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14-2-2002

  

Voi sapete che Peano è stato, e rimane a tutt’oggi, uno dei più formidabili logici matematici, praticamente la sua teoria ha dato una svolta a tutta la logica contemporanea, e tutta la sua costruzione è fondata, come lui stesso dice, su cinque assiomi. Che cos’è un assioma? Al di là di ciò che ne diceva Gian Battista Vico, un assioma nella logica è una sequenza di proposizioni, scelte in modo assolutamente arbitrario che però ha un unico vantaggio, qualunque valore di verità possa essere attribuito alle sue variabili risulterà sempre vero. Uno degli assiomi che viene utilizzato nel calcolo logico, il primo generalmente è questo, banalissimo: se A, allora se A allora B. Qualunque sarà il valore di verità che voi attribuirete alle variabili questa proposizione sarà sempre vera, utilizzando ovviamente le tavole di verità. Ora dunque l’assioma è arbitrario. Degli assiomi che ha inventato Peano, come sapete, il primo è questo: il numero una classe. Va bene… una classe di qualunque cosa, qualunque cosa sia, cioè vuol dire il numero è; e il secondo fondamentale è quello che dice che 0 è un numero. Ce n’è un altro molto importante che dice che se A è un numero allora il successivo di A è differente da 0, questo dice, e ovviamente che non c’è nulla che preceda lo 0, ma questi assiomi per definizione sono arbitrari e lui li pone come idee primitive in effetti, come qualcosa di non ulteriormente scomponibile, sa che non sono necessari, ma qualcosa che sorge così naturalmente, tutta la logica contemporanea è fondata su questo, ora si potrebbe dire: perché no? D’altronde il gioco funziona, è vero, funziona perfettamente, ma se dovessimo basarci unicamente sul fatto, sul rilevamento del funzionamento di un gioco, beh, non avremmo trovato un gran criterio, qualunque gioco funziona perfettamente, perché è costruito per farlo, dal gioco della chimica molecolare all’ingegneria genetica, al tressette o alla letteratura tutti questi giochi funzionano perfettamente, perché sono fatti per funzionare perfettamente e così fanno. Ma vedete, potete considerare tutti questi giochi alla stregua appunto di un tressette, dico questo perché generalmente il tressette non ha fama di essere un granché come gioco, è un gioco certo, nessuno, come abbiamo detto un sacco di volte, si periterebbe mai di domandare se le regole, quelle che fondano il tressette sono vere oppure no, sarebbe molto stupido chiedersi una cosa del genere, altrettanto per qualunque altro gioco, le regole su cui si fonda non sono né vere né false e bell’è fatto! Sono soltanto delle regole per giocare, nessuno si è mai posto nulla che andasse al di là di questo. Oggi alcuni nel campo della matematica, della logica, anche della fisica si accorgono di qualcosa del genere, sono giochi che possono anche avere un utilizzo, anche il tressette ha un utilizzo, fa passare il tempo per esempio, socializzare con gli amici, passare una serata divertente etc., tutti i giochi hanno un utilizzo se no non verrebbero né inventati, né giocati. E fin qui non abbiamo detto un gran ché se non qualcosa di molto banale, ora a questo punto giacché chiedevo a che punto siamo, il lavoro che abbiamo fatto e che stiamo facendo ci ha indotti a pensare una eventualità, e cioè che per costruire tutti questi giochi ne occorresse uno in particolare e uno soltanto, anche perché il nostro amico Peano come era arrivato a considerare che per esempio “0 è un numero”? È qualcosa che gli è servito ovviamente a costruire tutto ciò che ha costruito, ci ha giocato molto ma come ha potuto costruire questa proposizione che afferma che 0 è un numero? Qualcosa glielo ha consentito? Se sì cosa? È questo che ci siamo domandati, e continuiamo a domandarci, anche perché seguendo tutto ciò che abbiamo detto prima, tutto ciò che Peano ha affermato nella sua opera, in quanto tale non è né vero né falso, no? È vero se noi accogliamo questi suoi cinque assiomi, se no non si pone neanche il problema, così come in qualunque gioco, è vero che l’atomo è fatto di un nucleo, di protoni che girano intorno eccetera, eccetera? Ha un senso questa domanda? Di nuovo se sì, quale? Potrebbe averne uno dal momento che c’è qualcuno che se lo domanda, se è vero che l’atomo è fatto così, e addirittura potrebbe apparire bizzarra la considerazione che di fatto una considerazione del genere non è né vera né falsa, enuncia soltanto qualcosa che segue a delle regole stabilite, segue attraverso un sistema inferenziale e, dato un certo modo, date delle regole per proseguire, questa è la conclusione. Dunque dei giochi, perché fare questi giochi? Perché costruire tutti questi giocattoli? Per divertirsi certo, può essere un buon motivo, anche perché risulta difficile immaginare un altro motivo, ma torniamo alla questione di prima, come ha fatto Peano a costruire questi assiomi? È come se avesse avuto bisogno, per poterlo fare, di un’altra struttura, una struttura che è quella che poi gli consentiva di parlare, anche di andare dal tabaccaio a comprarsi i sigari, e pensare che cosa avrebbe fatto il giorno dopo, e tra le altre cose domandarsi se 0 è un numero e se sì quali conseguenze potrebbe avere una cosa del genere? Ma chiedendoci questo di cosa stiamo parlando? Evidentemente è una struttura quella di Peano in quel caso che pare straordinariamente simile a quella che utilizziamo noi per domandarci quella che ha utilizzato lui, parrebbe. Al di là del fatto che lui parlasse italiano, francese, tedesco, l’interlingua o l’indoeuropeo… questa struttura, questo gioco che lui ha dovuto utilizzare per pensare i suoi cinque assiomi, questa struttura è fatta di assiomi oppure no? Domanda legittima, è un sistema logico che funziona come un programma, più propriamente un programma che funziona come un sistema logico, ma non ha importanza, un assioma sappiamo che è arbitrario e quindi può modificarsi, tant’è che i logici usano assiomi differenti a seconda dei teoremi che vogliono dimostrare, perché per loro è sufficiente che sia una tautologia cioè che sia sempre vero, ma questo è assolutamente irrilevante. Invece in questo sistema è un assioma, cioè è modificabile? Possiamo provare a porci la questione, siccome è lo stesso sistema che utilizziamo noi per domandarci delle cose, anziché chiederlo a lui possiamo chiederlo a noi che è molto più semplice: posso modificare questo gioco che sto utilizzando per chiedermi se lo posso modificare, se sì, come? Posso per esempio modificare la grammatica? Qualcosa posso fare ma molto poco, posso modificare il dizionario? Sì, posso certo, posso modificarlo sostituendo alla parola ‘numero’ la parola ‘Pippo’, sapendo però che ogni volta che trovo ‘Pippo’ intendo dire ‘numero’, e allora a cosa mi serve? Tanto vale che usi ‘numero’, userò ‘Pippo’ se non voglio farmi capire ma saprò sempre che dicendo ‘Pippo’ sto dicendo ‘numero’, che altro posso modificare? Posso eliminare un sistema inferenziale? Quello che mi consente di partire da un antecedente e giungere a un conseguente? In questo caso muovo da un antecedente e non giungo a nulla, a un’altra cosa, ma a che cosa? Non lo so. Mi troverei in un bell’impiccio, non saprei più se ciò che affermo è una conclusione di qualcosa né a questo punto saprei più che cos’è una conclusione, cosa mi resterebbe da fare a questo punto se non avessi più questa struttura? Tacere per sempre, né a questo punto potrei sapere di avere mai parlato prima, perché per saperlo sarei costretto a possedere un sistema inferenziale “se prima accadeva questo allora prima parlavo” non avendo questo “allora” da quel momento io non avrei mai parlato, né potrei farlo più fino alla fine dei tempi, ma non lo saprei mai, avrei questo vantaggio, se volete azzardare qualcosa di fantascientifico gli animali grosso modo funzionano così, visto che ogni tanto qualcuno li evoca: tutto è sempre assolutamente immediato, appunto, non mediato da nulla: è tutto qui ora e adesso, non c’è nient’altro, ora potremmo anche considerare una cosa del genere: è tutto qui ora e adesso, e non c’è nient’altro perché no? Ma non è facile, considereremo dopo. Dicevamo che l’assioma è arbitrario, cosa vuole dire che è arbitrario? Che dipende dall’arbitrio ovviamente, e si oppone al necessario, ciò che è necessario non è arbitrario e c’è un motivo ed è questo: il linguaggio per funzionare ha bisogno che ciascuno dei suoi elementi sia distinguibile da ciascun altro, già De Saussure aveva notato questo dettaglio e altri dopo di lui, come Greimas che parlava di marche, tratti distintivi, il linguaggio funziona così, toglietegli questo e non vi resta in mano niente; dicevo dunque che il linguaggio per funzionare necessita che ciascun elemento sia differente da un altro, ora se io ho questo e lo voglio chiamare libro va benissimo, se io lo voglio chiamare posacenere, va benissimo, devo però sapere a questo punto che quello avrà un altro nome, è la stessa cosa che avviene quando voi imparate un’altra lingua. La imparate, e come ciascuno sa, quando si impara una lingua inizialmente si tende a tradurla nella propria prima di pensare in quell’altra, ma la cosa fondamentale è che questo sistema bizzarro (si chiama linguaggio generalmente) per funzionare ha bisogno di questo e cioè che un elemento sia distinguibile da ciascun altro, ecco perché questo lo chiamo libro, quest’altro accendino eccetera, c’è un motivo: senza queste differenze, senza questi tratti distintivi non funziona più niente, ma a questo punto senza questi elementi potremmo stare qui a fare queste considerazioni? Oppure come dicevamo prima a saremmo condannati a tacere per sempre senza sapere né potere sapere di avere mai potuto parlare? Cosa intendiamo con necessario? Questo: ciò che è e non può non essere, e abbiamo individuato in questi elementi qualcosa che non può non essere e perché non può non essere? Primo perché se non fossero non potrei pormi la questione, secondo perché se me la sto ponendo è perché già stanno funzionando, visto che ne sono la condizione. Allora incominciamo a distinguere tra qualche cosa che è necessario e qualche cosa che è arbitrario. Abbiamo detto che necessario è ciò che occorre che esista perché io per esempio possa pormi questa domanda, e quindi degli elementi che non posso mutare, perché se li mutassi il linguaggio cesserebbe di funzionare; Peano ha posti questi assiomi, altri ne hanno posti altri e i loro sistemi logici funzionano perfettamente, se io invece tolgo a questo sistema, per esempio la regola di esclusione allora il sistema non funziona più nessun sistema funziona più. È la nota definizione di struttura: un insieme di elementi tale per cui se modifico un elemento si modifica tutta la struttura e cioè si modificano tutti gli altri. Benveniste diede questa definizione che non è delle peggiori, ecco dunque possiamo a questo punto compiere questo piccolo passo tra ciò che in un sistema è posto come arbitrario e ciò che è posto come necessario, c’è una certa differenza: ciò che è posto come arbitrario, l’assioma, posso modificarlo, ciò che è posto come necessario no, è l’unica differenza, non ce ne sono altre. Tuttavia le differenze sorgono con le implicazioni che se ne traggono, con delle considerazioni che possono trarsi. Un sistema assiomatico può essere modificato quando e come vi pare, questo che cosa comporta? Comporta che comunque sia fondato su qualcosa che è frutto del ghiribizzo del momento, attualmente ci si è sempre accontentati di questo per lo più, avendo l’assoluta certezza che nulla di più sarebbe mai stato possibile fare, noi possiamo invece aggiungere un elemento e cioè utilizzare un sistema logico certo, il quale sistema anziché degli assiomi sui quali costruire tutto, al posto di questi dunque delle necessità logiche, o più semplicemente necessità, e quindi non più arbitrarie; che vantaggio? Apparentemente nessuno, nessuno salvo uno, l’unico vantaggio è che voi, se avete voglia o intenzione di farlo e acquisite quei quattro strumenti che occorrono, potete appunto se lo volete confutare qualunque di queste strutture e cioè potete sempre costruire una proposizione deducibile dagli assiomi che nega la conclusione. Potreste chiedervi a che scopo fare questo. Certo, domanda più che legittima, è un gioco, un gioco nel quale, lungo il quale noi abbiamo costruito un gioco che non è negabile in nessun modo. Vedete, tutto ciò che è seguito alla cosiddetta crisi dei fondamenti non è stato nient’altro che il frutto, la considerazione che tutto ciò che si era costruito era stato costruito su assiomi e pertanto arbitrari e quindi ecco lo sgomento: tutto ciò non aveva più nessuna certezza di essere vero. In effetti all’infuori di ciò che noi abbiamo stabilito non è possibile, non c’è nessuna possibilità di stabilire se una proposizione è vera o falsa o meglio, non ha nessun senso, il sistema logico di cui sto parlando non è altro che questo: la constatazione inevitabile di ciò che mi sta consentendo di fare queste constatazioni e unicamente ciò che posso dedurre da questo, nient’altro, tutto qui. Ma se io volessi costruire un altro gioco, che chiamo ingegneria genetica, potrò utilizzare una cosa del genere? Un sistema logico? Ma lo sto già utilizzando, lo sto utilizzando comunque, qualunque gioco voglia fare e ciò che avrò acquisito in più sarà il non potere non sapere in nessun modo quello che sto facendo, e cioè un gioco, ma per esempio all’interno dei calcoli che produce l’ingegneria genetica o i suoi esperimenti ecc., tutto questo cioè questo impianto logico non ha propriamente nessuna portata, non più di quanto ne abbia o sia utile per giocare al tressette, un sacco di persone giocano al tressette, vi risulta che abbiano robuste basi logiche? Eppure lo giocano lo stesso; non serve per giocare altri giochi i quali si fanno benissimo senza questo, perché? Perché è implicito, la differenza fra loro e noi è che non se ne accorgono, noi sì. se voi volete potete considerare le questioni più sofisticate, che differenza c’è fra una persona che ha fatto analisi e una che non ha mai fatto analisi? Potremmo anche dirla così: che chi ha fatto analisi si accorge di quello che sta dicendo, l’altro no, è chiaro che questo ha una serie di implicazioni notevoli, tutto questo gioco che abbiamo fatto in effetti non ci serve a nient’altro che a questo: avere l’assoluta inevitabile consapevolezza che qualunque cosa si faccia è un gioco, il quale gioco avendo come fondamento logico questo di cui stiamo parlando, queste regole, nient’altro che quelle, non ha neanche nessun altra funzione che quella di essere un gioco, la stessa questione potrebbe porsi in ambito analitico, visto che in analisi si tratta della parola perché no? In effetti le uniche considerazioni teoriche che posso fare, che abbiano qualche senso, è intendere come sta funzionando il linguaggio, cioè come la persona stia mettendo in atto tutta una serie di operazioni delle quali il più delle volte ignora non solo la portata ma anche la struttura, se ci riflette bene è utile sapere altro? Può darsi, ma non è così sicuro, a questo punto è chiaro che l’analisi si “riduce” si riduce tra virgolette, a fare in modo che una persona, una qualunque persona, non possa non sapere questo, dal momento in cui non può non saperlo cambia tutto, proprio tutto, e in nessun modo può pensare come pensava prima, per lo stesso motivo per cui non può più pensare che esista babbo natale e che è lui a portare i balocchi ai bambini, o Gesù Bambino o chi per lui o altre cose del genere, con l’età generalmente vanno scomparendo, vanno scomparendo perché si hanno informazioni più precise, il gioco prevede istruzioni più dettagliate… Dicevo sì ridurre a questo certo, è possibile che in effetti non si tratti di nient’altro che di questo, può non essere semplicissimo ottenere questo risultato, eventualmente, ma c’è l’eventualità che non si tratti di nient’altro che di questo, poi certo a scopo didascalico si possono utilizzare tutta una serie di figure retoriche, mai provato a considerare l’inconscio, la rimozione eccetera come figure retoriche? Potreste provare. Figure retoriche quindi modi per dire qualche cosa, per descrivere qualche cosa. Qualunque sistema assiomatico deve necessariamente proteggersi, un sistema è una sorta di autoprotezione, un firewall, come lo chiamano in gergo, uno sbarramento che impedisce l’accesso agli assiomi; se pensate bene il discorso occidentale funziona così, come un sistema che è protetto da una serie di sbarramenti, i quali sbarramenti impediscono l’accesso al sistema operativo, al linguaggio, cioè al potere considerare che qualunque cosa è necessariamente un atto linguistico e che da questo non c’è uscita e che il discorso, qualunque discorso, non ha nessun altro obiettivo primario se non quello di proseguire se stesso, e poi, proseguendo se stesso, costruisce cose incredibili, ché uno può darsi tutti gli obiettivi, gli scopi che vuole ma sono assolutamente arbitrari, se vuole darseli se li dà, se non vuole darseli non se li dà, a piacere. Sapere tutto ciò, saperlo perfettamente e non potere non saperlo e soprattutto non potere non praticarlo, per potere fare una cosa del genere ci vuole un sistema che sia fortemente costrittivo, in caso contrario nessuno lo fa, e la costrizione è quella logica e cioè qualcosa che mostra come non può essere altrimenti in nessun modo e per nessun motivo, che dice: non è arbitrario, è necessario. Potremmo anche dire che afferma poco in un certo senso, però quel poco che afferma lo afferma con assoluta certezza, e quel poco che afferma è più che sufficiente a costruire qualunque altra cosa e il suo contrario, una cosa che a mano a mano si acquisisce è che in effetti le affermazioni che si ascoltano, a parte queste pochissime che ho enumerate, di fatto non sono né vere né false, e c’è un buon motivo per cui non lo sono, che non è possibile costruire un criterio di verità necessario, sono, se volete dirla così, all’interno del gioco che si va facendo, esattamente così come è vero che quattro assi battono due sette, è vero, sì certo, la regola ha stabilito così, ma di fatto non è né vero né falso; oppure chiedersi se l’atomo è fatto in quel modo che alcuni descrivono e non è fatto invece per esempio nel modo in cui lo descriveva Anassimandro, l’affermazione di Anassimandro non è né vera né falsa esattamente così come quelle di Fermi, di per sé non è né vera né falsa, non è niente. E così qualunque altra affermazione tranne quelle che sono la condizione per potere affermare che non sono né vere né false, o qualunque altra cosa. Ciò su cui sto riflettendo in effetti non è altro che un basamento su cui costruire una teoria del linguaggio che abbia un senso, e cioè una direzione precisa, necessaria, non quella che vi piace di più e, a partire dalla teoria del linguaggio, probabilmente anche una teoria della psicanalisi, perché no? In effetti la psicanalisi ha ancora moltissimo da dire, al di là del fatto che si possa utilizzare questo significante oppure no, ma di fatto non è casuale che proprio a partire dalla psicanalisi io sia stato indotto a fare tutte queste considerazioni per giungere al punto in cui ci troviamo, ché la psicanalisi se non è una stupidaggine fa questo, interroga se stessa in prima istanza e le condizioni della sua stessa esistenza, non soltanto la praticabilità ma l’affermabilità. E così le sue stesse nozioni e in effetti è esattamente questo che abbiamo fatto: ad un certo punto ci siamo domandati intorno alle nozioni psicanalitiche e cioè abbiamo fatto esattamente la stessa cosa, solo che l’abbiamo applicata a quelle stesse istruzioni che avevamo ricevuto per praticare la psicanalisi come analisti, abbiamo messo in discussione il nostro stesso addestramento, interrogandolo ovviamente, utilizzando mano a mano sistemi sempre più sofisticati, come la linguistica, la logica etc. Fino a trovarci al punto in cui ci troviamo oggi, dove non si tratta affatto di abbandonare alcunché ma, come vado dicendo spesso, di portarlo alle estreme conseguenze. Perché io mi sono chiesto, già parlo di quindici anni fa, se io mi trovassi di fronte a uno che dicesse per esempio alla mia affermazione che “l’inconscio è strutturato come un linguaggio ecc.” se avesse detto “no, sta dicendo un sacco di stupidaggini” ci sarei rimasto male, o forse allora no, perché preso dalla fede lo avrei considerato uomo di poca fede, però gli avrei chiesto di dimostrarmi che non è così senza tener conto che forse lui avrebbe chiesto a me, di dimostrare che è così come dicevo io, già e come? Quante nozioni assolutamente arbitrarie avrei dovuto inserire per dimostrare una cosa del genere, certo che lo posso fare retoricamente, posso farlo, dimostrare che l’inconscio è una struttura particolare a ciascuno, il problema è che posso anche dimostrare il contrario. Questo non significa che dobbiamo necessariamente eliminare queste cose, non si tratta di eliminare niente, a scopo descrittivo, certo, figure retoriche e se volete possiamo dare uno statuto molto più solido anche alla rimozione volendo possiamo anche farlo, che non è quello che ha descritto Lacan, né Verdiglione, i quali muovono da elementi assolutamente arbitrari per giungere alle loro conclusioni, e quindi il loro sistema non è soddisfacente, perché poggia su niente. Però non ritengo che sia il caso di abbandonare dei termini per inventarne altri, a che scopo? Ciascuno di questi può avere un suo utilizzo, se ce l’ha lo manteniamo se no lo abbandoniamo al suo destino… sì, stiamo parlando della psicanalisi certo, quello che sempre più sto considerando è che la psicanalisi potrebbe essere una cosa straordinariamente semplice, sempre più si va formando questa convinzione, la stessa semplicità che ha quel sistema logico di cui vi parlavo prima, pochissime regole, inattaccabili, necessarie, necessarie anche se voglio attaccarle, se voglio dimostrare che non ci sono. C’è questa eventualità, riuscire a dire in modo brevissimo e molto semplice ciò che generalmente richiede migliaia di pagine complicatissime, e in buona parte è ciò che sto cercando di fare con la logica, la stessa cosa la farò con il linguaggio, non moltissime cose ma solo quelle necessarie, quelle che sono necessarie per costruire poi qualunque altra costruzione immane, persino la metafisica abbiamo considerata molto attentamente, attualmente ha poco credito però ha compiuto anche lei la sua parte, il modo in cui argomenta… costruzioni formidabili, costruite su niente certo, ma costruzioni formidabili… è solo un gioco, un esercizio.