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SECONDA SOFISTICA

 

CORSO DI LUCIANO FAIONI

13-11-97

 

Le tesi del circolo di Praga del 29

 

 

 

Questa affermazione è stata fatta nel 29 dal circolo di Praga, le famose Tesi del 29:

La lingua, prodotto dell’attività umana, ha in comune con essa il carattere di finalità. Quando si analizza il linguaggio come espressione o come comunicazione il criterio esplicativo che si presenta come il più semplice e naturale è l’intenzione stessa del soggetto parlante, così nell’analisi linguistica si deve tenere conto del punto di vista della funzione. Da questo punto di vista la lingua è un sistema di mezzi d’espressione appropriati a uno scopo.

incominciamo da qui, dalla primissima affermazione la lingua come prodotto dell’attività umana la questione che noi potremmo porci è questa: ci sarebbe la possibilità di parlare di attività umana fuori dal linguaggio? Evidentemente no. E allora dire che la lingua è un prodotto dell’attività umana è già abbastanza problematico, però ci indica in effetti il modo in cui viene intesa tutta la questione del linguaggio come un prodotto dell’attività umana, come dire che ci sono gli umani, c’è la loro attività, c’è il loro pensiero c’è tutto e poi c’è la lingua la lingua come aspetto del linguaggio. Ma dove porta questa considerazione che la lingua sia un effetto un prodotto dell’attività umana? A considerare l’umano o l’umanità come qualche cosa che produce il linguaggio, come se il linguaggio senza l’attività umana non esistesse e questa potrebbe essere un’obiezione a ciò che andiamo dicendo da qualche tempo: senza gli umani il linguaggio non esisterebbe. Proviamo a considerare bene la questione ché potrebbe anche non essere così. Per affermare una cosa del genere, se vogliamo proprio dirla in termini rigorosi, occorre che gli umani esistano, mi sembra che sia una condizione necessaria ma che esistano è una cosa sicura? Come sappiamo che esistono? È una domanda legittima se si intende procedere in modo rigoroso, se no diciamo esistono perché esistono e bell’e fatto, però non sembra una spiegazione fra le più interessanti. Ma questo ci obbliga a porci un’altra questione alla quale siamo costretti a rispondere se vogliamo proseguire e cioè che cosa intendiamo esattamente con esistenza? Se non rispondiamo in modo preciso a questa domanda non possiamo procedere e tutto il discorso si arresta, dunque dobbiamo dire che cos’è l’esistenza necessariamente. Sappiamo da tutto ciò che abbiamo detto in precedenza che chiedersi che cos’è qualche cosa può risultare problematico dal momento che qualunque cosa io risponda questa sarà una risposta alla domanda e a quali condizioni io accolgo un elemento come una risposta? Questo sempre se intendiamo procedere in modo rigoroso naturalmente, accolgo con risposta ciò che io decido che sia tale, non c’è un altro criterio, dunque l’esistenza al pari sarà esattamente ciò che io desidero che sia ma a questo punto noi diciamo che affermare che gli umani esistono è un’affermazione arbitraria perché arbitraria è la nozione di esistenza e arbitraria è la nozione di risposta ma c’è qualcosa che possiamo dire che non sia arbitraria a questo riguardo? Forse sì, ciò che non risulta arbitrario in tutto ciò è che per fare queste considerazioni mi trovo a parlare, questo non è arbitrario ma è necessario che sia, è necessario che parli per potere affermare che sia nel linguaggio, dunque questa è un’affermazione non arbitraria; e allora torniamo all’affermazione da cui siamo partiti che la lingua è un prodotto dell’attività umana, la condizione perché gli umani producano la lingua il linguaggio potremmo dire è che esistano nel linguaggio e per il linguaggio, ma allora come possono produrre il linguaggio se sono fatti di questo? Nel senso che gli umani sono una produzione del linguaggio e non il contrario e cioè il linguaggio una produzione degli umani. Con questo abbiamo posto una obiezione notevole alla prima affermazione cioè da dove tutto questo testo parte, è chiaro che confutando e cioè mostrando come non falsa ma arbitraria l’affermazione da cui muove tutta l’argomentazione apparirà tutto ciò che segue altrettanto arbitrario. Poi affermare che la lingua è un sistema di mezzi appropriati allo scopo ma anche qui è piuttosto vago mezzo di espressione esprime che cosa esattamente? Anche un computer è un mezzo di espressione finalizzato alla cosa che si intende ottenere, potremmo dire che il computer è una lingua? Potremmo dire che la utilizza ma in questo caso in accezione un po’ particolare, utilizza un codice, non è una lingua, non ancora e allora in questo caso se loro vogliono sostenere questa tesi occorre che poniamo la lingua come una sorta di codice ma il codice è tale perché esiste di nuovo un linguaggio all’interno del quale questo codice può esistere. Affermare che la lingua di ciascuno è un codice può risultare discutibile in quanto di nuovo arbitrario, in questo senso dire che la lingua è un codice possiamo dirlo come possiamo anche sostenerlo perché no? Diamo una definizione di codice e a questo punto possiamo dire che la lingua è un codice, possiamo anche negare che la lingua sia un codice tutto dipende da cosa intendiamo con codice ovviamente, se intendiamo con codice un insieme di regole che consentono la connessione di un elemento con altri allora sì, è un codice, ma se supponiamo che un codice debba essere decodificabile allora possono sorgere dei problemi perché di nuovo che il codice sia decodificabile è una decisione, non lo posso provare, come potrei farlo? Supponiamo che io trasformi una serie di informazioni in un codice, poi devo decodificarlo, come so di avere decodificato esattamente questo codice? Occorre un terzo elemento, un decodificatore, il quale decodificatore a sua volta comporterà un altro quarto elemento necessario come criterio di comparazione e così via all’infinito. Vedete che le cose se si prendono in termini molto precisi diventano da una parte molto complicate e dall’altra invece molto semplici. Dire che la lingua è un insieme di mezzi di espressione appropriati a uno scopo possiamo anche accoglierlo, ma possiamo anche non accoglierlo e quindi rimane un’altra affermazione arbitraria, però pur essendo arbitraria dice delle cose su un certo modo di pensare il linguaggio e quindi un certo modo di pensare tout court, perché immaginando come si diceva prima il linguaggio come una produzione lo si pone lì fra altre cose che sono fuori del linguaggio, infatti ad un certo punto parla di elementi extra linguistici, questione non marginale perché in questo modo il linguaggio è un sistema di mezzi di espressione ma di nuovo ciò che è espresso è al di fuori. Torniamo esattamente alla caverna platonica, dicevamo l’altra volta, il linguaggio esprime delle cose che sono altrove, non sono nel linguaggio, ecco come anche le tesi del circolo di Praga rientrano in questa vasta corrente neoplatonica che ha improntato di sé tutta la linguistica ma non soltanto, ancor più dicevamo la volta scorsa dell’aristotelismo, infatti avevamo preso una affermazione di Aristotele,  leggendola in un certo modo e considerandola, tutto sommato, di qualche interesse a proposito del motore immoto. È il linguaggio che è il motore immoto perché è ciò che muove ma non è mosso da altri al di fuori di sé. Ora quali sono le implicazioni di questa sorta di neoplatonismo nella linguistica? Prevalentemente sociali poiché considera il linguaggio in un certo modo, e io ascriverei a questo la nobile menzogna di cui parla Platone e cioè che esiste qualcosa fuori dal linguaggio, questa è la nobile menzogna “nobile” tra virgolette ma è la menzogna necessaria perché sia possibile costruire la civiltà così come esiste oggi, se no non sarebbe stato possibile costruirla in questo modo, sarebbe stata costruita in un altro (...) sì è il punto di partenza in cui è possibile credere perché se si dà anche un solo elemento fuori dal linguaggio e quindi identico a sé, fermo anche se non conoscibile non importa infatti Kant risolve in altro modo: la cosa in sé non è conoscibile ma c’è ed è fuori dal linguaggio, dunque se si dà ad intendere che esista o sia possibile un elemento fuori dal linguaggio allora è possibile credere, cioè è possibile pensare che una certa cosa sia necessariamente così e su questo costruire tutta una serie di altre chiamiamole superstizioni, credenze di ogni sorta ma senza questo cioè senza il pensare che il linguaggio esprima una cosa che è fuori dal linguaggio non c’è modo di credere nell’accezione che indichiamo da tempo, e cioè ritenere che sia necessariamente vero, perché appunto il linguaggio sarebbe una finzione, una menzogna strutturalmente, in quanto esprime qualche cosa che non è quella, è un’altra e Platone insiste su questo, infatti critica aspramente tutte le arti, anche il teatro, la poesia perché fingono è lui il primo a stabilire la nozione di verità così intesa dal discorso occidentale e quindi sul pianeta, in definitiva potremmo dire che è lui che ha inventato la menzogna in modo così strutturato, l’ha inventata immaginando che il linguaggio sia per definizione la menzogna in quanto esprime altro da sé... e se voi pensate che questo modo di pensare è perdurato 2500 anni vi rendete conto che ha avuto una certa fortuna, nessuno ha mai osato affermare che nulla è fuori dalla parola, tranne Gorgia in un certo modo o i Sofisti che infatti sono stati subito eliminati perché se la parola non è affatto come sostiene ancora qui il Circolo di Praga, uno dei più accreditati nel campo della linguistica, se non è dunque un sistema di mezzi di espressione perché non esprime un qualcosa che sia altro da sé ma continua a produrre sé stesso all’infinito e combinandosi e ricombinandosi continuamente ma non potendo in nessun prendere elementi che siano fuori dal linguaggio, dunque dicevo se il linguaggio non è un mezzo di espressione come a tutt’oggi si considera che sia allora le cose assumono improvvisamente tutt’altro aspetto, è come se non fossero più quelle di prima e non lo sono perché non sono più garantite da qualche cosa che è fuori dal linguaggio, come dire che devono rendere conto soltanto a sé stesse e al gioco linguistico in cui sono inserite. Se io nego che questo aggeggio sia un paio di occhiali non nego la realtà né faccio nulla di tutto questo, semplicemente nego delle regole linguistiche, contravvengo a delle regole di un gioco linguistico che non è la realtà così come è intesa platonicamente, come cioè ciò che è fuori dal linguaggio, che  sarebbe ciò che il linguaggio esprime più o meno malamente, più o meno rozzamente più o meno falsamente. La parola viene espressa così, sempre dal Circolo di Praga:

la parola considerata dal punto di vista della funzione è il risultato dell’attività linguistica denominatrice che a volte indissolubilmente è legata all’attività sintagmatica...*

Va bene nella seconda parte sì... ma il fatto che sia il risultato dell’attività linguistica denominatrice la parola anche qui possiamo anche dargliela per buona se vogliamo perché no? Ma non dice niente proprio niente non dice assolutamente niente la parola dunque procede da una attività denominatrice dare i nomi alle cose ma chi li dà? Sì procede da questa attività ma chi li dà? Sì procede da questa attività ma chi fa questa cosa? E con che cosa? È ben bizzarra questa maniera di porre le questioni come se la parola la lingua il linguaggio fossero entità ed essendo fuori dal linguaggio hanno una loro stabilità che può individuarsi e manipolarsi oltre che utilizzarsi la parola dunque è effettivamente il risultato dell’attività linguistica denominatrice se io credo che la parola sia il risultato dell’attività linguistica denominatrice se non ci credo no molto semplicemente a meno loro non possano formulare la questione in termini tali per cui risulti assolutamente non negabile una affermazione del genere ma sarà sempre negabile molto banalmente chiedendosi chi è che compie questa attività denominatrice visto che questa è il risultato questa attività la parola che compie questa attività e con che cosa? Vedete come da sempre anche le scienze cosiddette più rigorose in effetti così rigorose non sono si muovono molte volte in modo tale che è molto più prossimo alla superstizione alla cartomanzia e cioè c’è un segno che io immagino voglia dire questa cosa perché? Perché deve essere così? È come dicevo una questione fondamentale oltre che fondante visto i risultati e rispetto a tutto il discorso occidentale e quindi al pensare di ciascuno in definitiva ciascuno si forma cresce nasce immerso in questa struttura e quindi ovviamente continua a pensare in questo modo né generalmente ha i mezzi per fare in altro modo i mezzi per fare altrimenti vengono negati da questa stessa struttura che è fatta in modo tale da proibire propriamente l’eventualità che possa pensarsi in un altro modo. Dicendo che la verità è una certa cosa si muove in modo terroristico perché se è quella cosa non può essere nient’altro che quello e quindi qualunque cosa esuli da questa verità è chiaramente il falso e quindi il male ciò che è da evitare in quanto appunto male. Questa è poi una delle trovate del discorso occidentale per costruire poi tutto ciò che ha costruito interessante o no che sia questo e poi tutto un altro discorso ma anche qui tutto sommato nella linguistica continua a mantenersi la distinzione fra il bene e il male nel senso che come viene affermato proprio all’esordio di questo testo la lingua è espressione di qualche cos’altro allora sarà sempre un gradino inferiore a questo qualche cos’altro che esprime il quale sarà il vero il passo successivo a intendere il vero come il bene e la finzione come il male è breve ed è stato breve in effetti. Il male qui in accezione molto ampia ovviamente come non necessariamente come ciò che è da evitare ma ciò che è da considerare effetto di altro che è la causa questo è il modo di pensare religioso direi pensare in termini di causa ed effetto. Una causa che è il vero il reale e un effetto che è subordinato alla causa la facilità con cui si confonde questo aspetto che è prevalentemente retorico con un dato di fatto immaginato fuori del linguaggio e quindi necessario è sorprendente parlare di causa ed effetto è formulare figure retoriche non esiste una causa in quanto tale è un elemento linguistico se io dico che c’è una causa allora presuppongo l’esistenza o la possibilità di un effetto se parlo di effetto presuppongo la necessità di una causa ma tutto questo è una questione retorica o è invece una questione reale? Come è generalmente intesa. Ché se è una questione retorica allora può accorgersi che è una questione anche grammaticale l’elemento grammaticale “effetto” presuppone grammaticalmente un altro effetto che si chiama causa niente più di questo. Se io ho un effetto e ne cerco la causa sto compiendo un gioco linguistico attenendomi a certe regole una di queste regole è quella che prevede che si cerchi qualcosa che io chiamo effetto e debba essercene un’altra che io chiamo causa. Però posta la cosa così come l’ha posta Platone e così come la pone ancora oggi la linguistica e cioè come il linguaggio produzione e quindi un effetto e di qualche cos’altro che ne è la causa in quanto espressione sarebbe l’effetto di qualche cosa che è causa e che è ciò che esprimo ecco allora vi rendete conto molto facilmente che anche queste nozioni di causa ed effetto sembrano in qualche modo un approccio linguistico ben preciso che è quello di Platone perché in caso contrario potremmo certamente continuare a parlare di causa ed effetto ma all’interno o meglio sapendo molto bene che possiamo parlarne soltanto all’interno di un certo gioco e accogliendo le regole di quel gioco fuori da questo gioco da queste regole non significa assolutamente niente.

 

- Intervento: Causa ed effetto regola grammaticale

 

Come se io dicessi dopo...(non intendo il termine grammatica) la grammatica è l’insieme delle regole per l’uso per cui per usare il significante prima occorre che io conosca il significante dopo sono regole per l’uso. Intendiamo grammatica in accezione un pochino più ampia di come viene posta a quei poveri ragazzini delle medie a cui vengono somministrati manuali di grammatica assolutamente incomprensibili. Dunque la grammatica l’insieme delle regole per l’uso di un certo gioco potremmo dire qual è la grammatica del gioco del poker per esempio e stabilire quali ne sono le regole. Cosa stavo dicendo? La grammatica... tenere conto che se parlo di effetto e di causa sto usando una grammatica cioè delle regole che appartengono a un certo gioco questo è diverso dal porre invece questi elementi come chiamiamoli pure naturali se sentite qualcuno dire che se c’è un effetto c’è necessariamente una causa difficilmente starà pensando all’interno di un gioco linguistico particolare ma penserà che sia un dato di fatto naturale che non può non esserci. Ora dire che è nella natura delle cose o che è legge naturale o dire che lo vuole dio è la stessa cosa esattamente la stessa cosa cioè ci si può credere non è proibito non è neanche male però abbiamo cercato di fare un passo ulteriore. Dunque soltanto abbiamo visto in questa prima affermazione che è proprio l’incipit la lingua prodotto della attività umana poi dice ha in comune con essa cioè l’attività umana il carattere di finalità....

 

- Intervento: Stavo pensando che a proposito di causa ed effetto Aristotele dice che è la causa a determinare l’effetto

 

Sì e questo è già più interessante che non è lontanissima da quella di Wittgenstein tutto sommato l’intenzione di dire poi anche Austin riprende... poi diremmo man mano riprenderemo la questione cioè l’intenzione non è...il fine che voglio raggiungere cioè l’intenzione di fare qualche cosa è ciò che muove in effetti non è l’effetto di qualche cosa. Ecco però dice il carattere di finalità cioè è finalizzato a qualche cosa la lingua è finalizzata a qualche cosa questa affermazione è confutabile? Oppure no? Se lo fosse se lo fosse allora cosa vuol dire? Noi saremmo in condizioni di costruire un’altra proposizione che nega questa e che risulta vera si fa così a confutare generalmente possiamo provare a costruire una affermazione che la nega. Intanto possiamo cominciare con dire che se la lingua adesso intendiamo con lingua quello che tutto sommato intendono loro o più o meno e cioè come... intendiamola come De Saussure come l’insieme delle potenzialità delle espressioni di un sistema dunque dice che questo sistema è caratterizzato dall’essere finalizzato a qualcosa...tuttavia questa lingua cioè questo sistema per potere essere finalizzato occorre che sia mosso da una intenzione quindi la lingua questo sistema di tutte le possibili combinazioni combinatorie linguistiche è mosso da un’intenzione ha una finalità dunque io dispongo adesso diciamo così in modo un po’ rozzo poi preciseremo dispongo di un bagaglio di possibilità linguistiche perché io ho degli scopi? Oppure per formulare uno scopo una qualunque finalità io devo potere già disporre di tutti questi elementi potenziali nel mio discorso che poi come diceva De Saussure si formano in parole cioè in esecuzioni e diventano atti linguistici dunque per potere pensare di finalizzare qualche cosa o di avere anche solo l’intenzione io devo potere disporre della lingua cioè di questa possibilità ora se questa proposizione è vera allora quella che affermano loro è falsa. Funziona così la logica in modo molto semplice e d’altra parte è un’affermazione molto problematica come possiamo dire che la lingua ha un carattere di finalità? Se è ciò stesso che mi consente di pensare una qualunque finalità? Potrei pensare una finalità fuori dalla lingua? No e allora la lingua precede una qualunque possibile finalizzazione e allora è come dire che la finalizzazione è finalizzabile e sarebbe un non senso. È importante sapere sempre di fronte a una qualunque affermazione sapere trovare ciò che la confuta non è difficilissimo basta avere un po’ di esercizio ma è importante non tanto per l’amenità della cosa uno si diverte ma perché pone nelle condizioni di andare a reperire quali sono i principi su cui si regge tutto il pensiero occidentale e provare a metterli in gioco provare ad interrogarli e a vedere che cosa rispondono se sono in condizione di sostenersi da sé oppure no ed è ciò che abbiamo fatto in questi anni verificando che non sono in condizioni di sostenersi da sé cioè non sono innegabili ma sono arbitrari con tutto ciò che questo comporta ovviamente mentre ponendo la questione in questi termini è posta in modo tale che non sia arbitraria perché se io continuo a dire che la lingua è l’espressione di qualche cosa altro questo qualche cos’altro non è arbitrario è il reale è quello che è. Capite immediatamente come siano due modi di pensare totalmente differenti e direi incompatibili per usare un termine che una volta andava di moda incompossibili vuol dire che non sono possibili insieme. Poi certo fanno anche delle affermazioni che sono legittime non si può capire nessun fatto linguistico senza tenere conto del sistema a cui appartiene. Cosa che già De Saussure aveva affermata se ciascun elemento è un elemento linguistico è ovvio che sarà inserito in una combinatoria linguistica non potrà esserne fuori però stasera ce la prendiamo con il circolo di Praga loro dicono: non si può capire nessun fatto linguistico senza tenere conto del sistema a cui appartiene...bene e allora neanche l’affermazione loro precedente cioè che la lingua è un prodotto dell’attività umana lo dicono loro questa proposizione non può capirsi se non all’interno del sistema a cui appartiene quale sistema? Quello linguistico ovviamente e quindi non può avere nessun altro referente all’infuori del sistema linguistico in cui è inserita cioè del gioco linguistico potremmo dire ma come? Voi stessi affermate questo e non ve ne accorgete come è possibile eppure se è all’interno di un sistema linguistico non possono poi affermare che la lingua è un sistema di mezzi di espressione...espressione di che? Avrebbero dovuto allora dire espressione di altri atti linguistici ma sarebbe stata una precisazione sempre l’avessero colta fondamentale non era una questioncella marginale un pilastro e dunque se noi volessimo proprio andare a cercare il pelo nell’uovo potremmo dire che la seconda affermazione che fanno confuta la prima la prima è discutibile e viene confutata dalla seconda ché può sorprendere che dei linguisti di professione non si accorgano di incongruenze tali eppure così è. Ecco per esempio un itinerario analitico gioca buona parte proprio su questo nel mostrare una sorta di incongruenza ... una persona crede che una certa cosa sia un fatto reale e quindi incontrovertibile e quindi necessario come premessa a tutta una serie di conseguenze ebbene fare rilevare dalle stesse conseguenze che questa premessa non è necessaria e quindi può abbandonarla perché può comportare per esempio cessare di avere paura tanto per dirne una o cessare qualunque altra operazione che risulta paralizzante per molti versi non è casuale si è detto all’inizio di questa serie di incontri che una analisi occorre che termini lì dove inizia una ricerca linguistica in un certo senso ma in questa accezione e cioè nel senso che diventa non solo possibile ma imprescindibile e inevitabile trovarsi a compiere queste operazioni che io ho costruito questa sera rispetto a queste quattro righe rispetto a ciò che si afferma non qualunque cosa ovviamente non è che se vado dal tabaccaio a comperare un pacchetto di sigarette Marlboro questo è un elemento linguistico...un’idiozia ma laddove invece CAMBIO CASSETTA ci sono cose a cui io credo lo so perché se io penso all’eventualità che possa darsi esattamente il contrario io rifiuto immediatamente questa eventualità questo è il modo più semplice per accorgersi di ciò in cui si crede. Facciamo l’esempio solito molto banale un fervente cattolico non può ammettere l’eventualità che dio non esista è molto banale ma...e quindi lì c’è qualcosa in cui credo ovviamente. Lo stesso può farsi per ciascuna cosa a cui può accadere di pensare e che abbia questa prerogativa e cioè di escludere la contraria provare a fare questo esercizio logico logicamente se esclude la contraria è necessariamente vera solo che in questo caso la premessa è arbitraria ciò che segue può essere anche logicamente corretto ma è la premessa che è arbitraria se io credo che dio esista posso muovendo da qui compiere tutto una serie di passi logicamente necessari così come di fatto molti teologi il problema è che la premessa è assolutamente arbitraria. E quindi non è questione marginale diciamo che ne va del modo in cui si pensa se si pensa in modo religioso oppure no oppure accorgersi laddove non è che sia così tagliato con l’accetta accorgersi laddove c’è una struttura di pensiero religioso che è sempre o molto spesso sullo sfondo di ogni discorso anche dei più sofisticati come qui per esempio ed è molto difficile sbarazzarsene nel senso di accorgersi di come ciascuna affermazione sia arbitraria e quindi non richieda il mio assenso incondizionato richieda soltanto una decisione che io accolga o no una cosa è un decisione non è necessaria mentre se la verità è assoluta ideologicamente stabilita allora non è più una decisione è necessario che sia così affermare che questo è un orologio per quanto possa apparire bizzarro è una decisione non è una necessità decido di accogliere le regole del gioco linguistico che afferma che questo è un orologio e siccome so le regole che attengono a un gioco che stiamo utilizzando in questo momento necessariamente devo affermare che questo è un orologio ma all’interno di questo gioco. Ecco questo appena per dire così come viene affrontata generalmente ancora oggi la questione del linguaggio in modo assolutamente differente da come lo ponevano 2500 anni fa i Sofisti. Avete qui il testo di Gorgia? Solo per verificare una distanza tra ciò che afferma il circolo di Praga e ciò che afferma Gorgia. È un modo di procedere che poi Socrate ha in parte utilizzato criticato da Aristotele per un verso a ragione e per l’altro a torto Platone procede in un modo che è binario anche Gorgia qui che può apparire di primo acchito molto semplice vi ricordate come procede per esempio Platone nei suoi dialoghi? di questa cosa delle due l’una o questa o quest’altra generalmente quest’altra è da eliminare e quindi si accoglie questa. Positivo/negativo uno - zero uno - zero come i computer ora perché Aristotele critica questo modo di procedere di Platone? Perché afferma Aristotele che non è delle due l’una perché può esserci anche una terza possibilità e poi una quarta e poi una quinta perché solo quella? Possono essercene altre e molto più precise quindi è un modo molto superficiale questa è l’obiezione che Aristotele faceva a Platone ma certo se si procede in questo modo retoricamente sì è discutibile però provate a procedere logicamente e cioè rispetto a ciò che non può non essere allora dice Gorgia afferma: Nulla è...in primo luogo in secondo luogo quindi parte da una sua affermazione che è come una x x è potremmo dire in secondo luogo anche se qualcosa fosse non sarebbe comprensibile se fosse comprensibile non sarebbe comunicabile...dunque che nulla è lo dimostro in questo modo se infatti qualcosa esiste o è essere o è non essere o è essere e non essere insieme ma il non essere non esiste perché se il non essere esistesse esso sarebbe e insieme non sarebbe; come dire che è esattamente il procedimento che noi abbiamo utilizzato rispetto al linguaggio posso dire che qualcosa è fuori dalla parola? No non posso dirlo perché se qualcosa è fuori dalla parola per definizione non lo posso dire dice infatti pensato come non essere non esiste ma in quanto esistente proprio come non essere esiste...cioè mostra tutte le contraddizioni che sono le stesse che poi abbiamo utilizzato rispetto al linguaggio ma dice è completamente assurdo che qualcosa sia e non sia nello stesso tempo dunque il non essere non esiste ma neppure l’essere esiste se infatti l’essere esiste o è eterno o è generato o è eterno e generato insieme. Se l’essere è eterno non ha alcun principio non avendo principio è illimitato se è illimitato non è in alcun luogo se non è in alcun luogo non esiste .È un sistema di procedere talmente rigoroso che risulta addirittura straniante in alcuni casi eppure non muove da nessuna certezza nel senso che lui afferma una cosa poi dice se fosse così sarebbe autocontraddittoria se non fosse così sarebbe autocontraddittoria lo stesso e adesso? Come dire che qualunque cosa io affermi non è necessario perché posso dimostrare il contrario. Poter dimostrare il contrario potendo provare facilmente che l’essere come qualunque altra cosa è e non è simultaneamente lui ha posto in modo evidente tutto ciò che il pensiero può fare e tutto ciò che il pensiero non può fare. Che cosa può fare? Provare e confutare qualunque cosa che cosa non può fare? Uscire da sé stesso. Tutto qui solo questo ha detto ha detto di fatto l’essenziale in definitiva ora il pensiero inteso come linguaggio in effetti si pensa attraverso il linguaggio e quindi che cosa può fare il linguaggio? Qualunque cosa tranne una uscire da sé che non è poco tutto sommato e non può farlo proprio utilizzando siamo giunti a considerare questo utilizzando lo stesso procedimento logico. Così come quando abbiamo affermato del motore immoto abbiamo provato allo stesso modo che sia un motore e lo sappiamo perché stiamo parlando quindi qualcosa muove che non sia mosso lo sappiamo perché nulla è fuori dalla parola cioè non c’è nulla che sia fuori dal linguaggio che lo muove. Qualcuno ha delle obiezioni? Eppure uno potrebbe porre un’obiezione volendolo però sarebbe arbitrario potrebbe dire il linguaggio è mosso da qualche cosa il linguaggio può muovere ma può essere mosso da qualche cosa che è fuori dal linguaggio

 

- Intervento: sarebbe il punto di partenza

 

Sì occorre distinguere però adesso lei sta parlando di un principio un assioma da cui muove il proprio discorso invece altro è riflettere su ciò che sostiene il linguaggio in quanto tale certo anche se poi la procedura è la stessa non è che vari di molto però dicevamo sì che qualcosa sia fuori dal linguaggio è pensabile cioè non lo esclude ma è assolutamente arbitrario

 

- Intervento: non lo esclude ma non lo può dire

 

Lo si può pensare e sarebbe dio poi in definitiva...Come dire che da questo non c’è uscita non c’è uscita. In effetti potete pensare a un altro paradosso ancora il linguaggio come un insieme aperto perché non c’è limite alla possibilità delle combinazioni che può produrre e allo stesso tempo chiuso perché non c’è uscita. Come può essere un insieme chiuso e aperto? Ma anche qui come ciascun paradosso è tale un paradosso perché immagina sempre che ci sia un elemento che fuori dal linguaggio sia chiamato a sostenere sé stesso a provare sé stesso come dire che il linguaggio è un insieme aperto in quanto tale questa proposizione non significa niente è qualcosa che a noi piace dire diciamo che è un insieme aperto all’interno di un certo gioco linguistico è un po’ come la soluzione del famoso paradosso di Achille e la tartaruga di cui parlammo tempo fa. Achille che fa la corsa con la tartaruga è ovvio che se mi trovo all’interno di un certo gioco allora lo spazio non è misurabile e quindi Achille non raggiungerà la tartaruga in un altro gioco con altre regole lo spazio è misurabile e allora Achille raggiunge e sorpassa la tartaruga. Ecco perché funziona il paradosso perché utilizza regole di giochi diversi immaginando di poter applicare regole diverse allo stesso gioco è chiaro che a quel punto succede un marasma esattamente come dicevamo forse la volta scorsa succede in ciascuno che si trova in questa storia e cioè i vari disorientamenti Freud le chiamava nevrosi procedono in buona parte da questo e cioè dalla applicazione di regole diverse allo stesso gioco e invece sono due giochi diversi con regole diverse se applico due regole diverse allo stesso gioco succede un macello succede quello che Freud chiamava nevrosi e quindi sapere e potere soprattutto distinguere perché in caso contrario si è di fronte all’impasse così come di fronte a ciascun paradosso... conduce all’impasse Paradossi ce ne sono un infinità alcuni divertenti come quello del barbiere il barbiere che rade coloro che non radono sé stessi. Il barbiere rade sé stesso oppure no? E di nuovo anche lì rade sé stesso se e soltanto se non rade sé stesso. I paradossi hanno questa prerogativa di condurre all’impasse al blocco di lì non si può andare ma procedono tutti da questa struttura particolare che applica regole differenti allo stesso gioco.

 

- Intervento: La verità tra il discorso scientifico e il discorso non scientifico il timore dell’inganno come se ci fosse la cosa vera fra ciò che dice e ciò che è giusto

 

Sì viene sempre da qui la stessa questione del circolo di Praga

 

- Intervento: Dico la cosa in un modo pensando che possa essere detta o vista in un altro modo questo porta a credere che invece ci sia un sapere che non sbaglia quello scientifico per esempio

 

Quello platonico che esprime una realtà che è fuori e quindi è sempre menzognero per definizione diciamo che così non potrebbe non esserlo menzognero...(...) come si diceva oggi quando io ricordo qualche cosa questo ricordo che sopraggiunge non sopraggiunge da solo ma sopraggiunge con infiniti altri che questo ricordo evoca con infinite connessioni ché intervenendo questa relazione altera l’elemento mentre per esempio la macchina non compie questa operazione o quanto meno non in questi termini. Se io ho un computer e chiamo un file quello me lo restituisce il più delle volte come glielo ho messo...(per questa l’impressione di non dire mai tutta la verità)...può figurarsi le cose in questo modo io ricordo un elemento però lo ricordo in questo momento in questo momento sono inserito in una certa combinatoria questa combinatoria va a reperire questo elemento però soltanto l’andare a reperirlo altera la combinatoria e ...

 

- Intervento: Io queste cose le pensavo tempo fa pensavo che parlare servisse solo per mentire

 

Sì anche perché ciascuna volta che io vado a reperire quel ricordo l’immagine la combinatoria in cui mi trovo in quel momento non è più quella in cui mi trovavo l’ultima volta che ho ricordato quella certa cosa e quindi di nuovo viene modificato ma in relazione a questa combinatoria la quale si modificherà in relazione ...quindi la difficoltà di ricordare anche la stessa cosa nello stesso modo....(...) sì io ho detto così come boutade ma non è del tutto errato affermare che è stato Platone a inventare la menzogna. L’ho inventata ha dato uno statuto proprio ontologico...

 

- Intervento: Questo modo di trovare la menzogna nella propria parola è intanto non tenere conto di cosa interviene ciascuna volta che uno parla cioè non ascoltare quello che si dice la combinatoria in cui ci si trova perché immediatamente mi chiedo in che combinatoria sono? Credendo di potere reperirla cioè isolarla. Si pongono già così le questioni immediatamente chiedendosi che cos’è quello che sto dicendo cioè è immediato il fuori parola...

 

per questo giovedì parleremo dei giochi linguistici Wittgenstein ....

 

- Intervento: elementi accidentali che modificano il discorso elementi che prima non c’erano

 

Se questa sera fossero entrati i rapinatori e il nostro discorso non fosse proseguito così tranquillo il nostro discorso avrebbe preso un’altra piega ma questa scena che sarebbe intervenuta sarebbe stata un altro discorso....per cui questo discorso sarebbe stato deviato da un altro discorso così come avviene nell’arco della giornata il discorso è deviato milioni di volte o da altri discorsi o da miei discorsi che intervengono

 

- Intervento: o da mie azioni

 

Ciascuna azione è un discorso si inserisce e comporta una variante certo...