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15-4-2009

 

Eleonora, di cosa parlavamo la volta scorsa?

Intervento: ci eravamo chiesti perché gli umani parlano e avevamo detto che parlano per confermare il principio di identità …

Ti ricordi come eravamo arrivati a questa conclusione?

Intervento: ascoltando quello che dicono le persone cioè arrivare a confermare quello che ritengono vero, partito da una decisione a livello “primitivo” in un certo senso, però una decisione che è stata usata come premessa vera creando quella domanda che possa innescare un dibattito, un confronto comunque sia confermare la propria verità, il proprio principio …

Hai riflettuto su questo, creato dei contro esempi? Ci sono casi in cui appare non fanno questo? Cioè affermare per niente?

Intervento: no penso che il fine dell’affermare riguardi prettamente il discorso a differenza del linguaggio, in quanto il linguaggio non intende affermare qualcosa tende soltanto a costruire proposizioni perché queste poi affermino proposizioni precedenti … quindi si tratta sempre del discorso della persona che cerca sempre di mantenere la coerenza …

Interrogarsi su questo può apparire assolutamente banale, cioè sul perché gli umani parlano, ma porta a delle considerazioni notevoli. Intanto c’è da porre subito una questione, anche questa abbastanza semplice, abbastanza banale: considerare che non possono non farlo, qualunque cosa si trovino a fare comunque continuano a parlare, a pensare che è la stessa cosa ininterrottamente, potremmo dire ventiquattrore su ventiquattro da quando nascono a quando esalano l’ultimo respiro dopo non sappiamo ma neanche ci interessa e quindi è un’attività incessante ed è quell’attività, come dicevamo anche la volta scorsa, che definisce gli umani in quanto tali, però bisogna intendere quali sono le implicazioni di un fatto del genere. Possiamo considerare che se non parlassero, se non avessero mai parlato da quando esistono, allora tutto ciò che hanno costruito, inventato, elaborato, pensato non sarebbe mai esistito, perché tutto ciò sembra procedere proprio dal fatto che parlino, sono gli unici abitanti del pianeta che hanno costruito cose, che hanno inventato cose, elaborato teorie. Tutto ciò che hanno fatto, prodotto, detto, anche cose spettacolari o cose nefaste in ogni caso tutto questo appare una conseguenza del fatto che parlano, se non parlassero non avrebbero costruito nulla, per esempio il Partenone per dirne uno e tutta l’arte, la pittura, la musica, la scienza e la psicologia non sarebbero mai esistite, questo ci induce a supporre che non sia una cosa marginale il fatto che parlino. Stabilita questa importanza, direi priorità del linguaggio su qualunque cosa ci interessa sapere come funziona, vedere come funziona perché se è così importante da questo parlare dipendono infinite cose, per esempio dipende da come una persona parla e quindi dai pensieri che si costruisce se farà o non farà certe cose, se farà per esempio cose bellissime o cose tremendissime, dipende dai pensieri che si costruisce, dalle cose in cui crede e tutte queste cose che si trova a credere vengono da altre parole, da altri discorsi che ha sentiti oppure che ha creduti oppure che lui stesso ha elaborati e a un certo punto si trova a credere fermamente certe cose, da qui naturalmente la sua condotta perché se crede vere certe cose allora si muoverà anche di conseguenza …

Intervento: …

Può anche averle sentite da qualcuno, però gli sono parse vere perché dette in un certo modo, perché collimano con certe sue fantasie o superstizioni o perché in quel momento si trova particolarmente ben disposto a credere qualunque cosa e si trova per esempio a credere che gli ebrei siano una razza inferiore e che costituiscano una minaccia alla razza ariana e quindi debbano essere eliminati, ci sono persone che ci hanno creduto fortemente prima che lei nascesse, sì, e credendoci hanno agito di conseguenza. Come accade che qualcuno si trovi a credere qualcosa, questa è la questione fondamentale, come accade dunque che delle cose ascoltate o delle cose immaginate diventino assolutamente vere? Perché una persona potrebbe anche non credere a qualunque cosa ascolta o gli passa per la mente in quel momento, non è obbligata a farlo, eppure sembra che per gli umani sia straordinariamente importante credere anzi, viene favorito il credere comunque a qualche cosa. Da sempre o almeno da moltissimo tempo si vanno incentivando i cosiddetti valori, cioè quelle cose degne di essere credute, non solo ma sappiamo che gli umani temono la possibilità di non credere più a qualche cosa come se questo credere qualcosa facesse parte quasi della natura degli esseri umani. Nonostante tutte le discussioni che sono state fatte negli ultimi millenni intorno a questo nessuno ha saputo dire perché gli umani appare che debbano credere qualche cosa, nessuno ha saputo dire perché devono credere. Dunque appare fondamentale intendere la struttura di questa parola, intendere come funziona perché forse lì c’è la risposta al perché gli umani si trovano a credere sempre qualunque cosa o il suo contrario indifferentemente. Qual è la struttura delle parole che ciascuno continuamente dice, incessantemente lungo tutto l’arco della sua vita; la prima cosa da considerare è che cosa fanno queste parole, ciascuno si trova a dirne una quantità sterminata ogni giorno, certe volte anche più del dovuto ma cosa fanno queste parole? Cosa fa un discorso quando si svolge? Sappiamo che parte da qualche cosa che il discorso considera vero o acquisito e di lì attraverso una sequenza più o meno lunga di passaggi giunge a una conclusione, per potere affermare qualcosa qualunque discorso, qualunque ragionamento funziona a questa maniera, si parte da qualcosa che la persona sa o suppone di sapere questo è irrilevante per il discorso però parte da questo elemento e raggiunge attraverso dei passaggi una conclusione, una volta che l’ha raggiunta è soddisfatto, finalmente sa, sa qualche cosa di più, per esempio, e quindi in questo caso l’obbiettivo è potere affermare qualcosa, potere stabilire come stanno le cose attraverso generalmente un sistema inferenziale, quindi occorre considerare se è possibile intanto, come prima cosa, pensare in un altro modo. È possibile pensare in un modo che non sia questo, e cioè muovere da qualcosa che è ritenuto vero, stabile, stabilito e attraverso dei passaggi giungere a una conclusione, è possibile pensare altrimenti?

Intervento: no!

Lo diceva anche Wittgenstein, quindi possiamo considerare almeno per il momento che non è possibile pensare in un altro modo, cioè le parole svolgendo il loro compito che è quello di costruire dei discorsi funzionano così, ora possiamo aggiungere ancora un elemento e cioè qual è l’obiettivo di un discorso? L’altra volta ci chiedevamo qualche cosa del genere e cioè per trasmettere informazioni? Anche certo, ma non soltanto, perché la trasmissione di informazioni tutto sommato riveste una piccola parte di ciò che gli umani dicono quotidianamente, che cos’altro fa questo discorso svolgendosi? Se deve concludere qualcosa in un modo o nell’altro questa conclusione ha anche un altro nome che possiamo utilizzare e si chiama affermazione, affermare letteralmente, cioè fermare qualcosa e cioè stabilirlo, ora sapendo che il discorso fa questo continuamente possiamo anche chiederci perché lo fa, perché fa una cosa del genere? Perché ciascuno discutendo deve raggiungere la conclusione? Naturalmente questa conclusione occorre che ai suoi occhi appaia anche vera perché se no la rifiuta, ma perché dunque deve fare questo? Che è poi un altro modo di porsi la domanda “perché gli umani parlano?”. Il motivo già lo si intravede e intravedendo il motivo si intravede anche la struttura di questa cosa, di queste parole, di questi discorsi e cioè costruire sequenze argomentative che abbiano una particolarità e cioè che concludano in qualche modo che dal discorso stesso sia ritenuto vero. Supponiamo che questi discorsi, queste parole abbiano questo unico motivo per esistere, per il momento supponiamo questo, e cioè costruire delle sequenze che muovano da un elemento ritenuto vero all’interno del discorso e concludano con un’altra affermazione vera, pongo una questione: e se fosse questo il modo in cui funzionano le parole, i discorsi e cioè quelle cose che hanno consentito e continuano a consentire agli umani di costruire cose, inventare cose, leggende, tradizioni, superstizioni, scienze, arti, matematiche, musiche e chi più ne ha più ne metta e cioè la necessità di costruire delle sequenze che partendo da un elemento giungono a un altro che risulti essere vero all’interno di questo gioco, di questa sequenza, tant’è che ci si potrebbe anche chiedere perché gli umani hanno inventate tutte le cose che hanno inventate, perché? A che scopo? Apparentemente nessuno. Per esempio le arti, perché? Ora non trovando una risposta sufficientemente forte a una domanda del genere verrebbe da considerare la possibilità che gli umani costruiscano, inventino, facciano tutte le sterminate cose che fanno ininterrottamente perché non possono non farlo o, a questo punto, potremmo dire perché non possono non parlare e parlando si trovano a parlare in un certo modo che è quello che abbiamo descritto prima e vale a dire muovere da un elemento che è ritenuto stabile, fisso, acquisito e arrivare a un altro. Se si trovano nella condizione tale da non potere non fare questo allora effettivamente si trovano, si troveranno, si sono trovati nella condizione di dovere costruire continuamente discorsi e questi discorsi certe volte producono anche cose cioè vengono poi trasformati in aggeggi, per esempio. Certo gli umani si danno sempre delle giustificazioni perché non sopportano l’eventualità di fare cose senza senso, hanno questa necessità di dare un senso a qualunque cosa e se la cosa non ce l’ha gliene trovano subito uno, qualunque esso sia purché sia, e naturalmente parlando, disquisendo si può anche costruire un senso alle cose, così come è stato possibile costruire l’ingegneria genetica è possibile anche costruire un senso, chi non è capace di trovare qualunque giustificazione a se stesso sopratutto quando fa delle magagne, trova qualunque giustificazione cioè da un senso “ho fatto questo per questo motivo” quindi ciò che ho fatto ha alla base una motivazione valida naturalmente. Detto questo abbiamo a questo punto qualche elemento che ci consente di riflettere meglio sul modo in cui funziona il discorso, in cui funzionano le parole, e cioè producono continuamente discorsi, sequenze argomentative che di fatto non hanno un motivo, hanno delle giustificazioni queste quante se ne vuole ma non hanno alla base di esse un motivo, sono semplicemente costruzioni. L’altra volta avevamo fatto un’analogia e avevamo detto che così come funziona il codice genetico che non è altro che una sequenza di istruzioni per costruire, come dicevamo la volta scorsa in modo preciso, delle triplette di aminoacidi che poi costruiscono delle proteine che costruiscono i corpi come il suo per esempio, e in base alle istruzioni che hanno costruiranno o il suo corpo oppure quello di un dinosauro, oppure di una gazzella, oppure di un insetto a seconda delle istruzioni che ha ovviamente, ma perché queste istruzioni costruiscono dei corpi per esempio? Perché?

Intervento: è la natura …

Supponiamo di non essere soddisfatti da una risposta del genere, perché il DNA costruisce corpi umani, perché costruisce anche gli insetti, una zanzara per esempio è costruita da istruzioni differenti da quelle che ha avute Eleonora, perché? Per niente! Perché ha queste istruzioni, non c’è in realtà un motivo, ha queste istruzioni e quindi fa quella cosa per cui è disposta, in realtà non c’è un motivo alla base per cui noi possiamo dire: sì, il DNA costruisce proteine e quindi corpi eccetera per questo motivo; non c’è. Ora può immaginare il linguaggio come una struttura che funziona allo stesso modo, cioè delle istruzioni che anziché costruire proteine e quindi corpi umani e non, istruzioni che costruiscono discorsi, parole, sequenze argomentative allo stesso modo e per lo stesso motivo, cioè nessuno. A questo punto abbiamo un quadro abbastanza esauriente del tutto e cioè questi discorsi, queste parole che gli umani dicono ininterrottamente e che poi in base agli argomenti, alle discussioni, alle parole che usano possono costruire anche aggeggi, tutto ciò è per niente, non ha un motivo, l’istruzione di per sé non è vero funzionale, non è né vera né falsa è solo un’istruzione, dà semplicemente dei comandi: questo sì, questo no, come funzionano i computer 0/1 zero non si passa, uno si passa, in questo modo dicevo abbiamo un quadro abbastanza preciso del funzionamento, e a questo punto possiamo chiamarlo con il suo nome, e cioè linguaggio. Il funzionamento del linguaggio non è nient’altro che una sequenza di istruzioni che costruiscono discorsi, argomenti, parole, all’infinito …

Intervento: prima lei diceva che gli umani non possono costruire nulla che non abbia un senso … forse è per questo motivo per cui anche l’affermazione che il linguaggio costruisce cose semplicemente per niente … è un’istruzione costruisce cose senza alcuno scopo secondo o primo, è un’affermazione che comunque non è accettabile …

Dal senso comune no, perché una cosa deve avere una sua giustificazione quindi potremmo dire: o per la maggior gloria di dio e quindi “perché vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole” oppure una natura, natura beffarda che è la stessa cosa, in fondo non cambia niente, la natura beffarda che ha costruito dei corpi così per il solo gusto di divertirsi alle spalle di qualcun altro, oppure consideriamo invece che questa domanda in realtà non ha nessun senso perché non ha nessuna risposta, perché un’istruzione di fatto è lì per svolgere il suo compito e nient’altro che questo, non ha un motivo e quindi il linguaggio continua a costruire proposizioni, sequenze ininterrottamente da sempre ed è quella cosa che ha consentito, che consente e consentirà agli umani, per esempio, di porsi delle domane e gli umani sembra siano gli unici abitanti del pianeta ad avere questa particolarità: porsi domande, come quella domanda fondamentale della filosofia “perché esiste qualcosa anziché nulla?”. È il linguaggio ciò che consente di farsi domande e naturalmente anche delle risposte perché se uno si fa una domanda legittimamente si aspetta anche una risposta e se non ci fosse stata questa possibilità di porsi delle domande esisterebbero tutte le cose che ci circondano, cioè tutti gli aggeggi che gli umani hanno costruiti per esempio? Sicuramente no perché è stata proprio questa possibilità che il linguaggio offre loro a consentirgli di costruire qualunque cosa. Importante è che sia chiaro che non c’è nessuna possibilità di considerare che qualche cosa possa esistere in assenza di linguaggio; è possibile che esista qualcosa in assenza di linguaggio? Perché? A questo chiunque obietterebbe che aldilà del concetto le cose esistono comunque …

Intervento: come, se i concetti servono per definirli?

Un conto è definirli, altro la loro esistenza, il solo sorge lo stesso anche se io non lo definisco …

Intervento: come posso saperlo se non posso interpretare queste immagini per esempio?

Questa è una posizione semiotica, però in ogni caso anche se non lo so esiste comunque, per esempio visto che parlavamo del DNA è stato inventato nel 1952 da Watson e Crick, hanno avuto anche il premio Nobel, quindi prima non si sapeva nulla del DNA, esisteva lo stesso oppure no?

Intervento: certo che esisteva lo stesso …

Ma hai appena detto il contrario, come la mettiamo? Allora esisteva o non esisteva?

Intervento: prima che nessuno lo conoscesse no …

Non esisteva, quindi non c’era nessuna istruzione per costruire proteine, corpi umani e non …

Intervento: non si sapeva però esisteva …

Quindi esisteva molto prima che se ne parlasse. La stessa cosa può dirsi del pianeta per esempio, o anche di te Eleonora, e come la mettiamo a questo punto? Se affermiamo che non c’è nessuna possibilità che qualcosa esista fuori dalla parola come la mettiamo con quest’altra argomentazione? Intervento: beh non esisteva quando non era nella parola di nessuno questa questione del DNA ecc ma nel momento in cui ha cominciato a esistere nella parola proprio perché il linguaggio ha questa facoltà del passato, presente e futuro da quel momento ha incominciato a esistere da sempre …

Intervento: ma è un non senso dire che è esistito da sempre non potremmo mai provarlo …

Intervento: io posso dire che è esistito da sempre …

Sì, però al punto in cui siamo dobbiamo anche considerare che è stato il linguaggio a consentirci di costruire tutta una serie di cose comprese quelle che riguardano una riflessione intorno all’esistenza, anche l’esistenza ha una sua definizione e quando avremmo definita l’esistenza che cosa avremmo fatto a quel punto, l’avremo fatta esistere oppure no? A questo punto la questione è irrilevante dal momento che la risposta se qualche cosa esiste oppure no dipende dalla definizione che diamo di esistenza, ma esiste una definizione assolutamente necessaria di esistenza tale per cui possiamo utilizzarla in modo assolutamente certo per stabilire se qualcosa esiste oppure no? È una domanda legittima che in ambito teorico occorre assolutamente porsi prima di partire a dire un sacco di sciocchezze, basta definire l’esistenza in modo differente ed ecco che tutto è sempre esistito, la definiamo in modo differente ed ecco che nulla è mai esistito, possibilissimo, a meno che naturalmente non troviamo la definizione necessaria di esistenza, ma se non si trova, e non si troverà, allora qualunque definizione avremmo dato di esistenza, questo termine, questo concetto a seconda di come lo si voglia considerare appunto sarà sempre totalmente arbitraria e quindi non costringerà nessuno a credere a quella definizione e quindi o si trova che cosa è assolutamente in modo ineccepibile, inattaccabile, necessario, l’esistenza, oppure questa domanda è senza senso cioè non ha nessun senso perché non ha nessuna risposta se qualcosa esiste oppure no, ha un senso se vogliamo usare questo termine all’interno di certi giochi linguistici, certo, dove l’esistenza viene utilizzata per dire se qualche cosa è presente oppure no ma è soltanto una definizione di comodo per così dire così come l’essere, quanti si sono sbizzarriti con l’essere come copula e l’essere come substantia. La questione della definizione di per sé non è un problema, ma lo diventa quando si suppone di avere fornita una definizione ultima, definitiva, alla quale è necessario attenersi, se accade questo nei confronti del concetto di esistenza allora naturalmente questo ha delle implicazioni e allora ci saranno persone che credono fermamente che l’universo sia esistito prima di loro, è una domanda che non ha nessuna risposta, nessuna risposta che sia provabile, che sia dimostrabile, e quindi continuiamo certo a utilizzare questa esistenza per comodità per cui nessuno uscendo da questa stanza avrà dei dubbi o dei problemi a trovare la strada di sotto. È un termine al pari di infiniti altri, che non costringe all’assenso perché il linguaggio dicevamo prima è fatto così, costruendo cose per niente non fornisce di fatto nessuna ultima parola, ma la cosa fondamentale è intendere che tutto ciò che si pensa, si immagina, si costruisce, si spera, si desidera, si brama o si aborre non è altro che l’effetto di sequenze argomentative, nient’altro che questo, e tutto ciò che gli umani hanno costruito allo stesso modo è l’effetto di sequenze argomentative: le scienze, le arti etc. Questo ha come effetto immediato trovarsi a considerare le cose in modo leggermente differente, vale a dire che non c’è nulla che non sia all’interno di un gioco linguistico cioè nulla che abbia la necessità di essere creduto: ogni cosa è degna di essere considerata ma non creduta perché non c’è nulla al mondo che costringa a fare una cosa del genere. Si tratta di sequenze, il linguaggio al pari del DNA è un’istruzione, costruisce sequenze per niente, cosa che gli umani ignorano e da qui qualche conseguenza: se le persone ritengono che ciò che pensano sia assolutamente vero allora intanto devono difenderlo dai nemici e poi anche imporlo al prossimo con tutto ciò che ne segue. Questo per riprendere la questione del linguaggio che è sempre bene avere presente, avere presente la struttura, il funzionamento, avere presente in ciascun atto linguistico, dovrebbe diventare una sorta di automatismo il sapere che si tratta di fatto di sequenze argomentative e che non c’è nient’altro al di fuori di sequenze argomentative, e trarne le dovute conseguenze. Eleonora, come utilizzare questo nel quotidiano?

Intervento: su tutto …

Sì certo è ovvio, come utilizzarla? Prima si parlava dell’automatismo, certo l’automatismo non avviene così da sé ma attraverso l’esercizio, esercizio che consiste nel considerare ciascuna volta che si pensa qualcosa, qualunque cosa, che questo qualcosa che si è pensato è una sequenza argomentativa che muove da qualcosa che il discorso ha riconosciuto come vero e allora un’operazione interessante è domandarsi che cosa il discorso ha riconosciuto come vero in base a questo ha poi costruito tutta una serie di discorsi, come nel caso dell’innamoramento per esempio, non è che esula da una cosa del genere, ovviamente è anche importante questo esercizio cioè domandarsi perché in alcune circostanze appare così complicato e così difficile anzi, quasi impossibile tenere conto che si tratta soltanto di sequenze argomentative, e ciò che scoprirete a questo punto è che considerarle sequenze argomentative, cioè quello che di fatto sono, toglie la possibilità intanto di provare grosse emozioni, per esempio, ma toglie anche la possibilità di continuare a conservare come vere certe premesse che permettono la costruzione che ci sta sopra, se queste premesse non sono più né vere né false tutto ciò che viene costruito sopra al pari delle premesse non sarà né vero né falso, saranno soltanto appunto delle sequenze, nient’altro …

Intervento: ma risulta difficile capire che è un gioco quando si è troppo vittime non si riesce ad uscirne fuori …

Sì ma c’è un motivo per cui ci si trova così dentro al gioco, ci si trova così tanto dentro al gioco perché questo gioco è sostenuto da elementi che sono ritenuti assolutamente veri e gli umani sono necessariamente aggrappati a ciò che ritengono vero proprio per la struttura del linguaggio di cui dicevamo prima, il quale deve concludere sempre e questo lo fa con un’affermazione, con qualcosa di vero, è questo che li costringe a cercare il vero sempre da quando esistono.

Ci fermiamo qui per il momento, martedì ci sarà la conferenza di Cesare dal titolo: La psicanalisi come progetto di vita. Occorre che diventi un progetto di vita e per tutta la vita, vale a dire non subire più il discorso ma agirlo rendersene autori, accorgersi di esserne autori, e cambia tutto.