13 maggio 2020
Scienza della logica di G.W.F. Hegel
Siamo a pag. 499, Il fondamento assoluto. La determinazione riflessiva, in quanto retrocede nel fondamento, è un primo esserci, un esserci immediato in generale, da cui si comincia. Quindi, ciò da cui si comincia non è nient’altro che l’essere riflesso in se stesso. Ma l’esserci ha soltanto ancora il significato dell’esser posto, ed essenzialmente presuppone un fondamento, - nel senso che anzi non lo pone, che questo porre è un togliere se stesso e che, anzi, l’immediato è il posto, e il fondamento è il non posto. Ciò che si pone nell’immediato non è il fondamento; poi, vedremo che ha un fondamento, ma propriamente ciò che si pone è soltanto l‘immediato. Come si è mostrato, questo presupporre è il porre che rimbalza sul ponente;… Su ciò che l’ha posto. …il fondamento, in quanto è il tolto esser determinato, non è l’indeterminato, ma è ‘essenza determinata da se stessa, però come indeterminata, o come quello che è determinato qual tolto esser posto. È l’essenza, che nella sua negatività è identica con sé. A questo punto ciò che si pone è l’indeterminato, ma questo indeterminato ha una sua determinazione, è determinato in quanto indeterminato. È questo che intende dicendo È l’essenza, che nella sua negatività è identica con sé, questa negatività è negatività, è se stessa. La determinazione dell’essenza come fondamento diventa pertanto la doppia determinazione, del fondamento e del fondato. Essa è in primo luogo l’essenza come fondamento, determinata ad esser l’essenza contro l’esser posto, come non esser posto. In primo luogo è essenza in quanto fondamento, che è determinata, dice Hegel, ad essere l’essenza contro l’esser posto, cioè c’è un’essenza che non è ancora posta; difatti, dice come non esser posto. Quindi, questo fondamento “inizialmente” - tra virgolette perché non è un processo temporale – è l’essenza. In secondo luogo è il fondato, l’immediato, che però non è in sé e per sé, l’esser posto come esser posto. Questo è con ciò parimenti identico con sé, ma è l’identità con sé del negativo. Il negativo con sé identico e il con sé identico positivo sono ora una sola e medesima identità. Più avanti. L’essenza ha una forma e delle determinazioni di essa. Solo come fondamento l’essenza ha una stabile immediatezza, ossia è substrato. L’essenza come tale è uno stesso colla sua riflessione, ed è indistintamente il movimento stesso di questa. Ciò che ci sta dicendo qui Hegel è che il fondamento non è altro che un movimento, del positivo e del negativo, del significante e del significato, dell’essere e del nulla. Quindi, un movimento: questo è il fondamento. A pag. 501. Alla forma appartiene in generale ogni determinato. È una determinazione formale, in quanto è un posto, ed è perciò un differente da quella di cui è forma. È chiaro che la forma appartiene a ogni determinato, non c’è un qualche cosa che, per essere un qualche cosa, non abbia una forma. La determinatezza come qualità è una col suo substrato, cioè coll’essere. L’essere è l’immediatamente determinato, quello che non è ancora distinto dalla sua determinatezza, - ossia quello che non è ancora in lei riflesso in sé, come la determinatezza è quindi una determinatezza che è, non ancora una determinatezza posta. Perché possa essere una determinatezza osta occorre che ci sia questa riflessione in sé, cioè che l’essere si rifletta in sé come essenza. A pag. 502. Questa è l’assoluta relazione mutua della forma e dell’essenza, che l’essenza è semplice unità del fondamento e del fondato, ma in ciò è appunto essa stessa determinata, ossia è un negativo, e si distingue come base dalla forma, diventando però appunto in pari tempo fondamento e momento della forma. La forma è quindi il tutto compiuto della riflessione di cui contiene anche questa determinazione, di esser tolta. Quindi, La forma è quindi il tutto compiuto della riflessione, in quanto ha in sé anche l’esser tolta. La forma viene tolta in quanto integrata nel tutto. Quindi, com’è unità del suo determinare, è anche in relazione col suo esser tolta, con un altro, che non è esso stesso forma, ma è quello in cui è la forma. Come negatività essenziale riferentesi a se stessa contro questo semplice negativo, essa è il ponente e il determinante;… E’ chiaro che la forma è altro da ciò di cui è forma. A pag. 503. La forma non determina dunque l’essenza, quasi che essa forma fosse veramente presupposta, separata dall’essenza, perché così essa è la determinazione riflessiva inessenziale, che va incessantemente a fondo, col che è anzi essa stessa il principio del suo togliere ossia l’identica relazione delle sue determinazioni. La forma determina l’essenza, significa dunque: La forma nel suo distinguere toglie appunto questo distinguere, ed è quell’identità con sé che è l’essenza come sussistenza della determinazione. Quindi, la forma nel suo distinguere toglie questo distinguere perché è un’identità con sé. Dice Hegel: è l’essenza come sussistenza della determinazione, cioè, è l’essenza come determinazione in quanto tale. Essa è la contraddizione di esser tolta nel suo esser posta, e di aver la sussistenza in questo esser tolta, epperò è il principio o fondamento come essenza identica con sé nell’esser determinata o negata. Questa è la contraddizione nel suo esser tolta e nel suo esser posta, cioè mentre si pone si toglie; mentre poniamo la forma, la forma scompare nel tutto. Queste differenze, della forma e dell’essenza, non son quindi che momenti della semplice relazione formale stessa. Ma esse debbono essere considerate e fissate più in particolare. La forma determinante si riferisce a sé come tolto esser posto;… Abbiamo visto che la forma, nel momento in cui si pone, è forma di qualcosa e, quindi, non è più solo forma. …si riferisce quindi alla sua identità come a un altro. Si pone come tolta; presuppone con ciò la sua identità;… Chiaramente, togliendosi si toglie in quanto forma, quindi, dobbiamo presupporre che sia la forma per poterla togliere. …l’essenza è secondo questo momento l’indeterminato, per il quale la forma è un altro. Così essa non è l’essenza, che è in lei stessa la riflessione assoluta, ma è determinata come identità priva di forma; è la materia. Qui Hegel introduce la nozione di materia, di cui dice molto bene qui nel capitolo Forma e materia, a pag. 503. L’essenza divien materia in quanto la sua riflessione si determina a rapportarsi ad essa come all’indeterminato privo di forma. L’essenza diventa una materia in quanto la riflessione dell’essenza – l’essenza è una riflessione – si rapporta se stessa come all’indeterminato privo di forma, perché l’essenza, essendo fatta di forma e materia, chiaramente ha una forma; questa forma ha un suo opposto, ha qualche cosa che si contrappone; ciò che le si contrappone è ciò che la forma non è propriamente, è la materia, ci dice Hegel. La materia pertanto è quella semplice identità indistinta che è l’essenza colla determinazione di esser l’altro della forma. La determinazione della materia è semplicemente questa, e cioè di essere altro dalla forma. Essa è quindi la vera e propria base o substrato della forma, perché costituisce la riflessione in sé delle determinazioni formali, ossia quell’indipendente cui esse si riferiscono come alla loro positiva sussistenza. La forma, per avere una sussistenza, necessita che le sue determinazioni abbiano a loro volta una sussistenza. Quando si fa astrazione da tutte le determinazioni, da ogni forma di qualcosa, rimane la materia indeterminata. La materia è un che di assolutamente astratto. (-La materia non si può né vedere né sentire, ecc. – quel che si vede, o sente, è una materia determinata, vale a dire una unità di materia e forma). Quest’astrazione, da cui sorge la materia, non è però soltanto un estrinseco levare e toglier via la forma, ma, come si è mostrato, la forma si riduce di per se stessa a questa semplice identità. Comincia a dirci che non è possibile togliere la materia e la forma, sono due momenti dello stesso. Inoltre la forma presuppone una materia alla quale si riferisce. Ma perciò esse due non si trovano una di fronte all’atra estrinsecamente e accidentalmente. Né la materia né la forma è di per se stessa, ossia, in altri termini, eterna. La materia è l’indifferente rispetto alla forma, ma questa indifferenza è la determinatezza dell’identità con sé, nella quale la forma ritorna come nella sua base. Questa indeterminatezza non è altro che l’indifferenza della forma, ma in questo modo, dice, la forma ritorna nella sua base, cioè ritorna come elemento semplice. La forma presuppone la materia, appunto in quanto si pone come un tolto, epperò si riferisce a questa sua identità come a un altro. Poco più avanti. Forma e materia son pertanto determinate, l’una come l’altra, a non essere poste l’una dall’altra, a non essere fondamento l’una dell’altra. La materia è anzi l’identità del fondamento e del fondato,… Questa è la questione centrale: la materia come identità del fondamento e del fondato. Qui introduce la questione del fondato: ogni fondamento fonda qualcosa; il qualcosa che il fondamento fonda è il fondato. A pag. 505. Quell’unità dell’essenza e della forma, che si contrappongono come forma e materia, è il fondamento assoluto che si determina. In quanto essa unità si rende un diverso, la relazione, a cagione della fondamentale identità dei diversi, diviene un presupporsi reciproco. Torna alla questione del fondamento come movimento, movimento tra la forma e la materia. In secondo luogo, la forma come per sé stante è inoltre la contraddizione che toglie se stessa. Ma essa è anche posta come cotesta contraddizione, perché è in un medesimo tempo per sé stante e riferita a un altro; - quindi si toglie. La forma è la contraddizione che toglie se stessa: la forma si toglie, e si toglie nel momento in cui diventa un tutto con la materia e diviene, come dirà tra poco, il contenuto. Altresì, è una contraddizione in quanto è sempre e comunque riferita ad altro, è riferita a sé e ad altro. A pag. 506. Questa, che appare quale attività della forma, è inoltre anche il proprio movimento della materia stessa. Vedete come insiste sempre sulla questione del movimento. La determinazione che è in sé, ossia il dover essere della materia, è la sua assoluta negatività. Ciò che la materia deve essere è la sua assoluta negatività, cioè il suo togliersi, il suo essere per altro. Infatti, la materia è per se stessa e per la forma, non è mai per sé. Per mezzo di questa la materia non solo si riferisce assolutamente alla forma come a un altro, ma questo esterno è la forma ch’essa stessa ha in sé come racchiusa. A pag. 507. La forma, in quanto presuppone una materia come il suo altro, è finita. Essa non è principio o fondamento, ma è soltanto l’attivo. Infatti, la materia è ciò che dà forma, è ciò che letteralmente informa. In pari modo la materia, in quanto presuppone la forma come il suo non essere, è la materia finita; nemmeno essa è fondamento o principio dell’unità sua colla forma, ma è soltanto la base per la forma. Però né questa materia finita, né la forma finita hanno verità alcuna; ciascuna di esse si riferisce all’altra, ossia, soltanto la loro unità è la verità loro. Questa è una questione importante: la verità di forma e materia è quella di essere ciascuna dipendente dall’altra, sono due momenti dello stesso. A pag. 508. La materia formata o la forma avente una sussistenza non è ora soltanto quell’assoluta unità del fondamento con sé, ma è anche l’unità posta. È il movimento qui considerato, quello in cui il fondamento assoluto ha spiegati i suoi momenti come toglientisi, epperò come posti. Dunque, è di nuovo il movimento in cui il fondamento assoluto ha i suoi momenti. Ossia l’unità ristabilita si è anche, nel suo fondersi con sé, respinta da se stessa e determinata; perché l’unità di quei momenti, essendo sorta per via di negazione, è anche unità negativa. Il movimento è sempre lo stesso: significante e significato, il dire e il detto, sono momenti di questa unità; è questa unità che è il fondamento, non ce ne sono altri. È questa unità in quanto movimento tra questi due momenti, e questo è il fondamento. A pag. 509. Il contenuto ha primieramente una forma e una materia che gli appartengono e sono essenziali; esso è la loro unità. Ma in quanto questa unità è in pari tempo una unità determinata o posta, il contenuto sta di contro alla forma; questa costituisce l’esser posto ed è di fronte al contenuto l’inessenziale. Il contenuto è quindi indifferente di fronte a lei; essa comprende tanto la forma come tale, quanto anche la materia. Il contenuto ha dunque una forma e una materia, delle quali costituisce la base, e che son per lui come un semplice esser posto. Ciò che si pone, dunque, è questo contenuto che non è nient’altro che forma e materia. Qui verrebbe da fare una connessione con ci che diceva Hjelmslev a proposito del segno, che lui distingueva tra espressione e contenuto, e tra questi distingueva ancora forma e materia. Faccio un esempio: la parola “pane” ha un’espressione e un contenuto, un significante e un significato. Nell’espressione possiamo distinguere forma e materia: la forma è la forma della parola “pane”, la sua struttura sintattica, la sequenza di sillabe; la materia sono i fonemi di cui è fatta. A pag. 510, Il fondamento determinato. Il fondamento ha un contenuto determinato. La determinatezza del contenuto è, come si è mostrato, la base per la forma, il semplice immediato contro la mediazione della forma. Il fondamento è identità riferentesi negativamente a se stessa, la quale diventa con ciò l‘esser posto. Il fondamento, quindi, è una negatività, è prettamente un negativo, in quanto questa identità, che si riferisce a sé, si pone come negativo. Il fondamento è un’identità che si riferisce a sé, ma, riferendosi a sé, e chiaro che si nega, perché ciò che si riferisce non è il riferito; sono sempre due momenti distinti. A pag. 511. Non vi è nulla nel fondamento che non sia nel fondato, come non vi è nulla nel fondato che non sia nel fondamento. Quando si domanda una ragione, ossia un fondamento, si vuol vedere in una maniera doppia quella medesima determinazione che è il contenuto, vederla cioè una volta nella forma del posto, e l’altra volta in quella dell’esser determinato in sé riflesso, vale a dire dell’essenzialità. Nella Nota dice quando la riflessione sulle ragioni o fondamenti determinati si attiene a quella forma di fondamento che si è qui manifestata, l’assegnare una ragione rimane un semplice formalismo e una vuota tautologia, che esprime nella forma della riflessione in sé, ossia dell’essenzialità, quel medesimo contenuto che già si ha nella forma dell’esistere immediato, riguardato come posto. Cotesto assegnamento di ragioni è perciò accompagnato da quella medesima vuotezza che il discorrere in base al principio di identità. Es. Che cos’è questo? È questo. Le scienze, specialmente le scienze fisiche, son piene di tautologie di questa sorta, che costituiscono quasi un privilegio della scienza. A pag. 515. L’imbroglio diventa infine anche maggiore, in quanto si mischiano delle determinazioni riflesse e meramente ipotetiche colle determinazioni immediate del fenomeno stesso, quando si enunciano quelle nella stessa maniera come se appartenessero all’esperienza immediata. Cioè: enunciare ipotesi come se quelle ipotesi fossero in realtà delle determinazioni immediate. Così molti, che si accostino in buona fede a queste scienze, possono benissimo credere che le molecole, gl’interstizi vuoti, la forza centrifuga, l’etere, il raggio di luce separato, la materia elettrica, magnetica e simili siano cose o rapporti che, dato il modo in cui se ne parla quasi di immediate determinazioni dell’esistere, si trovino effettivamente nella percezione. Coteste determinazioni servono come primi principii per altro, vengono enunciate ed applicate fiduciosamente come realtà, e dall’altro lato si lasciano in buona fede valer per tali, finché uno si accorge che sono invece determinazioni ricavate da quello che vi si dovrebbe fondar sopra, ipotesi e finzioni dedotte per opera di una riflessione priva di critica. Infatti ci si trova in una specie di circolo magico, dove le determinazioni dell’esistere e le determinazioni della riflessione, il fondamento e il fondato, i fenomeni e i fantasmi perpetuamente si confondono e godono fra loro di un rango eguale. Questa è ovviamente una critica al discorso scientifico. Come accade molto spesso, le ipotesi vengono prese come determinazioni immediate, come qualcosa che c’è, che esiste di per sé. A pag. 516, Il fondamento reale. La determinatezza del fondamento, come si è mostrato, è da una parte determinatezza della base o determinazione di contenuto; d’altra parte è l’esser altro nella relazione fondamentale stessa, cioè la differenza del suo contenuto e della forma; la relazione di fondamento e fondato scorre come una forma estrinseca su contenuto, che è indifferente rispetto a queste determinazioni. Nel fatto però i due non sono fra loro estrinseci; poiché il contenuto sta nell’esser l’identità del fondamento con se stesso nel fondato, e del fondato nel fondamento. Il lato del fondamento si è mostrato essere esso stesso un posto, e il lato del fondato si è dato a vedere come quello che è esso stesso fondamento; ciascun lato è in lui stesso questa identità dell’intiero. Questa è la questione su cui insiste, e cioè il fondamento e il fondato come due momenti dell’intero o, potremmo dire, dell’atto di parola. Siccome però cotesti lati appartengono in pari tempo alla forma e ne costituiscono la differenza determinata, ciascuno di essi è nella sua determinatezza l’identità dell’intiero con sé. Ciascuno ha quindi un contenuto diverso rispetto all’altro. Ovvero, considerando la cosa dalla parte del contenuto, siccome questo è l’identità come identità della relazione fondamentale con sé, esso ha essenzialmente in lui stesso questa differenza di forma ed è come fondamento un altro che come fondato. Ci sta dicendo che, rispetto al contenuto, questo non è altro che l’identità della relazione fondamentale con sé. Quindi, in quanto relazione con sé, il contenuto ha essenzialmente in lui stesso questa differenza di forma ed è come fondamento un altro che come fondato, nel senso che ciascuno dei due ha la sua forma e, quindi, sono differenti. Ora in ciò che fondamento e fondato hanno un contenuto diverso la relazione fondamentale ha cessato di essere una relazione formale. Il retrocedere nel fondamento e il sorger da lui come un posto non è più la tautologia; il fondamento è realizzato. A pag. 518, Nota. La relazione fondamentale formale racchiude soltanto un unico contenuto per il fondamento e per il fondato. In questa identità sta la sua necessità, ma in pari tempo la sua tautologia. Il fondamento reale contiene un contenuto diverso. Ma con ciò interviene l’accidentalità e l’estrinsecità della relazione fondamentale. Da un lato quello che vien considerato come l’essenziale epperò come la determinazione fondamentale non è fondamento delle altre determinazioni che son collegate con quella. D’atro lato è anche indeterminato quale fra diverse determinazioni di contenuto di una cosa concreta debba esser presa come essenziale e come fondamento; è quindi libera la scelta fra esse. Così sotto il primo aspetto p. es. il fondamento di una casa son le sue fondamenta. Quello per cui queste son fondamento è la gravità insita nella materia sensibile, quello che è assolutamente identico così nel fondamento come nella casa fondata. Che ora nella materia grave si trovi una differenza tale, qual è quella delle fondamenta e di una modificazione diversa tra loro, per cui essa costituisce un’abitazione, è perfettamente indifferente al grave stesso; la relazione sua alle altre determinazioni di contenuto, dello scopo, dell’arredamento della casa, ecc., gli è estrinseca. Esso quindi ne è bensì la base, ma non il fondamento. La gravità è tanto fondamento o ragione dello star su di una casa, quanto del cadere di una pietra. La pietra ha questa ragione, la gravita, in sé; ma che abbia una ulteriore determinazione di contenuto, per cui non è soltanto un grave, ma è pietra, ciò è estraneo alla gravità. È posto inoltre da un altro, che la pietra sia stata precedentemente allontanata dal corpo su cui cade; come anche il tempo e lo spazio e la lor relazione, il moto, sono un altro contenuto che non è la gravità, e possono essere immaginati (come si suol dire) senza di essa, e per conseguenza non sono essenzialmente posti da lei. Sta incominciando a dire che quando si parla di fondamento, cioè della ragione di qualche cosa, bisogna riflettere bene perché qualunque cosa può essere presa come ragione di un’altra. Quando si dice della natura, che essa è la ragione d’essere del ondo, quello che vien chiamato natura è da un lato uno stesso col mondo, e il mondo non è se non la natura stessa. Ma essi sono anche distinti, così che la natura è piuttosto l’indeterminato, o per lo meno è l’essenza del mondo determinata solo in quelle differenze generali che son leggi, è quell’essenza identica con sé, mentre alla natura, perché sia mondo, si aggiunge ancora estrinsecamente una molteplicità di determinazioni. Queste però non hanno la loro ragion d’essere nella natura come tale, che è anzi l’indifferente di fronte a loro quali accidentalità. … Quella ragion d’essere non è né ragion d’essere della molteplicità da lui diversa, né ragion d’essere del suo collegamento con essa. La conoscenza della natura non vien quindi tratta da Dio come ragion d’essere, perché Dio non sarebbe così che l’essenza generale della natura, che non contiene lei in quanto essenza e natura determinata. Comincia a porre delle questioni che riguardano il fondamento, cioè la ragion d’essere di qualcosa, di una qualunque cosa, in modo tale da immaginare una ragion d’essere che sia differente da quella del movimento dell’atto di parola. A pag. 521. Così in generale ogni esistere può avere più sorta di fondamenti o ragioni. Ciascuna delle sue determinazioni di contenuto penetra, come identica con sé, il tutto concreto, e si può quindi riguardare come essenziale. A cagione dell’accidentalità del collegamento è sempre aperta la porta i più svariati riguardi, valle a dire a determinazioni che stanno fuori della cosa stessa. Che un principio abbia questa o quella conseguenza, è pertanto parimenti accidentale. I motivi morali p.es. sono determinazioni essenziali della natura etica, ma quel che ne consegue è in pari tempo un’esteriorità diversa da loro, che ne consegue, o anche non ne consegue; solo mediante un terzo essa si sopraggiunge loro. Più esattamente la cosa è da intendere così, che alla determinazione morale, se è motivo, non sia accidentale di avere una conseguenza o un fondato, ma che sia invece in generale accidentale, che di essa si faccia un motivo oppur no. Se non che siccome quel contenuto, che è la sua conseguenza quando di essa si sia fatta un motivo, ha daccapo la natura dell’esteriorità, così esso può essere immediatamente tolto, cioè levato di mezzo, da un’altra esteriorità. Da un motivo morale un’azione può dunque sorgere, oppur no. Viceversa un’azione può aver più sorta di motivi. Esseno un concreto, essa contiene molteplici determinazioni essenziali, ciascuna delle quali può pertanto essere assegnata come motivo. La ricerca e assegnazione delle ragioni, nella quale principalmente consiste il ragionamento, è perciò un perpetuo correr dietro a questa cosa o a quella, il quale non contiene alcuna determinazione definitiva; di ogni cosa si possono portare una e parecchie buone ragioni, e così anche del suo opposto; e si possono aver ragioni in gran numero, senza che da esse venga fuori nulla. Quello che Socrate e Platone chiamano sofistica non è altro che l’argomentare in base a delle ragioni. A questo argomentare Platone contrappone la considerazione dell’idea, cioè della cosa in sé e per se stessa, ossia nel suo concetto. Le ragioni son prese soltanto da essenziali determinazioni di contenuto, rapporti e riguardi di cui ciascuna cosa, precisamente come il suo opposto, ne possiede parecchi. Ognuna di coteste determinazioni, nella sua forma di essenzialità, val quel che val l’altra. Siccome non abbraccia l’intiero ambito della cosa, così è una ragione unilaterale, simile a quelle che sono a lor volta proprie degli altri particolari lati della cosa, mentre nessuna di esse esaurisce la cosa, che costituisce il lor nesso e tutte le contiene; nessuna di esse è ragion sufficiente. Qui dobbiamo fermarci un attimo perché la questione è impegnativa. Ci ha detto che il fondamento non è che il movimento tra fondamento e fondato, tra significante e significato, tra il dire e il detto. Quindi, il fondamento è movimento, ma in quanto tutto, in quanto intero di questi due momenti. Sta invece considerando adesso ciò che comunemente si cerca, ciò che la ragione cerca. Hegel distingue tra ragione e concetto: la ragione è quella che cerca la verità, immaginando che i momenti dell’atto siano separati; il concetto è ciò che li unisce. Ciò che sta considerando è che ciascuna argomentazione per trovare il fondamento, cioè la ragion d’essere delle cose, messa in atto dalla ragione, è fallimentare, nel senso che può trovare ragioni all’infinito, a favore o contro. Questo, naturalmente, è un problema per tutto il discorso scientifico, ne mostra il limite. Il limite della scienza è il non potere considerare il concetto anziché fermarsi alla ragione. Naturalmente, questo comporta una posizione religiosa: due momenti separati, presi separatamente, sono alla base del discorso religioso, e in questo la scienza è religione, in quanto immagina di potere avvantaggiarsi dell’uno a scapito dell’altro separando i due momenti, p. es. il vero e il falso, l’identico e il differente, senza potere tenere conto del concetto che invece è unico fondamento e unifica, mette insieme questi due momenti. Quindi non c’è un altro fondamento al di fuori di questo, al di fuori cioè dell’atto di parola, perché qualunque fondamento la ragione vada cercando è un fondamento che è sempre limitato, parziale, provvisorio, e quindi, come dice Hegel, vale quanto la sua contraria. Il fatto che p. es. funzioni una certa cosa di per sé, concettualmente, non significa assolutamente niente. È invece importante intendere qui come da sempre si è tentato di trovare la ragion d’essere delle cose escludendo ciò che si immaginava che quelle cose non fossero, quindi, tenendo i momenti separati, compiendo pertanto un’operazione religiosa. Ciò che sta facendo Hegel è, chiamiamolo così, il superamento della religione, così come aveva già fatto nella Fenomenologia dello spirito, ma qui in modo ancora più evidente. La ricerca del fondamento, della ragione delle cose, è essenziale qui per intendere la questione centrale del pensiero di Hegel, cioè la dialettica. Dialettica che privilegia il concetto, cioè l’intero. Come direbbe Severino, Hegel privilegia il concreto e non l’astratto. L’astratto, certo, è inevitabile, se si pensa qualcosa e si vuole parlarne occorre astrarlo, ma sempre tenendo conto che di fatto, una volta astratta la cosa, io parlo di qualcosa che non è più quella cosa di cui volevo parlare, non è più quella che era nel concreto. Se io cerco la ragion d’essere di qualcosa, occorre che questo qualcosa io lo astragga dal concreto; astraendolo dal concreto separo i momenti di questa cosa; separandoli, è come se separassi il fondamento dal fondato. C’è un fondamento, ma il fondato, ciò di cui il fondamento è fondamento, tenuto separato dal fondamento e volendolo considerare per sé, perde il suo fondamento, non ce l’ha più. Quindi, la sua ragion d’essere non si trova, sarà sempre spostata: il fondato avrà un altro fondamento, che avrà un altro fondato, che avrà un altro fondamento, e così via all’infinito. Ecco l’interesse di questa considerazione che sta facendo qui Hegel. A pag. 522. Il fondamento integrale. Nel fondamento reale il fondamento come contenuto, e come relazione, son soltanto basi. Basi che poi dovranno essere integrate, naturalmente. Quello è soltanto posto come essenziale e come fondamento; la relazione è il qualcosa del fondato, come il substrato indeterminato di un contenuto vario, un suo nesso, che non è la riflessione sua propria, ma è una riflessione estrinseca epperò soltanto posta. Questi due momenti, presi separatamente, non danno l’intero, non rendono conto che ciascuno è quello che è nell’atto di parola. Ma come esser posto il fondamento stesso è ora tornato nel suo fondamento; esso è ora fondato, che ha un altro fondamento. Questo si determina pertanto così, che in primo luogo è l’identico col fondamento reale come col suo fondato; entrambi i lati hanno secondo questa determinazione un solo e medesimo contenuto; le due determinazioni di contenuto e il loro nesso nel qualcosa si trovano parimenti nel nuovo fondamento. È quello che vi dicevo prima, cioè: nella ricerca di questo fondamento, se non si tiene conto del concetto, cioè dell’unità di questi momenti, è chiaro che avviene di trovarsi presi in un processo all’infinito; si trova un fondamento che ha un fondato, il quale ha un altro fondamento, perché il fondato non è il fondamento e, anche sono indissolubili, non sono lo stesso. A pag. 524. Il contenuto costituisce primieramente l’identità immediata dei due lati del fondamento formale, i quali hanno così un unico e medesimo contenuto. Ma ha in lui stesso anche la forma, ed è così un doppio contenuto, che sta come fondamento e fondato. L’una delle due determinazioni di contenuto dei due qualcosa è quindi determinata non soltanto come tale che è loro comune secondo un confronto esteriore, ma come quella che è il loro identico substrato e la base della lor relazione. Vedete che parla sempre di relazione. Di fronte all’altra determinazione di contenuto essa è la determinazione essenziale, fondamento dell’altra come di quella che è posta, vale a dire in quel qualcosa, la cui relazione è la relazione fondata. Nel primo qualcosa, che è la relazione fondamentale, è immediatamente e in sé collegata colla prima anche questa seconda determinazione di contenuto. L’altro qualcosa contiene soltanto l’una determinazione in sé come quello in cui esso è immediatamente identico col primo qualcosa; l’altra la contiene come quella che vi è posta. La prima determinazione di contenuto ne è fondamento, per ciò ch’essa è originariamente collegata nel primo qualcosa coll’altra determinazione di contenuto. Se pensate a ciò che dice Peirce rispetto al segno, Hegel sa dicendo esattamente la stessa cosa, e cioè che il primo posto, p. es. la A, il primo qualcosa è quello che è in quanto c’è un secondo qualche cosa che gli dà la sua identità, cioè che lo fa esistere in quanto tale. Infatti, Hegel dice l’altra la contiene come quella che vi è posta: l’altra, cioè la B, contiene la A come quella cosa che è posta. Potremmo indicare la A come il fondamento e la B come il fondato. Ecco, a questo punto si vede come il posto, l’affermato, la A, non può darsi senza il fondato, cioè senza ciò di cui il fondamento è fondamento, in questo caso la B. La relazione tra i due è inscindibile, non può darsi né l’uno né l’altro al di fuori di questa relazione. Questo significa anche che è la relazione che fa essere i due elementi quello che sono. Questo Peirce lo aveva inteso. Questo per dire che i due momenti sono in continuo movimento tra loro. La relazione è questo movimento, è il manifestarsi di questo movimento, un movimento continuo, ed è questo movimento ciò che determina il linguaggio, cioè: il fondamento è l’intero. A pag. 525. Il fondamento formale presuppone la determinazione di contenuto immediata… È chiaro che presuppone che ci sia la determinazione di un contenuto, se non c’è la forma non c’è neanche il contenuto. …e questa, qual fondamento reale, presuppone la forma. Il fondamento è dunque la forma come nesso immediato, ma in modo ch’essa si respinge da se stessa e presuppone anzi l’immediatezza riferendovisi a sé come a un altro. Questa immediatezza della forma… vedo la forma di qualche cosa, ma questa fora dilegua nel momento stesso in cui appare, e dilegua per il solo fatto che la forma non c’è senza il contenuto e, quindi, non posso cogliere solo la forma, devo cogliere la forma in un contenuto. Anche quello che diceva già Aristotele nel De generatione et corruptione: non esiste la materia in quanto tale, esiste la materia signata, cioè formata, non la materia in sé. La stessa cosa può dirsi della forma: la forma deve essere necessariamente forma di qualcosa.