12-10-2004
Dicevamo
la volta scorsa che l’emozione per essere tale deve essere subita, perché? Ma
dicevamo anche che perché ci sia emozione occorre che si verifichi qualcosa che
è fortemente atteso, allora c’è l’emozione. Nel caso della trovata teorica di
cui dicevamo si parlava di soddisfazione, non di emozione, ma che cos’è che fa
si che qualcosa sia fortemente atteso? Sappiamo che il linguaggio ha bisogno di
un elemento che è stato riconosciuto come vero dalla combinatoria per potere
costruire altre sequenze, cioè deve partire da un elemento che riconosce essere
vero, dopodiché costruisce qualcosa che deve essere a sua volta verificato, una
sorta di ipotesi, come dire: questo è vero ma se aggiungo quest’altro è ancora
vero? Si adopera per verificare questo ultimo elemento come se procedesse per
ipotesi, fa una ipotesi dopodiché la verifica, tant’è che un’ipotesi che non è
verificabile non è niente, assolutamente nulla, deve potere essere verificata.
Muovendo da un elemento che è certo, che si sa essere vero, si cerca se il
successivo è, oppure no, coerente con il precedente, se lo è, se verifico che è
coerente e allora viene verificato anche il secondo e così via. Ci sono
elementi che sono quelli su cui una persona costruisce buona parte delle sue
certezze, sono cose che ha acquisite, cose fondamentali, molto banalmente
quelle che per lui costituiscono i valori, le cose importanti, le cose degne di
essere mantenute, conservate e osservate. Ma perché sono così importanti?
Tenete conto della struttura del linguaggio: sono importanti perché sono quelle
che consentono con sicurezza la produzione di proposizioni, una cosa incerta,
un’ipotesi per esempio, non dà la sicurezza di potere costruire, partendo di
lì, delle proposizioni che risulteranno essere vere, mentre uno di questi
cosiddetti valori ha questa funzione, è qualcosa che è dato per assolutamente
vero, inopinabile, certo, quindi sempre pronto alla bisogna, e se uno di questi
valori viene messo in gioco per qualche motivo da qualcosa, allora il ripristino
di questo valore cioè il ritrovamento che è assolutamente vero e che ciò che lo
metteva in discussione è assolutamente falso, ecco che crea una di quelle
situazioni in cui qualcosa è fortemente atteso, ed è fortemente atteso perché
se questo elemento che minaccia il mio valore dovesse risultare vero allora
questa cosa che ho sempre creduta e sulla quale ho fondato tutta una serie di
catene di proposizioni crolla e insieme con questo tutte le catene di
proposizioni successivamente costruite, ma il linguaggio ha bisogno di
costruire proposizioni vere e quindi ecco che quella dimostrazione che
certifica di nuovo la validità del valore messo in discussione è qualcosa che
in quel caso è fortemente atteso. Si tratta di verificare se questa struttura
che abbiamo appena tratteggiata è quella che stabilisce ciascuna volta che
qualcosa è fortemente atteso oppure no…
Intervento: l’aspettativa mi viene dal modo in cui ho costruito la visione del
mondo come dire che questa mia teoria è una sorta di chiave di lettura e cercherà
sempre di confermare questa mia teoria… la questione dell’aspettativa, se io
penso che una certa cosa sia male mi produrrà un certo tipo di emozione perché
ho una certa aspettativa… c’è stato un procedimento di verifica che è stato
funzionale al gioco instaurato dalla sua teoria…
Certamente, c’è un elemento che occorre considerare e che riguarda l’avvio di tutto il sistema operativo, noi sappiamo che per procedere, il linguaggio necessita di un elemento che possa essere riconosciuto come vero, ma nel momento in cui il linguaggio si installa come fa a conoscere che un elemento è vero, da che cosa parte? Da ciò che impara, da una serie di asserzioni, queste asserzioni vengono a costituire il fondamento, ciò da cui si parte per costruire tutto quanto. Dunque parte da qualcosa che deve essere vero, e non è difficile che all’inizio si ponga qualcosa come assolutamente vero, anche perché non c’è nessun criterio di verifica. L’educazione cosiddetta svolge in questo una funzione notevole, per educare occorre dire che le cose sono quelle che sono: “questo è questo”, è da lì che parte la nozione di realtà, il fondamento su cui si impianta la possibilità stessa di costruire proposizioni, nel senso che qualcosa è acquisito, all’interno del sistema operativo, come vero, e quindi può partire, può partire e costruire proposizioni che di volta in volta sono vere in quanto vengono verificate in base all’elemento da cui è partito…
Intervento:…
Più che come si mette in moto, quali sono gli effetti di questo mettersi in moto, si mette in moto attraverso una serie di istruzioni, ha bisogno di istruzioni, sono quelle istruzioni che danno l’avvio, senza queste istruzioni è un problema, una serie di istruzioni, non importa quali siano, l’importante è che dicano “questo è questo”, di cui la successiva terrà conto, come una sorta di funzione ricorsiva: se rileva che è coerente con quell’altro: vera; quindi può proseguire, come un computer. Questo ha degli effetti, ovviamente adesso non ci stiamo chiedendo se è l’unico modo in cui può essere avviato il linguaggio, questo è un altro discorso ancora, stiamo semplicemente considerando come di fatto avviene, come parte, come parte tutto quanto e parte muovendo da alcuni input che riconosce come veri; non ha gli strumenti per riconoscerli come veri, ma che vengono forniti come tali, sono asserzioni, dal momento in cui partecipano del linguaggio sono veri: una volta che un elemento appartiene al linguaggio da quel momento non può più non appartenergli, e quindi è vero. Vero, cioè che cosa è vero? È vero che appartiene al linguaggio, è vero che è un elemento del linguaggio e non può negarlo, perché se lo negasse allora si fermerebbe tutto…
Intervento: se “questo è questo” a questo punto installandosi il linguaggio a questo modo si installa automaticamente l’irresponsabilità
È quello che ho detto prima dicendo che è il momento in cui parte la nozione di “realtà”…
Intervento: se “questo è questo” io devo accogliere questa cosa
Qui però si fermi, lei dice: “deve accettarla” chi l’accetta?
Intervento: il bambino che incomincia a dire che ne so?
Lasci stare il bambino, parli del linguaggio, il linguaggio accetta, accoglie un elemento, certo viene accolto questo elemento e non ha nessun criterio per verificarlo però al momento in cui è accolto appartiene al linguaggio e quindi è vero, cioè è automaticamente vero nel senso che se appartiene al linguaggio, nel senso che è linguaggio, a quel punto, da lì è possibile costruire un altro elemento simile a quello, adesso non sto dicendo una cosa assolutamente esaustiva, sto riflettendo sul funzionamento…
Intervento: cogliere la struttura… sto pensando come al linguaggio come a un programma… Word ha certe caratteristiche Excel ne ha altre…
Consideri il bios, il sistema di base senza il quale non funziona assolutamente niente, lì si immettono delle informazioni molto semplici, è un sistema binario input/autput, se gli si immette un sistema inferenziale e la possibilità di escludere ciò che si contraddice a questo punto dicendo: “questo è questo” cioè immettendo un elemento all’interno del sistema quel sistema esiste e quindi è vero, se quell’elemento è vero e c’è anche un sistema inferenziale, se quell’elemento è vero allora quell’altro per esempio che è simile è vero, poi è vero anche quell’altro che è simile? Sì/no. Appartiene a questo? Sì/no, poi non è altro che il funzionamento stesso del linguaggio, non è che stiamo inventando niente ma stiamo riflettendo sul fatto che questa nozione di realtà o, come diceva Sandro, di deresponsabilizzazione in effetti si avvia con l’avviarsi stesso del linguaggio, da qui tutta una serie di difficoltà che incontriamo ovviamente, perché è il modo di funzionare del linguaggio più ovvio, più normale, è abnorme ciò che abbiamo fatto noi: piegare il linguaggio su se stesso, se no in effetti al momento in cui si avvia ecco ciò che è irrinunciabile, se qualcosa esiste, nel momento in cui il linguaggio lo accoglie come esistente è vero, esiste quindi è vero o, più propriamente, il fatto che appartenga al linguaggio stabilisce che sia vero e non viceversa, cioè chiama vero ciò che gli appartiene e questo è ciò che diventa assolutamente irrinunciabile. Ciò che si è appreso, il potere dire: “questo è questo”, è stato uno dei primi input. Torno a dirvi che non stiamo discutendo se questo sia l’unico modo di apprendere il linguaggio, questo è un altro discorso tutt’altro che semplice da affrontare, ma il modo di pensare che dice “questo è questo” è il modo in cui parte il linguaggio. D’altra parte è il modo in cui si programma un computer…
Intervento: l’obiettivo dell’analisi è affermare in un certo senso la responsabilità, ma non è un accogliere in senso intellettuale
Non è un atto di fede certo…
Intervento: occorre che ci si accorga in qualche modo che sta funzionando
Che il discorso stesso della persona non possa più non tenerne conto…
Intervento: posso anche intendere il concetto di realtà…
È già stato fatto…
Intervento: quello che mi interroga un po’ di più è come questo possa funzionare nel discorso per cui si possa dire che è stata accolta questa cosa… come possa funzionare la responsabilità nel discorso anziché accoglierla… io mi accorgo della responsabilità nel momento in cui mi accorgo come effetto… è chiaro che la persona in analisi racconta la storia ed è come un soggetto passivo, anche se si possono trovare le connessioni che fanno quella storia, anche se si può fare intendere che è qualcosa che ha costruito lui, anche i valori che sono stati mantenuti e coltivati nel tempo ecc. ma al di là di questo sembra che la questione della responsabilità abbia una sua funzione che non semplicemente questa… qualcosa che invece operi e quindi non si possa più non tenerne conto non solo per quello che è stato, per le sue riflessioni, ma quello che modifica veramente il suo modo di pensare e quindi se ne accorga di questa responsabilità
Modificare il sistema operativo, e quindi?
Intervento: e quindi si possa anche far intendere come funziona la responsabilità non solo che quello che dice lo ha costruito lui un passo progettuale in questa struttura… anche quando lei dice intendere come funziona il linguaggio e quindi il funzionamento del proprio discorso perché il proprio discorso non è altro che linguaggio, questo mi sembra molto difficile da far intendere
Non è che si proponga in questi termini…
Intervento: bisogna trovare i termini opportuni…
L’assunzione della responsabilità da parte della persona è il primo passo, dopodiché ne seguono altri perché come dicevamo…
Intervento: il discorso iniziale aveva a che fare con questo la responsabilità interviene quando persone come noi prendono l’iniziativa e fanno… fare una conferenza lì seduta stante…
Accogliere la propria responsabilità è il primo passo in una analisi, nel percorso che facciamo non ci si ferma lì in effetti, se si è responsabili a questo punto chi è responsabile esattamente? Quando una persona giunge a considerare questa possibilità, almeno la possibilità di essere responsabile, interviene questa domanda: chi è esattamente responsabile? Io, ma io chi? Io sono quello che dico, il discorso che vado facendo, e allora la responsabilità appartiene al discorso e a questo punto ci si trova ad affrontare la questione vera e propria, se è il discorso che è responsabile allora occorre intendere come funziona questo discorso che è responsabile, era un po’ questo il percorso di cui parlavamo tempo fa. Usare termini semplici sì certo, questo è ovvio, ora stavo considerando delle questioni che riguardano l’avvio del linguaggio, in termini non semplicissimi però stavo approfittando del fatto che sto parlando a voi e non in una conferenza, dove non avrei mai parlato in questi termini, e trovavo di qualche interesse seguire questo pensiero, sapere come parte il linguaggio per intendere come avviene che per una persona alcune cose siano così irrinunciabili, ché è fondamentale, non è perché è particolarmente affezionata ma perché non può pensare altrimenti. Nel momento in cui il linguaggio parte, parte semplicemente mostrando che un elemento è un elemento del linguaggio “questo è questo” ed è anche per questo motivo che le persone che ci ascoltano non capiscono perlopiù quello che andiamo dicendo, e allora qui, certo, occorre inserire degli elementi tali che possano, anche senza arrivare al virus, ci arriveremo prima o poi, però qualcosa che li faciliti nel compimento di una serie di passaggi. Ciascuna di queste persone ha imparato a parlare in quella maniera, la questione è che qualunque cosa appartenga al loro discorso questa cosa è vera per il fatto stesso di appartenere al discorso, e questo rende le cose complicate, almeno per noi, però la via in fondo non è molto lontana da quella che si pratica in un’analisi. Come si mostra la responsabilità? Ci soni vari modi e varie vie, certo la più efficace è sempre quella retorica…
Intervento: è quella che produce emozioni
Sì, e tenendo conto di tutto ciò che ho detto relativamente all’installarsi del linguaggio, la cosa che produce la maggiore emozione è incontrare la certezza che ciò che era assolutamente certo e che fu messo in discussione torna ad essere assolutamente certo. Questo è ciò che dà la maggiore emozione quindi, almeno in linea teorica, il percorso da compiere retoricamente dovrebbe essere questo: affermare il luogo comune, cioè le certezze dei più, metterle in gioco in modo serio, dopodiché riconfermarle con una variante, ma in modo tale che alla persona appaia riconfermata, ma in modo tale che perché possa essere riconfermata occorre che si aggiunga questa variante, questo elemento che ci servirà per proseguire. Potrebbe essere lo schema più efficace, bisogna lavorarci su e renderlo operativo…
Intervento: il luogo comune lo si distrugge
No, occorre metterlo in gioco con argomentazioni fortissime…
Intervento:…
Sì, come dire la ricuperabilità di quella certezza precedente deve essere vincolata all’inserimento di un elemento, adesso vi faccio un esempio molto banale: esiste il bene comune, il bene ultimo supremo, affermato questo si pone in serio dubbio la possibilità di potere affermare una cosa del genere, anzi, si mostra che non è affermabile a meno che questo bene ultimo sia qualcosa che viene prodotto da tutto ciò che consente agli umani di pensare, se viene prodotto da questo allora può rimanere il bene supremo, in caso contrario viene annullato, viene azzerato, in altri termini ancora: qualunque cosa che è creduta è vera a condizione che questa verità gli sia data dal linguaggio. Adesso ho fatto un esempio così molto banale, ma giusto per darvi una direzione…
Intervento: sì però non è più quello di prima…
Si, per cui ciò che una persona crede nel luogo comune è vero, assolutamente vero, gli si conferma che è vero e quindi qualunque cosa può essere riconfermata “è vero ma è vero perché c’è il linguaggio che ci consente…etc.”
Intervento: non è più la stessa cosa
Apposta dicevo che si inserisce una variante, se no cosa facciamo?
Intervento: il luogo comune deve fare il salto di qualità
Beh, alcuni riusciranno altri no, ma in ogni caso se si riesce ad operare questo riusciamo a fare retoricamente quello che fa la religione, per questo è potente, e cioè la religione fa questo: insinua il dubbio rispetto a qualche cosa, dopodiché ripropone quella stessa cosa ma con l’interpretazione religiosa: “il bene esiste non perché gli umani sono buoni o perché lo vuole l’imperatore, ma perché è dio che ha immesso in ciascuno il bene”, e ha funzionato benissimo per duemila anni…
Intervento: la responsabilità dello psicanalista… lo psicanalista deve essere o riconosciuto dalla legge o il fatto che si riconosca in una teoria, una scuola…
Così come lo psichiatra deve essere riconosciuto dalle case farmaceutiche…