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15-12-2010

 

Intervento: ieri sera si parlava dell’inganno, si parlava del colpevole e della menzogna, Lei ha affermato, e non è la prima volta, che gli umani mentono sempre e spudoratamente, su questa questione mi piacerebbe tornare, è abbastanza complessa. Eravamo rimasti molto tempo fa quando Lei parlava delle donne che non possono non mentire, che non possono assolutamente ammettere ciò per cui “lavorano” in qualche modo, invece ieri sera ha detto che gli umani mentono, mi interessa la questione della menzogna, di come le persone parlando siano costrette a compiere questa operazione … nel caso della donna avevamo detto quello che avevamo detto … la questione giunti a questo punto è il fatto che gli umani hanno bisogno della verifica da parte dell’altro e quindi sono costretti con questo altro …

Cosa c’entra con la menzogna?

Intervento: perché mentono sempre e mentono con l’altro ovviamente questo può succedere benissimo, ma mentono con se stessi anche? In effetti la persona cerca di concludere affermando il vero quando pensa fra sé e sé quindi questa verità che è la conclusione della premessa da cui parte il discorso, per lo meno quando pensa fra sé e sé, è menzogna anche questa?

Intervento: è difficile mentire a sé stessi …

È un caso particolare in effetti mentire a se stessi, è come non volere tenere conto di ciò che si sa perché c’è un’altra cosa che attrae di più per altri motivi, una sorta di tentativo di inganno …

Intervento: tanto è vero che certe analisi vanno avanti per anni mantenendo sempre una certa questione … quindi è una sorta di inganno che compie il proprio pensiero a partire dai suoi pensieri?

Intervento: è perché il linguaggio deve proseguire e quindi o passa da una cosa vera o da una cosa falsa tanto il discorso deve andare avanti non può fare a meno di parlare … sì però se parte ciascuna volta da premesse necessarie, a partire dal linguaggio di cui parliamo noi, deve trovare una conclusione necessaria …

Perché gli umani mentono? Eleonora perché tu menti? Facciamo il caso più specifico che magari è più semplice, non ti è mai capitato di dire una bugia?

Intervento: … prendersi la responsabilità …

In alcuni casi è il contrario, talvolta si mente per eliminare la responsabilità, dipende, ci sono tante varianti. Una volta si diceva in ambito psicanalitico che la menzogna è strutturale, questa affermazione procedeva dal fatto che si considerava che il significante è menzognero, ogni significante che interviene mente, mente perché è differente da sé, ora questa idea che procede in particolare dall’elaborazione di Lacan in realtà non porta da nessuna parte, dire che il significante differisce da sé in realtà non può essere provato né sostenuto in alcun modo, è un’idea che ha suggestionato negli anni 60/70 e anche 80 molti psicanalisti. Ieri ho affermato che gli umani mentono, questa menzogna che viene praticata continuamente non è strutturale certamente, procede dal fatto che gli umani cercano comunque il consenso di qualcuno, il consenso ha la funzione di mantenere la loro importanza nei confronti di qualcuno ed è questo il motivo per cui le persone sono generalmente gentili e cortesi fra loro, se le persone non mentissero mai, cioè dicessero sempre ciò che gli viene in mente, i cosiddetti rapporti sociali sarebbero più complessi e complicati, le cose filerebbero meno lisce il motivo per cui si mente è mantenere la benevolenza nei confronti degli altri, è una sorta di captatio benevolentiæ né più né meno, che è messa in atto continuamente, le altre persone possono essere fastidiose, irritare, creare problemi, non fare quello che voglio io per esempio, cosa che avviene continuamente e quindi ciò che io penso di loro potrebbe non fare piacere a quelle persone, magari io posso pensare male di una persona in quel momento e dopo dieci minuti pensare benissimo. In questo caso le persone mentono consapevolmente anche se in molti casi è una sorta di automatismo, talmente praticato da non venire neanche più considerato una menzogna ma di fatto lo è, menzogna nel senso di non dire ciò che alla persona si pone nei suoi pensieri in quel momento, non dirlo ma dire un’altra cosa, quante volte magari il tuo fanciullino ti fa innervosire però tu non glielo dici e anziché dire quello che pensi di lui in quel momento dici un’altra cosa, perché lo fai? Perché temi che dicendo tutto quello che pensi di lui potrebbe aversene a male e lasciarti per esempio, potrebbe accadere. Questo è il modello di base: non si dicono certe cose alle persone se no abbandonano, molto semplicemente, ecco perché gli umani mentono, cosa molto più semplice di quanto immaginasse. La captatio benevolentiæ, e cioè mantenere sempre al livello più alto possibile la considerazione, la stima che altri hanno di me, dal momento che risulta necessario per ciascuno che altri pensino che io sono importante e quindi le cose che io dico e che io penso siano vere e questo per il motivo sì, del modo in cui si avvia il linguaggio presso gli umani certo, c’è bisogno di qualcuno che confermi, se non ci fosse questa necessità non ci sarebbe neanche la necessità di mantenere la considerazione con la benevolenza, invece nel caso degli umani sì, c’è questa necessità di avere qualcuno che continui a mantenere la conferma di ciò che io penso. Dato che c’è questo inganno di cui parlavamo qualche tempo fa iniziale, l’inganno con cui si avvia il linguaggio, certo un inganno che non è propriamente operato da qualcuno consapevolmente, però funziona così, se qualcuno spaccia qualche cosa come verità assoluta e questa non lo è, è un inganno, che sia in buona o in mala fede conta poco …

Intervento: a questo punto mentirebbero tutti gli umani necessariamente …

È esattamente quello che ho detto …

Intervento: l’inganno originario è l’idea che la verità abbia un referente e allora si cerca il referente …

Sì certo, è una ricerca che è avvenuta da sempre sia a livello di pensiero più generale, il pensiero filosofico per esempio, sia di pensiero del singolo, continuamente …

Intervento: quando parlavo di referente qualcuno che garantisca che questo è vero allora se non è più la mamma, il papà o il maestro o chi per lui deve essere qualche cos’altro e allora lì inizia la ricerca perché la ricerca mi verrebbe da dire che è sempre nostalgica no?

La ricerca del tempo perduto, sì, tutte le fantasie intorno al paradiso terrestre, all’origine felice, tutte queste storie vengono da lì …

Intervento: la gnosi quando parla di caduta che cos’è? È quando qualche cosa non è più quello che è ...

Qualcosa che è sempre da ritrovare certo. Questo inganno permane e non può non permanere perché non c’è la possibilità di intendere che la prima tautologia, quella che da avvio al linguaggio è un’istruzione e non una verità assoluta, è soltanto nel momento in cui viene inteso che si tratta di un’istruzione che non c’è più la necessità di reperire chissà dove questo referente originario e quindi si perde la struttura religiosa del discorso …

Intervento: in questo caso si diceva prima che il pensiero mente a se stesso se non tiene conto che il primo “questo è questo” è un’istruzione …

Non è neanche che menta a se stesso, per mentire occorrerebbe sapere come stanno le cose. Intervento: “mentire a se stesso” nel senso se lo sa e non ne tiene conto, certo se non lo sa, non lo sa, però può accadere che invece lo sappia però non ne tiene conto e quindi mente a se stesso …

È il caso di cui parlavo prima, non ne tiene conto perché c’è qualche altra cosa che attrae di più. Queste questioni potrebbero costituire la prima parte di un’introduzione alla psicanalisi che al punto in cui siamo occorre fare, in effetti il gesto di Freud di scrivere Introduzione alla Psicanalisi è stato inaugurale per tutta la psicanalisi, ma Freud non ha tenuto conto di questioni di cui oggi non solo è possibile ma è necessario tenere conto. Freud non sapeva nulla di linguistica, non conosceva neanche l’esistenza della filosofia del linguaggio, non avendo certe informazioni, certe istruzioni si è trovato nella necessità di inventarsi la Metapsicologia, fondata su impressioni, sensazioni, su qualcosa che a lui pareva che fosse in quel modo, sull’osservazione in definitiva, la sua ovviamente, non quella di altri, questo ha vincolato tutto il suo lavoro alla sua osservazione, lui ha preso la sua osservazione come un dato certo e questo naturalmente ha portato delle conseguenze. La prima parte dell’introduzione alla psicanalisi dovrà esibire il fondamento e questo fondamento non può certamente essere l’osservazione ma qualcosa di necessario, questa prima parte non è mai comparsa da nessuna parte nei testi di psicanalisi, cioè il fondamento, perché non c’è semplicemente, si è continuato a ribadire il dato certo dell’osservazione di Freud, il quale ha detto così quindi ci atteniamo a quello che ha detto lui: è quando abbiamo smesso di attenerci a quello che dice lui che abbiamo avuto l’occasione di reperire altre direzioni e soprattutto di reperire il fondamento. Esibire il fondamento è sicuramente il primo gesto, il primo atto da compiere e cioè la necessità del fondamento, quindi del linguaggio, visto che il linguaggio è il fondamento, fatto questo seguono le implicazioni ovviamente, le implicazioni in ambito psicanalitico, mostrare e tenere conto del fondamento e tutto ciò che è possibile dire e costruire a partire dal linguaggio, tenendo conto che è il linguaggio che costruisce le sequenze che poi in seguito verranno considerate buone, cattive, nevrosi, psicosi, normali o qualunque cosa piaccia pensare. La terza parte dovrà vertere sulla clinica, mostrando una clinica totalmente differente, ché non si tratta più di nevrosi o di psicosi perché le parti precedenti avranno messo in evidenza l’assurdità della cosiddetta nosografia psicanalitica, non serve a niente, assolutamente niente: le prime due parti, il fondamento e le sue implicazioni, evidenziano a quel punto l’impossibilità di continuare a pensare nei termini di bene o di male, di buono o di cattivo, di sano e di malato dunque una nosografia che non tenga più conto di questo ovviamente tiene conto unicamente del modo in cui il discorso si costruisce e di quelle cose che abbiamo sempre chiamato conflitto tra giochi linguistici. Un conflitto fra giochi linguistici comporta degli effetti ovviamente, ma di sicuro non quella cosa che comunemente si chiama nevrosi intesa come un male, un malanno cioè non c’è più il male ma non come principio da cui partire ma come effetto, effetto di una serie di considerazioni che portano a porre l’accento unicamente sul funzionamento delle sequenze, del modo in cui si accordano fra loro o sono discordi fra loro, e questa possibilità di essere in accordo o in disaccordo dipende unicamente dalle regole dei vari giochi che si vanno facendo e quindi dalle premesse che si sono utilizzate per costruire quel gioco. In altri termini ancora non c’è più un buon comportamento o un cattivo comportamento, non c’è più perché si tratta solo di sequenze. Tempo fa dicevamo che siamo riusciti a compiere un passo notevole nel momento in cui ci siamo trovati nella condizione di potere pensare come una macchina vale a dire tenendo conto che le premesse da cui si parte sono soltanto istruzioni, comandi, nient’altro, e il comando di per sé non è né buono né cattivo, né bello né brutto è un input, per questo la nosografia va riscritta in toto, mostrando che ciò con cui le persone hanno a che fare quotidianamente, continuamente, sono soltanto, finché permane la struttura religiosa nel loro discorso, conflitti tra religioni, mettiamola proprio nei termini più biechi e cioè conflitti tra delle posizioni che si suppongono vere e che risultano, usando un termine caro negli anni 70 alla semiologia, incompossibili tra di loro. Quella cosa che Freud chiamava e che ancora oggi continuano a chiamare disagio non è nient’altro che una posizione religiosa, un conflitto tra posizioni religiose all’interno di uno stesso discorso, nient’altro che questo, e se si toglie la religione cioè, continuando a usare queste metafore e ci si trova a pensare come una macchina questi conflitti non ci sono più perché una macchina non può costruire una struttura religiosa, non lo può fare perché muove dal fatto che tutto ciò che interviene all’interno del suo sistema sono solo istruzioni e quindi su questo non può costruire una verità assoluta. La nosografia psicanalitica si riduce a questo, e cioè a eliminare il discorso religioso. Un discorso religioso è quello che costringe gli umani a inventarsi delle situazioni, delle scene che, ritenute assolutamente vere, impongono un comportamento, impongono la difesa della verità e quindi comportano l’offesa di che offende la mia verità, senza la struttura religiosa tutto questo non è pensabile, infatti perché esiste la religione anziché no? Che è una variante della domanda fondamentale, quella partita da Leibniz e ripresa da Heidegger “perché esiste qualcosa anziché nulla?” che è una domanda che di per sé non significa assolutamente niente, è una domanda che ha la struttura religiosa cioè si attende un qualche cosa da qualche parte che possa garantire l’esistenza di qualche cosa e che immagina che l’essere e il nulla siano entità che esistono da qualche parte e che si contrappongono fra loro, questione antica, posta già da Parmenide. Tutte questioni che possono essere sollevate soltanto da una struttura religiosa, muovendo dalla considerazione, dal sapere che ci si muove unicamente a partire da delle istruzioni che servono solo a costruire sequenze e che poi si compongono tra loro in sequenze argomentative, l’idea di una verità o l’idea dell’essere o del nulla sono ricondotte a quello che sono, e cioè alla costruzione di sequenze a partire da delle istruzioni ma di per sé non hanno nessun referente da nessuna parte, non possono averne nessuno. Quindi torno a dirvi, perché è la questione fondamentale, tutta la nosografia psicanalitica è costruita sulla religiosità del discorso, è fatta da guerre di religione all’interno di un discorso. È ovvio che per giungere a questo occorrono le due parti precedenti, la prima che riguarda la necessità del fondamento e cioè del linguaggio e le implicazioni di questo, e cioè che cosa il linguaggio e quindi le istruzioni possono costruire. Ovviamente non può non esserci in tutto ciò anche una considerazione intorno all’inganno che deve, in un itinerario analitico, deve essere messo in luce e dissolto nel momento in cui la persona cessa di pensare che la sua esistenza sia dovuta a qualcosa che non sia linguaggio, sono come tre parti indissolubili fra loro certo, scomposte per motivi didascalici, poi retoricamente occorre fare un lavoro notevole perché non è che possa dire queste cose coram populo, non ci sarebbe nessun effetto, però intanto occorre riflettere bene su questi tre momenti, dopodiché trovare un modo acconcio per poterli dire. Freud ha fatto un lavoro interessante in questo senso: ha reso accessibile a ciascuno la sua teoria. Nella Introduzione alla Psicanalisi, mostra che cosa lui intende con psicanalisi e dovrà essere ciò che noi intendiamo con psicanalisi e in più, non soltanto ciò che intendiamo con psicanalisi, ma ciò che non può non essere in nessun modo; la questione della necessità andrà svolta in termini retorici molto bene perché è il punto fondamentale, se non si intende questo si va poco lontani, e cioè della necessità delle affermazioni che mano a mano vengono svolte, non dell’arbitrarietà, è questo il passo inedito, sorprendente che nessuno ha mai fatto prima: costruire un percorso, un itinerario a partire da affermazioni necessarie e non arbitrarie e fondate sull’osservazione, sull’impressione, sulla sensazione, sul mi pare che sia o mi piace pensare che sia.