14-10-2009
Avete nulla da dire di teorico? Di che cosa parlavamo la volta scorsa?
Intervento: doveva parlare dell’intervento dell’analista nella seduta …
Va bene, come si interviene dunque? Qual è l’obiettivo dell’intervento dell’analista? L’abbiamo detto varie volte e cioè fare in modo che il discorso prosegua cioè non si fermi, però ci sono vari modi …
Intervento: deve spostare l’attenzione dell’analizzante sui pensieri che sono più frequenti nel suo discorso per fare proseguire il discorso …
Questo è un modo, non è l’unico però la persona che inizia l’analisi incomincia a dire la sua storia, a raccontare tutte le varie vicende etc. e ripete all’infinito grosso modo le stesse cose e uno degli interventi consiste nel fare notare che alcune questioni continuano a ripetersi, per esempio, e se si ripetono è perché per quella persona probabilmente hanno qualche importanza, ora perché hanno importanza? Questa è un’altra bella questione, perché sono importanti certe cose? Il più delle volte è più interessante interrogarsi su questioni che apparentemente non costituiscono nessun problema piuttosto che su questioni che invece sono un problema, le questioni che non costituiscono un problema sono quelle questioni date per scontate, per acquisite e sulle quali non ci si interroga perché apparentemente funzionano, funzionano vuole dire che non creano dei conflitti, per esempio, sono delle verità acquisite e funzionano molto spesso come delle verità acquisite sulle quali la persona non si interroga perché funziona, va bene, e quindi perché interrogarsi? Mentre se c’è qualche magagna che interviene allora vuole dire che una almeno di queste verità acquisite ha trovato un problema, ha trovato un intoppo quindi non riesce a concludere nel modo in cui dovrebbe, nel modo in cui la persona si aspetta che concluda. Un problema mette in mostra sicuramente una o più verità sulle quali la persona si appoggia, interrogarsi su questioni che di per sé non costituiscono nessun problema è molto più interessante e anche molto più difficile perché non viene neanche in mente di interrogarle, mentre l’analista, se è tale, non ha cose che non interroga, interroga qualunque cosa perché non può non farlo, cioè non può considerare in ciascun atto perché pensa le cose che sta pensando, perché dice le cose che sta dicendo, non può non farlo è un automatismo …
Intervento: cioè che queste cose siano o meno un problema …
Esatto, anche se non costituiscono affatto un problema anzi, se è uno psicanalista non dovrebbero in teoria esserci cose che costituiscono un problema quindi ciò che interroga comunque sono i pensieri, qualunque pensiero, qualunque cosa intervenga è degna di essere interrogata, sta lì l’audacia …
Intervento: Mi chiedevo ma la questione più importante quando si arriva al punto in cui il discorso si arresta, una volta si chiamava resistenza questa cosa ma non è per il fatto che in qualche modo c’è una verità che viene difesa in modo assoluto cioè che il discorso si blocchi è perché quella cosa non può essere messa in discussione. Mi chiedevo se era data dalla forza della verità che funziona in quel momento, come se la difendesse …
Per difenderla oppure perché entra in conflitto con un’altra verità altrettanto importante per esempio, e quindi in questo caso cosa si fa?
Intervento: non si accorge di difendere un’altra verità deve accorgersi …
Questo è fondamentale, se non se ne accorge non andiamo da nessuna parte certo …
Intervento: penso che lo capisca quando si ferma su certe questioni, le ripete quindi deve difendere, è difficile togliere questa verità dalla persona … non serve metterla sempre in discussione deve scattare qualche altro meccanismo … è una sua costruzione …
Questo è un passaggio necessario, però è un passaggio, si tratta di rendere inutilizzabile una certa fantasia …
Intervento: modificando qualche cosa all’interno della fantasia è possibile che il risultato non sia più lo stesso …
Renderla inutilizzabile significa che non è più necessaria, rispetto a una fantasia, al proprio benessere, alla propria esistenza in alcuni casi. Ci sono delle situazioni, della circostanze in cui una persona si trova particolarmente bene supponiamo, e di per sé non costituirebbe nessun problema di fatto, la cosa si fa invece interessante nel momento in cui questa situazione, questa circostanza diventa una necessità, cioè finché questa permane la persona ha a disposizione questa circostanza, questa situazione e tutto fila liscio, nel momento in cui qualche cosa interrompe o rende inaccessibile fruire di questa situazione, ecco che la persona incomincia a essere in difficoltà. Questo accade abbastanza sovente allora lì, in quel caso si tratta di intendere a che cosa serve, qual è l’utilizzo di una certa situazione in cui si trova bene e finché permane l’utilizzo di questa cosa quello che Freud chiamava “sintomo” permane, non scompare per nulla finché è utilizzabile e fino a quando è utilizzabile? Fino al momento in cui questa situazione non incontra la sua insostenibilità. Mi spiego meglio, come diceva Eleonora occorre interrogarla e coglierne tutti i vari aspetti ma non è sufficiente se non si intende a che cosa serve, poniamo che la persona intenda a che cosa gli serve quella situazione quindi a questo punto conosce l’utilità, ma a questo punto ancora è la cosa alla quale quella situazione è funzionale che occorre intendere: supponiamo che una persona si trovi bene soltanto se ci sono delle persone che la vezzeggiano, facciamo questa ipotesi, ora di per sé finché la persona si trova in questa situazione non c’è nessun problema, ma se questo dovesse non capitare più ecco che c’è il problema, ora la persona intende per esempio che l’essere vezzeggiata è funzionale a un’altra cosa per esempio, a una sorta di riscatto, finché non si intende a che cosa è funzionale una cosa del genere la persona non si muoverà da quella posizione, naturalmente la funzione o ciò di cui è funzione deve non soltanto essere conosciuta, ma occorre che prenda il posto di quella situazione di cui era funzione, cioè accorgersi che tutto ciò che fa, tutto ciò che la muove è pilotato unicamente dall’idea del riscatto, per esempio, adesso sto facendo l’esempio di cui dicevo prima, e quando si trova qui è a buon punto. Perché è così difficile non soltanto arrivare a questo punto ma abbandonarlo? Perché la persona ha, atteniamoci a questo esempio banale, ha nel riscatto la sua verità assoluta, quella cosa sulla quale ha costruita tutta la sua esistenza, ha dato un senso alla sua vita, l’unico motivo per cui si esiste, che comporta qualche problema, e allora questa verità assoluta, questo pilastro su cui si regge tutta la sua esistenza e che pilota tutta la sua vita, i suoi pensieri, le sue scelte i suoi desideri non è così semplice da eliminare anzi, è straordinariamente difficile, la persona potrebbe eventualmente fare una cosa del genere ma a vantaggio di qualche cos’altro di altrettanto potente e dove lo trova? Non c’è da nessuna parte, però c’è una possibilità: mano a mano che procede lungo questo percorso la consapevolezza della portata di ciò che la fa esistere e cioè del linguaggio aumenta e si rafforza sempre di più, nel momento in cui questa struttura che sorregge tutto può sostituirsi a questa verità assoluta allora a questa condizione e in quel momento la persona cessa di avere il sintomo, cessa e non può neanche più averne, la cosa è terminata. È un passaggio graduale ovviamente del quale la persona non si accorge immediatamente anzi, lo abbiamo detto spesso, sono gli altri che se ne accorgono prima, però non c’è un’altra possibilità. Generalmente nelle psicoterapie ciò che si sostituisce al sintomo è una fede, cioè la persona accoglie ciò che gli dice lo psicanalista perché gli attribuisce un notevole credito e allora sostituisce le cose in cui credeva prima con quelle che vengono inserite dallo psicanalista. Naturalmente come tutti gli atti di fede ha delle particolarità sgradevoli e cioè il fatto che questa fede deve essere difesa, deve essere mantenuta contro tutto e contro tutti, e quindi comporta la necessità di una continua attenzione a questa nuova fede, che comporta degli effetti terapeutici, come un qualunque neofita di una qualunque religione ha degli effetti benefici, sta meglio, è più sicuro, è più felice, più gioioso, si sente più forte perché suppone di avere la verità e quindi ne ha un immediato beneficio, beneficio che naturalmente deve essere mantenuto come qualunque atto di fede a scapito della propria intelligenza e cioè non deve essere interrogato. Non è che questo costituisca un problema, le persone generalmente non sanno come si fa però deve non essere interrogato mai perché se lo interroga mostra la corda, non sa sostenersi …
Intervento: pensavo il passaggio quello che era individuare questa fantasia che poi generalmente è lì che si ferma la psicoterapia, si ferma a individuare una conferma di quella che può essere il significato di questa fantasia quindi interviene … ora mi chiedevo questo se la scena che fa da sfondo a tutto quello che viene pensato dalla persona, alla fantasia di riscatto mi fa venir da pensare che sia un po’ la versione originale io posso andare indietro ma lì si chiude il discorso, invece la questione dell’analisi di interrogare continuamente andando oltre cioè chiedersi come mai la fantasia di riscatto si è costruita sia quella che consente lo spostamento, perché questa scena ovviamente non è solo individuata ma l’interrogazione costringe ad andare oltre a questa scena. Se la interrogo per il solo fatto di essere interrogata c’è già una modificazione, per cui mi chiedevo la questione di arrivare allo sbaglio si proprio questo cioè il fatto che comunque quella fantasia non esiste di per sé ma è prodotta, sostenuta da … perché quello che mi fa pensare rispetto alla psicoterapia direi che la si individua la scena ed ad un certo punto la si cristallizza cioè la si realizza, proprio è un po’ come la persona che va dal medico perché non sa che cos’ha, il fatto stesso che il medico gli dica “hai questo” già si sente meglio … il fatto di aver individuato la fantasia di riscatto, di averla individuata e avergli dato un nome sia il momento finale di una psicoterapia, ciò che porta una persona a far domanda di analisi non è “ho questo” ma “c’è qualcosa che non va” come se non sapesse esattamente. Però per tornare alla questione mi chiedevo se la questione di arrivare al linguaggio sia proprio quello di fargli intendere ad un certo punto che la domanda è infinita cioè il fatto stesso che comunque qualunque cosa venga detto, che modifica anche questa scena originaria, che si percepisca che comunque si possa sempre andare oltre interrogando e questo ad un certo punto fa scattare qualcosa per cui questa scena si abbandona ad un certo punto … come posso arrivare fino a qui ma posso andare oltre all’infinito e quindi questo mi toglie dall’essermi bloccato su questo …
Intervento: non credo che tutte le persone reggerebbero questa cosa nel senso che … prima un po’ di psicoterapia e poi passare all’analisi …
Intervento: inizialmente anche l’analista si trova a confrontarsi con queste cose è inevitabile però sta nella capacità dell’analista riuscire a portare, a riuscire a far proseguire …
Intervento: il compito della psicoterapia è quello di rilevare quella che è la fantasia originale …
Intervento: la costruzione della fantasia …
Intervento: la differenza fra la psicanalisi e la psicoterapia … la psicanalisi fa qualcosa in più …
Intervento: una paziente che un giorno sì e un giorno no si fa fuori, il caso patologico … il punto principale è … quando ce la fai …
Intervento: i casi patologici di cui parlavi quelli sono a pannaggio dello psichiatra perché lo psicologo in una psicoterapia non può fornire psicofarmaci … lo psicoterapeuta va lì gli parla un po’ ma quando assume psicofarmaci anche solo il Prozac ci vuole lo psichiatra …
Intervento: lo psichiatra è affiancato dallo psicoterapeuta …
Intervento: ci sono degli psichiatri che dicono di fare analisi, fanno parlare delle ore però non è certo il discorso che a loro interessa come neanche allo psicologo, non interessa quello che dice la persona come avviene e deve avvenire in una psicanalisi, la patologia se si suicida un giorno sì e un giorno no, lo sedano con gli psicofarmaci, lo consigliano, questo va avanti così …
Non è così grave la cosa, in effetti nella psicanalisi non dovrebbe esistere nessuna patologia, assolutamente nessuna, il fatto che la persona voglia uccidersi per esempio, non è una patologia, non più di quanto lo sia il fatto che una persona voglia andare a fare una gita al mare, e questo perché non c’è più nessuna moralità. Non è secondaria questa della moralità e della psicanalisi, la psicanalisi non è immorale, è amorale, non c’è nessuna morale, qualunque cosa è presa per quello che è cioè come un atto linguistico, come una sequenza di proposizioni, non ha nient’altro a disposizione. Freud ad un certo punto si è trovato a immaginare di reperire una scena originaria, quella che a suo parere sarebbe stata la causa delle magagne successive, facciamo il caso di una persona che a parere di Freud sviluppa tutte le sue magagne perché da piccolo ha avuto un desiderio sessuale nei confronti della mamma, per esempio, non c’è niente di male, perché dovrebbe creare delle magagne una cosa del genere? Perché?
Intervento: per la morale sessuale civile …
Sì, ma non basta, è come dire che in questo caso allora praticamente tutte le nevrosi, sono frutto delle convenzioni, sono tali per via di una serie di convenzioni che sono state accolte in una certa società e nient’altro che questo, quindi sarebbero soltanto una sorta di disobbedienze a delle regole impartite e quindi di conseguenza come tali dovrebbero essere accolte e non come malattie per esempio, per cui c’è già una contraddizione in termini in tutta la psicanalisi, ma ciò che interessa in tutto ciò è il fatto che se una certa scena ha provocato qualche cosa nessuno sa dire perché quella cosa ha provocato degli effetti, semplicemente si suppone che quella scena sia stata la causa di una serie di eventi successivi ma perché avrebbe dovuto provocarli questo non lo sa, anche perché la stessa scena magari in altre persone non provoca niente, e qui sta la questione dell’interrogazione. L’interrogazione è infinita e anche no, perché il modo in cui si interroga l’analista è soltanto ricondurre ciascuna cosa che interviene nei suoi pensieri là da dove arriva e cioè alla struttura del linguaggio, è questa l’interrogazione dell’analista, quando è arrivato a intendere come si è strutturato e qual è la funzione all’interno di una sequenza, la sua interrogazione è bella e terminata, non ha altro da chiedersi …
Intervento: non è come dicevo io allora?
Non esattamente, ma anche in un certo senso, nel senso che non c’è cosa che non sia sottoponibile a questa valutazione, qualunque cosa deve esserlo …
Intervento: mi chiedevo di come la persona si renda conto del punto finale appunto il linguaggio Quando arriva lì è a fine corsa, non può interrogare oltre. Riscattarsi in fondo è facilmente riconducibile al fatto di volere avere ragione su qualcosa o su qualcuno e di conseguenza imporre una verità, esattamente ciò che il linguaggio costringe a fare, questa cosa la si può subire o agire, se la si subisce allora è il marasma generale, se la si agisce a questo punto diventa totalmente indifferente, diventa una sequenza al pari di qualunque altra che non ha più la necessità di mantenersi come verità assoluta perché non è più una verità assoluta, è semplicemente un gioco linguistico al pari di qualunque altro, né più né meno, mentre per quella persona non è affatto un gioco linguistico al pari di qualunque altro, è il motivo della sua esistenza che è diverso. Ricondurlo a un gioco linguistico al pari di qualunque altro vuole dire che non ha più nessuna priorità e quindi nessuna funzione all’interno del gioco del suo discorso, questo comporta arrivare a fine corsa, a quel punto se c’è dell’analista allora qualunque cosa viene immediatamente, automaticamente ricondotta alla sua struttura cioè al fatto di essere semplicemente un gioco linguistico, cioè sequenze che si connettono fra loro e niente altro che questo, molto semplicemente, che non comportano nessuna credenza, nessuna superstizione, e che ci siano o non ci siano a quel punto è irrilevante, può essere più o meno piacevole ma non necessario, ché nel discorso è molto differente il piacevole e il necessario. L’analista occorre che sia almeno totalmente amorale, che sia almeno questo, se non è neanche questo …
Intervento: questa persona che ha bisogno di riscatto è un discorso isterico, no?
Perché? Non necessariamente, è una cosa che attraversa tutti i discorsi in modi differenti …
Intervento: deve richiamare l’attenzione dell’altro ciascun discorso …
In modi differenti: il discorso ossessivo attira l’attenzione sottraendosi, il discorso isterico mostrandosi, il discorso paranoico imponendosi. Eleonora, fai un riassunto poche parole l’essenza della questione …
Intervento: ciò che funziona è …
Se hai bisogno di essere vezzeggiata questo è funzione del riscatto e allora è il riscatto che interessa quindi occorre ricondurre ciascuna cosa a quello che è, cioè atti linguistici, nient’altro che atti linguistici, sequenze di proposizioni, quante volte l’abbiamo detto, non c’è nient’altro che questo, sequenze di proposizioni. Per esempio un film digitale di fatto non è fatto da nient’altro che da sequenze di caratteri macchina e se uno si scorre tutti i caratteri macchina non è che sia così divertente, però messi insieme in un certo modo producono storie, racconti, musiche, evocano scene, producono emozioni, ma in realtà sono caratteri macchina, nient’altro che questo, l’analista è colui che non può non sapere in ciascun istante che si tratta di caratteri macchina, per seguire questo esempio, mentre la persona invece immagina che ciò che vede nel film sia tutto ciò che c’è non ci sia nient’altro, quindi vive di queste cose ma senza sapere assolutamente di che cosa sono fatte …
Intervento: infatti la questione dei famosi filmini di cui parliamo ogni tanto, non ha mai destato un grande interesse, come può essere che la persona si proietti, riveda l’innamorato? tutte le cose che ha fatto o che vorrebbe fare con lui … considera soltanto la malattia per esempio nella depressione, non tutti quei filmini che la persona si proietta, che il suo pensiero effettivamente costruisce come un digitale, come il prodotto di 0/1 falso vero … le immagini, i film sono tutti prodotti dal pensiero, dall’automatismo che c’è nel pensiero … secondo me Freud inventando la psicanalisi proprio con le isteriche, in cui i filmini sono il teatro personale delle persone, Freud si è accorto del pensiero che produce queste immagini, queste scene, non è riuscito ad arrivare al linguaggio come invece siamo riusciti noi dando delle risposte ben precise a tutto questo però direi che l’interesse principale per esempio per Freud che ha inventato proprio sulle isteriche, su Anna O. per esempio, tutte quelle conversioni psichiche, somatiche per cui un certo sintomo …
Arriviamo alla questione …
Intervento: lui negli “Studi sull’isteria” per esempio diceva che era arrivato ad intendere delle questioni che nessuno mai aveva immaginato potessero esistere, però s’è fermato all’inconscio, si è fermato a quello che sappiamo essere i tic della sua teoria perché non è riuscito ad andare oltre, non è arrivato al linguaggio che rende conto per esempio dei filmini dell’isteria oppure della paranoia riuscendo proprio a portare all’estremo quella che è una struttura di pensiero che interroga tutte le questioni siamo riusciti a intendere e a costruire o … se non c’è, come diceva lei prima, questo lavoro per cui il linguaggio diventa sempre più importante, si arriva, si costruisce una scena e si dice che questa è la causa di tutti i mali però non si può andare assolutamente oltre.
No, certo. Va bene, ci vedremo martedì sera in libreria.