15-4-1999
contrari
e contraddittori
Allora
proseguiamo, dicevamo la volta scorsa e abbiamo proseguito su questioni
connesse sulle difficoltà che si incontrano nel discorso occidentale e che il
discorso religioso risolve. Risolve abbiamo detto inventando, imponendo una
direzione, indicando l’una come il bene e l’altra come il male. Funziona una
contraddizione, il paradosso non è altro che una contraddizione …può funzionare
in questo modo si prende una enunciazione universale “tutti sono così” e poi si
prende una contraddittoria “nessuno è così” (non ho capito) tutte/nessuna (non
intendo la distinzione fra contraria e contraddittoria) allora Aristotele che
poi i medioevali hanno ripreso…questo quadrato logico non l’ha fatto Aristotele
l’ha fatto un tale Pietro Ispano, medioevale, vescovo allora queste lettere che
vedete, qualche nozione di logica (quadrato logico) A E O I… La A è
l’universale affermativa “tutti gli animali sono mortali”; la E è la particolare affermativa “qualche
animale è mortale”; la I è contraddittoria
della E; la O è la contraddittoria alla A, quindi cosa fa? nega che “tutti gli
animali sono mortali” “nessun animale è mortale” cioè è una universale
negativa. La I è la particolare negativa “qualche animale non è mortale” ( la A
tutti sono. Qualcuno E. La O nessuno e la I qualcuno non è) poi hanno anche
utilizzato queste lettere per ricordarsi dei sillogismi per esempio (quello
più famoso) BARBARA che sono tre A, tre affermazioni universali,
“tutti gli umani sono mortali, Socrate è un umano, e quindi è mortale” quindi
la contraria in questo caso (di tutti gli uomini sono mortali) è “qualche uomo
è mortale” la contraddittoria è “nessun uomo è mortale”…l’universale
affermativa, la particolare affermativa, l’universale negativa, particolare negativa
ora fra la A e la E (tra l’universale affermativa e la particolare negativa)
c’è un rapporto di subalternanza, tant’è che se affermo che “tutti gli uomini
sono mortali” e se poi affermo (la particolare negativa) “qualche uomo non è
mortale” cosa succede? (…) perché ha qualche interesse il quadrato logico?
Perché ne ha avuto, oggi in effetti è
un po’ desueto, perché è un modo per considerare che se io faccio una
affermazione universale (affermativa) cioè pongo un assioma per esempio, la sua
contraddittoria diventa esclusa logicamente se io affermo che “tutti i serbi
sono cattivi” sono naturalmente poi a concludere che “nessun serbo è buono” sì
perché se affermo la prima sono costretto ad affermare la seconda. Qualunque
cosa io affermi per la stessa struttura del linguaggio, la sua contraddittoria
è negata necessariamente (nessun serbo è cattivo) il problema (perché parliamo
di contraddittori e non di contrari? anche quando io affermo un termine con
questo escludo il suo contrario) adesso ci arrivo…infatti la questione che
sorge é che si pensa che il contrario sia il contraddittorio, il che non è,
perché il contrario di un’affermazione che dice “che tutti i serbi sono
cattivi” è “qualche serbo è cattivo” mentre la contraddittoria è “nessun serbo
è cattivo” per cui per amore di coerenza gli umani sono indotti a pensare che e
cioè che le cose stanno in un certo modo, io sono convinto che le cose stanno
in un certo modo allora il pensiero contraddittorio deve essere eliminato però,
però esclude anche il contrario e cioè non posso affermare né che “tutti i
serbi sono buoni” né che “qualche serbo
è buono” sono costretto ad accogliere che “nessun serbo è buono”
assolutamente. Come si forma un’idea, un pensiero? Si forma in questo modo, un
certo pensiero diventa dominante su altri, affermandosi questo
necessariamente, esclude tutti gli
altri logicamente. Ora logicamente certo è così, io affermo A e non posso
affermare non A, la questione è che affermando A compio un’operazione
assolutamente arbitraria, e quindi tanto la contraddittoria quanto la contraria
sono assolutamente arbitrarie, e non necessarie (per via della premessa) sì
però se io mi trovo per una serie di circostanze ad affermare che “tutti i
serbi sono cattivi” poi è la stessa
struttura del linguaggio che mi impone di escludere che ci sia anche un solo
serbo buono, perché logicamente non è compatibile. È così che si pensa generalmente ci si crea un pensiero e poi ci si
muove logicamente a partire da quel pensiero, è chiaro che sia la contraria che
la contraddittoria parranno assolutamente escluse, impensabili. Così si formano
le credenze, le superstizioni, generalmente la universale affermativa procede
per induzione cioè io ho riscontrato che un certo numero di persone o in un
certo numero di casi è avvenuto una certa cosa, vera o falsa che sia, non ha importanza, allora per induzione che
va dal particolare al generale (questa mattina è sorto il solo, l’altra mattina
è sorto il sole ancora l’altra mattina ecc…e quindi domani sorgerà il
sole) questa è l’induzione va dal
particolare cioè dai casi singoli a generalizzare cioè ci sarà sempre il sole…
(…) allora tutte le convinzioni, tutte le credenze ecc…si formano
induttivamente anche perché non potrebbero formarsi deduttivamente, come dire
prendono una serie di casi e poi
generalizzano, l’induzione è una generalizzazione, la deduzione no, è il
contrario, la deduzione in teoria non dice nulla perché deduce da qualcosa di
generale qualcosa che è implicito nella premessa cioè trae dalla premessa
qualcosa che è già lì, è questa è una delle obiezioni che fecero intorno al 500
o 600 alla deduzione cioè che non aggiunge nulla, semplicemente conferma quello
che c’è già implicito, per cui ha spesso la forma della tautologia (A=A) (io
sono io) logicamente è una tautologia,
poi in retorica ha invece un’altra connotazione perché questi due io
hanno accezioni differenti, quando uno dice “io sono io” non è per confermare una propria identità ma
per sottolineare qualche altro aspetto e cioè io sono fatto in questo modo per
esempio, ho queste caratteristiche, perché nessuno dubita che lui sia lui,
mentre in logica la tautologia ha una sua funzione è una affermazione che è
sempre necessariamente vera, perché afferma di una cosa che è se stessa,
nient’altro che questo, sarebbe il principio di identità di Aristotele, A=A. Il
principio di identità esclude la contraddizione e una terza eventualità, il
terzo escluso, la contraddizione sarebbe logicamente: si nega la proposizione A
e non A. Si scrive NON (A e NON A) cioè non è vero che si danno insieme A e NON
A, il terzo escluso cosa dice? A oppure non A, o l’uno o l’altro, non c’è
nessuna terza possibilità (terzo escluso). Ma perché dicevo che non si verifica
in linea di massima che il pensiero proceda per deduzione? quando procede
allora è una petizione di principio il pensiero corrente, cioè la forma che è
così perché è così, “perché bisogna credere in qualcosa?” “perché così”, anche
se poi magari la risposta fa un giro in più, però arriva a questo punto, è così
perché è così, questa in retorica è la petizione di principio, e cioè utilizza
per spiegare qualcosa ciò stesso che deve essere spiegato, e quindi
generalmente non si utilizza la
deduzione per formarsi un’idea ma l’induzione e cioè in genere è avvenuto
sempre così, la persona ha sempre fatto così,
e quindi farà così anche questa volta. L’induzione è un’ipotesi
fondamentalmente, anche affermare che domani mattina il sole sorgerà è
un’ipotesi non è una certezza, e quindi logicamente non è affidabile, non è
affidabile perché appunto è un’ipotesi mentre la deduzione no, non è
un’ipotesi, “tutti gli animali sono mortali,
l’uomo è animale e quindi l’uomo è mortale” non è un’ipotesi segue
necessariamente, l’induzione no, non segue necessariamente. L’induzione nella
logica più stretta e più rigorosa non ha nessun valore è soltanto
un’ipotesi un “supponiamo che” non ha
nessuna cogenza, nessuna costrittività, ma “supponiamo”; ma l’universale
affermativa, è un problema stabilirla, che cosa risponde al requisito per cui
tutte queste cose siano questa cosa necessariamente? È stato il problema della
logica di Aristotele in prima istanza, che cosa può affermarsi in modo
universale con assoluta certezza? Perché le altre quanto meno, qualcosa è così,
qualcosa non è così, nulla è così, ma tutte queste cose sono “questo” è
difficile…..(Aristotele dice solo; partiamo da questa definizione) in effetti
riflettendo in questi anni l’unica affermazione universale affermativa che siamo giunti a considerare è quella
“tutti gli umani parlano” “gli umani in quanto parlanti parlano” qualunque
altra affermazione universale affermativa è risultata arbitraria e quindi non
sostenibile, in quanto è l’unica affermazione che procede da deduzione e quindi
necessaria, tutte le altre sono induzioni, ipotesi, l’ipotesi dice che può
essere così ma può anche non essere così….che cosa comporta il fatto che le
credenze siano supportate da un’induzione? Un elemento soprattutto, il fatto
che si attribuisce all’induzione una certezza che non ha, e quindi anziché concludere forse è così,
probabilmente è così o a me piace pensare che sia così, si conclude
necessariamente è così, e c’è una sovrapposizione non marginale, tutte le certezze che vengono enunciate dagli umani
hanno questa forma, questa persona si è comportata un tot numero di volte in
questo modo quindi la prossima volta si comporterà così, senza tenere conto che
logicamente questa proposizione viola la logica stessa perché comporta una
contrarietà, cioè io da una affermazione particolare affermativa traggo
un’universale affermativa, che è esattamente la contraria e quindi logicamente
il ragionamento non è corretto, però accade spesso di pensare in questi termini
“siccome 5 volte è successo questo allora succederà sempre” in base a questa conclusione si muove
ovviamente, si agisce, ma è un modo di pensare piuttosto bizzarro, nonostante
sia molto frequente. Che relazione c’è
tra una proposizione che afferma che “n” volte una persona ha fatto in un certo
modo e l’affermazione che invece dice che farà sempre così” la prima è una
particolare affermativa, la seconda una universale affermativa ma se io muovo
da una particolare affermativa mi trovo esattamente in quella posizione di
quell’altro famoso sillogismo il quale afferma “Pietro e Paolo erano apostoli,
gli apostoli sono dodici, Pietro e Paolo sono dodici” “Pietro e Paolo sono
apostoli” è una affermazione particolare affermativi, non è affatto necessaria
e da qualcosa di contingente non posso dedurre una affermazione universale in
nessun modo, però se pensate bene questo è il modo in cui si ragiona
generalmente, questa cosa è così quindi….ora dicevamo prima con Cesare che una
buona educazione linguistica e quindi anche logica elimina la possibilità di
pensare in modo così strampalato, perché se ciascuno di fronte a un sillogismo
come questo, si accorge che c’è qualcosa che non funziona tuttavia non si
accorge che quasi tutte le sue conclusioni hanno la stessa struttura e quindi
assolutamente risibile come conclusione eppure… ma allora occorre riflettere
sul come condurre sia la nostra elaborazione e sia anche l’insegnamento che
procede da questa elaborazione, un insegnamento dunque intorno alla
linguistica, cioè come insegnare alle persone ad usare il linguaggio, insegnare
come funziona, cosa fa e cosa non fa e dove si arresta, si arresta laddove
cerca di uscirne fuori, qui si arresta, lì incappa nel paradosso e lì se non ci
si accorge di questo si è costretti a trovare una soluzione e cioè scegliere
per il bene o per il male a seconda dei casi. Dicevamo la volta scorsa che il
discorso religioso procede dalla necessità di eliminare il paradosso, ma perché
vede un paradosso? Perché sempre
logicamente scambia una particolare affermativa per una universale affermativa,
“qualche serbo magari sarà cattivo” e invece no conferma “tutti i serbi sono
cattivi” facendo questo scambio è chiaro che qualunque cosa contrasti con la
universale affermativa è contraddittorio e quindi deve essere eliminato necessariamente. Questo è
un terrorismo logico, ideologico morale del discorso religioso, usa un
quantificatore esistenziale cioè “per qualcuno vale questa cosa” lo usa come un
quantificatore universale per “tutti vale la stessa cosa”. Sembra molto
difficile pensare in modo diverso dalle affermative universali, che affermano
in modo categorico, totale, coprono tutto e gli umani pensano così. Se talvolta
accade che facciano qualche concessione poi di fatto non è così…per nulla…come
quando si dice ciascuno può pensare come gli pare, tanto i più la pensano così,
e quindi la verità è quella che dico io, tu continui a sbagliare e ognuno è libero di sbagliare,
no? Il motto che dice “ognuno è libero di pensare quello che vuole” per
ciascuno funziona “ciascuno è libero di sbagliare” perché se pensa differentemente
da come penso io, se il mio pensiero è sorretto da affermazioni universali,
allora qualunque cosa che non sia quello allora è contrario e quindi è
sbagliato, se questo è vero quell’altro è necessariamente sbagliato….quindi la
necessità di considerare che gli altri sbagliano rispetto al modo di pensare è
una necessità logica in un certo senso e non può essere che altrimenti che
così… (…) esatto se no, non tornano i
conti, “se tutte le A hanno una proprietà
P allora qualunque cosa che affermi qualcosa di diverso è sbagliato” e il linguaggio
funziona così effettivamente, qualunque cosa neghi l’universale affermativa, la
nega in toto. Da qui una arroccamento
sulle proprie posizioni, perché poste
le cose in questi termini una qualunque, un qualunque elemento che venga a
minare un certo modo di pensare, non mina soltanto un aspetto ma mina tutto,
completamente, per cui si intende come le persone non cedano rispetto alle proprie posizioni, perché cedere di un
millimetro fa cadere tutto e quindi abbiamo mostrato come logicamente questo avvenga,
perché un qualunque elemento che neghi una universale affermativa la nega in toto, non può negarla in parte ché se io
dico che “tutte le A sono P” e se io affermo che “qualche A è P” nego la
precedente affermazione, la nego (…)
una via della retorica è proprio questo di fare il giro al contrario del
quadrato logico, uno afferma “tutte le
A sono P” allora si comincia a mettere in gioco “qualche A è P” poi “qualche A
non è P” fino ad arrivare che “nessuna A è P” e si fatto un giro, però in
effetti è meno dura arrivare per gradi, ché
se “tutte le A sono P” no “nessuna A è P” allora “qualche A è P”
“qualche A non è P” va meglio.
Incominciare a insinuare l’eventualità che non tutte le cose sono esattamente
come si pensa che siano e quindi accade sempre così “qualche volta accade
sempre così” e qualche volta non accade così, forse non accade mai così…
(ancora tutti i serbi sono cattivi, logicamente non lo può fare) non lo può
fare, ma mettere in gioco questo comporta
la demolizione di tutto ciò che si crede… (…) questa affermazione che fa
questa persona X , il parere di questa
persona è vera o falsa questa affermazione, dice “io penso così” bene ma pensi
vero o pensi falso, chiaramente pensa il vero o l’utile a seconda dei casi
molte volte viene scambiato l’utile come il vero, se ritiene che sia vero
allora il discorso può farsi (rispetto al vero) se è l’utile, il discorso
utilitaristico è sempre molto fragile, perché come dire avalla, retoricamente
si può condurre a fare avvallare qualunque bestialità “al serbo è utile
ammazzare quello della Nato e quindi va bene chi spara per primo”… (…) ma
riflettevo come utilizzare la struttura logica nell’insegnamento del linguaggio, come porre la questione (ancora
una volta), come cioè pretendere che una qualunque affermazione universale
logicamente è costretta a negare qualunque cosa le si opponga, a eliminarlo
proprio necessariamente per potere esistere, ché si pongono affermazioni
universali affermative? Per eliminare una situazione di paradosso (…) perché se
tutto è così allora non può essere altrimenti
(non ci sono tentennamenti) sì perché così le cose hanno un senso cioè
hanno una direzione, la sola direzione praticabile (…) ciò che noi stiamo
facendo è combattere contro qualcosa di straordinariamente forte e cioè un
addestramento a non pensare, addestramento che comincia con il latte ma in ogni caso con le
elementari cioè con l’istruzione canonica (…) la scuola addestra a non pensare
e quindi ciascuno è addestrato in questo modo, non è nemmeno immaginabile che
possa essere altrimenti, cioè che si possa pensare. Il pensiero per la scuola,
per l’educazione generalmente è in buona parte
l’apprendimento di una tecnica, ma anche negli insegnamenti umanistici
l’insegnamento è una tecnica e cioè una conservazione di qualcosa che si
suppone essere il sapere, una tecnica conservativa, se voi leggete i testi che
vengono prodotti per le università, per esempio, sono o tecniche di
conservazione oppure raffronto “x ha detto così, però y ha detto cosà”, no anche nelle migliori delle ipotesi
laddove c’è qualche barlume di pensiero questo si arresta immediatamente nella
ricerca della universale affermativa che immediatamente arresta il discorso (…)
e questo è l’ostacolo più grande,
l’addestramento a non pensare, come se fosse (comporta fatica pensare,
per questo occorre di generalizzare) sì un passo notevole l’abbiamo fatto
intendendo come sorge, per quale motivo sorge il discorso religioso, perché non
è possibile non parlare e il paradosso arresta il discorso, solo che ovviamente
non avendo gli strumenti sufficienti per intendere come funziona il linguaggio
si suppone che qualunque affermazione una volta che diventa universale trova
nel suo contrario, nel suo contraddittorio la paralisi, la questione è che noi
abbiamo sbarazzato tutto il discorso occidentale dall’idea che esistano
affermazioni universali affermative, ma ne esiste solo una ed è quella che
impedisce di uscire dal linguaggio, solo questo. Ora avendo sbarazzato
dall’eventualità che possano darsi affermazioni universali affermative
veramente non abbiamo più la necessità
della religione, avremmo tolto questa necessità, di credere che ci sia qualcosa
da difendere, una affermazione da difendere, per proteggersi… perché il
discorso non si arresta, posso affermare una cosa e il suo contrario, abbiamo
così risolto il problema che si poneva Wittgenstein dicendo da qualche parte
“verrà il giorno che ci si possa sbarazzare della contraddizione” quel giorno è
venuto ce ne siamo sbarazzati, perché l’unica contraddizione che rimane è
quella che in nessun modo può togliersi, cioè quella che comporterebbe l’uscita
dal linguaggio e questo non può avvenire, ma effettivamente ci siamo sbarazzati
della contraddizione, del paradosso o meglio della paura della contraddizione
del paradosso, come ciò che impedisce di proseguire, no, non impedisce niente
perché se c’è paradosso è soltanto retorico e utilizzato come figura retorica,
si usa il paradosso nella retorica per mettere di fronte a qualcosa di
straniante ma logicamente non c’è nessun paradosso fuori da quello che abbiamo
illustrato, assolutamente nessuno per cui non c’è più la paura che il discorso
si fermi, che non sia più possibile proseguire e quindi non c’è più la
necessità della religione. Questo è quello che abbiamo fatto in questi mesi, e
non è poco… (….) questa necessità di credere in dio in effetti solleva ma si
rimane con la responsabilità che già altri avevano intravisto: tolto dio sono
responsabile di ciò che dico.