14-8-2003
Il dolore
Ci sono questioni?
Intervento: ci sono due questioni: “quando un elemento si dà nel discorso da quel momento esiste” tutto ciò che può avvenire è una variazione… nella struttura del linguaggio l’elemento si dà e non può togliersi
È questa la questione che lei si sta ponendo, adesso dice che certamente non può togliersi allora qual è la questione?
Intervento: al momento in cui si da funziona
Qual è la domanda?
Intervento: se l’elemento esiste e logicamente non può che essere così come può variare il modo di pensare?
Può benissimo, perché non dovrebbe? Il linguaggio l’ha costruito, l’ha posto all’interno della sua struttura, abbiamo detto che esiste e abbiamo detto anche perché esiste necessariamente e non può non esistere: perché altrimenti questo stesso elemento potrebbe esistere e non esistere e quindi sarebbe una formulazione paradossale per il linguaggio, logicamente, ora può modificarsi e può anche non essere utilizzato, utilizzato nella costruzione di giochi per esempio, questo non significa che non esista; per esempio il gioco del poker non utilizza il tornio, non per questo il tornio non esiste…
Intervento: nella lingua degli elementi che non si utilizzano più perché non entrano più a far parte del sistema linguistico non essendo più utilizzati…
Il fatto che non vengano utilizzati più non significa che non esistano…
Intervento: ma se non si utilizza quell’elemento come facciamo a dire che esiste? Si utilizza ed esiste al momento in cui si dice
Esiste nel senso che è utilizzabile, non che viene utilizzato: il linguaggio può utilizzarlo quando ritiene opportuno farlo ma il fatto che esiste cosa significa? Che è stato costruito dal linguaggio, il linguaggio lo ha posto come un elemento poi, che cosa ne faccia, questo logicamente è marginale, l’ha costruito e quindi c’è, fa parte della possibilità di utilizzo e abbiamo visto che non può negarne l’esistenza una volta che lo ha costruito, visto che l’esistenza non è altro che l’esistenza nel linguaggio, come se il linguaggio dicesse: questo elemento è nel linguaggio e poi dicesse questo elemento è fuori dal linguaggio, e per cessare di esistere occorre che sia fuori dal linguaggio, questo non lo può fare e pertanto non può cessare di esistere…
Intervento: l’elemento è utilizzabile, va bene, ma al momento in cui io non lo utilizzo come faccio a sapere che esiste?
Allo stesso modo in cui lei sa che esiste la sua automobile, lei sa che esiste lì fuori parcheggiata? Come fa a saperlo? Allo stesso modo in cui sa che la macchina è lì fuori, il linguaggio sa che esiste questo elemento e cioè utilizza un gioco linguistico, un gioco linguistico tale per cui così come lei sa che la sua macchina è parcheggiata lì fuori a meno che non gliela abbiano portata via, a meno che non gliela abbiano rubata, a meno che non siano venuti i marziani a trasformarla in un fagiolo, a meno che tutte queste cose delle quali l’ultima è la meno probabile, la macchina è sempre lì dove lei l’ha lasciata, questa non è la realtà delle cose, è soltanto un gioco linguistico, al di fuori di questo gioco affermare che la sua macchina è parcheggiata lì fuori non significa niente. E così allo stesso modo un elemento linguistico viene utilizzato all’interno di giochi linguistici e può essere utilizzato, infinite cose non vengono utilizzate nei giochi linguistici che si stanno facendo, anche in una giornata per esempio, ad esempio la lista in ordine alfabetico dei fiumi che percorrono l’Africa del nord…
Intervento:…
È come dire che quando lei non parla della sua automobile e non la vede l’automobile non esiste, e l’altra questione invece?
Intervento: l’altra questione discende da questa e cioè quando un elemento entra nella struttura da quel momento esiste
Esiste nel linguaggio e il discorso lo può utilizzare…
Intervento: è a disposizione
Sì, come il suo nome Cesare, può utilizzarlo quando lo ritiene più opportuno ma non per questo ce l’ha sempre in mente, sì così come una qualunque macchina può utilizzare delle cose secondo la funzione che si trova a svolgere…
Intervento: una questione che svia il discorso ad intendere il discorso nel suo farsi, nell’atto di parola, è per esempio come Freud proponeva l’inconscio fatto di elementi atemporali e indistruttibili
Affermare che l’inconscio esiste e che è atemporale ed esiste sempre sono tutte affermazioni assolutamente arbitrarie, la stessa nozione di inconscio è assolutamente arbitraria, mentre ciò che stiamo affermando intorno alle varie cose non è arbitrario, è necessario che sia…
Intervento: l’inconscio come è stato posto
Qualunque cosa, qualunque proposizione, qualunque affermazione esiste nel linguaggio certo, non è necessaria, affermare che mi piace accendermi una sigaretta è una proposizione che in quanto tale è situata nel linguaggio ma non è affatto necessaria, né che mi piaccia né che non mi piaccia, come la questione del corpo di cui dicevamo la volta scorsa, non è necessaria…
Intervento: la struttura è questa il corpo esiste di per sé al momento in cui può distinguersi ed è l’io che gli permette questa distinzione a quel punto esiste non è che è funzionale al discorso
È funzionale però il fatto che esista nel linguaggio…
Intervento: cioè non è più pensato funzionale certo che è funzionale ma non è più pensato funzionale in un certo gioco
No, dobbiamo intendere questo passaggio perché in effetti per gli umani il corpo è qualcosa che è assolutamente necessario, anzi, la cosa più reale, in fondo dicevamo la volta scorsa ciascuno è disponibile, è disposto a considerare che tutta la realtà sia un’illusione ma il suo mal di denti no, non è una costruzione, quello è reale, la cosa più reale che c’è…
Intervento: dio stesso ciascuno in cuor suo sa che non è reale
Intervento: le caratteristiche del corpo sono collegabili alla realtà perché come dicevano già Cartesio e compagnia bella si parla di estensione, di materia… più che il corpo in realtà è la sensazione…
Sì, ma senza corpo non c’è sensazione…
Intervento: ma allora perché si accetta che la realtà potrebbe essere illusione quando… retoricamente la realtà è estesa è tangibile come il corpo…
Nel luogo comune è il corpo che consente di percepire la realtà attraverso appunto le sue sensazioni, i cinque sensi in generale, attraverso questi percepisce una realtà che il luogo comune immagina esistente di per sé ovviamente, il passaggio è questo: se io la percepisco, se uno solo dei miei sensi la percepisce allora è reale, tutto ciò che il corpo percepisce è reale, retoricamente funziona così…
Intervento: la distinzione delle due sostanze serve a rafforzare il luogo comune
Se io sento il mal di denti questo mal di denti è reale, se io mi faccio passare il mal di denti anche questo è altrettanto reale…
Intervento: l’altra volta aveva detto su come sia più difficile eliminare un dolore che ci si è costruito, ho pensato eliminando un dolore di propria iniziativa retoricamente è come se si affermasse che è una costruzione mia ma se è una costruzione mia viene a cadere innanzi tutto l’assoluta verità del corpo… accorgendomi che il corpo in realtà è una costruzione viene a mancare l’assoluta verità dell’io…
Intervento: eppure è una fortificazione di questo io perché se io ho la facoltà di farmi venire un dolore ed eliminarlo
Intervento: però questa seconda operazione è un esercizio di potenza) in effetti in questo caso sarebbe una considerazione inevitabile che la realtà è costruita dall’io (però questo io vuole essere calato dentro…
Alcuni ci hanno anche pensato…
Intervento: ci sono persone che camminano sui carboni ardenti e non sentono male quindi riescono ad avere ragione del dolore…
Passare la soglia della sopportabilità del dolore, questo è possibile certo, ma che cos’è esattamente il dolore? Questa è una questione che forse dobbiamo considerare…
Intervento: di quale dolore parliamo?
Di qualunque cosa che ciascuno chiami tale, non importa che cos’è, però ciascuno sa distinguere in linea di massima il dolore da qualunque altra cosa…
Intervento: dolore fisico?
Sì certo, sto parlando del dolore fisico…
Intervento: anche se io non provo il mal di denti posso capire di cosa stiamo parlando, se io sono innamorata e provo dolore quel dolore lì probabilmente ognuno lo prova in maniera diversa
Sì, è possibile…
Intervento: io posso capire il suo mal di denti se io l’ho provato
Intervento: quando parli utilizzi il mal di denti anche se non lo hai mai provato
Sì questa è una questione abbastanza semplice in effetti, Cesare per esempio non ha mai provato il dolore del parto quindi può cercare, se vuole, immaginare che cosa si provi, qualcosa che vagamente possa ricordare una cosa del genere ma in quanto tale, di fatto, non sa che cosa sia né lo saprà mai. Ma il dolore, il dolore fisico di che cosa è fatto? Certo è qualche cosa che l’organismo rileva, una differenza, una differenza che però potremmo dire in accezione più banale del termine una qualunque cosa che l’organismo rileva e che avverte come una minaccia della sua integrità, una pressione forte è una minaccia, per esempio, fino ad un certo punto posso reggerla, dopo il corpo comincia a sfiancarsi, un urto, stessa cosa, sono tanti gli elementi che intervengono ma c’è un punto che in cui questa macchina avverte una minaccia per la sua integrità, qualunque cosa sia a questo punto si chiama dolore, quindi una minaccia, qualcosa che minaccia l’integrità, minaccia in definitiva, potremmo dire per usare questi termini un po’ macchinistici, il corretto funzionamento della macchina…
Intervento: per il software, per ciò per cui è programmato
Ora, se questa macchina si rompe che succede? Nulla, in un certo senso, e invece succedono molte altre cose in un altro senso. per potere avere paura, per esempio, è necessario che io sappia in che cosa incorro, necessariamente, esempio la minaccia di un’amputazione, perché questo mi crea dei problemi? Perché da quel momento in poi non potrò camminare, non potrò fare delle cose che mi piace fare per esempio, per dirne una, ma perché so tutte queste cose, però c’è qualche cosa in più nel dolore che ci sfugge, e sfugge agli umani in generale. Perché se uno prova dolore cerca di trovare la via per farlo cessare? E non ditemi perché mi fa male perché siamo punto e a capo, però è quello che accade. Sì c’è qualche cosa in più e cioè un sapere, c’è l’eventualità che per provare dolore occorre che io sappia quello che sta succedendo, ma rimane la domanda: perché se provo dolore cerco di evitarlo, o quanto meno di eliminarlo questo dolore, perché? Perché non me lo tengo tranquillamente? E qui non si tratta di resistere al dolore, la questione è un’altra, il corpo avverte questa sensazione che appare spiacevole e cerca di evitarla così come quando metto la mano su qualcosa che scotta appare che istintivamente, come suole dirsi, io allontani la mano dalla fonte di calore…
Intervento: anche la sofferenza psichica
Forse…
Intervento: per lo meno si descrive così si vuole allontanarla la sofferenza
Ci manca qualcosa di fondamentale: perché tolgo la mano se scotta, è un riflesso condizionato? Forse, forse ma se anche fosse un riflesso condizionato, condizionato da che? Certo si può fare tutto il discorso fisiologico, a una stimolazione eccessiva i nervi reagiscono in un certo modo etc. però potrebbe non essere sufficiente, sappiamo che perché ci sia dolore occorre che ci sia percezione, quella che gli antichi chiamavano estesia, e da qui l’estetica. Ma perché ci sia percezione che cosa occorre? Un percipiens intanto, e cioè occorre la possibilità di provare sensazioni, queste sensazioni abbiamo individuato che sono possibili a condizione che il linguaggio abbia individuato un discorso e che questo discorso sia individuato e individuabile, e che possa individuarsi rispetto a qualunque altro, allora attribuisce questa sensazione cioè quella differenza a sé, in caso contrario non lo può fare, in questo caso il corpo sente qualche cosa? Sì certo che sente, io gli sto attribuendo questo, esattamente così come il bicchiere che si infrange. È che logicamente verrebbe da pensare che per provare dolore fisico, adesso distinguiamo, utilizziamo il dolore fisico perché nel luogo comune è quello più facilmente individuabile una martellata sul dito chiunque è disposto ad affermare che faccia male, dicevo che logicamente appare che il dolore fisico sia avvertibile a condizione che esista un corpo che lo percepisca, ma perché esista un corpo è necessario che il discorso possa individuarsi rispetto a qualunque altro e quindi attribuire a sé, e pertanto a questo corpo, una individuazione, tant’è che io dico “mi fa male” e non, se qualcosa mi duole, “non mi fa male” o “vi fa male”, cioè lo attribuisco a me, al mio corpo, ma se non potessi individuare questo corpo io soffrirei? La questione è che non posso pormi la domanda, e pertanto non posso dare nessuna risposta, è una sorta di non senso, oppure di nuovo, posso dire che soffrirei ma a questo punto posso dire che soffre la sigaretta quando l’accendo e ne ha un sollievo quando la spengo, come dire che perché ci sia dolore occorre che esista un corpo che lo supporti, ma perché esista questo corpo occorre che il linguaggio abbia individuato un io e quindi costruito un discorso che possa distinguersi da qualunque altra cosa. Logicamente appare così, certo è arduo per il luogo comune seguire una cosa del genere, però per il momento vediamo di rendere le questioni intanto più chiare per noi, più sarà chiara per noi più sarà facile mostrarla ad altri. Retoricamente è arduo sostenere una cosa del genere, nel senso che renderla tale da persuadere altri non è semplicissimo, però mano a mano lo faremo, ché in fondo tutto poggia su una cosa del genere, il luogo comune afferma “io ho un corpo”, ciò che noi stiamo considerando è che invece io ho un corpo se esiste il linguaggio, se no, no. E non ha nessuna importanza che logicamente un uditorio sappia obiettare qualcosa, ché si trincera di fronte al fatto che il corpo sente lo stesso. Punto e basta, non c’è nessuna argomentazione è esattamente così come avviene per una credenza di un fervente integralista, non ha nessuna argomentazione, è così e basta: deus vult. Il dolore è una delle questioni più ardue perché è una delle questioni più reali, è il famoso mal di denti. Cosa c’è di più reale di un mal di denti, di un mal di pancia? Ma perché questa differenza, questa variazione di stato risulta così intollerabile, insostenibile, per una questione fisica? A questo punto ho qualche perplessità che sia solo questo, certo il corpo è una macchina che percepisce una variazione di stato, di qualunque genere sia, il corpo rileva delle variazioni certo, è fatto anche per questo, quando tale variazione supera una certa soglia viene chiamata dolore e allora si cerca di allontanarsene, ma solo perché minaccia l’integrità del suddetto aggeggio? Forse c’è qualche cos’altro, tenuto conto di ciò che abbiamo elaborato fino ad oggi, l’unica cosa che il discorso teme, può temere, è la sua cessazione, la cessazione del discorso non è altro che l’idea della morte, cioè la fine del discorso, il dolore ha a che fare con una cosa del genere? Può darsi però…
Intervento: il dolore è legato tantissimo con l’idea della morte…
È possibile, per il momento è solo una possibilità, logicamente sì, c’è questo spiraglio, però…
Intervento: nel discorso comune queste due idee sono intimamente connesse
Sì ma il mal di denti ha a che fare con la cessazione del discorso? No, nel luogo comune no, anzi fa urlare tantissimo, imprecare…
Intervento:…
In effetti funziona così, tutto il corpo è provvisto di sensori che avvertono immediatamente o quasi una variazione di stato, una variazione di temperatura per esempio…
Intervento:…
Sì però una martellata sul dito non procura la morte, so benissimo che provo solo dolore. C’è una antica cosa che forse può darci una direzione, forse, una connessione con l’erotismo, a questo punto è ovvio che dovremmo cominciare a precisare la nozione di erotismo, cosa che non abbiamo mai fatta, l’abbiamo sempre data così, per buona, mai dare le cose per buone… è complessa la questione. In realtà queste variazioni di stato potrebbero essere né dolorose né piacevoli, potrebbero essere assolutamente niente, semplicemente viene rilevata una variazione di stato, va bene, e allora? Come un termometro che segna trentanove gradi sopra lo zero oppure venti gradi sotto lo zero, poco gliene cale del resto, segna. Il linguaggio consente la produzione del discorso, il discorso per funzionare deve potere distinguersi da tutti gli altri e quindi stabilisce un io, e quindi un corpo che non è nient’altro che la somma di tutti quegli elementi che questo discorso può attribuire a sé, a questo punto che ne è di qualunque variazione di stato che questo discorso avverte? Avverte attraverso il corpo che ha costruito, del quale consente l’esistenza, ma che ne fa? Può farne qualunque cosa ovviamente…
Intervento: il corpo per non morire e quindi per continuare a dire deve costruire dei corpi, forse in questo senso lei sta parlando di erotismo?
No, l’accostavo di più alla percezione del dolore…
Intervento:…
Sì è un’antichissima questione questa della percezione, del fatto che qualunque cosa il corpo percepisca in qualche modo… qui forse occorre creare un’accezione un po’ diversa di erotismo, anche se per il momento non c’è un migliore termine da utilizzare. L’eros, cioè qualcosa che serve a costruire, costruire proposizioni in definitiva. Che se ne fa il discorso di questa percezione che chiama dolore? Ci sfugge qualcosa, qualcosa di essenziale. Ché è vero è il corpo che percepisce ma il corpo non è altro che funzione del discorso, è il discorso che utilizza queste percezioni, che ne fa qualcosa, il corpo fa niente. Dicevo che è un’antichissima questione, perché la distinzione eros/thanatos e amore/morte è vecchia quanto l’uomo, l’eros aggrega, la morte disgrega, decompone, mentre l’amore compone, proprio come nella mitologia più antica, come se stessi dicendo che il dolore è funzionale in qualche modo al discorso. In che modo sia funzionale ancora non ve lo so dire, però l’idea grosso modo è questa, che sia funzione del discorso cioè che sia utilizzabile dal discorso e per questo motivo esista. Per il momento non possiamo dire di più, ci dobbiamo pensare, stiamo affrontando questioni che nessuno ha mai affrontate da che mondo è mondo, però meritano di essere affrontate. D’altra parte una qualunque differenza viene percepita dal discorso, senza discorso non c’è nessuna differenza…
Intervento:…
Sì è una posizione molto forte logicamente, tanto più forte perché utilizza come unico criterio lo stesso linguaggio che consente di fare queste considerazioni. Dunque torno a dirvi che c’è l’eventualità che il dolore sia tale, esista perché funzionale al discorso, ma come? Potremmo anche aggiungere che molti questo dolore fisico se lo procurano, un sacco di volte, non sempre però a volte sì, pensate al lapsus per esempio, uno inciampa e si rompe il braccio, c’era un gradino, era lì e l’aveva anche visto, perché ci è andato contro? Anche questo è uno dei luoghi comuni più antichi, ché a volte gli umani si procurano del male da sé senza che altri provvedano, altre volte invece no sono altri. Certo non è una legge, è ovvio, però potrebbe portarci a intendere qualcosa, anche se è evidente che in alcuni casi non è affatto così. La famosa tegola che mi casca sulla testa che io non vedo, risulta arduo attribuirmi la responsabilità di una cosa del genere, ma in altri casi sì. Potrebbe esserci utile per intendere quale è la funzione del dolore, che sia provocato dal discorso stesso oppure subito. Ciò che sto affermando in qualche modo è questo: lo avverto quindi è funzionale al discorso. Ma come? È sicuramente una sensazione, questo è fuori dubbio, qualcosa che sento…
Intervento: e non voglio più sentire in linea di massima
Certo, anche questo è importante…
Intervento: siamo partiti da lì
E sempre lì siamo rimasti, come se sentissi qualcosa di eccessivo…
Intervento: perché il corpo ha una fine?
Possiamo sostenerlo solo per induzione, cioè abbiamo verificato che è sempre accaduto così…
Intervento: diciamo che c’è un deterioramento del corpo anche questo possiamo dirlo… perché è stato posto un corpo che abbia una fine? Che sia soggetto a corruzione?
Buona domanda, anche se tali uni immaginano che dopo la morte questo corpo risorga e meglio di prima… ma il discorso che cosa costruisce? Delle proposizioni ovviamente, e cerca di costruirle vere, che significa che in qualche modo debbono essere verificabili, la mortalità degli umani è inserita all’interno di un gioco linguistico, potremmo anche individuare quale, però la sua è una buona domanda, sì come se quasi non avesse potuto fare altrimenti…
Intervento: la procreazione… il dolore un avvertimento che le cose non stanno andando nella maniera giusta… allora io mi domandavo noi fumiamo tutti lo sappiamo che fa male ma non ci fa male accenderci una sigaretta… lo condividiamo il discorso che faccia male ma visto che non lo proviamo come sensazione non lo rifiutiamo a priori mentre invece se tu ti bruci con la sigaretta la percezione è immediata quindi il discorso è quello che cade sotto i sensi un altro è quello che sotto i sensi non cade
Certo, questo è fondamentale, di fatti è tutto ciò che questo discorso può attribuire a se stesso e quindi all’io e quindi a ciò che chiama corpo che è immediatamente vero…
Intervento: è un saper comune che la sigaretta faccia male
È una superstizione…
Intervento: è un sapere comune però se tu non hai quella sensazione fisica difficilmente riesci a staccartene, in realtà a farne a meno
C’è una sola cosa che uccide sempre, necessariamente, è la vita, è la sola cosa che porta alla morte sicuramente, ma non per questo ciascuno se la leva. La questione è complicata, non so se riusciremo a risolverla entro settembre, è molto complessa. Siamo in procinto di mutare radicalmente tutto ciò che gli umani hanno sempre pensato intorno alla vita, alla morte, in definitiva la loro esistenza. La questione è che se lo faremo, lo faremo in termini assolutamente logici, cioè necessari…
Intervento: qualcuno può immaginare la sua morte?
Sì, può immaginarla, può dirla, può costruire delle proposizione che agganciano la morte, può agganciare tutte le proposizioni che vuole, e finché le aggancia è sicuro che vive, cioè che il discorso sta proseguendo…
Intervento: uno può immaginare la propria morte solo vivendo
È come dire che solo parlando può immaginare l’assenza di linguaggio…
Intervento: è come pensare al nulla
Esatto, così è.