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15 Luglio 1999

 

Allora, avete riflettuto intorno alle cose di cui si è parlato giovedì scorso?

Almeno sulle conferenze da avviare a ottobre, sui temi in generale, su come organizzarle.

Sono orientato, almeno per il momento, a farle un po’ come avevamo detto giovedì, cioè a fare dei casi clinici anche di Freud eventualmente oppure ad inventarne e poi fare un’analisi linguistica, un’analisi del racconto. Qui dovrò andarmi a rivedere alcune cose di Greimas e di Bremond. Questo più o meno come orientamento generale. Quindi nessuno ha riflettuto sulle conferenze.

Intervento: raccontare una storia di depressione, per esempio.

Qual è il contrario di racconto?

Intervento:…

Per esempio una pubblicazione scientifica, un manuale tecnico che descrive delle macchine o delle parti delle macchine, è un racconto oppure non è così?

Intervento:…

Vediamo se riusciamo a provare che qualunque forma, qualunque costruzione del linguaggio è, necessariamente un racconto. Dunque racconto: "raccontare nel senso di dire, narrare. Fine del racconto, il conto in effetti è il dire . Riferire parole specificatamente a voce. Il Devoto dice: “racconto: elemento che serve a mettere in collegamento due parti”. Racconto come trasmissione orale di fatti veri o inventati nel loro svolgimento cronologico. Racconto: esposizione parlata o scritta.

I dizionari sono così, non dicono assolutamente nulla.

Proviamo a considerare attentamente la questione. Allora cosa occorre che sia un racconto necessariamente? Come dicono tutti i dizionari è un’esposizione di parole. Un’esposizione di parole che segue un certo andamento, quale? ce ne sono molti. Può essere una successione cronologica, può essere inventato, deve comunque sicuramente avere un nesso un filo logico. Occorre che siano parti connesse tra loro.

Quindi è una sequenza di proposizioni connesse tra loro però, dice ancora, occorre che siano eventi infatti poi reali o inventati non ha importanza, occorre che sia una successione di eventi. E poi c’è nel racconto tutto quello che ci ha insegnato Aristotele. Sapendo che un racconto è necessariamente una sequenza di proposizioni che descrivono eventi connessi tra loro, vediamo se anche altre cose rispondono a questi requisiti. Anche il discorso è indubbiamente una sequenza di proposizioni, il discorso descrive qualcosa oppure no? Chi sa fare un esempio di discorso che non descrive nulla? Un discorso che non descrive.

Intervento:…

In questo caso la descrizione è questo racconto. Dunque è difficile fare un discorso che non descriva qualcosa. E cosa descrive?

Intervento: cosa vuol dire descrive?

Letteralmente? È ciò che ritaglia dallo scrivere qualcosa, de scrivere, altri invece dicono scrivere intorno. Nel primo caso ha una funzione delimitativa, il secondo è il de latino, proposizione che indica intorno a. Quindi, lo scrivere intorno a qualcosa, potremmo accogliere questa definizione. Perché se faccio questo discorso che potrà parere un po’ bizzarro ma se riusciamo a stabilire una posizione attraverso la quale troviamo il modo di stabilire che ogni atto linguistico è un racconto questo può esserci molto utile nelle conferenze prossime venture. Perché potrebbe addirittura costituire l’esordio degli incontri.

Mostrare che qualunque cosa si dica questa è necessariamente un racconto, questo occorre farlo, fare questa operazione alla quale abbiamo cominciato ad approcciarci.

Intervento:…

Sì, il primo ostacolo da superare è nella definizione fornita di racconto, c’è una descrizione di eventi in successione tra loro, successione e coerenza. Un discorso abbiamo detto che descrive, descrive sempre e necessariamente eventi? Che cos’è un evento? Contrariamente a ciò che avviene, avvenire o accadere è la stessa cosa, ha lo stesso senso. Ad venire, ciò che viene incontro, accadere ciò che accade incontro.

Intervento:…

Sì, questo si c’è sicuramente, però si tratta di vedere se il racconto è un particolare gioco linguistico differente dal discorso. Il racconto si fa attraverso il discorso, però può essere un caso particolare, non generalizzabile, se è generalizzabile allora non possiamo affermare che il discorso è un racconto, se invece è generalizzabile allora possiamo dirlo. Se e soltanto se.

Intervento:…

Allora, Beatrice rispondiamo a questo quesito, qualunque discorso si faccia è necessariamente una descrizione di una successione di eventi oppure no? Questo si può risolvere facendo l’esempio di un discorso che non è una descrizione di eventi in successione fra loro.

Intervento:…

Avete mai considerato quella inferenza nota come implicazione? Quella che dice se A allora B. Nell’implicazione si dà un elemento dal quale se ne ricava un altro, l’abbiamo visto in svariate occasioni una qualunque regola è esattamente questo. Se accade questo allora devi fare quest’altro, se hai 4 assi allora puoi andare tranquillo. Allora un qualunque discorso necessita di regole per farsi, anche dire Sputnik segue una regola determinata che è quella di costruire una proposizione che non abbia apparentemente molto senso. Dunque un qualunque discorso è necessariamente fatto di regole come abbiamo visto in svariate circostanze e la regola , abbiamo appena detto, è un’implicazione, se questo allora quest’altro, se questo allora segue quest’altro. Segue nel senso che è implicato, non è necessariamente una sequenza temporale, ma sappiate che molti racconti non seguono necessariamente una successione rigorosamente temporale. Allora può un qualunque discorso non essere necessariamente una successione di eventi, posti tra loro in una successione temporale? No, non può. Non può perché se così avvenisse il discorso non utilizzerebbe implicazioni, non utilizzando implicazioni non utilizzerebbe regole che sono le implicazioni, quindi non sarebbe un discorso. Se è un discorso è necessariamente fatto di regole e quindi di successioni, di regole d’implicazione che sono delle successioni. Che cosa si succede nelle regole? Eventi. Qualunque affermazione è un evento, un accadimento. Ora, proviamo a fare l’esempio più terribile, quello che diceva Luigi del manuale tecnico. Viene descritto il funzionamento della macchina. Che cosa avviene in questo manuale? Beh, ci sono delle premesse, prima le definizioni, con questo s’intende questo ecc...e si definiscono i vari aggeggi, dopodiché spiegano, generalmente avviene così, il funzionamento in relazione, prima il funzionamento di ciascun elemento e secondariamente poi come funziona in relazione agli altri. Come dire che se attaccate la scheda madre al processore e se si verificano le condizioni che abbiamo previste la macchina funziona.

Intervento:…

A questo punto direi che siamo a buon punto quanto meno nel fornire una direzione, ciò che dobbiamo affermare in modo assolutamente inconfutabile è che qualunque discorso è necessariamente un racconto, mostrando, come abbiamo fatto, che cosa non può non essere un racconto, e che cosa necessariamente è un discorso, mettendo insieme le due cose verificando che il discorso ha esattamente la stessa struttura di una qualunque definizione si dia di racconto che sia necessaria. Cioè con necessaria intendiamo la definizione di un elemento che forma ciò che non può non dirsi e che non dicendolo non è più utilizzabile. Se indichiamo con racconto un discorso composto di proposizioni che descrivono in successione parole coerenti, se non usiamo più questa definizione non possiamo più utilizzare il significante racconto.

Ma, se come appare d’acchito che ciascun racconto o meglio, ciascun discorso è un racconto questo ha delle implicazioni notevolissime. Pensate ad una teoria scientifica, una delle più note, quella della gravità, è la descrizione di una legge fisica, pochi sarebbero disposti a considerare la legge di gravità come un racconto, e se lo fosse?

Perché il racconto, in effetti, al racconto è accostata una definizione che lo avvicina al fantasioso e, in un certo senso, è così, perché si distingua una teoria fisica, che so, quella dei quanti, dal racconto. Una cosa descrive, l’altra mette in sé una successione di eventi. Certo, si può raccontare la legge dei quanti ma la teoria dei quanti in quanto tale, non è un racconto, così almeno dicono.

Affermare che un qualunque discorso è un racconto comporta che qualunque discorso è un gioco come lo è un racconto. È facile intendere che un racconto è un gioco linguistico, quando dimostrate che qualunque discorso che si fa è un racconto può apparire più semplice intendere come un qualunque discorso sia un gioco linguistico.

Il racconto, oltre a tutto, come avviene a volte, pone l’accento su qualcosa di fantasioso, non necessariamente, uno può anche raccontare la propria vita, però è sempre come se lasciasse un certo margine alla fantasia, invece una teoria scientifica non lo fa.

Si suppone che il racconto muova da eventi che descrive che non necessariamente debbano essere provabili, mentre la teoria scientifica, sì. Però la teoria scientifica muove da elementi che, se condotti alle estreme conseguenze, non sono provabili certamente come un racconto. In effetti è curioso che, per esempio, il dizionario non indichi una teoria scientifica come un racconto, perché?

A questo punto, possiamo considerare le eventuali obiezioni, possono farsi in una comunicazione del genere.

Intervento:…

Sì, nel racconto ci sono le connessioni che sono stabilite dalle regole.

Intervento: è come se il racconto avesse il compito di evidenziare.

Sì, è indubbio che il racconto pone l’accento sulle regole del gioco che si va giocando.

Intervento:…

Sì, però c’è un altro aspetto da sottolineare. Mostrando che ogni discorso è necessariamente un racconto e mostrando che il racconto necessita di personaggi e di elementi che comunque intervengono in una certa successione e disposizione allora c’è l’eventualità che certi elementi siano costruiti in modo tale per il racconto anziché il contrario, anziché il racconto. Come dire che anziché raccontare la mia vita e fare un’operazione in cui descrivo degli eventi questi eventi sono costruiti al fine di costruire un racconto e cioè come se l’obbiettivo fosse il racconto e non gli eventi singoli definiti. I quali eventi, in effetti, possono anche modificarsi in funzione della struttura del racconto.

Vuol dire che ciò che avviene nel linguaggio è fine a se stesso, questa è la considerazione ultima, anziché essere fine a qualcosa che è fuori dal linguaggio. Questo ha delle implicazioni inesorabili e cadono se si considera che il linguaggio è fine a se stesso, così come andiamo considerando da qualche tempo in qua e cioè che nel racconto non si tratta di descrivere eventi ma di costruire le cose che si servono di elementi ma questi elementi sono in funzione del racconto, della sua struttura e non viceversa, che cambia parecchio. Però è una questione ancora da considerare.

Tenendo conto degli elementi che sono necessari perché ci sia un racconto e cioè gli elementi che Aristotele ha descritto . C’è la descrizione di uno stato iniziale poi di uno stato che occorre raggiungere, di ciò che lo impedisce e degli elementi per evitare questi impedimenti. Che io racconti le mie vicissitudini degli ultimi anni o che descriva come si costruisce un computer la struttura è la stessa.

C’è il mezzo da cui si parte, c’è un obbiettivo da raggiungere, ci sono le difficoltà da superare e i mezzi per farlo. Però è quello che sto tentando di fare: il capovolgimento. Ne discuteremo ancora ma che vede il racconto come fine a se stesso e non come strumento di descrizione di eventi, che è lui che pilota gli eventi e che li costruisce, potrebbe essere.

Intervento: un racconto ha una fine ed un inizio. Lei dice le cose sono fatte per stare dentro al racconto, per poter raccontare il racconto.

Sì, però devo andare a vedere qualcosa, per vedere se ci viene in mente qualche altra cosa intorno al racconto, soprattutto sulla struttura, veramente di che cosa necessita un racconto, quali sono le condizioni perché possa darsi. C’è l’eventualità che gli eventi di chi racconta siano le condizioni della sua esistenza quindi il racconto per potere darsi necessita di elementi che pertanto si costruisce.

Faccio un esempio, vediamo se mi riesce, se io voglio raccontarvi una cosa che mi è accaduta e di una certa importanza occorre che c’inserisca anche qualche cosa che la renda difficile, se non c’è la invento, se c’è la rinforzo, in modo che il racconto sia completo cioè io ho fatto questa cosa però per farlo ho dovuto superare questi ostacoli.

Intervento:…

Sì, certo, le emozioni sono il risultato d’impedimenti

Intervento: Sì, però se uno parte da un’impronta ideologica ecco che allora tutte le cose che dice hanno un’altra impronta, ovviamente.

Sì, adesso stavo pensando come struttura, come scheletro proprio del racconto poi chiaramente a seconda degli obbiettivi, ci possono essere infinite varianti. Un racconto ideologico dà per acquisiti certi elementi e qualche requisiti che altri elementi siano d’ostacolo.

Intervento: Diciamo che può essere importante in senso analitico. Come avviene anche un racconto anche in analisi.

Sì, rimane funzionale al discorso, il fatto che comunque c’è una scelta.

Intervento: Certamente anche nel dire, anche nell’azione, cioè nel come costruisco un destino

A me viene in mente l’esempio che ha indicato Freud, nel brevissimo saggio delinquenti per senso di colpa.

Uccido, quindi mi sono mosso dal mio dire, io sono colpevole quindi è vero

Una sola cosa rimane da precisare cioè che il racconto sia assolutamente necessario. In questo è strutturale al linguaggio, cioè che il linguaggio costruisca continuamente racconti. Se manteniamo questo e precisiamo altre due o tre cosette abbiamo risolto il problema. E, come dicevo questo può esserci molto utile per esempio se intendiamo farlo nel modo in cui si diceva, casi clinici raccontati, sotto forma di analisi del racconto, mostrando come la necessità di alcune funzioni all’interno del racconto modifichi lo stesso racconto. Un po’ come avviene in fisica, diceva Heisenberg si era accorto che quando si andava ad indagare alcuni processi molto sofisticati il fatto di osservarli modificasse questi stessi eventi. Il famoso principio di determinazione di Heisenberg, fisico tedesco., morto.

E lo stesso possiamo considerare se la esigenza di produrre un racconto unifichi degli eventi, o più che modificarli li costruisca questi eventi. Dopo di che, quando avremo inteso alla perfezione tutto questo potremo considerare questo in connessione con ciò che stiamo facendo intorno alla seconda sofistica.

Intervento: Un racconto può modificare gli eventi per il fatto stesso che se io parlo della Bosnia è un racconto, ognuno dice la sua, si sono dette tante cose .

Sì certo sarebbe la morale questa, ti racconto una storia così impari la lezione.

Intervento:…

Si, raccontano i loro errori così gli altri possono sbagliare meglio, possono anche inventarne degli altri.

Sì, bene possiamo fermarci qui perché le questioni che abbiamo avviate questa sera sono importanti.

Interventi: È che rimane il primo dubbio cioè il discorso è un racconto?

Sì, dobbiamo lavorarci ancora. Parrebbe d’acchito, però in effetti potrebbe non essere così automatico e poi l’altra questione se il racconto è necessario, se fa parte del linguaggio cioè se il linguaggio non può non costruire questa costruzione che si chiama racconto. Certo se riusciamo a provare che ciascun discorso è necessariamente un racconto, la questione è più semplice, però forse anche non riuscendoci possiamo aggirare la questione, forse. Bene, ci fermiamo qui questa sera. Ci vediamo giovedì prossimo, però riflettete.