16-1-2001
Avete riflettuto sulle cose dette martedì scorso?
(avevamo detto della sensazione che è la direzione che ad un certo punto prende
il discorso, l’emozione è l’aggancio di ciò che interessa a questa direzione
che a questo punto è particolare) sì perché la sensazione diventi emozione
occorre questa connessione con la propria fantasia. E le proprie fantasie
interessano sempre perché se no non sarebbero proprie fantasie. Allora a questo
punto la sensazione che fa? produce quell’effetto particolare che è noto come
emozione e che consente di riprodurre una fantasia e quindi di potersela
gustare, potremmo anche dire, riproducendola, ciascuno riproduce le sue
fantasie qualunque pretesto è buono per metterle in atto, l’emozione è uno di
queste, perché se non si agganciasse nessuna fantasia non ci sarebbe nessuna
emozione, così come accade, la sensazione, uno magari ha caldo e questo però
non si aggancia a nessuna fantasia per quanto lo riguarda e non gli procura nessuna
emozione, è solo una sensazione di caldo, può essere fastidiosa oppure
piacevole ma quello è un altro discorso però non aggancia un’emozione, tenete
sempre conto che noi cerchiamo la definizione che attenga al luogo comune e che
il luogo comune non possa rifiutare, non sono mai definizioni logiche quelle
che andiamo facendo e non potrebbero esserlo. E la fantasia, cos’è la fantasia?
Forse bisogna dirne qualcosa di più (la fantasia è un gioco che ha delle regole
diverse dal gioco della realtà e ha una funzione diversa per cui posso
agganciarla a delle sensazioni) non solo ma qualcosa che avviene nella realtà
non produce di per sé nessuna emozione se non viene agganciata a una fantasia,
per attenderci sempre a questi giochi, per esempio una sensazione di freddo,
avviene sempre nella realtà, adesso usiamo questi significanti, intendendo
sempre un gioco che avviene nella realtà però se non c’è una fantasia connessa
non produce una emozione ma produce una sensazione, quali sono le fantasie di
cui parlano le persone generalmente? (metafisiche… la sensazione è un’esca
perché diventi emozione la devo dilatare e quindi aggiungere cose fantastiche)
siccome dobbiamo attenerci al luogo comune prendiamo il dizionario, il
dizionario è il caposaldo del luogo comune: “Fantasia: Facoltà dello spirito di
riprodurre o inventare immagini mentali in rappresentazioni complesse in molto
o in tutto diverse dalla realtà- Immagine o vicenda dovuta all’attività
creatrice del poeta… Immaginazione semplicemente in quanto deriva dalla maggior
parte delle attrattive dal progressivo allontanamento dall’esperienza
quotidiana… ” sì quindi che potremmo dire della fantasia, avvalendoci del luogo
comune? Ché se riusciamo trovare una buona definizione della fantasia allora la
definizione di emozione (pare che la fantasia si distingua dalla realtà per ciò
che è il vero) sì, infatti si accoglie una fantasia non perché è vera ma perché
è piacevole (quindi è qualcosa di astratto che si collega a una immagine
mentale) si basta dire che è una produzione di immagini piacevoli, parrebbe,
(che attraggono) piacevoli che attraggono per definizione (sì ciò che attrae
una persona è ciò che per lui è il piacevole) in effetti le fantasie sono
private per così dire , non è che siano condivisibili, in alcuni casi sì ma in
linea di massima, sono differenti da una persona ad un’altra (il credere
qualcosa che non si suppone vero… crede in quanto non può non tenerne conto non
può non essere attratto da questa cosa) qui lei ha fatto entrare il credere
però che cosa si crede in una fantasia? Che sia vera? Quando la persona sa
benissimo che non lo è? (crede in quanto non può essere attratto da questa
cosa) pensate ad una fantasia ad occhi aperti, tanto per fare un esempio, in
questo caso uno si immagina, per esempio si costruisce una fantasia dove si
immagina il dominatore del mondo, tutti quanti sono ai suoi piedi e via
dicendo… ecco prendiamo questa fantasia, ora qui si pone la questione: potremmo
affermare che crede che l’essere il padrone del mondo sia una cosa piacevole o
propriamente ciò che è piacevole deve essere creduto piacevole per essere tale?
Oppure c’è qualcosa che baypassa questa storia? Ecco certo, sì però rischiamo
di trovarci in un circolo vizioso, piace perché ne è attratto, ne è attratto
perché piace… (quindi deve credere che la cosa sia piacevole) no abbiamo appena
detto che non è che gli piace qualcosa perché crede che sia piacevole, non si
pone la questione (…) c’è un qualche altro elemento che non è credere vero o
falso qualche cosa, perché anche se talvolta abbiamo sconfinato in questo, il
fatto che mi piaccia una certa cosa non comporta, non è che la escluda, ma non
comporta necessariamente il credere o no, in quanto la questione può anche non
porsi, non porsi in questi termini, nel senso che uno non lo crede né vero né
falso, non si pone la questione, mi piace e basta (sì come il tramonto) sì,
dire che una cosa piace è un’operazione apodittica cioè è immediatamente
evidente, non richiede una costruzione vero funzionale, se io dico che mi piace
è già implicito per me che mi piace, se fosse falso direi: non mi piace. Ma
torniamo un po’ indietro, noi avevamo accostato la fantasia a una produzione di
immagini piacevoli, che attraggono, e questa definizione potrebbe per il
momento dare quanto meno una direzione, come dire che ci sono delle immagini
che attraggono e altre no, è necessario che andiamo oltre a questa definizione?
Tenete sempre conto e non dimenticatelo mai che stiamo dando definizioni
all’interno del luogo comune per cui scordatevi qualunque argomentazione
logica, è semplicemente dire qualcosa che il luogo comune non può non
accogliere, proprio perché lo voglio io, quindi affermare che è produzione di
immagini potrebbe anche essere sufficiente se ci viene in mente qualcosa di
più, perché no? (nella psicanalisi parlare di fantasia è come curare e
riportare la fantasia al luogo comune) perché la psicanalisi almeno
tradizionalmente distingue tra la capacità di inseguire una fantasia ma di
continuare a mantenere la consapevolezza che è una fantasia e non è realtà e
invece che questa consapevolezza la perde e allora pensa di essere Napoleone,
il problema è che gli altri non lo pensano perché se lo pensassero anche gli
altri non ci sarebbe nessun problema… (quindi c’è una connessione fra la
fantasia e il falso mi veniva in mente Tertulliano “credo quia absurdum”, la
persona vive della fantasia e crede per poterle mantenere) certamente (crede
nella vita terrena, crede nel paradiso, crede, sono tutte cose che creano un
effetto piacevole ed è per questo che non se ne distaccano) sì (il punto di
rappresentazione è il piacere come se potesse dire che il piacere è questo, una
sorta di economia del piacere perché questo è ciò che mi piace) sì una
produzione di immagini che attraggono, però non è sempre necessariamente
connotata negativamente dunque con il falso se uno racconta un sogno per
esempio, potremmo dire per esempio che è una sua fantasia ma non per questo
qualcuno dice che non è vero è falso, che è implicito che lo sia in quanto
fantasia contrapposta a realtà, in quanto sogno, o racconta una sua fantasia ad
occhi aperti per esempio, mi piacerebbe diventare… ciascuno sa che non è vero
quello che sta raccontando e viene accolto come qualcosa che per definizione
non è reale, la fantasie è irreale. Giochi grammaticalmente e sintatticamente
differenti, allora la realtà non può essere la fantasia in nessun modo più di
quanto il poker possa essere il tresette (grammaticalmente sì ma descrivendo
una realtà io posso, questa realtà, costruirla con la mia fantasia… (…) però
adesso inserisce un altro elemento, cioè una descrizione della realtà o ciò che
è chiamata tale, intervengono elementi soggettivi, possono intervenire delle
fantasie certo, però adesso non è che ci interessi una questione del genere, è
chiaro che descrivendo qualcosa costruisce una storia, interessa trovare
qualche cosa che possa tornarci utile per parlare delle emozioni, per
avvicinare le persone al discorso particolare, per questo utilizziamo il luogo
comune se no in realtà non ce ne importa assolutamente niente, che cos’è
un’emozione? Quello che ciascuno crede che sia, ecco fatto, però può tornarci
utile intendere il luogo comune per poterlo affrontare sul suo stesso terreno,
e nel luogo comune potrebbe essere non negabile la definizione che descrive la
fantasia come la produzione di immagini piacevoli, vera o falsa che sia adesso
non ci interessa, perché a questo punto ecco che la definizione di emozione
sempre all’interno del luogo comune può funzionare, e cioè come una sensazione
si aggancia a una fantasia, a questo punto produce una sensazione nota come
emozione perché lì interviene una fantasia e cioè delle emozioni che
attraggono, ed è belle e spiegato tutto, spiegato sempre all’interno del luogo
comune, torno a ripetere, perché ponendo la questione in questi termini ecco
che allora l’emozione diventa immediatamente la produzione di immagini
piacevoli, e in questo modo noi inincominciamo ad inserire un elemento che può
tornarci utile, cioè il fatto che l’emozione è una produzione del mio discorso
che sia bello o brutto adesso non ci interessa minimamente, però è il discorso
che sto facendo, e quindi queste fantasie, queste immagini che io produco, sono
piacevoli (come se l’emozione avesse a che fare con una sorta di realizzazione
nel luogo comune?) Non ipostatizzi l’emozione, non lo possiamo fare, dobbiamo
attenerci al luogo comune, non deve immaginare che sia l’emozione che debba
essere definita, stiamo soltanto giocando con il luogo comune e costruendo
qualcosa che il luogo comune non può negare in modo da potere inserire degli
elementi che incomincino a spostare la questione, ché non dobbiamo dire che
cosa è realmente l’emozione, non potremmo dirlo mai perché ci atteniamo
unicamente al luogo comune, come dicevo prima andiamo sul suo terreno, l’emozione
è questo? l’altro dice sì, per forza è questo, perché il luogo comune la
definisce così, nient’altro che questo, perché in questo modo possiamo
insinuare che l’emozione, qualunque essa sia, è una produzione, non è qualche
cosa che mi capita tra capo e collo, come invece pensa il luogo comune (…) sì,
sì abbiamo il modo di cominciare ad accennare alla questione della
responsabilità che è molto complicata ma è uno dei pilastri perché possa
intendersi qualcosa di ciò che avviene parlando. Invece della sensazione che
cosa dicemmo? (…) sì, sì la registrazione di una differenza, e la percezione?
Non è la stessa cosa? (l’avevamo definita così tanto tempo fa) ecco, però la
sensazione nel luogo comune è diversa dalla percezione… non dobbiamo starci lì
più di tanto, non ci interessa, ma se il discorso che stiamo portando avanti da
tempo giunge alle estreme conseguenze come è auspicabile che avvenga, cosa
accade? emozioni, avevamo detto che sono una mia produzione. Però la volta
scorsa avevamo detto, se vi ricordate, e adesso verifichiamo se è proprio così,
che nell’emozione occorre che vi sia del non saputo perché funzioni, perché non
provoca emozione una cosa che conosco perfettamente, stavo pensando che
conoscendo il funzionamento del gioco, se non c’è imprevisto questo gioco non
dà emozione, nel discorso che stiamo facendo che cosa è imprevisto? La
produzione di proposizioni inattese, in questo caso l’unica emozione possibile
è questa l’incontro con ciò che avviene nella elaborazione del pensiero, del
discorso quindi, incontro con proposizioni che si agganciano con altre che sono
inattese, in teoria non dovrebbe esserci nessun’altra emozione, forse anche in
pratica (…) (se vogliamo chiamare emozioni il prosieguo del percorso)
(Aristotele quando parla di meraviglie il sapere) cosa intendesse lui dio solo
sa, (c’è sempre della meraviglia) sì se è emozionato qualche cosa lo ha
meravigliato, cioè qualcosa di inedito si è prodotto, è qualcosa di inedito che
si aggancia alla sua fantasia se no non succede niente, per una persona, una
cosa lo emoziona tantissimo ad un’altra non succede assolutamente niente, ci
sono cose che emozionano le persone che invece a me non emozionano affatto, se
la Juventus vince lo scudetto non produce assolutamente nulla per esempio e
così infinite altre cose, cosa state pensando? (fintanto che si considera
l’emozione quel qualcosa che interviene così) tenete conto che eravamo partiti
da questa obiezione che molti ci rivolgevano che l’emozione è fuori dalla
parola, perché non riguarda ciò che io dico, riguarda ciò che mi accade, questo
ci ha costretti per così dire a costruire questa argomentazione (fintanto che
l’emozione gioca il ruolo che gioca nel discorso in cui ci troviamo se uno
cerca l’emozione la trova, se la vuole è chiaro che poi si ritrova a fare i
conti con un discorso che distrugge le emozioni, è un non senso porre le
questioni in questi termini, perché si trova a sostituire ciò che manca con un
percorso intellettuale che non chiede emozioni, l’emozione è una pedina del
gioco, per cui porla in questi termini è solo disfattista, non riguarda più
l’emozione o meglio aggancia il gioco che più gli è congeniale quello della
fantasia di distruzione per esempio, ma laddove ci si ritrova a giocare con
tutto ciò che interviene nel proprio discorso l’emozione non può che essere che
una mia produzione) sì è come quel film che è uscito adesso: chiedimi se sono
felice, ecco non si pone più la domanda perché non ha nessun senso, (se no il
discorso si riproduce nella stessa maniera) sì questo è l’obiettivo fare in
modo che questa domanda non abbia più nessun senso, dice “non ho più emozioni”
basta uscire con la chiave e rigargli al portiera della macchina, quando esce
ha una forte emozione, per esempio… (se la fantasia gli serve...) quindi in questo
modo un’obiezione del genere che le emozioni sono fuori della parola può essere
eliminata senza utilizzare la logica, né un discorso particolarmente
sofisticato, molto semplice conduce la persona con due o tre passaggi a
constatare che l’emozione è qualcosa che è voluta, bella o brutta che sia, non
ha nessuna importanza.