo.