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13-7-2011

 

Abbiamo detto di quella proposizione inaugurale e cioè che “i parlanti, in quanto parlanti, parlano”, abbiamo detto che non può essere negata in nessun modo, qualunque tentativo si faccia per negarla, confutarla, contraddirla, eliminarla, qualunque tentativo di questo tipo di fatto la conferma inesorabilmente; abbiamo detto che questa proposizione non viene da niente, ma è stata costruita. Ciò che l’ha costruita sappiamo che non può essere una cosa che precede il linguaggio né qualcosa che ne è fuori, e pertanto ciò che l’ha costruita deve essere qualcosa necessariamente che appartiene alla parola. Ciò che l’ha costruita sono degli elementi, che sono quelli che consentono la costruzione di una qualunque sequenza che si chiami linguistica, cioè appartengono alla parola e alla sua struttura, delle istruzioni che sono quelle che costruiscono la parola e che rappresentano, la struttura di base, diciamola così, e la parola non è altro che l’esecuzione di queste istruzioni, ma quali istruzioni esattamente? La questione va precisata perché queste istruzioni sono molto precise, non sono né casuali né arbitrarie, sono esattamente quelle che la logica formale indica come connettivi. Queste sono le istruzioni, i connettivi come sapete sono il non, la e, l’oppure, il se … allora, il se e soltanto se, nient’altro, solo questi cinque. Questi connettivi la logica formale si è accorta che sono la sola cosa che consente di costruire quelle che in logica si chiamano formule ben formate, vale a dire quelle formule che sono riconosciute dal sistema come proposizioni, come formule, e per essere riconosciute come proposizioni devono essere costruite da questi connettivi. Abbiamo sempre detto che l’istruzione fondamentale riguarda il “questo è questo”, certo, non è errato, ma “questo è questo” è una formulazione che potremmo dire ridondante, ora questa ridondanza molto probabilmente è utile anzi è indispensabile per quanto concerne l’addestramento di un umano, non lo è per quanto riguarda l’addestramento di una macchina, dire “questo è questo” o dire che se A allora A è la stessa cosa, solo che una macchina riconosce più facilmente questo comando perché è più semplice, dire “questo è questo” è ridondante.

I comandi di fatto sono i connettivi, non c’è nient’altro, sono quelli che consentono la costruzione di proposizioni cioè di quelle sequenze che siamo in condizione di chiamare proposizioni, ora quindi la proposizione da cui siamo partiti cioè che “i parlanti, in quanto parlanti, parlano” potremmo chiamarla una formula ben formata perché è riconoscibile come proposizione ed è costruita da queste istruzioni, cioè dai connettivi che sono quelli indicati dalla logica formale. Potrebbe non apparire costruita da connettivi però non è difficile formularla in modo tale da utilizzare i connettivi perché dire che i parlanti, in quanto parlanti parlano, potrebbe essere benissimo considerata “i parlanti sono tali se e soltanto se parlano” per esempio, ma non è tanto questa la questione quanto il fatto che attraverso questa formulazione è possibile costruire qualunque cosa. Siamo arrivati a questa formulazione attraverso e in seguito alla distruzione totale di qualunque teoria, di qualunque pensiero. Come sapete la cosa è incominciata con la teoria di Verdiglione, poi con la psicanalisi in generale e poi con il pensiero in toto, solo che arrivati al punto in cui apparentemente, distrutta ogni cosa, distrutta nel senso che non può essere sostenuta, non ha nessuna consistenza, come un posto vuoto che non significa niente, alla fine qualcosa è rimasto, qualcosa che non è ulteriormente riducibile, che non è distruttibile, che non è confutabile, che non è negabile, che non può non esserci, questo qualche cosa è esattamente la parola, ciò che rimane comunque. La parola non è altro che l’esecuzione delle istruzioni di cui è fatta, e vale a dire dai connettivi e dalle variabili, inizialmente, probabilmente variabili individuali, cioè gli oggetti, le cose, ma queste cose esistono in quanto connesse dai connettivi che danno a queste cose una semantica cioè un valore di verità. Dicevamo già tempo fa che è la sintassi che decide della semantica e la sintassi è data appunto dai connettivi e dalle variabili che stanno soltanto ad indicare che lì ci si può mettere qualche cosa, nient’altro, o che se nego qualcosa, se lo nego, nego qualcosa, e questo qualcosa è un quid che non ha grande rilievo di per sé, lo acquista nel momento in cui viene inserito all’interno di una formula ben formata, una formula ben formata è come dire una proposizione che è riconosciuta come tale, significa solo questo, nient’altro.

Dopo la costruzione di questa teoria della Scienza della parola si tratterà della distruzione della psicanalisi, non perché la psicanalisi ci abbia fatto qualcosa di particolare, ma perché la psicanalisi è una truffa, come la psicologia, come quasi tutte le discipline praticate dagli umani, con delle eccezioni, la logica formale è una di queste eccezioni, perché la logica formale mostra che gli asserti da cui parte, cioè gli assiomi, sono assolutamente arbitrari il loro scopo è unicamente quello di produrre teoremi cioè proposizioni, come dire che questi assiomi arbitrari hanno un'unica funzione: costruire proposizioni, nient’altro che questo. In questo la logica formale è assolutamente corretta, ha una onestà intellettuale notevole perché dice che cosa sta usando, come lo usa e a che scopo lo usa, cioè mostra in atto tutto quanto. La psicanalisi no, fa esattamente il contrario in moltissimi casi, cioè nasconde le cose dietro scenari immaginari di cose che non possono dirsi, enigmi, misteri eccetera per questo ho detto che è una truffa, ché spaccia delle cose nascondendo il fatto che queste cose non sono supportate da niente, le spaccia come se invece fossero supportate da qualcosa.

Oltre a questa formulazione della proposizione da cui siamo partiti, e cioè che “i parlanti, in quanto parlanti, parlano” abbiamo anche detto una cosa importante e cioè abbiamo risposto alla domanda “come lo sappiamo che stiamo parlando?” e a fianco “come sappiamo che questa è una proposizione?”. Come sappiamo che è una proposizione? Dalle regole che la parola mette in atto e sono quelle regole, appunto i connettivi, che consentono la costruzione di una proposizione cioè di una formula ben formata, se questa sequenza soddisfa i requisiti richiesti dalla sintassi cioè dai connettivi allora quella è una proposizione e quindi so che è una proposizione perché risponde a questi requisiti: queste sono le regole del gioco, quindi è una proposizione. E come so che sto parlando? È la stessa cosa: parlando metto in atto delle regole che sono quelle della sintassi della parola, mettendo in atto queste regole soddisfo i requisiti per la costruzione di proposizioni, la costruzione di proposizioni è ciò che si chiama parlare quindi se metto in atto questa sintassi costruisco proposizioni, allora il costruire proposizioni è esattamente ciò che chiamo “parlare” e quindi so che sto parlando e dicevamo anche che il sapere di fatto non è nient’altro che una sequenza di una serie di conclusioni di argomentazioni vere, cioè riconosciute vere all’interno del sistema che costituiscono il sapere, che si chiamano il sapere …

Intervento: …

La logica formale è precisa su questo, ci sono i connettivi, ci sono le variabili individuali, proposizionali e poi la punteggiatura che serve a separare le sequenze e le parentesi, tutto ciò che è formato da questa sintassi è una formula ben formata se no, no è semplice …

Intervento: se no non potrebbe neanche essere formata questa sintassi …

Questa è una questione che alla logica formale sfugge, la prende unicamente come una regola per giocare quel gioco senza accorgersi che è una regola per giocare qualunque gioco, e senza questo non è possibile costruire niente perché la formula ben formata è una proposizione, una proposizione corretta è una formula ben formata: la più semplice è “non A”, questa è una formula ben formata perché costruita soltanto con un connettivo e una variabile, non ha bisogno di altro. Con queste istruzioni è possibile costruire qualunque cosa, costruire discorsi, storie, racconti eccetera.

La Scienza della parola come teoria è brevissima, c’è questa proposizione che è inattaccabile, innegabile, e c’è la constatazione che questa proposizione è stata costruita e quindi se è costruita e non può essere costruita da altro che da se stessa, ha qualche cosa che le appartiene, che la costruisce e cioè delle istruzioni, queste istruzioni sono i connettivi logici, è tutto qui, è di una semplicità sconcertante, occorre trovare il modo di renderla retoricamente più gradevole, detta così risulta magari un po’ ostica e poi intendere come, mostrando degli esempi, a partire da questo sia possibile costruire assolutamente tutto, nessuno se ne è mai occupato prima, quindi dobbiamo occuparcene noi, non abbiamo neanche i riferimenti teorici, non c’è da nessuna parte niente del genere, dobbiamo occuparcene noi e soltanto noi possiamo farlo tra l’altro. Il vantaggio di tutto ciò è quello di avere ottenuto una proposizione che in nessun modo può essere negata, non c’è modo, come dicevo prima qualunque tentativo di negarla, confutarla, contraddirla eccetera non fa che confermarla, cioè la ripropone incessantemente, all’infinito, e quindi è inevitabile che una teoria costruita su questa premessa, se non contraddice la premessa ovviamente, continuerà a costruire proposizioni necessarie, perché è questa la sua forza: essere costruita su una proposizione necessaria.

La domanda da cui siamo partiti è semplice, che però se portata alle estreme conseguenze diventa devastante e cioè “come lo so?” che non è “come so di sapere?” che è un’altra questione, ma “come so una certa cosa?”, naturalmente questo sposta su un’altra cosa che costituirebbe il motivo di questa cosa, e quest’altra come la so? Procedendo a ritroso in una regressio ad infinitum senza limiti si è presi in una sorta di loop, dicevamo, cioè di cerchio senza possibilità di uscita, perché non c’è uscita? Perché non si trova nessun elemento che soddisfi il requisito richiesto dal sistema per attestarsi su qualcosa, e cioè che questo qualcosa sia necessario, solo allora si attesta su questa cosa, se è necessario, cioè se non può non essere in nessun modo, ma il sistema deve verificarlo se no non si arresta, prosegue cioè scarta quell’elemento come inconsistente e quindi non lo può utilizzare come premessa per arrestare la sua regressio ad infinitum. Portare dunque la regressio ad infinitum alle estreme conseguenze per verificare alla fine che cosa rimane, e l’unica cosa che rimane è la parola e nient’altro, tutto il resto si dissolve come neve al sole, cioè mostra la sua inconsistenza, la sua insostenibilità, la sua gratuità, contingenza, quello che vi pare, ma mai la sua necessità, e quando si arriva a fine corsa si trova quel nocciolo duro, quella cosa che non può essere eliminata. Intervento: al nocciolo duro non si arriva automaticamente …

Quello che dice non è del tutto errato, anche se procedendo lungo questa regressio si può anche immaginare che a un certo punto si arrivi a un qualche cosa, d’altra parte il tentativo di Popper andava in questa direzione anche se in senso inverso “alla fine qualche cosa si troverà” e se non si troverà? C’è anche questa eventualità, e in ogni caso quando troverò qualche cosa questo qualche cosa dovrà avere quei requisiti tali da consentire al sistema di attestarsi su quella posizione e cioè deve essere qualche cosa di necessario, che non può non essere, e diventa complicato. Così accade che la regressio non trovi una fine e procedendo devasta tutto quello che trova finché si ferma sull’unica cosa che non può più demolire, perché se la demolisse demolirebbe anche se stessa, e non lo può fare ovviamente …

Intervento: non viene da sé occorre fare il lavoro che ha fatto lei l’atto di parola, se uno immagina la realtà troverà sempre un’altra realtà …

Questo è un atto di fede, che è diverso, abbiamo detto recentemente e lo applicheremo ovunque che occorre mettere al posto dell’atto di fede l’atto di parola, perché l’atto di fede è quella cosa che consente di attestarsi su qualche cosa per un semplice fatto estetico “mi piace così, penso che sia così, credo che sia così, suppongo che sia così, dovrebbe essere così” e tutta una serie di altre sciocchezze, come fanno tutte le religioni, come ha fatto anche la psicanalisi, è per questo che ho detto che è una truffa, la Scienza della parola no, insieme con la logica formale, anche la matematica è una truffa, in fondo non esibisce il fatto che tutto ciò che fa non è altro che un gioco. Peano ci è andato vicino, ma non ha colta la questione in termini così precisi, non ha detto che è soltanto un gioco, e la matematica pensa di non esserlo il più delle volte, qualcuno sì, soprattutto più che la matematica direi in questo caso la metamatematica che si occupa dei principi della matematica, si accorge che di fatto ci sono soltanto delle regole che fanno funzionare il gioco …

Intervento: Wittgenstein nel suo testo i Fondamenti della matematica aveva considerato che la matematica è un gioco …

Sì, ma altri no, Kroneker no per esempio, per lui i numeri erano dati da dio e quindi non potevano mentire. Russel definiva la logica quella disciplina in cui si parla di qualche cosa ma non si sa di che cosa si sta parlando, ma lui si riferiva al fatto che nella logica si parla di variabili che non sono niente, sono dei posti vuoti che intervengono semplicemente a dare un senso a una sequenza o meglio a dare una forma a una sequenza, però non sono niente, che è diverso dalla psicanalisi che invece continua a parlare di qualche cosa senza sapere assolutamente di cosa sta parlando, ma per altri motivi, perché di fatto le affermazioni che fa la psicanalisi sono atti di fede e non può rispondere alla domanda “come lo so?”, se gli si chiede come sa quello che sta affermando non sa rispondere, infatti c’è il silenzio totale. Dunque la Scienza della parola è questo, è questa teoria fondata su un asserto indistruttibile e inattaccabile, perché non posso togliere la parola se non utilizzandola per cui cercando di toglierla la conferma inesorabilmente, anche solo pensando di toglierla, la questione delle istruzioni posta nei termini in cui l’abbiamo posta questa sera è molto più precisa e corretta ma non semplicissima …

Intervento: abbiamo sempre parlato delle istruzioni, da se A è A principio di identità saltare ai connettivi …

Sono i connettivi, che sono delle istruzioni, che consentono di costruire proposizioni, quelle cose che consentono la costruzione di sequenze che possono essere chiamate proposizioni e infatti sono invarianti non possono variare, non è possibile sostituire il “non” con una “e”, non si costruisce più niente, sono le uniche invarianti della logica formale tutto il resto varia, ma quelle no, non si può fare, cioè non si possono variare quelle istruzioni che consentono la costruzione delle formule ben formate, cioè delle proposizioni, come dire che non può negare la parola cioè le istruzioni di cui è fatta in definitiva, non lo può fare in nessun modo, con che cosa?

Adesso siamo arrivati a fine corsa, oltre non si può più andare, abbiamo raggiunto effettivamente per fare il verso agli informatici il codice sorgente, aldilà non è più possibile andare, abbiamo raggiunto il fondo quindi non possiamo che risalire, e cioè costruire a partire da lì …

Intervento: quel salto mi è ancora complesso, quello dall’identità che il linguaggio costruisce perché ci sia parola, su qualsiasi parola alle formazioni di proposizioni, al momento in cui si stabilisce una proposizione è quello che è, cioè questo passaggio non lo possiamo togliere perché se no qualsiasi affermazione essendo una proposizione ben formata ha diritto di dirsi come si sente dire continuamente, però non si costruisce nessuna teoria con un fondamento necessario in quel modo lì se qualsiasi cosa vale come la sua contraria …

Non è che una proposizione vale la sua contraria, questo è un problema che può incontrare la logica formale e si chiama paradosso, se una cosa può essere valida quanto la sua contraria allora è un problema cioè di lì non si può andare …

Intervento: certo nella logica formale con i connettivi si costruiscono proposizioni, formule ben formate quindi lì poi ci sono le tavole di verità, vero / falso in base ai criteri stabiliti e quindi è possibile questo “calcolo”, questa coerenza che da una proposizione necessaria discendono proposizioni necessarie …

È una questione appena abbozzata, ci dobbiamo lavorare, però le istruzioni non possono essere nient’altro che ciò che la logica formale ha individuato come connettivi, ciò che consente la costruzione di quelle sequenze che possono essere chiamate proposizioni. La questione dell’identità è importante, è la prima affermazione …

Intervento: così abbiamo sempre detto, dalla prima identità nasce la possibilità del discorso di formarsi, di costruirsi …

Il fatto che l’abbiamo sempre detto non significa che sia necessario. Dobbiamo riflettere bene sul funzionamento dell’atto di parola, però la logica formale non ha torto, in effetti ha rilevato soltanto il modo in cui funzionano le parole cioè le proposizioni, il modo in cui si costruiscono necessariamente, non ha fatto nient’altro che quello, senza spingersi aldilà naturalmente, però ciò che ha affermato è molto preciso: senza i connettivi non è possibile costruire nessuna proposizione.

Intervento: e fra i connettivi c’è anche il “non” quindi c’è la negazione anche, siccome io sto rileggendo i corsi dell’anno scorso che parlano delle istruzioni e abbiamo detto che fra le istruzioni non c’era la negazione lì parlavamo del linguaggio e dicevamo che il linguaggio funziona senza bisogno della negazione, non ci sono paradossi e dicevamo che la negazione interviene nei discorsi, è per questo che mi trovo un po’ spaesata …

Diciamo che non c’è la contraddizione tecnicamente, se il processo muove da un’affermazione che è un assioma quindi vera necessariamente anche se arbitraria, se il percorso che segue è corretto tutto ciò che può trarsi, può trarsi utilizzando unicamente i connettivi quindi anche la negazione. Forse la questione verteva su un aspetto particolare e cioè per esempio la costruzione della proposizione che abbiamo data come originale, diciamo così, e cioè “i parlanti, in quanto parlanti, parlano” comporta la negazione? In base a quanto abbiamo detto parrebbe non necessariamente, voglio dire che se sono necessari questi connettivi non è necessario che ci siano tutti contemporaneamente, tant’è che il “se … allora” può essere trasformato in un “oppure” per esempio il “se A allora B” può essere trasformato in “non (A oppure B)” che vuole dire che “se c’è A allora c’è anche B” che è la stessa cosa …

Intervento: la “e” per esempio, questa connettivo è una congiunzione, come giunge una proposizione fatta da congiunzioni, solo congiunzioni come la “e” va avanti all’infinito, puoi aggiungere quello che vuoi, come giunge questa proposizione, con questo connettivo e solo quello, al giudizio?

Perché dovrebbe essere solo quello?

Intervento: se non è solo quello va bene …

Può essere usato, per esempio nella figura retorica dell’iterazione, utilizza solo la congiunzione “e questo, e questo, e questo…” però alla fine giunge al “e quindi …”, giunge alla conclusione, e perché ci sia una conclusione è necessario che ci sia per esempio un’implicazione “e allora questo”. Intervento: oppure una domanda cioè chi è stato a fare questa cosa? mio padre e tuo padre per esempio, ha risposto compiutamente no?

Per formulare la domanda occorre prima un’affermazione, lei diceva “chi è stato a fare questa cosa?” quindi qualcuno ha fatto qualcosa, questo qualcosa è questo, ora questo qualcuno può essere A,B,C,D,E … eccetera, e quindi si va per esclusione, la domanda chiede semplicemente di indicare chi è stato ma all’origine c’è comunque un’affermazione, qualcosa è successo, chi l’ha fatto? Anche questo è uno dei modi in cui funziona il linguaggio, certo non è necessario però è utile al funzionamento del tutto, per esempio una macchina non ha la domanda necessariamente, non domanda, non chiede, l’operatore può fare una domanda alla macchina di fare una ricerca per esempio, ma così come sono programmate adesso non contengono la possibilità di domandarsi alcunché …

Intervento: se c’è un errore …

No, è semplicemente una incoerenza del sistema e quindi si arresta. Sono tante le cose che dovremo considerare, però la direzione è giusta, e una volta che abbiamo una premessa da cui partire come questa che in nessun modo può essere negata …

Intervento: adesso mi viene in mente, lì in quei corsi che riguardavano le istruzioni, l’anno scorso, si faceva la distinzione fra linguaggio e discorso è ovvio che parlando del funzionamento del linguaggio, ma parlando costruendo delle formule ben formate su base retorica, ovviamente, lì si producevano delle proposizioni e quindi per parlare delle istruzioni in quanto funzionamento del linguaggio e lì c’era la questione della negazione, del principio di identità e quindi degli altri principi aristotelici, però stavamo parlando producendo delle proposizioni per parlare delle istruzioni, senza parlare non ci sarebbe stato il principio di identità ovviamente …

Certo che no, l’identità è un comando, quel comando che obbliga a utilizzare ciascuno dei connettivi esattamente per quello che è, per cui effettivamente rimane come la prima istruzione, certo è la prima identificazione, un elemento è quello che è, non può essere altro da sé, questo è il primo comando perché senza questo comando anche i connettivi si confondono tra loro, possono confondersi tra loro indifferentemente, nella logica formale questo comando non c’è propriamente perché è implicito, però al punto in cui siamo dobbiamo esplicitarlo, il comando di identità certo: “tu sei questo”, per esempio una “e” non può svolgere la funziona del “non”, se questo dovesse accadere non c’è più la possibilità di costruire proposizioni.