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15-11-2001

 

Per insegnare a pensare occorre insegnare come funziona il linguaggio e visto che è il linguaggio che fa funzionare il pensiero, pare inevitabile. La psicanalisi occorre che comporti pensare in un modo diverso, se no non serve a niente, per pensare in un modo diverso occorre che ci siano gli strumenti per poterlo fare e gli strumenti si acquisiscono lungo il percorso che stiamo facendo. Come costruire un discorso a partire dalla psicanalisi? A cosa serve una psicanalisi? Potremmo dire che serve a pensare meglio e di conseguenza a vivere meglio. Che cosa intendiamo con pensare meglio? Un pensiero rapido e non vincolato a superstizioni, cosa intendiamo con superstizioni? Qualunque cosa che sia ritenuta vera senza potere essere provata tale, e che pertanto è creduta per un atto di fede. Cosa succede se si crede vera una cosa che non è provabile? Che ci si muoverà di conseguenza e quindi farò tutta una serie di cose esattamente così come fa un fondamentalista, per buttarsi giù sulle torri occorre credere fermamente nelle cose, quindi pensare più rapidamente comporta il non dovere fermarsi su cose che non significano niente, che sono assolutamente arbitrarie, quindi non hanno necessità di costringersi a fermarsi a vedere se è vero oppure no, non ha nessun interesse. Ora perché pensare in questo modo comporta vivere meglio? Perché sbarazza di una cosa di cui gli umani sono fortemente provvisti la paura, toglie la paura, togliendo la paura si viaggia in un modo molto più leggero e veloce, senza intoppi di sorta, e questo qualunque persona lo capisce abbastanza facilmente, perché se non avesse paura di tutta una serie di cose allora vivrebbe meglio. Per fare questo l’analisi come fa? Ché una persona si rivolge a un analista e supponiamo che abbia questo obiettivo, come raggiungere questo obiettivo? una persona arriva lì, adesso la diciamo in termini molto rozzi, ha un sacco di paure e quindi un sacco di limiti “non posso fare questo perché se faccio questo succede quest’altro…” ecc. intanto sappiamo che in un’analisi è fondamentale che una persona parli, se dicesse assolutamente nulla non avremmo molti elementi. Cosa succede quando parla? Succedono un sacco di cose però ciò che a noi interessa è che ci racconta …fa una sorta di listaggio di tutte le cose in cui crede, cioè dei limiti che si è posto nel corso della sua vita, della sua esistenza. Generalmente è la prima cosa che fa, dopo di che, che cosa ce ne facciamo di questo racconto? Poniamo che racconti tutte le sue storie, ciò che intendiamo è che nel racconto che fa le cose che trova, che enuncia, i suoi limiti, che pone come tali, come paure o difficoltà o problemi a seconda di come li enuncia non ha importanza, ecco per esistere questi problemi, questi limiti necessitano di una serie di condizioni, faccio un esempio stupidissimo in questo momento io per esempio non ho paura, potrei averne se ci fossero delle condizioni, per esempio se mi stesse crollando il soffitto sulla testa ecco che comincerei a preoccuparmi, se questo non si verifica non ho paura e quindi ci vogliono delle condizioni perché una persona possa avere paura e quindi limitare la propria esistenza, quali? Possiamo in modo molto rozzo distinguere tra un pericolo reale e un pericolo che è immaginato, in modo molto rozzo il tetto che casca è un pericolo reale, se usiamo queste categorie, però la più parte delle cose di cui la gente ha paura non è di questa fatta, ha paura per lo più di cose che non hanno un riscontro reale e in alcuni casi se gli appare che ci sia questo riscontro, questo riscontro si è creato ed è da verificare però dicevo delle condizioni, una delle condizioni per avere paura di qualche cosa è di credere in questa cosa fortemente, se c’è la paura di essere odiato dal mondo intero occorre che creda fortemente in questa eventualità cioè che creda, se non ci credesse non avrebbe nessuna paura, la condizione per avere paura è sempre credere fortemente in qualcosa e quindi cominciare a riflettere e soprattutto cominciare a fare riflettere, ché se ci riflette l’analista non succede niente ma la persona che sta parlando riflettere sulle condizioni che sono necessarie per affermare ciò che sta affermando e quindi cominciare a fare una lista delle cose in cui crede, una lista ideale certo non deve mettersi lì…ora alcune cose le crede vere fortemente e in base a questa cosa che crede si comporta in un certo modo, e questo certo modo è quello che implica la sua paura, raggiunto questo si tratta di vedere perché crede così fortemente quella certa cosa, se glielo ha orinato il medico, se glielo ha detto la mamma, se c’è arrivato da solo con il suo ragionamento o se l’esperienza gli ha insegnato una cosa del genere… una qualunque cosa, si tratterà di mettere a dura prova questa sua superstizione, come facciamo a metterla a dura prova? Come si fa sempre e cioè gli si impone per così dire di spiegarci perché questa cosa è vera, questa cosa in cui crede, mano a mano che comincia ad avere delle difficoltà, a confondersi….a porre qualche obiezione, l’altra persona incomincia ovviamente a essere un po’ in difficoltà, questo è un momento importante che può utilizzarsi in molti modi e chiaramente viene utilizzato per installare un’altra superstizione però nel caso nostro non è esattamente questo l’obiettivo e questa sorta di smarrimento in cui si trova ci è molto utile perché incomincia a insinuare nel suo discorso che le cose potrebbero non essere proprio così come pensa che siano, e a questo punto si tratta poi di valutare di volta in volta però in linea di massima di può dare il colpo di grazia ad una superstizione mettendola ancora più alle strette per esempio, adesso faccio un esempio molto semplice se una persona non riesce a spiegare, a dimostrare perché ritiene vera una certa cosa, le si può domandare allora perché la crede vera, la risposta in molti casi è perché mi serve, però il fatto che sia lì è già una contraddizione in termini perché se le fosse servita non sarebbe lì vicino a me, per esempio, cominciare a insinuare che il suo disagio, il suo malessere segue proprio a queste cose a cui crede, è chiaro che sono la condizione del suo malessere, del suo disagio qualunque cosa sia, intendiamo qui con disagio unicamente ciò che quella persona dice essere tale “per me il disagio è non riuscire a fare quella cosa” il disagio è quello, non si tratta di definirlo chissà come e che più crede e più sta male, più fortemente crede e più sta male, mostrandogli anche come avviene una cosa del genere e che è molto semplice, se io credo vero una certa cosa è chiaro che non potrà essere differentemente quindi lì sarà posto un limite, ora credendo un sacco di cose io mi pongo un sacco di limiti, limiti al mio pensiero se credo che sia così non posso immaginare, pensare, vedere altrimenti che così, e quindi a forza di limitarsi si ritroverà, cioè si è già trovato in condizioni di non riuscire più a pensare in modo snello, veloce immagina ed è a questo punto immaginando che tutto sia andato per il verso giusto che è possibile insegnare effettivamente a queste persone insegnare a pensare, ché se le cose non stanno così come pensava che fossero ecco che gli si può dire che c’è un modo per sapere come stanno le cose, se le vuole sapere, è che tutto ciò che lui fa, dice e pensa adesso qui metto in mezzo un po’ l’analisi, la conferenza un po’ tutto però sto facendo una traccia… e tutto ciò che sa questo sapere da dove gli viene? Qualcuno glielo ha trasmesso altre cose ci è arrivato da solo, altre le ha acquisite per esperienza, ma perché delle cose si organizzino in modo tale da costituire un sapere occorre una struttura oppure no che le organizzi in questo modo? Che se nessuna struttura le organizza rimangono una serie di congiunzioni infinite che non concludono niente e quindi non può come suole dirsi farsi nessuna idea, e quindi la condizione perché lui sappia anche di stare male per esempio è che esista una struttura che glielo consente, per esempio, cominciare a dirgli come funziona questa struttura, se non può sapere nulla al di fuori di questa struttura, adesso scivoliamo qui verso più la conferenza che su questioni analitiche però hai visto mai…senza questa struttura non può sapere nulla, se una persona non sa di stare male sta male oppure no? Questa è una bella domanda, verrebbe da chiedersi, provi a rispondere Cesare se uno non sa di stare male? È una strana domanda perché è una contraddizione in termini, perché lo stare male implica il saperlo (…) dunque per stare male occorre che lo sappia, è necessario che lo sappia, qualcuno potrebbe anche obiettare “posso anche non sapere ma mi accorgo” obiezione che non ha un grande rilievo, si fa tutto il discorso precedente, ché mi accorga di qualche cosa occorre che ci sia una struttura che mi consente di arrivare a questo punto, solo a questo punto posso affermare di essermi accorto, e quindi se non so qualche cosa questo qualche cosa non funziona in me, è come se non ci fosse in un certo senso. Ora io sono arrivato a sapere che “tutto il mondo ce l’ha con me” o a temere una cosa del genere, da qui possiamo fare tutto un discorso intorno a come si costruisce il sapere in parte l’abbiamo già fatto, però e si costruisce così come si costruisce qualunque cosa, si parte da degli elementi e poi facendo un percorso più o meno corretto si giunge a una conclusione, ma è importante sapere se il punto da cui parto è vero oppure è falso perché ne seguirà tutto ciò che è la verità della conclusione, e sappiamo anche che è molto difficile credere vero ciò che si sa essere falso, e a questo punto che cosa succede? Succede che tutto ciò che so segue necessariamente a una struttura che mi consente di sapere ciò che so; altra domanda “ciò che so è vincolato a questo chiamiamolo strumento per il momento, che mi consente di sapere qualche cosa oppure no?” sì visto che lo so attraverso questa cosa, se io vengo a sapere una cosa attraverso di lei Cesare ciò che so dipende da ciò che lei mi ha detto, e quindi come dire se so qualcosa è perché esiste il linguaggio, possiamo giungere abbastanza facilmente a questa conclusione, se so, diceva quel tizio che esiste la luna, è perché esiste il linguaggio è abbastanza accettabile, no? Però qualcuno potrebbe dire ma la luna esiste anche senza il linguaggio, già abbiamo due modi per affrontare la questione, primo è muovere dalla domanda come lo so che esiste questa cosa? E procedere lungo quella via, l’altra via è domandarsi cosa sto affermando dicendo che una certa cosa è fuori dal linguaggio, qualunque essa sia non ha importanza, e poi una serie di prove che possono seguire vie differenti, la prima come lo so? Altri me lo hanno detto. Wittgenstein ha parlato molto di questo: l’ho imparato. Posso anche avere esperienza non della luna magari ma (direttamente) ma di questo aggeggio qui (accendino) ne ho esperienza, lo posso toccare vedere utilizzarlo ecc. quindi so che esiste indipendentemente da qualunque altra considerazione, e generalmente si pensa così però se una persona è così più attenta e ha voglia di andare oltre con la riflessione c’è l’eventualità che si domandi che cosa sta dicendo, affermando che questo aggeggio esiste, la risposta immediata abbiamo detto che esiste perché lo posso toccare, vedere, ecc. quindi possiamo dire esiste e significa questo, ma lo significa di per sé, cioè significa necessariamente questo o io ho stabilito che questo significante “esistere” è utilizzato in questo modo? È una domanda trabocchetto perché se esiste in funzione di ciò che io ho stabilito allora l’esistenza come qualunque altra cosa significa esattamente ciò che io stabilisco che voglia significare, allora io posso decidere che la luna esiste oppure no a seconda di ciò che decido, questo ne segue inevitabilmente oppure per rimanere a “come lo so” l’ho imparato da altri e allora questi altri… la cosa si ripete poi all’infinito (gli altri come hanno saputo ecc.) ora almeno uno che ne abbia avuta esperienza, però anche l’esperienza…tempo fa ci si chiedeva come so qualche cosa: o lo so per deduzione o lo so per esperienza e non ci sono santi, se lo so per deduzione allora è il conseguente di un antecedente, questo antecedente e conseguente non sono altro che una struttura inferenziale, che è parte strutturale del linguaggio quindi lo so attraverso il linguaggio se lo so per deduzione; se lo so per esperienza? Questa esperienza che ho, è esperienza di qualcosa o è esperienza di nulla? Se è esperienza di nulla …è nulla se è esperienza di qualche cosa allora questa esperienza che ho sarà seguita da qualche cosa e di nuovo sarà il conseguente di un antecedente e per avere esperienza pertanto occorre che esista questa struttura inferenziale e cioè che esita il linguaggio e pertanto anche per avere esperienza è necessario che esista il linguaggio e allora torniamo alla questione di prima tutto ciò sia deduzione sia esperienza procedono dall’esistenza del linguaggio hanno il linguaggio come condizione e pertanto saranno vincolate necessariamente alla struttura del linguaggio, inesorabilmente. Obiezioni? A questo punto abbiamo in mano un’argomentazione sufficientemente solida però potrebbero domandarci ma a questo punto muovete da un principio fondamentale e cioè che qualunque cosa sia un atto linguistico e questo non è dimostrabile, non è dimostrabile perché già altre volte dicevamo sarebbe una petizione di principio e in ogni caso sappiamo già se il nostro interlocutore è sufficientemente scaltro che qualunque cosa può essere dimostrata e può essere dimostrata anche la sua contraria, se uno è abbastanza abile può farlo e quindi non è dimostrabile, non essendo dimostrabile è un’affermazione al pari di qualunque altra assolutamente gratuita, però qui noi possiamo porre una piccola obiezione e cioè che il discorso che stiamo facendo è al di qua ancora di ogni possibile dimostrazione, noi stiamo riflettendo sulle condizioni di qualunque cosa e pertanto anche della dimostrazione non abbiamo nulla da dimostrare ma soltanto da porre in modo inoppugnabile, inequivocabile sotto la forma di una dimostrazione logica che ciò di cui stiamo parlando e cioè del linguaggio che è la condizione per l’esistenza quindi per l’esistenza di qualunque cosa di conseguenza, perché questo criterio che utilizziamo risulta così inattaccabile? Perché avendo considerato che qualunque cosa faccia necessariamente, qualunque cosa so, penso, immagino, qualunque cosa tutto questo avviene attraverso questa struttura che è nota come linguaggio noi poniamo che qualunque tentativo di obiettare, di opporsi o di negare questa affermazione, necessitando di ciò stesso che deve negare si pone come un autocontraddizione come dire che io posso negare l’esistenza del linguaggio se e soltanto se esiste il linguaggio, questa è la forma canonica come dire che la mia proposizione che afferma che qualcosa esiste fuori dal linguaggio è vera se e soltanto se è vera la sua negazione, che è la forma del paradosso, come dicevamo tempo fa la madre di tutti i paradossi, ecco perché parlo di costrizione logica perché la contraria non è praticabile, non è utilizzabile in nessun modo, il linguaggio stesso lo vieta, di fronte ad un paradosso il linguaggio si arresta apparentemente e poi non si arresta perché il paradosso, tutti i paradossi sono stati eliminati, aggirati meglio, si fa come se non ci fosse allora può proseguire ma se si punta lì non si va avanti, Filita di Coo morì come narra la tradizione, morì di paradosso, però per indicare come di fronte al paradosso se ci si impunta e si deve procedere di lì necessariamente non c’è verso, il linguaggio non può proseguire, la sua struttura glielo impedisce perché per proseguire ha bisogno di un antecedente e di un conseguente che sarà l’antecedente di un altro conseguente e così all’infinito poi il paradosso lo blocca, da qui Aristotele aveva considerato il principio del terzo escluso che vieta appunto una cosa del genere, non (A e non A), non è possibile tertium non datur cioè non può un’affermazione essere vera e falsa simultaneamente, si esclude il linguaggio non può proseguire, non può proseguire perché non c’è il conseguente a quel punto, dicevano i medioevali “ex falso quodlibet”. e allora considerare con molta attenzione come funziona il linguaggio visto che ne siamo inesorabilmente oltre che fortissimamente vincolati può essere di qualche utilità vedere come funziona, ora buona parte del funzionamento è stato buona parte individuato sia dai linguisti, dai logici, però noi abbiamo colte alcune cose che sono assolutamente strutturali al funzionamento del linguaggio e cioè quegli elementi senza i quali cessa di funzionare, senza i quali non potremmo fare né queste considerazioni né nessun altra, né provare alcunché, la famosa questione delle sensazioni, delle emozioni ecc. non posso provare nessuna emozione fuori dal linguaggio, l’emozione ha la forma di un gioco linguistico anziché di una verità sub specie et æternitate, l’unica verità che possiamo porre sotto questa forma se proprio vogliamo metterla è quella che afferma che qualsiasi cosa questa è un atto linguistico, se vogliamo chiamare questa verità allora questa è una verità assoluta, se ci interessa possiamo farlo se no… ecco insegnare a pensare dicevo prima è questo, pensare significa questo checché ne dica il nostro amico Heidegger, pensare come indica lui è assolutamente arbitrario, muove da una serie di proposizioni totalmente arbitrarie, non costrittive non mi costringono, può piacermi pensare così, ecco piacermi, importante questo considerare che tutto ciò che io credo vero generalmente, lo credo tale unicamente perché mi piace farlo, nulla mi costringe a farlo, mi piace allora a questo punto mi assumo la totale responsabilità se mi piace la cioccolata non attribuisco questo a chissà cosa, è una cosa che piace a me punto e basta, ne sono totalmente responsabile, se io affermo che è necessaria la guerra contro i talebani sto esprimendo un giudizio estetico, nella migliore delle ipotesi, nel senso che a me piace pensare così, a questo punto sarò indotto magari a riflettere sul perché mi piace così la guerra e a muovere una serie di altre considerazioni che se invece considero che la guerra sia necessaria, che sia giusta… mai più muoverò da queste considerazioni perché non essendo un giudizio estetico ma la descrizione di una cosa necessaria, non avrò bisogno di chiedermi assolutamente niente e la cosiddetta nevrosi almeno quella che Freud indicava come tale, funziona esattamente così, non si chiede nulla intorno ad alcune cose perché sono così e non c’è bisogno di chiedersi…così come la realtà non c’è nulla da chiedersi intono alle cose che mi circondano sono quelle, perché mi devo domandare? non sono io responsabile ecco invece incominciare a pensare comporta questo risvolto ciò che io immagino la realtà non è una costrizione logica è un giudizio estetico e cambia tutto ma proprio tutto, il modo in cui mi pongo nei confronti di ciò che mi circonda, quindi ciò che chiamo ciò che mi circonda, curioso….sì, sì in effetti spesso l’obiezione che si ascolta “a cosa serve una cosa del genere? non serve a niente…” no, cambia la vita radicalmente, totalmente, radicalmente cioè qualunque cosa da quel momento diventa totalmente differente perde il carattere costrittivo perché la costrizione logica è situata in un punto ben preciso dove non può non essere, ma tutto il resto è una mia decisione una mia scelta, la faccio perché mi piace, non perché le cose stanno così, questa è una palla colossale inventata dagli antichi che gli umani si portano ancora appresso, una cosa del tipo della nobile menzogna, questo è l’inganno, sì una palla colossale, che dura da tremila anni per altro servita a niente, se uno va a grattare appena sotto la vernice niente, c’è niente! Nulla cioè stupidaggini, che non stanno da nessuna parte, insostenibili, cose, bizzarrie inverosimili, cercate le premesse di tutte le argomentazioni di qualunque teoria, dalla più sofisticata alla più banale, prendete la premessa da cui muove e cominciate a chiedergli di rendere conto di questa premessa crolla tutto, tutto quanto come un castello di carte. Aristotele se ne era accorto non era proprio uno sprovveduto…la genialata del motore immoto ché se noi mettiamo il linguaggio al posto del motore immoto funziona perfettamente, muove ciascuna cosa e non è mosso da nulla, non è mosso da nulla in quanto qualunque cosa io voglia attribuirgli come motore sarà sempre comunque un’affermazione arbitraria, così come quelli che cercano l’origine del linguaggio, possiamo metterla come vogliamo non troveremo mai nulla di necessario il linguaggio ce lo impedisce, perché ci impedisce di uscirne fuori per trovare quell’elemento che l’ha generato, e allora giriamo in tondo posso dire che l’ha inventato dio o che l’ho inventato io, se diciamo fesserie possiamo anche spararle grosse, ché è strutturato così il linguaggio ha questa bizzarra struttura di cui tuttavia occorre tenere conto visto che non possiamo farne a meno, e tenerne conto comporta tutta questa serie di cose alcune delle quali ho predicato questa sera. Pensare in questo modo comporta proprio una totale, radicale assoluta differenza, qualcosa di più devastante della bomba atomica, ché proprio sovverte ogni cosa e quindi a che cosa serve? A cessare di pensare delle stupidaggini per esempio, per dire la prima cosa che viene in mente, la seconda cessare di avere paura, la terza cessare di muoversi in mezzo a tre mila limiti che ci è creati per niente, si potrebbe anche andare avanti ecco le cose che vi ho raccontato stasera sono così le tracce sommarie di cosa possiamo intendere con insegnare a pensare, va da sé che va costruita a tavolino in termini retorici ben precisi, molto persuasivi, quindi efficaci, sì dica? (stavo pensando a Gorgia e il modo in cui pone la questione della realtà e della fantasia) nulla è, perché se qualcosa fosse non sarebbe conoscibile, se anche fosse conoscibile non sarebbe comunicabile ( mi interessava il modo di svincolare delle proposizioni che sono credete vere) anche Agostino mi ricordava Lodari questa sera nel De Æternitate dice cose sul linguaggio di una attualità notevole che spesso va al di là dei manuali di linguistica bisogna rileggerlo sì (partendo da Parmenide “allontana il tuo pensiero da ciò che non è”) si possiamo riprendere Gorgia “allontana il tuo pensiero da tutto ciò che è immaginato fuori dal linguaggio ché come direbbero a Milano è una stupidata, è una perdita di tempo, giri a vuoto (percorrere tutte le proposizioni senza quei limiti che ti poni perché la realtà li pone come falsi e quindi come proposizioni non utilizzabili ) utilizzabili in ambito retorico certo (si sono utilizzabili in ambito retorico ma non svincolano il pensiero da un referente da una realtà) utilizzabili in ambito retorico se sono al bar con gli amici e descrivo la realtà (dipende dal gioco che sto facendo) esattamente il discorso teorico ha delle regole che sono quelle che impongono di provare ciò che si afferma nonostante buona parte delle persone se ne scordino con e strema facilità (è come se ponendo questi vincoli si fosse autorizzati ad immaginare qualche cosa fuori da questi vincoli per cui interviene l’immaginazione che forma una certa realtà e la connota come immaginazione, qualcosa che non esiste, per cui non la posso elaborare) distinguere l’altra volta tra realtà e immaginazione, sogno come la si vuole chiamare, sono giochi diversi semplicemente hanno regole differenti… (…) va benissimo tra l’altro tenerle come regole del gioco, perché se infatti dico a Cesare ho immaginato di andare a Milano oppure sono andato a Milano Cesare intende due cose differenti perché anche lui si attiene a queste regole, sa qual è il gioco che sta giocando e lo gioca, per cui se dico sono andato a Milano intendo una certa cosa, se dico ho immaginato di andarci ne intendo un’altra. Ecco rispetto alla questione della realtà abbiamo toccato qualche aspetto per la sua conferenza prossima sulla questione della realtà…poi anche lì sulla questione della realtà si può giocare come diceva anche Freud, anche Lacan… la realtà oggettuale, la realtà dell’immaginario però non so se… o la realtà psichica, non lo so se ha qualche interesse attenerci a questa distinzione, come qualunque distinzione ha un interesse se è funzionale al discorso che si fa, se perde la funzionalità non ce ne facciamo niente, ecco quindi cosa vogliamo fare con questi incontri ? io ho detta la mia e domani bisognerà avere qualche cosa di preciso…bisogna che questa notte ciascuno di voi ci rifletta bene, perché muovendo dalla psicanalisi possiamo dire qualunque cosa.