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14-7-2010

 

Dicevamo della fantasia, ma come si costruisce? È una questione importante, abbiamo considerato che gli umani ne sono pilotati e per tutta la loro esistenza sono costretti a reperire e confermare quella che abbiamo chiamata fantasia originaria, come fantasia abbiamo inteso questo: una qualunque sequenza argomentativa che si ritenga fondata e garantita da qualcosa che sia fuori dal linguaggio, cioè che anziché essere costruita da istruzioni sia garantita da un quid che sarebbe fuori dal linguaggio. Questo ci consente di riflettere meglio sulla questione della fantasia non soltanto per quanto riguarda la clinica ma anche per quanto riguarda la teoria del linguaggio. Dunque il linguaggio in quanto sequenza di istruzioni costruisce delle sequenze di proposizioni, queste proposizioni che vengono costruite, essendo state costruite dal linguaggio che è il fondamento, dalla logica ovviamente, mantengono la stessa struttura e quindi che cosa deve fare questa sequenza di proposizioni? Ciò che le istruzioni la istruiscono a fare, e cioè affermare o meglio costruire un elemento e affermarlo in quanto tale. Il linguaggio fa questo: costruisce un elemento e lo afferma in quanto tale, non è un granché ma questo fa, non è un granché ma chiaramente può inserire una quantità notevole di variabili e quindi costruire discorsi anche molto complessi ed elaborati, come questo che stiamo facendo ad esempio. Ciò che abbiamo inteso ultimamente, proprio negli ultimi due incontri, è che questa sequenza di istruzioni di fatto non costruisce nient’altro che una identità, una tautologia, dice “questo è questo” e una volta stabilito lo riconosce anzi deve riconoscerlo, come se il riconoscimento della tautologia e il suo stabilirsi coincidessero in un certo senso, stabilendola la riconosce, se no non potrebbe neanche sapere di averla stabilita, riconoscendola la stabilisce. Ci è parso che di fatto il linguaggio non faccia nient’altro che questo, un po’ come fanno anche le macchine d’altra parte, che semplicemente devono riconoscere, chiamiamola così “una porta aperta” e scartare quelle chiuse, qui però è più complicato, il linguaggio non scarta quelle chiuse, semplicemente non ci sono, è un passo al di qua, dopo, una volta che ha costruito sequenze di proposizioni allora queste sequenze potranno scartare delle cose, sempre attenendosi naturalmente alla struttura che l’ha costruita, però la struttura che le costruisce semplicemente stabilisce qualche cosa. Dire che stabilisce è ancora inopportuno perché non c’è ancora niente da stabilire, semplicemente pone qualcosa, lo pone e lo riconosce come tale, una volta che ha fatta questa operazione la sequenza che ha costruita è una sequenza che ha la capacità di riconoscere se stessa e riconoscendo se stessa, a questo punto, può costruire altre sequenze nel senso che l’inferenza di base è quella che dice che se A allora A, ma la A non è altro che una variabile che può essere sostituita da qualunque cosa, indica soltanto una struttura, questa struttura è quella che si ripete ma che cosa sia, in che cosa consista la A è assolutamente indifferente. Il linguaggio dunque fa quello che deve fare, come il codice genetico, ma che cosa fa? Prende un elemento qualunque, nel momento in cui qualcuno lo impone questo linguaggio e cioè “insegna” tra virgolette a parlare, intervengono degli elementi, sappiamo che da quel momento in cui qualcosa incomincia a porsi come linguaggio le cose incominciano a esistere, letteralmente, e incominciando a esistere ci sono, ed essendoci possono essere considerate, cioè il linguaggio può utilizzarle per costruire altre sequenze. Quando qualcuno indica a Pierino “questo è questo” immette un comando, questo comando produce una sequenza, questa sequenza consente a Pierino di avere qualche cosa su cui incominciare a lavorare, su cui il linguaggio può incominciare a lavorare. La cosa più importante in tutto ciò e forse più interessante è che questa prima sequenza si configura in un modo assolutamente casuale, può essere qualunque cosa il primo “questo è questo”. Che qualcuno indichi “questo è questo” indicando un posacenere, di per sé non è così determinante se non fosse che mostra in quel momento come funzionano le cose. Il linguaggio ha la necessità di trovare l’identità per potere funzionare, ma il modo in cui si configura questa prima identità, questa prima tautologia, è assolutamente casuale, quando si configura? Probabilmente nel momento in cui avviene un riconoscimento e cioè effettivamente il linguaggio reperisce, non soltanto stabilisce l’identità ma la riconosce e qui ci troviamo nella condizione in cui ci troviamo quando il linguaggio si installa e vale a dire che è qualcuno non il Pierino in questione che certifica il riconoscimento, qualcun altro che dice “sì, è così”. Nel momento in cui avviene il riconoscimento a questo punto il discorso utilizza questo riconoscimento come modello, modulo da utilizzare per qualunque riconoscimento, come modello, ciò che consentirà di applicarlo a qualunque altra cosa, la questione è come avviene questo primo riconoscimento? Dicevo prima che quasi sicuramente è del tutto causale, in base a cose che possono accadere o possono essere dette in quel momento, ancora totalmente indifferenti e indifferenziate, finché non vengono riconosciute e cioè non si riconosce l’identità e quindi l’esistenza non significano niente ovviamente. Nel momento in cui il Pierino in questione fa una qualunque cosa, e questa cosa viene riconosciuta, allora ha la possibilità di identificarsi letteralmente sia in quanto identità, sia in quanto elemento che viene riconosciuto. Questo modello dice semplicemente che una cosa, una qualunque cosa deve venire riconosciuta per esistere, così come è avvenuto nel primo riconoscimento, e sappiamo che c’è anche questa sorta di maledizione che attanaglia gli umani, per cui deve essere qualcun altro a operare questa cosa, ma è necessario che ci sia qualcun altro? Per gli umani sembra di sì, però che tecnicamente sia necessario sempre questo è un altro discorso, forse no, ma a noi interessa come funziona per gli umani, per il momento non siamo interessati a costruire macchine pensanti …

Intervento: …

Non è che la influisce ma la determina. Questo modello è quel modello che ciascuno utilizza come riferimento per stabilire l’identità e quindi l’esistenza, cioè come un modello di identificazione di qualunque cosa, compreso se stesso, una volta che qualcosa è identificata allora esiste, identificata nell’accezione che indicavo e cioè mostra e viene riconosciuta come l’identità di una tautologia cioè “questo è questo”. Una cosa del genere per quanto astratta possa apparire ha degli effetti devastanti sul genere umano, da quando è esistito e finché esisterà perché è questo il motivo per cui gli umani, come ciascuno può verificare con estrema facilità, in tutto il corso della loro esistenza non fanno nient’altro che affermare qualcosa, affermarlo e farlo riconoscere, ecco perché hanno bisogno di imporre la propria verità sull’altro, deve essere riconosciuta perché così come ha incominciato a esistere grazie al riconoscimento di identità allo stesso, modo essendo un modello immutabile, identico a sé anche lui, deve essere riconosciuto da qualcuno e da qui la necessità che altri, tutti se è possibile, se non è possibile almeno qualcuno, lo riconosca, riconosca quindi la mia ragione, il mio valore, riconosca la mia esistenza, qualunque cosa non ha importanza, ma ciò che abbiamo detto prima è il motivo e anche la condizione per cui gli umani fanno questo per tutta la loro esistenza, da sempre, da quando esistono non hanno fatto nient’altro che continuare ad affermare una verità, e fare di tutto perché possa essere riconosciuta perché solo attraverso questo riconoscimento, questa identificazione esiste cioè è vera, se non c’è questo riconoscimento già dalla prima tautologia, questa tautologia non viene identificata, non essendo identificata non può essere utilizzata dal sistema operativo cioè dal linguaggio per costruire altre proposizioni, il sistema rischia di bloccarsi. Ma il linguaggio non si blocca, il discorso sì eventualmente, provvisoriamente cercando altre vie, il linguaggio no e non si blocca per il semplice fatto che non è prevista la possibilità di bloccarsi, non c’è, così come non c’è la negazione, non c’è il paradosso, non c’è niente, c’è soltanto una “affermazione”, la metto tra virgolette perché non è neanche un’affermazione di fatto, c’è il porre una cosa e identificarla nella doppia accezione di riconoscerla come tale e renderla identica a sé, cioè riconoscerla identica a sé. Il linguaggio pare abbia solo queste due istruzioni, che sono riconducibili a una sola. Dicevo che le conseguenze di una cosa del genere, le implicazioni sono notevoli anche per quanto riguarda la clinica, ciascuno può, come ho detto prima, verificare con una certa facilità parlando con chiunque che questa persona, non farà, non ha mai fatto altro che questo e cioè continuare ad affermare la stessa cosa all’infinito, può esserci una lieve modificazione ma questo è irrilevante, se ne scambia una al posto di un’altra, comunque sarà quella, quella importante. Avviene un po’come quando si cambia una donna, dove prima è quella importante, ma in seguito sarà la successiva quella importante. Ho fatto questo esempio perché è più semplice da intendere, l’ultima è sempre quella più importante, fino alla successiva naturalmente, e così funziona la verità perché la struttura è esattamente la stessa, è la struttura che non cambia, cioè questo modello che viene utilizzato dal discorso per compiere la sua operazione che è quella che è costretto a fare dal linguaggio, che è quello che gli fornisce le istruzioni …

Intervento: …

Certo, il presidente del consiglio di Daniela afferma di essere il migliore presidente del consiglio che sia mai esistito, però questa verità non viene confermata da tutti, è ovvio che ciò che ciascuno afferma non è necessariamente accolto da tutti, l’importante è che ci siano almeno alcuni che la accolgano. Per il discorso l’ideale sarebbe che tutti la confermassero in modo che non ci sia la possibilità che questa conferma venga a mancare, perché se viene a mancare la conferma è un problema perché non è più utilizzabile dal discorso, o molto malamente, comunque non fornisce più in ogni caso al discorso quell’elemento su cui costruire altre proposizioni, cioè proseguire …

Intervento: …

Si tratta solo di un’istruzione, un’istruzione molto semplice e il resto è tutto ciò che questa istruzione produce, e ciò che è prodotto da questa istruzione mantiene ovviamente questa istruzione, come nel codice genetico, le istruzioni fondamentali, indipendentemente da ciò che il codice genetico costruisce, permangono sempre, non sono alterate e tutto ciò ci induce a considerare meglio e di più il funzionamento di questa strana cosa che continuiamo a chiamare linguaggio. Un funzionamento effettivamente curioso, in base a questa istruzione tutto ciò che accade continuerà a ripetersi, qualunque cosa sia, parte con questa istruzione e questa continua a produrre ininterrottamente una sequenza che è identica a sé e che si identifica in quanto identica a sé, tutto il resto non la riguarda. Dicevamo che nel linguaggio non c’è nessuna negazione, non esiste, così come nel poker non esistono altre carte, non ci sono, non sono previste dal gioco. La questione interessante è come accade che si passi da questa totale assenza di negazione, di paradosso, a un discorso che invece prevede una cosa del genere, il discorso prevede la negazione, il paradosso, la contraddizione, l’antinomia, l’antonimia etc., come fa questa istruzione a costruire una negazione? Sappiamo che costruisce una sequenza di proposizioni che chiamiamo gioco linguistico in base a un’unica necessità, e cioè a mantenere un’identità, questa è l’unica necessità che ha il discorso, il linguaggio no, non deve mantenere l’identità perché è semplicemente un’istruzione, il discorso invece la deve mantenere, perché è istruito per questo, deve mantenere l’identità, come se, adesso diciamola così poi preciseremo mano a mano che andiamo avanti, come se dovesse difenderla e com’è che trova elementi che possano falsificarla? È semplice, a fronte di altri discorsi che cercano di imporre altre tautologia, come si mantiene questa identità? Tutto ciò che mette in discussione, mette in difficoltà o minaccia l’identità cioè la tautologia, deve essere eliminato, come accade, in un modo o nell’altro quindi la cosa fondamentale per gli umani è mantenere e continuare a identificare questa tautologia e per continuare a mantenerla occorre difenderla da altri discorsi. Non sto parlando di persone adesso, ma di discorsi. Ciò che abbiamo appena detto rende conto anche del motivo per cui, come dicevamo mercoledì scorso, ciò che importa per qualcuno è avere qualcosa da difendere, qualcosa da proteggere, a seconda poi degli infiniti altri giochi linguistici che intervengono …

Intervento: ciascuno deve difendere la tautologia che ha dato l’avvio al suo discorso, per cui il presidente di Daniela deve cercare di imporre la sua verità ma anche colui che è contro al presidente di Daniela cosa fa? Compie la stessa operazione cioè anche per lui funziona la conferma della tautologia che ha dato l’avvio al suo discorso …

Dovendo difendere delle tautologie è attratto da tutte le situazioni che gli permettono, gli consentono di sostenere, convalidare, confortare, supportare le cose in cui crede, cioè le sue fantasie, quindi la tautologia che fonda il suo discorso, per questo motivo, per esempio, una ideologia che pone un qualche cosa da difendere contro qualcuno sicuramente ha successo, ha successo perché consente alle persone di mettere in atto esattamente ciò che descrivevo prima e cioè una difesa di una propria tautologia, a quel punto questa ideologia viene fatta coincidere, adesso usiamo dei termini un po’ generici, fatta collimare con la propria fantasia e da quel momento deve essere difesa strenuamente, non solo, ma è l’unica verità, difesa contro tutto e contro tutti ed è anche il motivo per cui se si impongono una quantità enorme di divieti, questi vengono accolti tranne in un caso che dopo vi spiegherò, vengono accolti perché forniscono a ciascuno l’occasione di difendere qualcosa contro qualcuno e cioè di mettersi nella posizione di chi difende la legalità, per esempio, contro tutti coloro che la vogliono mettere in discussione, e quindi imporre una quantità sterminata di divieti significa offrire alle persone una quantità enorme di occasioni in cui potere attaccare altri sentendosi garantiti da una verità, e quindi ripetendo all’infinito il gioco che ha consentito di incominciare a parlare. L’unico caso in cui, dicevo prima, questo non si verifica è quando questi divieti vengono imposti da qualcuno o da qualcosa che va contro un’altra fantasia cioè un’altra certezza assoluta, così come può accadere ed è accaduto per esempio nel ‘68, allora c’era una certezza assoluta che la rivoluzione si sarebbe attuata, che si sarebbe potuto sovvertire tutto quanto e questa idea aveva collimato con il modello originario e quindi a quel punto diventa ciò che deve essere difeso, imposto su tutti. È esattamente sempre lo stesso modo, cioè la mia verità deve essere riconosciuta e quindi deve essere imposta su tutti necessariamente, non può essere altrimenti, è il discorso che impone questo per via del fatto che il linguaggio l’ha costruito così, non c’è nessun altro modo …

Intervento: quindi non c’è nessuna via di uscita …

Apparentemente no, ma ripetere all’infinito la propria fantasia può, deve condurre a un’operazione particolare e vale a dire al praticare, all’agire questa ripetizione anziché subirla, attraverso una forma particolare di ripetizione che potremmo indicare come discorso teoretico, vale a dire una ripetizione che sa di se stessa, che sa che non può non farlo e che pone in atto, pone in essere continuamente, perché, torno a dire, non può non farlo, al solo scopo di proseguire a intendere il funzionamento di ciò che mette in atto tale infinita ripetizione. Non si possono modificare le istruzioni perché sono queste istruzioni che costruiscono il discorso. La difficoltà cui abbiamo accennato molte volte è che questa tautologia si costruisce come una fantasia e cioè qualche cosa che continua a ripetere se stessa immaginando di essere garantita da qualche cosa che non è linguaggio, è in assoluto la cosa più potente che esista, non ce ne sono altre così potenti perché è ciò che consente agli umani di esistere …

Intervento: …

Sì, questa identità, questa tautologia è ciò che ha dato l’avvio al discorso e quindi continua a mantenersi e a costituire il pilastro su cui tutto si è costruito, è ciò che garantisce dell’esistenza di ogni cosa …

Intervento: …

Scardinarlo nella fantasia comune è la morte. Ma così non è evidentemente, l’unica via è il discorso teoretico, non ce n’è altre, per questo già da tempo l’abbiamo indicata come l’unica via, e adesso sappiamo esattamente perché non c’è altra soluzione, l’alternativa è girare a vuoto, all’infinito. Provate, quando siete con le persone, provate ad ascoltare il loro discorso, non potrete non accorgervi immediatamente che continuano a ripetere all’infinito la stessa cosa, non le stesse cose ma la stessa cosa, con l’esigenza di porvela, in un modo o nell’altro, a seconda dei modi, dei termini e dei mezzi, e domandatevi “stanno facendo altro?” se sì, che cosa? Ciò che abbiamo aggiunto questa sera forse rende le cose ancora un po’ differenti, forse, ma ci rifletteremo ancora …

Intervento:  …

Per esempio l’intenzione di proseguire a elaborare queste cose, per fare questo devo essere in certe condizioni, perché queste condizioni ci siano devo essere vivo e quindi devo accogliere tutti questi giochi che so di avere accolti in assoluta responsabilità, è una questione appena accennata adesso, ma credo che possa avere degli sbocchi notevoli per intendere molto meglio e molto più rapidamente anche altre questioni, questioni che possono apparire complesse …

Intervento: ci sono degli effetti?

Sì, il primo è che tutta la psicanalisi che ci ha preceduti viene cancellata come se non fosse mai esistita, pur restando che alcuni, come Freud per esempio, hanno colto degli aspetti clinici che rimangono interessanti circa la forma che prendono le fantasie, queste strane cose di cui gli umani vivono: fantasie vale a dire sequenze di argomentazioni che si suppongono fondate su qualche cosa che non è linguaggio.