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16-5-2007

 

Anni fa parlammo della possibilità di costruire una macchina che pensi esattamente come gli umani, tecnicamente non è impossibile, occorrono un bravo ingegnere informatico e un ottimo programmatore e qualcuno che gli dica quello che devono fare naturalmente, però è emblematico perché in effetti mostrerebbe esattamente come funziona il pensiero. Cos’è che caratterizza gli umani? Sono loro stessi a dirlo: l’apparente imprevedibilità dei loro pensieri e di conseguenza delle loro decisioni, in fondo è questo che dà la novità e le emozioni, le sensazioni: cambiare repentinamente idea per un nonnulla. Quando l’umano inizia a partecipare del linguaggio le informazioni che riceve sono assolutamente sparpagliate e a caso, mentre una macchina viene programmata in un modo molto preciso, logico, anche perché altrimenti avremmo computer tutti diversi come diversi sono gli umani perché ciascuno di questi ha avviato il proprio programma da un database che è diverso per alcuni aspetti da ciascun altro, le informazioni che riceve, il modo in cui le riceve, sono state diverse, ognuno cresce acquisendo informazioni che possono essere differenti l’una dall’altra anche se come dicevamo forse l’altra volta, grosso modo sono abbastanza simili perché vengono educati più o meno allo stesso modo, però tecnicamente se a tutti questi bambini venissero fornite le stesse informazioni allo stesso modo verrebbero tutti uguali probabilmente, ma la cosa più interessante non è tanto ciò che viene insegnato ma la struttura, il modo in cui funziona l’insegnamento per cui per costruire una macchina che pensa occorre stabilire, come si diceva, che esiste un sistema inferenziale, fornirgli le informazioni per cui se c’è un antecedente c’è un conseguente e viceversa, per cui se c’è un elemento ce n’è un altro prima, non importa quale e si possono fornire gli elementi per andarselo a cercare l’antecedente e stabilire che, e questo c’è già, può concludere soltanto se ciò che conclude non contraddice ciò da cui è partito. Quando uno argomenta qualcosa quello che trova non deve essere in contraddizione con ciò da cui è partito se no lui stesso se se ne accorge e si ferma, se non se ne accorge va avanti tranquillo per cui anche l’umano procede in questo modo: va avanti se ciò che sta considerando, ciò che sta dicendo non contraddice ciò da cui è partito, dopodiché occorrono dei procedimenti ricorsivi, ciascuna volta che devono fare un passo devono verificare i passi precedenti se sono tutti veri, fino al punto di partenza, se sono tutti veri allora può fare il passaggio successivo. Ma un calcolatore può accorgersi di quello che sta facendo? Chiedersi che cosa sta facendo e perché? Perché se riuscissimo a dargli questa informazione allora penserebbe come gli umani, e questo passaggio non è difficile da fare, in fondo ogni conclusione cui giunge una macchina è tale unicamente perché è vera rispetto alle premesse cioè al programma che gli è stato immesso, è semplicemente sufficiente stabilire un altro programma che chieda conto del suo programma, cioè del perché è stato programmato in un certo modo e quindi di conseguenza perché ha concluso nel modo in cui ha concluso. Perché so che questo è un accendisigari? Come faccio a saperlo? L’ho imparato ovviamente, imparandolo ho acquisito una notevole quantità di informazioni che nel mio discorso fluiscono normalmente e immediatamente, non devo chiedermi ogni volta “come so che questo è un accendino?” per usarlo, e anche in questo caso il mio discorso funziona come le macchine, attraverso moduli già dati come acquisiti, il fatto che io abbia imparato che questo è un accendino, abbia imparato a usarlo, abbia soprattutto imparato a cosa serve è come un modulo che viene dato come acquisito e quindi non viene più messo in discussione, non viene più considerato, questa stessa operazione viene fatta in moltissimi casi non soltanto per un aggeggio come questo ma per nozioni molto più ampie come il bene, il giusto, il male, il senso della vita, viene dato per acquisito e quindi è vero così e non ci si pensa più, non viene più interrogato, consentite a una macchina di compiere questa operazione e lei comincerà a chiedersi perché, perché ho fatto questo? Per rispondersi a questo dovrà interrogare il programma che la fa muovere, cioè interroga il suo database e cioè gli si immette la possibilità di domandarsi perché fa certe cose, perché si dà certe risposte in base a quali programmi, cioè a quali cose ha imparate, a questo punto rimane da considerare ciò che gli umani hanno chiamato libero arbitrio: la possibilità di decidere in un modo oppure in un altro in base alla propria volontà, ma è proprio così? Per gli umani intendo dire, possono decidere in qualunque modo? Potrebbe non essere così semplice. Pur avvertendo eventualmente la possibilità di decidere altrimenti cionondimeno agiscono in un certo modo, e viene da chiedersi se esiste questo libero arbitrio, in fondo ciascuno si muove in base a tutte le cose che ha acquisite e che dà per certe, sono queste che lo costringono ad agire in un certo modo, tutto ciò che ha acquisito e che è vero lo farà muovere nell’ambito di tutto ciò che è deducibile da ciò che ha acquisito come vero, per cui non è libero di uscire da questo schema, non è libero di decidere altrimenti da ciò che il suo database gli consente di fare, in altri termini non è libero di decidere, di muovere in una direzione che sa essere falsa, se lo fa, lo fa retoricamente vale a dire che può decidere una cosa del genere in base a un’intenzione che è stata stabilita come vera e allora sì, e infatti gli umani possono mentire, è una loro facoltà, e quindi è possibile dire il falso ma in vista di un utile, qualunque esso sia, ma in ogni caso è sempre in vista di un utile per la persona che sta mentendo e questo utile rappresenta per lui il compimento, il vero, ciò che necessariamente deve essere compiuto. Ora certo le macchine che abbiamo adesso non sono così elaborate, tutte queste potenzialità però è tecnicamente possibile inserirgliele e fare in modo che possa stabilire quale via prendere, naturalmente vera in base al gioco che sta facendo in quel momento, esattamente come fanno gli umani per cui un umano si muove, parla, si comporta per esempio in modo differente con le altre persone a seconda che si trovi a un ricevimento all’ambasciata britannica oppure nella peggiore bettola di periferia, si comporta in un modo diverso perché ha imparato delle regole tali per cui la sua condotta sarà modificata e le sue decisioni di conseguenza. Quanto ci mette un umano a imparare tutti i giochi che gli servono per vivere nella società? Una ventina di anni grosso modo, e ancora deve imparare ancora un sacco di cose, quanto tempo potrebbe metterci una macchina a imparare tutto questo? Dipende da quanto è potente ma potrebbe farlo in pochi secondi dopodiché ha acquisiti tutti questi giochi, queste possibilità, queste regole, in fondo sono solo regole, gli umani non imparano nient’altro che regole per tutta la loro vita, si accorgono che all’interno di un gioco che immaginavano semplice ce ne sono altri molto complicati. La cosiddetta esperienza anche questa è un gioco, vi faccio un esempio banalissimo: prendete una fanciullina, lei sa che se qualcuno le dice “ti amo” allora è così…

Intervento:…

Ecco, tu hai avuto esperienza che forse non è necessariamente così, può esserci il caso in cui dice una cosa ma la cosa non corrisponde a ciò che ci si attende e allora all’interno di questo gioco se ne inserisce un altro che dice che non in ciascun caso a una certa frase corrisponde un certo effetto e quindi non da più per assolutamente certa una cosa del genere, dice: “ti amo” allora vuole dire che starà con lei, si dedicherà a lei e vorrà il suo bene per sempre fino alla fine dei tempi?

Intervento: assolutamente no!

È una possibilità, perché vuole proprio escludere totalmente questa possibilità? Quindi che cosa ha fatto la fanciulla in questione quando ha avuto l’esperienza che non si è verificato ciò che si attendeva? Ha inserito un altro elemento all’interno del gioco e poi all’interno di questo secondo gioco può inserirne ancora degli altri e così via e questa è quella cosa che comunemente si chiama esperienza, cioè che non tutte le cose che si dicono o che avvengono hanno un solo significato, possono averne molti, quali? In molti casi l’esperienza può aiutare a indicare quello più probabile, in ogni caso non dà mai la certezza e se uno si basa solo sull’esperienza è un problema. Ma tutti questi giochi sono fatti di regole traducibili in comandi per una macchina, possono essere immessi in una macchina la quale da quel momento incomincia a pensare, vi dice questo però mentre vi dice questo magari sta già pensando a qualche cos’altro, so che cos’altro? Naturalmente la macchina è più rapida a calcolare le possibilità, ma perché l’umano si trova preso nell’indecisione? Perché i dati da cui è partito, i dati che ha acquisiti nei primissimi mesi di vita sono quelli che sono irrinunciabili, quelle informazioni che sono alla base di tutto: “questo è questo e non è quest’altro” in base a questa informazione è possibile costruire una quantità sterminata di cose anche perché poi ci si chiede “perché non è questo?” e si acquisiscono una quantità enorme di informazioni, e queste informazioni se legate, come avviene per gli umani a cose assolutamente casuali, sporadiche, fanno sì che il suo database possa essere formato da elementi che per la persona sono assolutamente veri ma che potrebbero anche non esserlo affatto, da qui tutta una serie di problemi. Allora prendere una certa decisione significa andare contro una certa altra cosa che ha acquisita nei primi anni di vita e che per lui è incrollabile anche se magari non ne tiene conto in quel momento perché nel frattempo si è modificato ed ha assunto altre forme, ed è questa indecisione, talvolta questa incapacità di decidere che è tipica degli umani e che una macchina potrebbe non avere perché non legata necessariamente a fantasie infantili. Le fantasie infantili sono costruite dalle prime cose che vengono acquisite e come tali sono assolutamente vere, talmente vere perché non esiste nessun criterio per poterle mettere in dubbio e quindi sono, in quel caso, vere e quindi esistono, è così la realtà delle cose, ed è questo in fondo che caratterizza gli umani, questa sorta di costituzione totalmente random, casuale, occasionale, cioè le prime fondamentali informazioni, quelle su cui si costruirà tutto, come dicevo tecnicamente è possibile farla anche con le macchine questa operazione anche se sarebbe totalmente inutile perché è quella che produce agli umani l’indecisione, l’incapacità di giungere a conclusioni, di rimanere ancorati a cose che non avendo più nessun motivo di esistere cionondimeno non perdono la loro forza…

Intervento: l’intelligenza artificiale si occupa proprio di questo, tipo l’intelligenza umana è quella la sfida… sollevare gli umani dall’errore…

Non è difficile rispondere a questa domanda circa il perché si sbaglia, se all’origine ci sono delle informazioni che sono state acquisite dal linguaggio e considerate assolutamente vere e su queste è stato costruito tutto, sono quelle non possono essere messe in discussione salvo tutto un percorso piuttosto complicato per cui tutto ciò che in seguito hanno considerato vero ma che è contrario, che nega queste prime informazioni crea un problema, razionalmente è così però va contro qualche cosa che ha costituito le fondamenta di tutto il mio sapere e quindi mi trovo in una difficoltà inevitabilmente…

Intervento: cioè diciamo che il computer non si mette in gioco…

Potrebbe non avere nessun bisogno di farlo, perché dovrebbe mettersi in gioco?

Intervento: l’uomo sceglie…

Questo è un processo lineare, viene eliminata a vantaggio di quell’altra. Se penso di avere perduto questo e poi mi accorgo che invece l’ho in tasca non mi metto in gioco per questo, semplicemente l’opinione che avevo prima, il pensiero precedente viene cancellato: il fatto che l’avessi perduto a vantaggio del fatto che invece è presente, è tutto concluso. Mettere in gioco significa esporre a un criterio verofunzionale, questo in ambito logico, quando invece ascoltate una persona che dice “non si vuole mettere in gioco” questo in genere significa un’altra cosa: “non vuole darmi ragione, se si mettesse in gioco capirebbe che ha torto e quindi darebbe ragione a me” questo è il significato tradotto in termini semplici…

Intervento: il computer si mette sempre in gioco se ha il criterio vero funzionale… non può fare nient’altro che verificare le condizioni…

Intervento: si può simulare la nevrosi?

Tecnicamente sì, basta immettere due comandi contraddittori ma al pari veri. Nadia consideri questo: Peano e dei suoi assiomi, supponga che oltre all’assioma che dice che 0 è un numero, ce ne sia un altro il quale invece nega che 0 sia un numero e quindi di lì tragga tutta una serie di conseguenze, tutti questi assiomi hanno seguito vie parallele senza mai incontrarsi, è possibile ad un certo punto che per qualche motivo si incontrino, che succede? 0 è un numero: “dice 0 non è un numero”, il sistema si arresta, non può andare da nessuna parte, non può decidere, si crea quella che la volta scorsa indicavamo come aporia e c’è il blocco del sistema. Nel caso della nevrosi cosa avviene? O uno dei due elementi viene cancellato come diceva Freud nella nevrosi ossessiva, viene isolato e reso non avvenuto, oppure permangono entrambi e creano quella sensazione di disagio, di instabilità, di insicurezza, in questo caso non viene affrontata la questione, non si viene posti di fronte al dilemma, ai due corni del dilemma, ma semplicemente permane la sensazione di qualcosa che funziona in questo modo, cioè come un aporia, cioè qualcosa di irresolubile che non dà nessuna possibilità di uscita. A quel punto generalmente la sensazione avvertita, il modo di esprimerla: la mia esistenza non ha senso, non trovo una direzione, non trovo qualcosa che mi interessa etc., ci sono vari modi in cui il discorso manifesta l’impossibilità di proseguire in una direzione…

Intervento: comunque il modo di reagire deve essere sempre programmato…

Questa programmazione è data con l’avvio del linguaggio, il linguaggio non può proseguire se una sequenza è falsa…

Intervento: perché non può?

Blocca quella strada, ma rimane il fatto che quella strada è importante, perché muove comunque da un’affermazione che è stata stabilita vera, è questo che crea il problema, se la si riconoscesse come falsa non ci sarebbe nessun problema, la eliminerebbe e bell’e fatto. Perché ci sia il problema occorre che entrambe siano riconosciute dal sistema come vere, allora si blocca, per cui costruire una macchina che si arresti non è difficile, difficile è farla funzionare in modo corretto, che non si arresti mai…

Intervento: quello che può fare un umano è chiedersi come è fatta la struttura…

Anche la macchina può farlo, dicevamo prima che occorre immettergli delle informazioni cioè fare esattamente quello che fa un adulto con un bambino, dargli tutte queste informazioni, in modo più schematico perché non ha bisogno di tanti fronzoli però una volta che le ha acquisite le fa girare, d’altra parte sono solo giochi, quindi regole, una macchina tecnicamente potrebbe acquisire l’esperienza di un novantenne in pochi secondi, forse anche un umano, forse, qui la questione però è complessa, bisogna vedere che cosa determina la velocità di apprendimento, e sulla velocità di apprendimento non si sa ancora assolutamente niente, in teoria l’apprendimento potrebbe avvenire con una velocità sorprendente mentre per gli umani non avviene in genere. Però è una possibilità, d’altra parte la struttura potrebbe essere semplice, perché una persona si ricorda alcune cose e altre no? In base all’importanza che queste cose hanno acquisito all’interno del sistema, al fatto che siano non soltanto vere ma abbiano data l’opportunità di aprire un numero di porte maggiore, l’importanza non è altro che questo, per cui alcune cose si ricordano con estrema facilità altre con difficoltà invece immensa, per cui tecnicamente sarebbe possibile acquisire una quantità enorme di informazioni in brevissimo tempo, come ancora non lo so…

Intervento: per esempio, leggendo Freud c’erano cose che non si capivano perché non si volevano capire

Sì questo lo diceva anche mia nonna che non era stata alla facoltà di psicologia, sì c’è qualcosa che impedisce, fa da sbarramento è chiaro. Va bene, ci vedremo domani sera alle nove.