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14-3-2007

 

 

Freud e dopo di lui altri come Lacan, lo stesso Verdiglione, hanno posto l’accento sulle parole dando però a queste singole parole un senso che non è così automatico che abbiano, io ho rilevato per esempio che lei ha detto due volte no per dire quanto fosse interessante la conferenza di Beatrice, questo avrebbe potuto autorizzarmi a sospettare di tanto interesse, è stata interessante? No, no, lei dice, come dire che in questo caso io do a questo no che lei ha detto un significato particolare, una volta che ho dato questo significato particolare che per esempio si adatta ad una certa teoria che ho costruita viene a confermare la teoria suddetta e cioè che una persona dice senza volere ciò che in realtà vorrebbe dire per esempio, questo è un modo per cui verrebbe verificato ciò che io ho costruito teoricamente e vale a dire che lei ha detto senza volere quello che realmente avrebbe voluto dire cioè che di fatto non aveva nessun interesse. Questa interpretazione che senso ha? Quello che io gli voglio dare ovviamente, ma è ovvio che non posso in nessun modo dimostrare una cosa del genere, anche perché lei giustamente potrebbe chiedermi conto del perché ho interpretato in questo modo anziché in un altro, per esempio potrebbe dirmi che avendo usato due volte il no, ha usato una doppia negazione e come tale si elide, per esempio, anche questo è un modo oppure che questo no veniva riferito a un discorso precedente e non all’affermazione che riguardava l’interesse circa la conferenza di Beatrice, può dire tutto quello che vuole ovviamente…

Intervento:…

Non si preoccupi, era solo un esempio di come funziona una teoria e come sia facile trovare conferma a qualunque teoria. Dicevo ieri sera come anche qualunque obiezione che viene rivolta alla psicanalisi venga inglobata in una resistenza alla psicanalisi. E così per esempio un lacaniano darebbe un’interpretazione differente da quella che darebbe uno junghiano, o un reichiano o da un bioniano o un adleriano…

Intervento: parlavo con la mia amica… loro sono già venuti due o tre volte… non riuscivano a dare una collocazione pratica alle cose che avevano sentito sul linguaggio come sistema operativo… c’è un modo per trasmettere quello che diciamo in un modo concreto e pratico?

Intervento: a cosa serve parlare della necessità e quindi della funzione della verità all’interno di un sistema si acquisisce proprio facendo lavorare il proprio discorso e finalmente sbarazzare volta per volta il proprio discorso di ciò che io mi trova a dare per acquisito, per scontato, significa fare analisi, farlo il percorso perché detta così è come dire c’è dio che esiste, bisogna che le persone se vogliono comincino a riflettere sul loro pensiero e su come funziona il loro pensiero…

Intervento: loro dicevano: “va bene, e quindi?”

Intervento:  invitarli ai corsi qui in Associazione per aggiungere qualche elemento… perché se no le persone si chiedono che utilità ha questa cosa? ha un’utilità estrema quella di poter mettere in gioco le proprie idee, le proprie superstizioni…

Intervento: per esempio si poneva una questione molto interessante di cui abbiamo parlato anche qui, il signore anziano ad un certo momento ha denunciato i limiti del linguaggio dicendo come Heidegger non sia riuscito a trovare le parole per “dirlo” per portare avanti la sua opera, il linguaggio inadeguato, incompleto… il suo discorso non bastava per concludere delle questioni che erano lì ma che non sapeva dire, è ovvio parlare di linguaggio inadeguato… noi per dire quello che stiamo dicendo la necessità del pensiero abbiamo dovuto costruirla punto per punto sempre partendo dalla costrizione logica, abbiamo costruito tutti i passaggi, dieci anni fa non riuscivamo a dire ciò che stiamo dicendo adesso e che diventa sempre più semplice, semplice vuol dire inserire tutti quei passaggi che prima non esistevano ma li abbiamo costruiti pezzo, per pezzo partendo dalla necessità logica che nulla può essere fuori da una struttura linguistica… questa cosa non è una cosa che si trova per strada, va bene l’ho trovata! La sedia di cui parlava Wittgenstein diceva “come faccio a sapere che quando io sono in piedi la sedia non scompare? Come faccio a saperlo?” sono le regole del linguaggio perché un sistema le ha costruite così… per costruire la sedia, questa costruzione linguistica, l’umano ha dovuto farsi venire in mente che forse se si sedeva su qualcosa era meglio, ha cominciato a pensare una soluzione e fra tante prova e riprova oggi abbiamo la sedia, ma questo è avvenuto tramite passaggi inferenziali, non è che hanno trovato una sedia “benissimo” e gli umani si sono seduti no, quella sedia che noi utilizziamo è una costruzione, un atto linguistico cioè linguaggio al pari di qualsiasi cosa. Solo che noi per utilizzare la sedia non rifacciamo tutti i passaggi per costruire una sedia, ce l’abbiamo e l’utilizziamo, come? Parlando…

Questa domanda “a che cosa serve?” è una bizzarra domanda in effetti e verrebbe da dire, poi non lo si fa per una serie di buoni motivi, che in realtà non serve, cioè non è serva di nessuno, gli umani sono abituati ad essere servi di qualcuno per cui non possono né riescono a concepire una condizione in cui non siano servi di qualcuno, cioè non servano a qualcosa o a qualcuno, mentre il pensiero non ha un padrone al quale obbedire, al quale rendere conto, per cui letteralmente non serve, non avendo padroni non serve a nessuno. Però possiamo mostrare che ciò che di fatto sono degli effetti collaterali costituiscano invece l’obiettivo, cioè cessare di avere paura, cessare di avere bisogno di stare male, di credere cose che non stanno né in cielo né in terra, sono effetti collaterali, di nessuna rilevanza per quanto riguarda l’aspetto teoretico più propriamente, però pare invece che gli umani siano particolarmente affezionati a questo aspetto…

Intervento:…

Sì, certo la pratica analitica ha questa funzione anche, consentire di avere accesso al modo in cui funziona il proprio discorso, e funziona sempre in modo bizzarro perché non avendo avuto accesso al sistema operativo costruisce tutta una serie di cose senza potere tenerne conto, e quindi deve dare spiegazioni e giustificazioni alle cose più strampalate anziché andarle a cercare lì dove sono, dove sono sempre state e dove non possono non essere. Sandro, qual è la questione che intende affrontare?

Intervento: in un certo senso il discorso che faceva Daniela… dobbiamo venire incontro a chi ci viene ad ascoltare… è chiaro che il tipo di ascolto è condizionato da una loro teoria e la loro teoria fa si che quando vengono lì… presentare anche il modo in cui un analista ascolta qualcosa…

Che cosa fa uno psicanalista? Che cosa non può non fare? Ascoltare certo, ma ascoltare potrebbe non essere semplice anche perché tutti gli analisti dicono che ascoltano, anche mia nonna diceva che mi ascoltava però l’ascolto psicanalitico dovrebbe essere qualcosa di differente mentre lo stesso Freud e i suoi allievi hanno considerato l’ascolto unicamente come l’andare a reperire all’interno del discorso che stavano ascoltando dei tratti o degli elementi che essendo connessi con la teoria che avevano imparata offrivano il destro per un’interpretazione, qui invece non c’è una teoria propriamente alle spalle con il suo bagaglio di dogmi, ma alle spalle non c’è nient’altro che l’unica cosa che sta a fondamento di ogni altra cosa e cioè la struttura del linguaggio e quindi anziché interpretare, anziché ricondurre a qualche cosa che si suppone di sapere portare invece il discorso a riflettere su se stesso, vale a dire sulle sue condizioni e sul modo in cui il discorso si sta svolgendo in quel momento tenendo conto che c’è un linguaggio che è un sistema operativo e il discorso che è la sua applicazione, la sua messa in atto, e tale discorso essendo costruito dal linguaggio deve mantenere le stesse prerogative che ha il linguaggio, vale a dire proseguire e per proseguire deve concludere ciascuna volta con qualcosa che ritiene essere vera all’interno di quel gioco, date le regole di quel gioco, ovviamente, deve fare questo e quindi se una persona si costruisce una fobia allora ciò che deve costituire l’obiettivo di un analista è condurre la persona a considerare che la fobia è stata costruita dal linguaggio al solo scopo di costruire un discorso che proseguisse per potere continuare a parlare, perché quella paura del topo anziché un’altra cosa? Questo in alcuni casi è anche possibile reperirlo ma non è così determinante, ciò che invece è importante è intendere che il discorso si è costruito come tutti i discorsi per potere continuare ad avere occasione di parola, nient’altro che questo, e che sì, la paura del topo è agganciata magari a… è possibile diceva Freud a una sorta di somiglianza diretta o indiretta con il membro maschile per cui ecco che spesso sono le fanciulle ad avere tale paura, però anche qui in alcuni casi può anche essere, può essere, ma da qui a porla come un universale ce ne passa. Se in un caso si è posta in quel modo, cioè come diceva Freud, va bene, e allora si vedrà di intendere perché il suo linguaggio ha costruito questa storia per continuare a parlare e per quale motivo, cioè per quella via si apriva una enorme possibilità di costruire discorsi, scene, immagini di ogni sorta mentre per esempio, dalle Enneadi di Plotino non sarebbero sorte altrettante possibilità di parola, eppure per esempio la Metafisica di Aristotele dovrebbe dare molte più occasioni di parola di un topo, se uno ci pensa bene, e allora come mai invece il topo è più considerato della Metafisica di Aristotele? La paura del topo richiede meno informazioni per potere essere praticata, così come tutte le paure, la Metafisica di Aristotele richiede molte più informazioni quindi è più difficile da praticarsi come pretesto di parola, per costruire scene, immagini, film eccetera, le cose più semplici sono quello più immediate quindi le più utilizzate, le più praticate e siccome generalmente sorgono in tenera età gli strumenti a disposizione a quell’età sono molto pochi, da qui il fatto che possano sorgere emozioni molto forti, ché una volta acquisite maggiori informazioni le emozioni diventano minori, così come se fate muovere un ciondolino davanti a un neonato quello rimane con gli occhi sgranati e fa dei gesti e delle cose, entusiasmo, moto giubilatorio se invece lo si fa davanti a voi magari no, perché sono cambiate le condizioni ed è per questo che alcune paure permangono, come se il discorso mantenesse questa costante e cioè l’idea di qualche cosa che fornisce una quantità di possibilità di parola sterminata e cioè una cosa che non deve avere una soluzione; una paura non ha soluzione né motivo, né ragione, meno ha motivi, meno ha ragioni e più si ancora facilmente perché la ragione e il motivo chiamano in causa la ratio, l’intelligenza, cioè una cosa che va a cercare i motivi e se li trova cessa di provare emozioni. Tutte le cose che da piccini davano grandi emozioni poi da grandi non ne danno più proprio perché si sono aggiunte notevoli informazioni e come diceva già Aristotele la conoscenza toglie la meraviglia, e più si sa meno ci si meraviglia. Allora il discorso per mantenere quella meraviglia è come se dovesse continuare a non sapere, questa è la condizione perché il sintomo si mantenga: occorre non sapere. Se no in altri casi invece si sposta, ma adesso qui ci sarebbe un lungo discorso da fare, come dire che il sintomo mantiene l’idea di una verità assoluta in fondo, ecco perché in alcuni casi, per esempio in alcune conversioni religiose alcuni sintomi scompaiono, perché si mostra una verità più forte e creata con altrettanti pochi elementi, molto semplice ma che ha la stessa struttura di quella infantile. In fondo la religione è infantile per il suo costrutto, non è così elaborata e sofisticata, quella cattolica un pochino più delle altre ma se no generalmente in ogni caso non devono mai essere spiegate né fornite giustificazioni se no è un disastro. E allora si mantiene ma su questo ci sarebbe ancora molto da dire naturalmente…

Intervento: il desiderio degli umani è di credere a Babbo Natale…

Sì, è una struttura molto semplice, dice che le cose sono così, come fa la mamma: perché è così? Perché sì! E all’inizio va bene, non è che il bambino salta su e dice “no, questa non è una risposta sufficiente”. Il “perché sì”, garantisce la verifica ultima, è ovvio che, torno a dirvi, è una struttura molto semplice, straordinariamente semplice però proprio per questo motivo funziona come un comando automatico che non deve essere giustificato…

Intervento:…

In buona parte sì, sono quelli che gli Stoici chiamavano enunciati catalettici, cioè esibiscono le cose così come stanno: questo è questo! Questa è la prima forma, poi in buona parte rimane anche nel pensiero adulto tant’è che magari alcune cose si mettono in gioco ma altre assolutamente no, devono rimanere così in questo alone magico…

Intervento: quella premessa implicita che non viene mai interrogata?

Esattamente, e questo costruisce quella serie infinita di entimemi in cui si svolge il dire comune, l’entimema è un sillogismo in cui è assente la premessa maggiore o la minore, ma generalmente la maggiore e di conseguenza la conclusione è fondata su niente, i proverbi hanno questa struttura…

Intervento: per mettere i gioco ciò che si pensa ci vuole una decisione… bisogna anche avere cose da sostituire…

Ciò con cui abbiamo a che fare non è soltanto questo, cioè la difficoltà, ma il fatto che non deve farlo, il suo discorso non lo deve fare, c’è qualcosa in più che rende complicato ciò che noi andiamo facendo, e non lo deve fare perché facendolo perde tutto ciò che questo discorso ha costruito come estrema, infinita possibilità di parola, perché per esempio la lettura di un giallo è così interessante? Perché non si sa come va a finire, se nella prima pagina c’è scritto chi è l’assassino non lo legge più, non sapendolo si fa tutte le congetture, immagini, se lo sa subito non gioca più.