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Giovedì 14 ottobre 1999

 

 

Discorso paranoico (2)

 

 

Quella che facciamo qui ogni giovedì è una riflessione più approfondita; martedì scorso abbiamo fatto una chiacchierata intorno al discorso paranoico, una sorta di fotografia dei tic del discorso paranoico, i luoghi comuni a cui si attiene.

Uno fra questi, fondamentale, è quello di immaginarsi al centro dell’interesse del mondo intero. Proviamo a muovere da questa fantasia di essere al centro del mondo, e quindi la poniamo come una sorta di principio, di superstizione, di credenza. Di fronte a un’asserzione del genere, anche se non fa direttamente un’affermazione così impegnativa, occorre porsi in un modo particolare. Abbiamo detto altre volte che non si tratta di spiegare che non è esattamente così ma condurre la fantasia alle estreme conseguenze. Nel caso della struttura paranoica, se voi chiedete “Perché?” Qui occorre aprire una parentesi perché in effetti non si pone mai un enunciato del genere, questo si trae, non è posto mai in questi termini, è sempre in altri termini, per esempio, “Loro sono così!”, “Tutti fanno questo!” o “Nessuno mi capisce!”. Questo è ciò che ascoltate, il “loro” nel discorso paranoico è una figura fondamentale. Se è questo che si pone come enunciazione, tra le righe c’è evidentemente, se tutti quanti ce l’hanno con me è chiaro che io sono al centro dell’interesse di tutti quanti. La fantasia di persecuzione è una figura che serve a mantenere questa credenza di essere al centro dell’interesse, non ha molte altre funzioni. Essere quindi al centro del mondo, però siccome l’enunciazione è quell’altra, cioè “Tutti ce l’hanno con me!” o “Nessuno mi capisce!, ecc. (Anche l’essere amati...) No, nel discorso paranoico no, non è amato da tutti perché non gli interessa, perché se tutti sono cretini essere amati da dei cretini non è una cosa di grande interesse ...

Si tratta, per quanto riguarda l’aspetto tecnico, di muovere in primo luogo da alcune questioni che possono porsi anche sotto forma di domande. Se, per esempio, loro ce l’hanno con me, il portare questa fantasia alle estreme conseguenza comporta il prenderla alla lettera, il prenderla sul serio, quindi se ce l’hanno con me avranno dei buoni dei buoni motivi. Quali? Perché ce l’hanno tutti con me? La risposta più comune nel discorso paranoico è questa: ce l’hanno con me perché non mi capiscono: Ora, il “non mi capiscono” è nel discorso paranoico è uguale al fatto che costoro sono dei cretini: se io sono intelligente e loro sono dei cretini è ovvio che non andiamo d’accordo. Dunque, sono persone che non capiscono, ma che cosa non capiscono? Non capiscono me: Dovete sempre fare il verso della fantasia, qualunque essa sia. Che cosa non capiscono di me? Qui, a questo punto, lungo una conversazione analitica, accade che una persona si trovi suo malgrado costretta a considerare il fatto che non capiscono come lui è fatto, quali sono le sue fantasie. A questo punto, già la questione si pone in termini più precisi e anche più imbarazzanti per il discorso paranoico, come dire che “sono cretini perché non capiscono le mie fantasie”. Certamente c’è un passaggio intermedio, non capiscono me perché io ho ragione e loro no, però a questo punto è chiaro che utilizzerete anche il gioco di mettere alle strette la struttura del discorso: ragione su che cosa, e perché? Può indubbiamente diventare difficile per una struttura di discorso che è fondata su fantasie fornire motivazioni così potenti da mostrare al mondo intero che lui ha ragione e gli altri no, è arduo, dirlo è un conto, provarlo è arduo. Come dire, io sono il più bravo di tutti; va bene, vediamo... Il discorso paranoico crede tutte queste cose perché non le prende sul serio, può crederci se e soltanto se non ci crede seriamente, se non le porta alle estreme conseguenze, altrimenti non ce la fa più, crolla tutto.

Come fare in modo che non fugga dall’analisi? È semplice. Noi sappiamo che cosa attrae il discorso paranoico, da che cosa è fortemente attratto. È straordinariamente attratto dall’intelligenza, dall’intelligenza logica, raziocinante, deduttiva. Ha una difficoltà con la logica, non riesce al paranoico di ragionare facilmente in termini rigorosi e deduttivi. La logica è esattamente il contrario della struttura paranoica, la quale, dovendo pensare continuamente di avere ragione, non può utilizzare un sistema logico-deduttivo perché la distruggerebbe in quattro e quattr’otto, si autodistruggerebbe. Teme la logica però, siccome la teme, ne è attratta perché avverte che è qualcosa che manca, manca al suo impianto per essere a prova di bomba. È questo il motivo per cui è fortemente attratta da questo tipo di logica. Ora, facendo mostra di questo tipo di intelligenza logico-deduttiva, la paranoia non mollerà, è con questo che la tenete saldamente.

È importante sapere che cosa attrae un discorso, da che cosa è fortemente attratto, perché è l’arma più forte per mantenere una persona in analisi e quindi di avere l’occasione di arrivare a un punto in cui è in condizione di intendere il proprio discorso.

Occorre che da una parte si mantenga da parte vostra come analisti un atteggiamento fortemente logico-deduttivo, dall’altra ovviamente fare in modo che questo sistema possa partecipare del discorso paranoico, perché è l’unico elemento che può scardinarlo, sempre chiaramente tenendolo a freno utilizzando la logica, che la paranoia teme fortissimamente. Quello che vi aiuta in questo caso è che se non altro il paranoico cercherà di carpire i vostri segreti e quindi vi starà a sentire, perché altrimenti difficilmente sta a sentire l’altro dato che lo ritiene un cretino, non sta a perdere tempo. A questo punto, il discorso paranoico comincia a considerare la questione logica nel suo discorso, anche se in modo molto marginale, però se incomincia a funzionare questo allora la costruzione di nuovi deliri diventerà più difficile. Il discorso paranoico passa da un delirio all’altro, costruisce una sua visione del mondo che ad un certo punto muta di colpo, ce n’è un’altra e quella precedente non esiste più. E non può esistere per una questione logica, se esistesse sarebbe in contraddizione ma il discorso paranoico non può contraddirsi mai, mai ammetterà una contraddizione. (Ricerca disperatamente un’assoluta coerenza ...) Esatto, è proprio così, e noi gliela forniamo, molto di più di quanto lui voglia tanto che ad un certo punto la sua paranoia gli esploderà in mano.

C’è l’eventualità che se ci riflettiamo bene riusciremo a costruire una sorta di algoritmi in condizione di scardinare qualunque discorso. Questi algoritmi non sono altro che degli schemi di calcolo del discorso che possono non pilotarlo ma rendere il discorso assolutamente limpido, in qualunque istante. C’è l’eventualità che gli umani abbiano cercato da tremila anni a questa parte qualcosa del genere, perché può dare fantasmaticamente una sensazione di onnipotenza e che non riuscendoci abbiano ovviato a questa impotenza inventando dio. Questi algoritmi sono delle procedure di calcolo che consentono al discorso di potersi manifestare con estrema facilità e chiarezza in qualunque momento, come dire che uno sa immediatamente quello che sta dicendo, per quale motivo, che cosa muove a dire una certa cosa, come dire ancora, conoscere esattamente quali sono le regole del gioco che si stanno giocando. Ora, produrre tali algoritmi è come dire mettere chiunque nelle condizioni di potere fare questo molto rapidamente. Questo, come dicevo, non comporta un pilotare il discorso ma averne in ogni istante presente la struttura. Ora, che cosa cercano da sempre gli umani? La verità, l’essere, con tutte le varianti, il bene assoluto, ecc. Che cosa sono questi? Pensate al Faust di Goethe, lui vende l’anima al diavolo per avere la conoscenza assoluta, anche se poi non la ottiene. Ma la conoscenza assoluta di che cosa? Il sapere di che cosa è fatto? È fatto di linguaggio, dei suoi algoritmi, del suo funzionamento, è questo che gli umani hanno sempre cercato, senza però saperlo. È emblematica la vicenda del Faust, come quelli di tutti i filosofi, hanno cercato sempre questo, cioè che cosa fa funzionare tutto, il motore immoto per dirla in altri termini. Non riuscendo in questa operazione hanno inventato dio.

Per esempio, rispetto a quanto stiamo dicendo stasera intorno al discorso paranoico, per costruire un algoritmo occorre muovere da un elemento sicuro. Ora, a noi non interessa se la paranoia muova necessariamente dalla certezza di “avere sempre ragione, non ci interessa, però possiamo stabilire di chiamare paranoia tutto ciò che ha questa prerogativa. In questo modo aggiriamo tutto un problema ontologica, la chiamiamo così in via descrittiva, possiamo anche chiamarla “Pippo”. Dunque, un discorso fatto in questo lo chiamiamo “paranoia”, se muove da una credenza come questa, se crede questo può necessariamente credere alcune cose? Questo è fondamentale, perché se parte da un certo principio e poi può pensare qualunque altra cosa diventa un problema. Che cosa non può non pensare? Intanto, di non avere ragione, per definizione. È chiaro che occorre stabilire che esiste un discorso che muova necessariamente da questo assioma, però diciamo che abbiamo aggirato il problema dicendo che se muove da questo assioma lo chiamiamo paranoia e se muove da questo assioma intanto esclude il contrario, cioè l’eventualità di non avere ragione. Quindi sappiamo che esclude il contrario, e questo in che modo ci giova? Ci giova in quanto insieme con tutto ciò che è contrario c’è tutto ciò che deriva dal contrario. Questo ci consente di costruire una prima direttrice,. Possiamo dire che una definizione del discorso paranoico necessariamente esclude tutto ciò che nega il fatto di avere ragione. Si tratta poi di precisare meglio questo assioma fondamentale, detto così rimane un po’ ambiguo, però forse possiamo riuscirci e cioè costruire tutta una serie di proposizioni a partire da un assioma che risulta necessario - questo “necessario” poniamolo per il momento retoricamente - , cioè costruire una serie di proposizioni che denotano tutto ciò che non può non essere nel discorso paranoico. Ora qui può ovviamente sorgere una questione logica riguardo alla necessità, è tuttavia un problema logico aggirabile. Qualcuno potrebbe obiettarci che non è detto che la paranoia muova da questo assioma. Qui naturalmente l’obiezione è facilmente rintuzzabile, la paranoia non esiste in natura, è un sistema descrittivo quello che usiamo, diamo un certo nome a un discorso che muove da un certo assioma. Ci avvaliamo chiaramente del luogo comune, cioè quello che afferma che da quando Freud ha inventato la psicanalisi con paranoia si intende questo.

Intervento:…

Sì, certo. Io ho detto dell’avere ragione ma in modo assolutamente provvisorio, si tratta poi di trovare l’elemento che possa poi essere inserito di fatto in un algoritmo e questo non può esserlo, è troppo vago, troppo impreciso, per cui si tratta che cosa è effettivamente irrinunciabile nel discorso paranoico, cioè quell’elemento che troviamo sempre necessariamente in questa struttura. Questo elemento lo dobbiamo trarre dai luoghi comuni del discorso paranoico, cioè quel luogo comune senza il quale non è più paranoia. Questo dobbiamo trovare.

Interventi vari.

Quanto avete detto è molto interessante. Ciò che fa paura, sì. In effetti, ciascuna struttura di discorso si pone come un rimedio. Che cosa spaventa? L’unica cosa che può spaventare è il linguaggio. La differenza fra ciascuna struttura di discorso può consistere in che cosa il linguaggio fa paura: per esempio, nel discorso paranoico è l’aspetto logico, cioè teme quale aspetto del linguaggio può distruggerlo, distruggere un’argomentazione. Questo nel discorso paranoico, nel discorso isterico no, se ne fa un baffo della logica. Quindi, potrebbero essere rimedi alla distruzione che il linguaggio opera rispetto a qualunque asserzione, sappiamo da molto tempo che il linguaggio può distruggere qualunque asserzione, perché è fatto così, può costruire e distruggere qualunque cosa.

Intervento:…

È vero quello che dice, però è il modo con cui fa questo che lo definisce, lo specifico è il modo con cui pone in atto tutto questo.

Intervento:…

La contraddizione è la maledizione del discorso paranoico, mai contraddirsi, un rigore che deve essere fino alla morte, piuttosto la morte.

Quello che più teme del linguaggio è questo aspetto, la logica, la teme e ne è al tempo stesso fortemente attratto. Questo potrebbe essere un primo mattoncino di una costruzione di algoritmi.

Intervento:…

Freud ha rilevato spesso la questione dell’omosessualità nelle fantasie paranoiche. Freud lo pone come timore perché contraddice qualcosa che per il discorso paranoico deve essere assolutamente saldo come qualunque altra cosa e siccome nel discorso occidentale la sessualità ha una portata non indifferente questo risulta molto rilevante.

Non so se porrei come fondante la questione dell’omosessualità come fondante del discorso paranoico, è un aspetto, potrebbe essere uno degli elementi che interviene necessariamente nel discorso paranoico. Come il discorso paranoico teme qualunque proposizione che contraddice ciò che crede, quindi anche questa.

Intervento:…

Nella paranoia più che dell’omosessualità patente si tratta della paura dell’omosessualità, il paranoico teme fortissimamente di passare per omosessuale al punto da fare, come accede, di fare la rappresentazione del macho, quello virile.

Intervento:…

L’omosessuale patente non è necessariamente paranoico, spesso è ossessivo.

Intervento:…

La questione può essere: come pone riparo al linguaggio? Questa forse può essere una direzione.