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13-7-2006

 

Intervento: cosa ci distingue dagli altri psicanalisti? La mitologia della salvezza, l’intervento morale…

Intervento: posso dire cosa ci distingue? L’analista della parola ascolta un discorso, non ascolta un’entità metafisica che dice delle cose, è un discorso quello che va a modificare l’analista della parola, non crede nella moralità perché sa che il gioco della moralità è stato costruito proprio per questo perché si immagina che le persone siano indipendenti da ciò che vanno dicendo, per questo è nata la moralità, è nata la fantasia di salvare il prossimo, di aiutarlo, sono fantasie femminili costruite dagli umani a partire da entità fuori da una struttura linguistica, questo è ciò che direi contraddistingue l’analista della parola il quale sa di essere un discorso e sa che quello che va ascoltando è un discorso, per questo può fare qualcosa cioè modificare una struttura di pensiero se la persona è abbastanza “curiosa” tra virgolette, perché è un gioco linguistico quello che io chiamo della curiosità, in effetti la curiosità per molti versi gioca il suo ruolo, la curiosità mi serve per questo… togliamo pure le virgolette, la curiosità, in questo senso un particolare gioco che fa muovere… l’analista della parola ha a che fare non con entità metafisiche ma con discorsi, perché lui è un discorso in prima istanza, l’analisi personale conduce a questo ad accorgersi che sono il discorso che vado facendo…

Sì, anche certo, l’analista della parola, diceva bene Cesare, sicuramente è un teorico e non ha fede, ciò che sa non richiede nessuna fede. Il suo sapere proviene da una costrizione logica, non da ciò che ha imparato, come dire che è costretto a sapere certe cose, costretto dal linguaggio stesso, chiaramente per questo occorre una sorta di addestramento, però non si affida a nessuna teoria, questo ci distingue da tutti gli altri psicanalisti, il non affidarsi a nessuna teoria, ovviamente per compiere questa operazione è stato necessario…

Intervento: costruire una teoria…

No, ma conoscerle tutte, averle considerate, compulsate, interrogate e dopo avere verificato che nessuna di queste teorie reggeva a tale interrogazione è stato costretto ad abbandonarle per lo stesso motivo per cui è stato costretto ad abbandonare la fiaba di Cappuccetto Rosso, perché inadeguata a ciò che mano a mano incontrava. Costretto ad abbandonare ogni teoria si appoggia unicamente su ciò che è la condizione per la costruzione di qualunque teoria, ma a questo punto, non ha bisogno di costruirne una, ha la necessità soltanto di accogliere ciò che non può non accogliere e cioè la struttura del linguaggio, il funzionamento del linguaggio, ciò stesso che consente la costruzione o la demolizione di qualunque teoria. L’analista della parola è costretto a fare quello che fa, non può non farlo, è costretto dalla logica, con logica qui intendo il funzionamento stesso del linguaggio, e quindi non può più credere a una qualunque teoria, non lo può fare perché non può non interrogarla e interrogandola la demolisce, nel senso che constata, verifica che questa teoria è fondata su niente al pari di Cappuccetto Rosso e quindi non se ne avvale…

Intervento: si riferiva a Freud?

Anche a Freud, a Ferenczi, ad Abraham, Rank, Sachs, e poi Jung, Lacan, Verdiglione e chi più ne ha più ne metta, perché ciascuna di queste teorie, proprio perché conosciuta dall’analista della parola non è sostenibile, né utilizzabile. Prima ho insistito sul fatto che è costretto a pensare in un certo modo e non può non farlo, potrei addirittura affermare che non è una scelta né una decisione, è una costrizione, così come non può, una volta che lo è, cessare di esserlo, non lo può più fare. Quindi per divenire analista della parola, diceva Sandro giustamente, occorre un’analisi, quella chiamata personale, quella che si svolge con conversazioni con l’analista, sì per il momento appare imprescindibile, ho aggiunto per il momento, perché non so quello che potrà accadere in futuro, ma è l’occasione irrinunciabile per potere verificare rispetto al proprio pensiero il modo in cui funziona il linguaggio rispetto al proprio discorso, per ora funziona così, poi si vedrà, e poi ciò che andiamo facendo qui. Ciò che andiamo facendo qui è ciò di cui parlavo prima rispetto all’irrinunciabilità del pensare teorico, non della costruzione di una teoria in quanto tale, ma un pensare teorico che è continuamente in discussione, continuamente in atto e a tal punto non si fida di nessuna teoria che fa di tutto per demolire anche la sua, praticando in questo modo la struttura stessa del linguaggio. Come sapete il linguaggio deve concludere con una proposizione vera, allo stesso modo un teorico, cioè un analista della parola deve trovare conclusioni vere, sta in questo la sua onestà intellettuale, per fare questo ovviamente deve mettere qualunque affermazione si trovi a fare alla prova, e cioè fare di tutto per demolirla, se ci riesce allora ciò che ha affermato non era necessario, se non ci riesce allora c’è la possibilità che sia necessario, perché l’analista della parola in quanto teorico è interessato a ciò che è necessario che sia, cioè ciò che non può non essere, potremmo dirla così: l’analista della parola è il linguaggio che funziona e porta ciascuna volta alle estreme conseguenze ciascun aspetto del linguaggio, cioè non si ferma se non ha la certezza che ciò che sta dicendo, che ciò che sta affermando sia necessario, cosa vuole dire che è necessario? Vuole die che la sua assenza varrebbe l’assenza di qualunque altra cosa, se questo elemento non ci fosse, allora non ci sarebbe né lui, né qualunque altra cosa, solo allora è necessario, se no è arbitrario, cioè può esserci oppure no, non cambia niente e quindi l’analista fa questo: costringe la persona che parla con lui a pensare e cioè a cogliere quella costrizione logica che sta funzionando in ciò che dice, e a cosa la costringe? Intanto a proseguire a parlare, poi a concludere con qualcosa di vero, poi a evitare di autocontraddirsi, a questo costringe il linguaggio. Tuttavia tenendo conto e facendo in modo che il pensiero funzioni esattamente come il linguaggio, è ovvio che funziona come il linguaggio, ma la persona non lo sa, non ne tiene conto, non lo può fare mentre l’analista della parola è colui che non può non tenerne conto in ciascun istante, qualunque cosa faccia o non faccia, pensi o non pensi. Dunque costringe la persona che si rivolge a lui, ma si tratta di quella stessa costrizione che costringe l’analista della parola a pensare in un certo modo e a non potere fare diversamente, perché ciò che sa, come ho detto all’inizio, è costrittivo, non può decidere di non pensare in questo modo, non può più cambiare modo di pensare, sarà costretto comunque a pensare l’inevitabile e cioè che qualunque cosa è un elemento linguistico che ha come referente soltanto altri elementi linguistici, questo ha come implicazione immediata il sapere e non potere non sapere in ciascun istante: che qualunque cosa si faccia è un gioco linguistico, con delle regole, e che ciò che si dice acquisisce il valore che ha in base al gioco in cui è inserito, qualunque gioco, dal più ameno al più tragico o al più bello, al più sublime indifferentemente, e che fuori da tale gioco linguistico, quella certa cosa sublime o tragica come si preferisce non è niente perché non può essere niente. Ma dunque se dovessimo stilare della regole? Avviare un’analisi con un analista della parola e seguire i corsi di formazione, non c’è altro, poi magari lungo i corsi di formazione possono sorgere delle curiosità, una persona andrà a leggere delle cose eventualmente, d’altra parte abbiamo detto tempo fa che in effetti il lavoro che stiamo compiendo in parte consiste anche in questo: nel mettere una persona nelle condizioni di potere pensare senza avere la necessità di leggersi tutto, ché in effetti non è necessario, basta sapere come funziona il linguaggio, cioè potere praticarlo, indipendentemente da qualunque cosa possa avere detta Parmenide, Kant, Jung, Freud, Benveniste, etc., indipendentemente da questo, dicevo, è possibile, non è facile ma è possibile, per cui un analista della parola cosa deve sapere? Potremmo dirla così: ciò che il linguaggio lo costringe a sapere, cioè come funziona il linguaggio. Come inevitabilmente funziona il linguaggio, perché sapendo questo non più fare come se non lo sapesse, poi ci vuole anche un po’ di esercizio, certo, ma occorre che si trovi di fronte a questa costrizione logica, nel momento in cui è di fronte a tale costrizione logica e non può più non accoglierla a quel punto è analista della parola. Direi che funziona così. E quindi è in questo che si distingue da qualunque altro analista: non si fonda su una teoria ma unicamente su ciò che è necessario che sia, questo è il suo fondamento, ciò che non può non essere, non ha nessun altro riferimento, qualunque altra cosa è arbitraria, è aleatoria, è inutilizzabile. Analista della parola è chi ha abbandonato la mamma per sempre, cioè non ha bisogno di una mamma che gli dica quello che deve fare, sotto forma di teoria in genere “se succede questo allora devi fare quest’altro”, se questo allora quest’altro, cioè non ha più nessuno, può fare affidamento soltanto sulla propria intelligenza e di conseguenza sulla struttura di cui è fatta. Potremmo aggiungere anche questo: analista della parola è che si affida solamente alla struttura del linguaggio. Vi dico queste cose perché può capitare che qualcuno chieda di divenire analista della parola. È un bel mestiere, e possiamo incominciare a proporlo alle persone nelle conferenze, in fondo più gente c’è in condizioni di pensare meglio è. Divenire analisti della parola non richiede migliaia di anni di studi come taluni sospettano…

Intervento: poi dà subito dei benefici…

Non è che si sta meglio propriamente, è che non c’è più bisogno di stare male, non interessa più, interessano altre cose e quindi cessa l’attrazione per la sofferenza, per il dolore…

Intervento: penso che sia essenziale che si impari a leggere…

Questa è un’altra cosa interessante, imparare a leggere, non assorbire come una spugna tutto ciò che c’è scritto ma leggerlo in modo attento, non ingenuo, nessuno insegna a leggere in realtà. Ma è facile imparare a leggere, nelle prime pagine, addirittura nella prima, c’è tutto ciò che serve e cioè le premesse da cui parte per dire tutto ciò che dirà nelle successive, e generalmente tali premesse sono dette in modo molto veloce, talvolta non sono nemmeno menzionate, sono date come implicite per cui tutto ciò che seguirà sarà assolutamente arbitrario, come in un delirio, sa cos’è un delirio? Un delirio può anche essere molto lucido, e lo è perché segue una sequenza logica precisa, solo che parte da una premessa che è sgangherata, è la premessa da cui parte che sostiene tutto in modo coerente, io potrei fare un discorso assolutamente coerente partendo dal fatto che questo posacenere è mio cugino e giungere a delle conclusioni assolutamente corrette rispetto alle premesse, è la premessa che magari può lasciare qualche perplessità, però in genere addirittura nella prima pagina dei libri, adesso mi riferisco ai saggi ovviamente, vengono enunciate le premesse e se fate attenzione vi accorgete che non ci sono o che sono assolutamente gratuite, arbitrarie, aleatorie, evanescenti, fondate su niente, tutto ciò che ne seguirà ovviamente terrà conto di questo, è inevitabile…

Intervento: dare una bibliografia rispetto alle letture che sono state importanti…

Una volta lo facevamo, non ha sortito grandi effetti per molti, per altri sì. Ma sia come sia all’inizio ci siamo trovati a leggere molte cose proprio perché le stavamo interrogando, parlo di 15 anni fa, più o meno, ci siamo avvalsi di molte persone che hanno scritto prima di noi, Aristotele è uno di questi, non solo logici, filosofi, linguisti oltre agli psicanalisti naturalmente ma sempre meno perché ci siamo accorti molto rapidamente che affermavano cose che non erano sostenibili in nessun modo, per cui li abbiamo abbandonati al loro destino, così come abbiamo abbandonato ogni fede in dio o in chicchessia. Leggere è bello quando c’è la curiosità e si leggono cose che interessano, se no può essere una noia mortale, i libri vanno compulsati, sono strumenti, e vanno trattati come tali.