14- 12-2005
Intervento: il
discorso della persona, la struttura porta la persona ad affermare quello che
afferma, nel senso che è il suo modo di parlare che gli dà l’accesso a quelli
che sono i giochi che gioca da quando comincia a
parlare e per tutta la vita… li ripete… questo suo discorso come è fatto come
si struttura è come se ritagliasse un campo semantico, un qualche cosa in cui
le cose prendono una direzione, prendono un senso e quindi lui continua ad
affermare ciò che gli procura da dire
Qual è la questione? Occorre che si spieghi…
Intervento: la
struttura del discorso cioè il modo di parlare della
persona così come ha imparato a utilizzare il linguaggio è ciò che gli permette
di continuare…
Sì ma qual è la questione, questa è una
affermazione …
Intervento: che ha a
che fare con il suo corpo perché è il suo corpo che
gli fa dire le cose che dice tutto sommato… le sensazioni e le emozioni che
ricava da ciò che ha dato e quindi dà l’avvio al suo sentire…
Abbiamo detto varie volte che il linguaggio non è altro
che una sequenza di istruzioni, però queste istruzioni
occorre che istruiscano qualcosa o già le stesse istruzioni costituiscono il
qualcosa che è già istruito di partenza? Per esempio la sequenza “se A allora B, ma A dunque B” può essere presa sia come
istruzione per costruire altre cose ma anche come qualcosa di già istruito e
quindi già funzionante, mentre se è una istruzione per costruire qualcosa
allora non è funzionante ma attende qualcosa, per istruirlo e per potere
funzionare. Il linguaggio è l’una cosa oppure l’altra?
Se è una serie come abbiamo detto di istruzioni allora
necessita di qualche altra cosa da istruire, ora che sia il corpo o una
macchina o qualunque altro aggeggio adesso questo non ci interessa, però sono
soltanto istruzioni che attendono appunto di istruire qualcosa, oppure è già
istruito? Non è questione semplice ma riguarda
sicuramente una questione più essenziale connessa con il linguaggio, fino
adesso sappiamo che funziona, sappiamo come funziona, ma il linguaggio in quanto
tale, ciò che chiamiamo il linguaggio, merita di essere considerato ancora,
intanto per l’aspetto che ho appena indicato, perché la questione cambia, nel
primo caso se il linguaggio è soltanto una serie di istruzioni allora ha
bisogno di qualche cosa su cui applicarle, farle funzionare, se invece è già
istruito allora tecnicamente non avrebbe bisogno di qualche cosa perché
potrebbe tecnicamente, essendo già istruito, continuare a istruire altre
sequenze. Ma questa domanda che ci stiamo ponendo, ha
una risposta possibile? Anche questo non è così automatico che sia, Daniela non
si distragga, qualunque domanda posta intorno alla struttura
stessa del linguaggio è ovvio che viene posta dal linguaggio, attraverso
il linguaggio, cosa può rispondere di sé il linguaggio? Unicamente ciò che è
programmato a rispondere, cioè ciò che può rispondere
quindi nell’ambito di ciò che può costruire, e che possa essere verificato
ovviamente sempre dalla sua stessa struttura.
Intervento: se A allora B e se B allora C allora se A allora C… questa è la
struttura del linguaggio E quindi?
Intervento: questo non
lo possiamo cancellare quindi tutto ciò che viene
costruito passa di lì e quindi?
Ma non è stata attenta alla questione,
questa è un’istruzione per costruire cose oppure è già istruita? Nel senso che
ha bisogno, questa istruzione, di qualche cosa da
istruire oppure no, è questa la domanda, lo so anch’io come funziona il
linguaggio…
Intervento: a proposito
dei termini che vengono utilizzati senza saperne il
significato questo farebbe propendere alla soluzione B delle due ipotesi cioè
che in realtà ci siano già delle istruzioni per il linguaggio funziona già da
sé ha già al suo interno tutti gli elementi per procedere
Questa questione è al di là di
ciò che andiamo dicendo, ciò che andiamo dicendo adesso è qualche cosa di più
radicale ancora, perché è al di qua della possibilità dei modi in cui si
apprende il linguaggio e del suo funzionamento, riguarda la sua struttura
essenziale perché se come andiamo dicendo sono soltanto delle istruzioni, queste
istruzioni come funzionano? È ovvio che si applicano sullo stesso linguaggio e cioè il linguaggio fornisce per esempio una regola: “se A
allora B” facciamo quella più semplice, quindi se un elemento allora un altro e
quell’altro segue il primo, da qui possono partire una serie di altre
istruzioni che poi mano a mano costituiscono, possono costituire una sequenza,
ma c’è ancora una terza ipotesi che non abbiamo considerata, e cioè se il
linguaggio, il fatto di essere una sequenza di regole per costruire
proposizioni, per esempio, questo sia già un’istruzione, perché è diverso,
pensate ad esempio alle regole del poker, uno scrive le regole del poker e questo
di per sé non è il gioco del poker, non è il giocare a poker, mentre riguardo
al linguaggio la questione è più complessa perché c’è l’eventualità che queste
regole siano già giocare il linguaggio mentre le regole del poker no, una può
scriversi la sua regoletta del poker ma non per questo sta giocando a poker,
mentre le regole che fanno girare il linguaggio, almeno apparentemente sembrano
costituire già il giocare il linguaggio, come se queste regole di fatto fossero
sì regole, fossero istruzioni, ma il fatto di essere delle istruzioni comporta
in qualche modo che siano già istruite e dobbiamo vedere come…
Intervento: credo
dipenda dal fatto che non si può uscire dal linguaggio…
Sì, ma noi non ne usciamo, rimaniamo dentro, non avevamo intenzione di uscirne. Queste istruzioni in realtà
sono quelle che determinano l’esistenza, cos’è l’esistenza?
Per esempio, “se A allora B” è l’esistenza, è
l’istruzione stessa, l’esistenza, nel caso del linguaggio ovviamente, se c’è
questa istruzione allora di conseguenza ci sono una serie di altre cose che
portano a considerare che c’è l’esistenza, senza questa istruzione non è
possibile né porre la questione dell’esistenza né non porla ovviamente, è dal
momento che il linguaggio si installa che qualcosa incomincia a esistere,
esiste da quel momento… stavo ripensando a Peano, scrisse i suoi famosissimi
assiomi su cui ha costruito la sua teoria logica incominciando a dire per
esempio che 0 è un numero, sarebbe un’idea primitiva, come dire che affermare
che 0 è un numero è un’idea primitiva che non è ulteriormente scomponibile, né
è possibile trarne l’origine. Questa affermazione di Peano non è propriamente
un’idea primitiva, perché necessita di una struttura
che noi sappiamo essere il linguaggio per poterla concepire, però c’è qualche
cosa che lui ha intravista anche se non l’ha colta, ha colto che se 0 è un numero
allora il successivo di 0 è un numero, questi sono i due primi assiomi. Questo
ci suggerisce qualcosa che potrebbe esserci utile, per il momento poniamola
così in modo molto semplice: se A è un elemento
linguistico allora il successivo di A è un elemento linguistico, naturalmente
dobbiamo porre che A sia un elemento linguistico, e se A è un elemento
linguistico allora per tutto ciò che abbiamo detto in precedenza è ovvio che il
successivo di A sarà un elemento linguistico, poiché se lo segue allora necessariamente
appartiene a quella combinatoria che è la combinatoria linguistica, ma adesso
non è questo che ci interessa in modo particolare quanto il fatto che A sia un
elemento linguistico, questo occorre che sia necessario che sia. A è necessariamente un elemento linguistico e che esiste
proprio per questo o, più propriamente, essendo un elemento linguistico allora
esiste come idea primitiva. Peano diceva che non si può
andare oltre, ma cosa ci impedisce di andare oltre in effetti? Il fatto che io
abbia posto semplicemente, abbia affermato questo, cioè
abbia compiuta un’affermazione, se ho compiuta un’affermazione allora proprio
perché è un’affermazione è un elemento linguistico, è ovvio, come dire che A è
un elemento linguistico perché è affermato, o affermabile, e se è affermato o
affermabile allora appartiene al linguaggio, potrebbe essere qualcosa del
genere l’idea primitiva, il fatto che esistono elementi linguistici e che
pertanto esiste il linguaggio. È come se si constatasse in un certo senso, adesso
sto dicendo le cose in modo molto approssimativo, si constatasse di essere
all’interno del linguaggio, all’interno di un sistema, e il fatto stesso di
poterlo constatare conferma l’esistenza stessa del sistema, ché
se no non potrei constatare assolutamente niente. Come dire ancora che se pongo
l’A come esistente e quindi elemento linguistico di fatto
è perché questa A è un elemento linguistico, come dire che è la mia
affermazione che in qualche modo fa esistere questa A che pure apparentemente
dovrebbe già esistere per poterla affermare che è qualcosa di molto prossimo a
ciò che indicavamo tempo fa rispetto al corpo, esiste un corpo perché, almeno
così dicevamo, qualcosa possa dirsi, un corpo qualunque, posso essere io o un
aggeggio non ha nessuna importanza, ma questo aggeggio esiste soltanto al
momento in cui si dà il linguaggio, è una sorta di contraccolpo, però è da
verificare se è proprio così, dire che A esiste, cioè l’idea primitiva, è come
dire che non è possibile uscire da questo, non è possibile andare al di fuori
del linguaggio certo, A è necessariamente un elemento linguistico, è il primo
mattoncino, mettiamola così, per il solo fatto che lo affermo, l’affermarlo
comporta che io sia all’interno di un sistema e questo sistema prevede una A,
cioè un elemento linguistico, uno qualunque, ma se io mi interrogassi sul tipo
di esistenza di questo elemento linguistico? Esiste di per sé? Esiste perché è
supportato da qualche cosa? Cosa mi chiedo esattamente
chiedendomi questo? Mi chiederei da dove viene il linguaggio, e quali sono le
sue condizioni, purtroppo è una domanda che non ha una risposta, non ha
risposta chiedersi da dove viene il linguaggio perché non possiamo pensare
prima del linguaggio, cioè in assenza di linguaggio,
non possiamo chiederci quale ne è la sua condizione per lo stesso motivo, come
dire: qual è la condizione di un elemento linguistico? L’unica cosa che
possiamo dire è un altro elemento linguistico, nient’altro che questo, il resto
appartiene alla fede…
Intervento:…
Stiamo considerando quella struttura, quel
sistema che è la condizione per pensare una cosa del genere…
Intervento: l’origine
del linguaggio quindi questo 0 del linguaggio… rimane elemento linguistico ma ha la stessa valenza dello 0 rispetto alla
matematica… non si può rendere sostanziale dire che cos’è perché sarebbe uscire
dal linguaggio e quindi non è possibile farlo… rimane sempre qualche cosa che è
impossibile da dire perché lo impedisce il linguaggio
Sì, in effetti potremmo dire
che l’elemento linguistico è condizionato unicamente da altri elementi
linguistici e che la combinatoria linguistica non è condizionata, è
incondizionata, non ha condizioni prima di sé…
Intervento: e quindi
tornando al linguaggio come condizione o ha a monte
delle regole che lo individuano come tale?
Già porlo come elemento linguistico significa che non
esiste da solo, esiste all’interno di una combinatoria,
e perché sia una combinatoria occorre che sia possibile che da un elemento si
passi ad un altro e quindi ci sia già un’inferenza…
Intervento: e quindi è
già al secondo passaggio
Sì, e quindi questo sistema di istruzioni
è già di per sé istruito, come dicevamo anche tempo fa tecnicamente il
linguaggio potrebbe, anche se risulta difficile a pensarsi, potrebbe non avere
la necessità di alcun supporto e cioè di nessuna condizione se non se stesso,
in quanto sistema già istruito può proseguire a costruire altre regole, altre
istruzioni, altre combinatorie. Adesso facciamo un passo successivo, dicevamo che il linguaggio funziona in quanto indica qual è
la posizione di un certo elemento all’interno di una certa combinatoria, come
intendere tutto questo rispetto a tali istruzioni? Le quali istruzioni, come
abbiamo appena detto, dicono cosa fare e come farlo, cosa fare lo sappiamo, lo
indicano le procedure, vale a dire un sistema
inferenziale, e la possibilità di identificare un elemento rispetto agli altri,
poi di fatto non è nient’altro che questo, però una volta che questa procedura
è soddisfatta si tratta di intendere come il linguaggio costruisce sequenze e
perché una certa sequenza produce una conclusione che consente al linguaggio di
proseguire, cioè non contraddice le premesse mentre un’altra le contraddice, è solo
questione di posizioni di elementi? Potrebbe anche essere: gli elementi disposti
in una certa sequenza, dove cioè ciascun elemento è
posto nella sua posizione, se la posizione è corretta, anzi viene chiamata
posizione corretta se la conclusione cui giunge non nega la premessa da cui è
partita…
Intervento: la coerenza
Esattamente. Cosa sono queste
posizioni? Potrebbe anche essere in una prima approssimazione che le posizioni
consentite dal funzionamento di tutto il sistema siano
quelle di volta in volta che non negano né l’antecedente né la premessa da cui
hanno preso le mosse, ma come fa una posizione a negare un antecedente?
Apparentemente per negare qualcosa occorre che ci sia un significato, come se
fossero queste stesse posizioni, che di volta in volta gli elementi occupano, a
definire il significato. Questa frase sconclusionata “il cane della menta verde”
è vera o è falsa? Non significa niente, non significando
niente impedisce al discorso di proseguire, non dice niente ma non abbiamo
sempre detto che se il discorso non prosegue allora quel discorso, quella
direzione è falsa? E quindi potremo dire che è falsa rispetto alla struttura
del discorso, cioè non è riconosciuta come
quell’elemento che consente alla combinatoria di proseguire. Ma che cosa
significa che questi elementi all’interno di quella frase sconclusionata, che
ho detta, portano a una conclusione falsa? Che ciascun
elemento, la posizione di ciascun elemento compie un’operazione che di primo
acchito potremmo dire non è consentita, però non è
sufficiente. Ci sono uno o più elementi in questa frase che non sono deducibili
da quelli precedenti, la correttezza di queste sequenze potrebbe
anche essere indicata dalla deducibilità di un elemento da un altro, come dire
ancora che le posizioni che sono consentite sono quelle che sono deducibili
dalle precedenti, se non sono deducibili contraddicono le precedenti? Potremmo
dire che in un certo senso sì, ciascun elemento occorre che segua a un altro, e questo lo sappiamo bene, adesso stiamo
considerando come deve seguire, per il momento stiamo dicendo che occorre sia
deducibile, cosa significa che sia deducibile? Verrebbe da dire che appartenga
allo stesso campo semantico, come direbbe Greimas, ma chi ha definito questo
campo semantico? Non basta qui il campo semantico rispetto
alla questione della deducibilità, forse dobbiamo aggiungere qualche
cosa, ma che cosa?
Intervento: io non ho
capito cosa intende con deducibile? “io mangiate” lei intende qualcosa di
questo genere? È “deducibile “ al massimo “io mangio”… ora questo io mangio si
può dire deducibile da Io?… questi elementi che hanno …se
è questo che lei sta intendendo?
Ci stiamo lavorando, però sì anche,
forse non solo, non è deducibile nel senso che in questo caso viola una
delle regole della costruzione della grammatica…
Intervento: il rinvio
ad un elemento che però sia coerente il cane e la menta non sono
collegati…
Sì, la questione è un po’ più complicata, perché il cane
e la menta di per sé non si contraddicono, non c’è nessuna contraddizione…
Intervento: non sono
neanche collegati
Beh, posti così apparentemente no certo…
Intervento: però Faioni,
sembrerebbe che la premessa favorisca appunto un campo semantico ossia tutto
ciò che verrà dopo deve appartenere a quel campo semantico se no non si conclude il gioco
Intervento: come lo 0
di Peano e il successivo
Sì, questa è una decisione non è una deduzione, però
Peano è preciso…
Intervento: ecco però
nel caso di una questione sintattica/grammaticale Io mangiate… lì c’è una contraddizione però non mi sento di chiamarla qualcosa di deducibile…
“io mangio” non sono due elementi che sono deducibili sono legati perché questa
è una delle regole del parlare… non intendo cosa sta dicendo quando dice
deducibile
Sto considerando il tipo di connessione che occorre che venga stabilito tra un elemento linguistico e il successivo,
certo generalmente si dice “io mangio”, “io mangiate” sicuramente viola la
regola grammaticale. La deducibilità è data da due tipi di regole, è stabilita
da due tipi di regole, l’una riguarda la regola che fa funzionare le sequenze
linguistiche che è nota come grammatica, l’altra sono
le regole del gioco che si sta facendo, la sintassi. Almeno in una prima
approssimazione direi che sono queste due regole a stabilire la deducibilità di
un elemento dall’altro, quindi più che campo semantico qui è questione delle
regole del gioco, che mi pare più appropriata…
Intervento: la
questione del gioco che si sta facendo è quella del principio di contestualità di Frege per esempio…
Sì, non stiamo dicendo una cosa radicalmente differente,
ma parliamo non di contestualità né di campi semantici, ma di regole di
linguaggio, di giochi linguistici, e questo pone una questione che mi pare più
precisa, non è questione di contesto ma di giochi che
in quel momento il linguaggio sta facendo. Chiamerò Venere la stella della sera,
o la stella del mattino, a seconda del gioco che sto
facendo, è una cosa o l’altra anche se è sempre Venere…
Intervento: come quando
Tarski dice che “la neve è bianca se e solo se è bianca” è una regola del gioco
anche questa dalla quale ponendo questa regola si può dedurre cioè trarre… non è che dopo… è la posizione in qualche modo
del significato… ma la posizione del significante è data anche dalla regola del
gioco cioè nel senso che è il gioco che stabilisce qual è la regola…
È ciò a cui siamo giunti facendo tutto questo percorso. Abbiamo
individuate due regole, una fornita dalla regola del
gioco che sta facendo, l’altra costituita dalla regola di composizione di
proposizioni che non è altro che la grammatica in definitiva, ciò che consente di
mettere insieme le cose in modo che abbiano un certo effetto, e la grammatica
stabilisce qual è la posizione, la forma e la posizione di ciascun elemento
all’interno della combinatoria. Per cui gli elementi vengono
accolti e hanno una posizione consentita in base a queste regole, se si
attengono a queste regole allora costruiscono una proposizione che risulterà
vera all’interno di un certo gioco, se violano queste regole allora
risulteranno false e quindi non saranno accolte, non consentiranno al gioco di
proseguire…
Intervento: io pensavo
alla posizione dell’elemento… pensavo alla posizione del B
B è un elemento anche lui…
Intervento: sì però
segue all’A ha un’altra posizione, se non esiste A non
esiste il B e il B non può revocare l’A
Intervento: se A allora B, con questo stiamo dicendo qual è la posizione… praticamente
in un gioco qualunque si dice come si deve costruire la proposizione il
linguaggio come metagioco stabilisce che la posizione è quella se A allora B
indipendentemente da che cosa è A e che cosa è B
Intervento: ho capito
però se non esiste la A… il secondo elemento non può negare il primo… questo volevo dire
Se no si contraddice…
Intervento: la
posizione è se A allora B questa è la posizione
Intervento: però è il
secondo elemento
Intervento: al
linguaggio non interessa il secondo elemento…
Intervento: sto dicendo
che se non c’è A non c’è B… nel linguaggio è sufficiente il se A allora B se
dicesse solo se A non ci sarebbe linguaggio nel senso che non è niente…
Si tratta di verificare se questi due tipi di regole che
potremmo chiamare sintattiche e grammaticali, siano
quelle che impediscono al secondo elemento di contraddire e negare il primo…
Intervento: revocare il
primo!
Cioè la sua condizione certo, infatti se
avviene questo fenomeno, se il secondo nega la condizione della sua esistenza
il linguaggio si arresta…
Intervento: però Faioni
il cane e la menta a questo punto… il gioco linguistico è
fatto
Se si instaura un’altra regola
sì…
Intervento: il gioco
non ha un senso per esempio
Certo, il gioco in cui Lewis Carroll
era famoso, creare parole senza senso il cui senso era una parola senza senso. Certo in questo caso si è immessa
una regola che dice che la parola che si dirà non ha senso, e quindi la cosa
che segue non ha un senso e quindi questo è il suo senso: essere portatrice di
non senso, per esempio, è ovvio che sono giochi differenti perché il fatto di essere portatrice di non senso non nega affatto il senso
precedente, ma è un altro gioco, se no
sarebbe paradossale, se negasse si arresterebbe tutto e invece non si arresta
niente proprio per questo motivo, perché sono giochi diversi con regole diverse.
Bene, abbiamo cominciato ad approcciare la questione, c’è ancora molto da dire,
e lo diremo…
Intervento: nel sogno
cambiano le regole…
È un gioco diverso, certo…
Intervento: hanno un significato anche se non hanno la coerenza immediata
Ma hanno sempre una coerenza, come anche nei film in
fondo, ci sono eventi che potrebbero essere considerati incoerenti tra loro,
però è stata posta una regola tale che consente a questa incongruetà
di tornare ad essere congrua. Così nei sogni avvengono cose che nel gioco, in
altri giochi, quello per esempio che è noto come
veglia, non avvengono generalmente, sono regole diverse e quindi comportano
giochi differenti. È complesso il linguaggio, ma è anche molto semplice, e
questa complessità che può apparire in queste conversazioni è ciò che è
necessario svolgere proprio per arrivare al semplice, intendere quanto sia semplice.