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12-11-2008

 

C’è qualche questione intanto? Avete riflettuto sulla costruzione delle storie? In questi incontri dovremmo costruire molte storie per poterle utilizzare in seguito. Nell’esordio di una storia si incomincia a descrivere i personaggi dire chi sono, che cosa fanno, qual è la loro funzione in definitiva e situarli all’interno della storia, dare loro un ruolo naturalmente. Una storia può anche non avere dei personaggi necessariamente, nel senso che può essere per esempio la storia di un concetto astratto, un concetto astratto come se fosse un personaggio, l’altra volta abbiamo chiuso parlando dell’intelligenza. L’intelligenza come ciascuno sa è un concetto astratto e quindi se si volesse per esempio utilizzare la storia dell’intelligenza per condurre le persone a intendere ciò che stiamo facendo e perché lo stiamo facendo, anche in questo caso si dovrebbe partire da un esordio e quindi definire l’intelligenza, il ruolo che ha, che ha avuto, perché è stata praticata, chi l’ha praticata e perché. In questo caso l’intelligenza, essendo un concetto astratto, necessita forse più che altri concetti delle auctoritates in questo caso mostrando che l’intelligenza è stata da sempre tenuta in gran conto, in grande stima. In effetti l’intelligenza, la cultura, sono più stimate che invidiate, le persone invidiano di più il potere e la ricchezza che l’intelligenza. Dunque le auctoritates in questo caso sono Platone e Aristotele i quali per primi hanno dato grande rilevo all’intelligenza e l’hanno praticata nei loro scritti, addirittura Aristotele pone la ricerca come qualcosa che è comune a tutti gli umani: gli umani cercano da sempre il sapere anche se non se ne accorgono, se non se ne rendono conto, però cercano sempre il sapere. Facendo questo, ponendo delle auctoritates, si possono anche fare delle brevi citazioni volendo a supporto di tutto ciò, l’importante è che passi l’idea che l’intelligenza è qualcosa non solo di molto antico ma di stimato da sempre, e a questo punto occorre spiegare perché è stimato da sempre, perché gli umani hanno dato sempre grande importanza all’intelligenza appunto da praticarla da sempre, si pensi ai grandi filosofi, ai ricercatori, a pensatori in ogni campo, perché dunque gli umani praticano l’intelligenza? Qui è possibile inserire una breve definizione di intelligenza che deve essere molto semplice, molto facilmente recepibile da chi ascolta, l’intelligenza come l’etimo stesso ci dice non è altro che legare le cose insieme, quindi legare le cose insieme traendo delle conclusioni, più semplice di così, trarre insieme e quindi concludere. Si considera da sempre una persona intelligente quella che sa trarre in modo corretto, rapido, conclusioni da certe premesse, da sempre si ritiene intelligente una persona che fa questo in qualunque campo, in qualunque ambito non ha importanza. Fornita questa semplicissima definizione di intelligenza bisogna passare al perché gli umani la praticano, qui siamo sempre nell’esordio naturalmente, tenendo conto che tutto ciò che si dice in questo esordio dovrà poi essere utilizzato nelle altre parti e cioè perché invece poi non è stata praticata e poi la conclusione, che dirà che non solo è praticabile ma che è necessario praticarla, assolutamente necessario, perché deve essere questo l’obiettivo che a noi interessa, il messaggio che ci interessa trasmettere e cioè che può essere praticata da tutti, e se qualcuno non la pratica è una bestia. I luoghi comuni in questo caso bisogna richiamarli ininterrottamente: lo dice anche Dante “Uomini siate e non pecore matte” e poi sempre Dante “foste fatti per seguir virtute e canoscenza”. Quindi uno degli artifici in questo caso è mostrare che se non si segue la via dell’intelligenza si è bestie, questo comporta una sorta di apertura da parte del pubblico e di disposizione a tutto ciò che si dirà di bene sull’intelligenza perché abbiamo detto o siete intelligenti o siete animali e lo dice pure Dante e qualunque cosa dicano le auctoritates va sempre bene perché sono autorità altissime, chi avrebbe da obiettare qualcosa a Dante? E quindi questo ci fa buon gioco perché a questo punto le persone hanno una sorta di disposizione verso l’intelligenza, e allora dobbiamo dire perché, in parte abbiamo già avviata la questione citando Dante “per distinguerci dagli animali” siccome non siamo animali pratichiamo l’intelligenza, ma praticando l’intelligenza che cosa facciamo? Ci chiediamo delle cose, vogliamo delle risposte. Bisogna trovare argomenti che interessino le persone sul perché si pratica non perché si deve ma perché si pratica comunemente l’intelligenza, perché si deve dovrà intervenire dopo nella conclusione, dunque perché si pratica, perché gli umani la praticano da sempre? Di nuovo qui l’auctoritas, Aristotele: per vivere meglio, risolvere i problemi che si incontrano nella vita quotidiana, vivere meglio è risolvere i problemi che mano a mano la vita pone di fronte tant’è che attraverso l’intelligenza gli umani sono riusciti a costruire un sacco di aggeggi che facilitano la nostra esistenza, per esempio, altri luoghi comuni, perché serve l’intelligenza? Dicendo che serve a vivere meglio si è già detto quasi tutto ma si può a questo punto inserire qualche cosa di più specifico, e cioè aiuta a risolvere non soltanto i così detti problemi pratici ma anche altri problemi, problemi esistenziali, problemi di identità, promuove una minore ingenuità di fronte alle cose, di fronte alla vita, di fronte alle argomentazioni che vengono proposte. Detto questo bisogna arrivare a dire che l’intelligenza giova a sapere muoversi quindi anche controbattere le argomentazioni cioè i discorsi. In questo momento stiamo compiendo la prima parte della retorica e cioè la inventio, cioè trovare le cose da dire, prima ancora di fare altro trovare le cose da dire, una sorta di enumerazione di tutte le cose da dire e le stiamo reperendo in questo modo. Questo strumento quindi la capacità che ha l’intelligenza di potere argomentare più rapidamente e meglio e quindi di favorire e facilitare i rapporti sociali, interpersonali, per esempio, tutti i luoghi comuni quelli più biechi e più comuni, questo è uno degli aspetti il vivere meglio di cui si diceva prima. Dunque gli umani praticano l’intelligenza e desiderano praticarla proprio per questo motivo, perché sanno che praticandola vivono meglio, vivono meglio perché sanno meglio e più efficacemente risolvere qualunque problema gli si pari innanzi, questo è il motivo per cui la praticano. Ora però ci serve un elemento, sempre nell’esordio, che ci consenta di agganciare questo a ciò che sarà poi la conclusione quindi il linguaggio che deve essere già in qualche modo enunciato nell’esordio per poterlo poi riprendere dopo, nella seconda parte quella che riguarda i motivi per cui non è stato invece perseguito questo obiettivo e la fine, dove diremo perché si deve invece perseguire questo obiettivo e quindi ci serve qualche cosa che ci permetta molto facilmente e agevolmente questo passaggio. Questo potremmo già averlo introdotto forse già da prima e cioè quando abbiamo mentovato le auctoritates Platone e Aristotele e altri e mostrare come non soltanto hanno detto dell’intelligenza e quanto l’intelligenza sia cara e sia importante per gli umani ma hanno anche detto che l’intelligenza è argomentativa e deduttiva, muove da inferenze, deduzione, induzione, abduzione e l’intelligenza è il collegamento che ci consente di passare dall’intelligenza degli antichi al linguaggio: l’intelligenza è argomentativa, procede per argomentazioni. Questo può essere fatto bene nel senso di proporre, avanzare prima la definizione comune dopodiché, dopo che si è parlato dell’argomentazione riprendere la definizione dicendo che a questo punto l’intelligenza non è soltanto più legare le cose, ma legare concetti, legare in definitiva proposizioni. A questo punto come dice bene Sandro possiamo inserire il procedimento opposto, se troviamo le proposizioni troviamo l’intelligenza e arrivati a questo punto dell’argomentazione occorrerà inserirla all’interno della narrazione. Ovviamente adesso stiamo soltanto componendo i suoi pezzi, arrivati a questo punto abbiamo a disposizione l’intelligenza, perché gli umani cercano l’intelligenza, chi l’ha cercata, le auctoritates e la definizione di intelligenza, la connessione tra l’intelligenza e il linguaggio e la ripresa della definizione di intelligenza che ci consente a questo punto di dire che l’intelligenza non è altro che il sapere connettere in modo corretto argomentazioni per trarre conclusioni che sono altre proposizioni, altre affermazioni. Stabilito tutto questo, questo insieme, cosa ci resta da dire ancora dell’esordio? Cosa ci potrebbe essere utile?

Intervento: tutte le persone si ritengono intelligenti però siamo anche abituati a pensare la stupidità a questo punto è difficile dare un valore assoluto all’intelligenza … allora a questo punto uno si chiede che cos’è l’intelligenza …

Questa bisogna inserirla nel luogo comune, cioè facendola intervenire come uno dei luoghi più diffusi, che tutti sanno e che nessuno ignora: chiunque conosce persone intelligenti e chiunque conosce persone stupide, anche quelle persone che non brillano propriamente di intelligenza cionondimeno pensano di sé di essere intelligenti, come fanno a pensarlo? E questo ci serve per aumentare ancora ciò che dicevamo prima rafforzandolo, e cioè queste persone pensano di sé di essere intelligenti perché anche loro traggono delle conclusioni da delle premesse e quindi ritengono di essere intelligenti, se compiono questo allora sono intelligenti, poi è chiaro varia dalla rapidità e dalla efficacia e dalla correttezza delle conclusioni che si traggono però anche queste persone a buon diritto pensano di sé di essere intelligenti, e perché fanno questa stessa operazione? Intervento: perché riconoscono come vere le conclusioni che traggono … sempre nel luogo comune colui che sa delle cose è intelligente perché conosce un mucchio di cose …

Occorre distinguere se vuole fra intelligenza e cultura, una persona può conoscere un sacco di cose ma non sa metterle insieme. Cerchiamo di riassumere: innanzitutto porre l’avventura dell’intelligenza, il tema, “l’avventura dell’intelligenza” poi abbiamo detto delle auctoritates, l’intelligenza è stata praticata da sempre dalle più grandi menti Platone, Aristotele etc.

Intervento:  metterei all’inizio perché si lega con l’intelligenza un riferimento alla psicanalisi …

Dipende da come si strutturano, dalla dispositio, la seconda parte della retorica …

Intervento: ci sono dei racconti che iniziano dalla fine …

Sì, ma i racconti per i bambini seguono invece questo andamento, sono più propenso alle storielle per i bambini. Alla fine dell’esordio si può aprire alla psicanalisi dicendo: “ma lo stesso Freud per inventare la psicanalisi non ha lui stesso utilizzato l’intelligenza? E cioè questo stesso criterio?”. Anche la psicanalisi è frutto dell’intelligenza è uno tra i prodotti dell’intelligenza degli umani fra i tanti …

Intervento: rispetto alla bestia …

Sì ma questo è già stato inserito ad un certo punto quando parlavamo degli antichi, abbiamo detto di Dante: “Uomini siate e non pecore matte”, ecco, quindi fa parte della prima parte, all’accenno all’autorità, agli antichi, i quali hanno praticato l’intelligenza, hanno affinato l’intelligenza, hanno stimato l’intelligenza. Da sempre si stima l’intelligenza, e perché si pratica l’intelligenza? Adesso sto riassumendo, si pratica per vivere meglio; da sempre gli umani sanno che in modo intelligente si possono risolvere i problemi rapidamente e in modo più efficace e possono più facilmente giungere a ciò che vogliono ottenere con l’intelligenza, senza l’intelligenza non si raggiunge ciò che si vuole ottenere, a questo punto davamo la definizione, quella banale di intelligenza “legare insieme le cose per trarre una conclusione”. Dopo abbiamo detto che l’intelligenza è argomentativa, procede per argomenti. Cioè queste cose che si legano insieme di fatto cosa sono? Sono pensieri, sono parole, sono argomenti, sono proposizioni, quindi a questo punto l’intelligenza è la capacità di legare insieme in modo corretto degli elementi per trarre una conclusione coerente con la premessa. Io corretto ce lo metterei perché ci servirà dopo quando dovremo dire perché si deve pensare in modo corretto, quindi attenendosi alle premesse e le premesse devono essere necessarie. La connessione che dobbiamo fare all’inizio, perché ci serve poi per il secondo passaggio fra l’intelligenza e il linguaggio, è che gli antichi retori, i sofisti, Gorgia, Parmenide non solo praticato l’intelligenza ma già hanno detto che l’intelligenza ha a che fare con qualcosa che si dice, che si racconta, che si parla, che si pensa, non è qualche cosa che sta fuori che sta fuori dal pensiero degli umani, è nel pensiero degli umani, è il pensiero degli umani, lì c’è l’intelligenza. Questo ci servirà poi per dire perché è stata abbandonata. Perché se gli umani sono così attenti all’intelligenza non l’hanno portata fino alle estreme conseguenze? Non hanno compiuto quel procedimento che i Sofisti avevano avviato? E allora a questo punto diciamo perché i Sofisti sono stati scacciati e sarà a sua volta all’interno del secondo momento, la premessa di ciò che diremo dopo: i Sofisti sono stati cacciati perché insegnavano a pensare e cioè insegnavano a trarre da premesse conclusioni opposte tra loro e hanno insegnato che se la premessa non è necessaria la conclusione che si trarrà non è necessaria ma arbitraria, quindi può essere l’una al pari dell’altra. Cioè i sofisti sono stati cacciati da tutte le contrade perché insegnavano a non qualunque cosa quindi non erano funzionali al discorso religioso e quindi il discorso religioso si oppone al pensiero, si oppone al pensiero perché se il pensiero …

Intervento: …

No, il dunque viene dopo, per il momento siamo all’esordio, poi c’è la difficoltà e quindi la conclusione, il punto di arrivo. Perché gli umani non hanno praticata l’intelligenza? Perché se l’hanno sempre considerata con grande rispetto non l’hanno portata alle estreme conseguenze come già i sofisti volevano fare? Ma i Sofisti hanno insegnato che se si parte da una premessa che non è necessaria si può giungere a qualunque conclusione e la sua contraria, questo insegnamento andava contro ogni possibilità di pensare religioso e quindi istituzionale, se le persone sono in grado da sole di costruire argomentazioni che vanno contro a tutto ciò che gli si vuole fare credere queste persone non sono più funzionali a un’istituzione: dal momento in cui i sofisti sono stati cacciati dalle contrade lì l’intelligenza è stata bandita insieme con loro, bandendo i sofisti si è bandita l’arte dell’intelligenza, la sua pratica fine a se stessa. Perché spaventavano tanto i sofisti? Perché non erano gestibili, insegnavano a pensare, a pensare in un modo che era diverso dal modo in cui voleva la religione, voleva l’istituzione. Ora nel mettere queste difficoltà, cioè i motivi per cui è stata abbandonata l’intelligenza occorre costruire la cosa per bene e fare vedere che effettivamente è stata abbandonata e qui possiamo giocare sui sofisti e cioè sul fatto che cacciando i sofisti è stata cacciata anche l’intelligenza. Bisogna trovare qualche cosa in più che ci permetta di rafforzare questa cosa, se noi diciamo che cacciando i sofisti hanno cacciato l’intelligenza dobbiamo trovare qualche cosa che emotivamente, non logicamente ma emotivamente supporti una cosa del genere. Sarebbe il momento di inserire una analogia …

Intervento: l’analogia potrebbe essere inserita facendo in modo che i sofisti diventino degli eroi …

Sì ma come? Così come questo allo stesso modo questo quest’altro: A sta a B come C sta a D, tema – foro. L’analogia è una relazione fra due rapporti che sono molto simili fra loro e quindi sono intercambiabili, la metafora non è altro che un’analogia troncata. Nell’analogia il primo rapporto cosiddetto tema, è un luogo comune riconosciuto anzi, deve essere riconosciuto e accolto da tutti indistintamente e incondizionatamente, soltanto a questa condizione il secondo rapporto cioè il foro viene accolto, come per magia. Abbiamo detto che hanno cacciato i sofisti, quindi l’intelligenza, d’altra parte non ha fatto così qualunque tiranno per accaparrarsi il potere? Hitler cosa ha fatto, per esempio? Ha eliminato tutte le menti pensanti che per fortuna degli americani sono andati negli Stati Uniti e lì hanno inventato la bomba atomica, questi sono dettagli marginali, come dire, non ha fatto così anche quel tizio perché voleva la supremazia politica? Per avere la supremazia politica deve cacciare quelli che sono intelligenti. Stalin non ha fatta la stessa cosa? Possiamo citare Majakovskij, quel poeta che si uccise per a causa del regime sovietico …

Intervento: questo va bene ma come prima analogia forse va meglio quello della chiesa con l’eresia.

Si può fare una enumerazione: le epurazioni della chiesa, che ne ha ammazzati tanti, e citare Giordano Bruno, e poi lo uno sterminio delle streghe, così come ha fatto la chiesa, così come hanno fatto i dittatori, così come ha fatto Hitler allo stesso modo … come dire che il sistema è sempre questo, per potere instaurare il monopolio intellettuale bisogna eliminare le menti quindi eliminare l’intelligenza tout court. Questa enumerazione va a rafforzare l’enunciato precedente che dice che cacciando i sofisti è stata cacciata l’intelligenza, che viene rafforzata da questa sequenza di analogie. Tenete sempre conto che la prima parte, il tema dell’analogia, deve essere una cosa assolutamente riconosciuta, non deve esserci nessun dubbio, nessuna possibilità di obiezione sul tema, la prima parte del rapporto deve avere un carattere universale, solo allora è consentito il passaggio al secondo rapporto, se il primo non è assolutamente autoevidente, immediato, ci si va a mettere nei guai. Quindi sì, la chiesa, però anche lì bisogna porla in termini retorici molto bene perché qualcuno può sempre dire che la chiesa ha dovuto abbattere coloro che le erano contrari ed essendo una fede hanno dovuto difendersi come hanno potuto, esattamente quello che avrebbero fatto gli intellettuali se avessero avuto il potere della chiesa. Deve essere costruita emotivamente in modo molto forte. Compiute tutte queste operazioni e riusciti a costruire queste analogie così potenti abbiamo la strada spalancata per il terzo momento, cioè la conclusione della storia che è quella in cui si sosterrà la necessità dell’intelligenza, quindi la ripresa, come se ciascuno dovesse riprendersi qualcosa che gli è stato estorto, che gli è stato portato via con l’inganno e con la malafede in questi ultimi venticinque secoli …

Intervento: posso fare un’obiezione? Sull’esordio … perché una persona è intelligente? Per quale motivo?

Mi sembra che abbiamo dato definizioni dell’intelligenza più che sufficienti …

Intervento: forse mi è sfuggito …

Allora non sono sufficienti, bisogna lavorare di più sulla definizione di intelligenza …

Intervento: mi è parso che l’intelligenza fosse una questione estetica …

Occorre lavorare molto di più sui termini, sulla loro disposizione affinando e trovando …

Intervento: …

Questo è un esempi, una storia sull’intelligenza ma di storie possono costruirsene infinite, bisogna costruirne tantissime e ciascuna storia costruirla nel modo più perfetto possibile, trovando tutti gli elementi necessari, e una volta che la storia è costruita allora fare il lavoro di rifinitura, tenendo sempre conto che dell’obiettivo, che è quello di coinvolgere le persone in questa storia, questo è l’obiettivo primario: coinvolgere nella storia e quindi dobbiamo vedere che cosa le coinvolge, quali argomentazioni, quali figure coinvolgono emotivamente, quando saremo a questo punto avremo fatto un buon lavoro e a questo punto potremo anche fare una conferenza per coloro che si occupano di comunicazione.