12-7-2001
Dicevamo
la volta scorsa che la direzione che occorre cominciare a seguire è stabilire
una tecnica, chiamiamola così per il momento; qual è intanto l’obiettivo?
Dicevamo la volta scorsa che un obiettivo potrebbe essere questo: fare in modo
che la persona stia bene, genericamente, Quando una persona sta bene? Quando
dice di stare bene, molto semplicemente. Quando sta male? Quando dice di stare
male. In genere avviene così. Ecco però dicevamo anche che questa cosa non è
che ci interessi più di tanto, qualunque religione opera questo miracolo, il
miracolo avviene perché da una religione si passa ad un’altra, generalmente,
qualunque essa sia. Invece l’obiettivo dovrebbe essere questo: porre le
condizioni perché la persona non abbia più la necessità di credere, qualunque
cosa, non avendo più bisogno di credere cessa di farlo, cessando di farlo cessa
necessariamente di avere paura, perché per avere paura di qualcosa occorre
almeno credere in questa cosa, se non ci crede e cioè che faccia paura, cessa di
averla. Dunque l’obiettivo è porre le condizioni perché una persona possa
cessare di avere bisogno di credere. Come sapete le persone credono, qualunque
cosa non ha importanza, però credono, credono in ciò che dicono generalmente,
una persona crede in ciò che ci dice il più delle volte, quando compie delle
affermazioni suppone che queste affermazioni siano vere o possano esserlo
quanto meno, se no non le affermerebbe. Questione che ci può apparire molto
banale, e in effetti se voi considerate che una persona si muove, fa delle cose
e la sua condotta in linea di massima segue alle cose che crede, non è cosa da
poco. Perché anche in ambito psicanalitico se un analista crede certe cose,
crede per esempio nell’inconscio collettivo, si muoverà di conseguenza, perché
tutta una serie di credenze muoveranno da lì, dedurrà tutta una serie di
considerazioni a partire da questo ma anche qualunque altra cosa funziona così,
vedete uno che abbandona gli junghiani per andare da Verdiglione o da Lacan, se
compie questo passaggio evidentemente ha cessato di credere in ciò che dice
Jung o quantomeno ha qualche problema rispetto a questo, in generale poi non è
sempre automaticamente così, poi può anche darsi che il suo psicanalista gli
stia antipatico, indipendentemente da quello che dice, può anche essere che non
sappia assolutamente cosa dice Jung, ma consideriamo l’ipotesi in cui abbandona
una teoria per abbracciarne un’altra, è sicuro che quando abbraccerà la
seconda, qualunque essa sia, avrà dei benefici, perché avrà pensato o
immaginerà di avere trovato la verità. Funziona sempre così, prima ero
nell’errore adesso so come stanno le cose. Questo per dirvi di quanto questo
aspetto che può apparire banale, in realtà sia importante per la più parte
delle persone, credo in qualcosa dunque. Cosa intendiamo con credere? Il
pensare che una certa proposizione sia vera, necessariamente vera, senza
poterlo provare. Generalmente con credere si intende questo, supporre vera una
cosa che non si può provare tale, in questo senso tutto ciò che sostiene il
discorso occidentale è strutturato in questa maniera, da una credenza,
qualunque affermazione non può essere provata essere vera in modo assoluto, può
essere vera all’interno di un gioco certo, però ora qual è l’ equivoco,
l’abbaglio? Vedete una persona crede vere certe cose e lo sono certo
all’interno di un gioco, affermare che nel poker quattro assi battono tre jack
è vero, è vero in quel gioco, per le regole di quel gioco, fuori non significa
assolutamente nulla. Ora immaginate che una persona si trovi a giocare dei
giochi, come chiunque ovviamente, ma supponga per un equivoco che questo giuoco
anziché essere un gioco linguistico e quindi con delle regole assolutamente
arbitrarie, sia invece qualcosa che ha a che fare con una legge di natura, il
discorso cambia, cambia parecchio, perché nel primo caso non sono affatto
costretto a credere una cosa del genere, se non nella misura in cui mi trovo
consapevolmente a giocare quel gioco, nel secondo no, nel secondo sono
costretto, perché se è una legge di natura, se le cose stanno così, non ho
molta scelta, devo attenermi a questo stato di cose, con tutto ciò che questo
comporta: la mia condotta e tutto ciò che penserò in seguito. Vi rendete conto
che stiamo costruendo un criterio per potere costruire una tecnica, per il
momento stiamo soltanto valutando come costruire questo criterio. Dunque dicevo
è un equivoco il supporre che un gioco linguistico sia invece un qualcosa che è
ritenuto una legge di natura e cioè necessario, non importa che poi che queste
cambino così come cambiano le credenze scientifiche, ad un certo punto si crede
una certa cosa e dopo se ne crede un’altra, migliore o peggiore che sia non ha
molta importanza, perché fino al punto in cui non viene cambiata questa legge
di natura è creduta assolutamente vera e necessaria, poi ne subentra un’altra e
via, in vari modi però fin che c’è è creduta vera. Ma vera non nel senso che
all’interno di questo gioco è vero che sia così, no, è necessario che sia così.
Se voi parlate con una persona, le cose in cui crede, prendete la realtà che la
circonda per fare un esempio più ampio, non ritiene che sia il prodotto di un
gioco linguistico con certe regole alle quali si attiene, non pensa affatto in
questo modo, ma che ci sia una legge di natura, cioè che le cose stiano
effettivamente così, se potesse pensare differentemente cambierebbe parecchio
il suo modo di pensare e quindi di muoversi, esattamente così come facevamo
l’esempio la volta scorsa, è diversa la condotta di Cesare se gli dicono che gli
hanno sfasciato la macchina oppure se questo non è vero, non è la stessa cosa.
Ora dunque fare in modo che la persona cessi di credere, occorre in prima
istanza che possa considerare che le cose che gli avvengono intorno sono giochi
linguistici, ma non perché abbiamo deciso che sia così o perché piaccia pensare
che sia così, perché non può essere altrimenti che così, che è diverso, in
effetti è l’unica costrizioni possibile e pensabile, e pertanto questo criterio
deve tenere conto di questo, ché può risultare essenziale compiere questa
operazione cioè volgere un dato di fatto in una regola del gioco assolutamente
arbitraria, può essere utile come qualunque regola del gioco è utili per
raggiungere un certo obiettivo, un certo risultato, ma non ha nessun fondamento
assolutamente nessuno. Quando in quella famosa lettera a Born, Einstein sperava
che dio non giocasse ai dadi, diceva qualcosa del genere, occorre pure qualcosa
di fermo, di sicuro, se qualunque cosa è arbitraria allora occorre
riconsiderare tutto, necessariamente. Però perché una persona cessi di avere
questo bisogno di credere potrebbe essere indispensabile che giunga a
considerare che in effetti qualunque affermazione è arbitraria tranne una
(negata la quale si trova preso in una sorta di autocontraddizione) che è
quella del linguaggio, ma qualunque altra è assolutamente arbitraria, così come
è arbitrario che quattro assi battano tre jack, però se faccio quel gioco
occorre che sia così necessariamente. Ma all’interno di un gioco, ora noi siamo
ancora molto lontani dal porre delle dritte, per così dire, riguardo alla
tecnica, però occorre che intanto inincominciamo a riflettere su cosa bisogna
fare. Provate a pensare una persona che si avvicini, agli junghiani, comincerà
a pensare che tutto ciò che dice Jung sia vero, primo perché per esempio può
non avere termini di paragone, si avvicina, va da Carotenuto, il quale gli
racconta una serie di cose e lui ci crede, perché ci crede? Per quale motivo?
Può avere bisogno di credere in qualcuno, può non avere strumenti per non
credergli in quanto, come dicevo prima, non ha termini di paragone, può essere
invece (cosa più diffusa) che non abbia gli strumenti per pensare, questo cosa
comporta? Che al momento in cui Carotenuto gli dice qualche cosa, questa
persona non si chiede perché gli sta dicendo una cosa del genere, che
fondamento abbia, se sia una cretinata oppure no, non se lo chiede e fa
malissimo. Sì, perché può sempre esserci l’eventualità che sia così, che sia
una cretinata, certo le persone sono abituate da moltissimi anni a considerare
che la scienza dica delle cose sagge, non è sempre così e comunque che il così
detto esperto sappia quello che dice, sappia quello che fa anche questo non è
così automatico, al punto che se una persona gli chiedesse (a Carotenuto per
esempio) di provare ciò che sta affermando si troverebbe di fronte a nulla, a
delle superstizioni, delle credenze “a me pare che sia così” va bene, e a me
pare che sia il contrario e allora? Non è un buon criterio. Supponete invece
che questa persona sappia pensare, cosa vuol dire sapere pensare? In primo
luogo porsi di fronte a una qualunque proposizione e interrogarla e cioè
portarla alle estreme conseguenze, non accontentandosi ovviamente della prima
risposta che può capitare di incontrare, portare alle estreme conseguenze e
interrogarla fin dove può rispondere, operazione pericolosa quando si mette in
atto nelle varie dottrine e scienze perché si giunge a un punto di arresto
oltre al quale non si può andare, già Tommaso fu preoccupato di questo fatto,
non si può andare indietro all’infinito, occorre pure fermarsi ad un certo
punto. Due domande sorgono immediatamente, la prima è perché? La seconda è
dove? Perché cambia tutto se uno si ferma in un punto oppure in un altro. Una
persona che come dicevo sa pensare, sa anche questo ovviamente, che qualunque
affermazione se portata alle estreme conseguenze si dissolve, si dissolve come
neve al sole. Ci si accorge che è fatta di niente, di suggestioni, impressioni,
gusti personali, ricordi più o meno interessanti, di queste cose. Ora se una
persona sapesse tutte queste cose sarebbe soddisfatta di una cosa del genere?
Suggestioni, impressioni evanescenti… a quel punto potrebbe essere soddisfatto
anche della favola di Cappuccetto Rosso, perché no? Nessuno glielo impedisce,
però non è soddisfatto di Cappuccetto Rosso, mentre dovrebbe esserlo in teoria,
ma non lo è, noi consideriamo questo fatto e cioè che non lo sia, evidentemente
qual è la differenza è che Cappuccetto Rosso si ferma qui, quell’altro si ferma
un pochino più in là per cui dà l’impressione di esser meglio fondato ma è solo
un’impressione in realtà non è così. E allora ci si domanda: ciò che dice
Carotenuto non è fondato su niente, se non come dicevo suggestioni ecc. e
allora si rivolge ad un altro, però c’è l’eventualità che anche quest’altro non
sia in grado di rispondergli e in effetti è sempre accaduto così, il vantaggio
è che pochissimi sono stati così difficili, e così sofisticati da portare le
cose alle estreme conseguenze, qualcuno l’ha fatto ma molto pochi, generalmente
le persone sono molto più facilmente soddisfacibili e non si è mai presentata
di fatto una cosa del genere, ma il fatto che non si presenti non ci è di molto
conforto, vuol dire semplicemente che ci si accontenta di una risposta
qualunque. Perché l’inconscio è il discorso dell’altro? Sapete qual è l’unica
risposta possibile “perché sì” qualunque altra non è meno fondabile né più
fondata, “perché sì, se ci credi è così, se non ci credi peggio per te”. È
chiaro che non vi risponderà “perché sì” vi darà delle motivazioni, voi
seguitele e vi troverete di fronte a questo “perché sì”. Può essere più
difficile proseguire nel modo che vi sto indicando però è anche più
interessante, se no vi suggerirei di leggere Cappuccetto Rosso. Dunque dicevo
una persona che sa pensare, questo è l’obiettivo che dobbiamo prefissarci, far
in modo di giungere a questo: che una persona sappia pensare. Prima dicevo che
non abbia più bisogno di credere, se sa pensare non ha più bisogno di credere,
non sa più che farsene. Ora però le cose che lui immagina, che crede, che
pensa, le crede anche vere, questo è lo scoglio più arduo e cioè questi giochi
linguistici in cui si trova li scambia per leggi di natura, inequivocabili e
inesorabili, è distrarlo da una cosa del genere che è complicatissimo, ed è
certamente questo che poi costituirà la “tecnica” mettiamola tra virgolette per
il momento, poi la chiameremo come vorremo… perché finché questo non si
verifica, questo obiettivo, il tizio in questione sarà sempre in balia di
qualunque sciocchezza gli passi per la mente, nulla di male in tutto ciò ma ciò
che ci autorizza per così dire, è una sua richiesta di “stare meglio”, e noi
potremmo farlo in modo definitivo, cambiare fede è una cosa molto provvisoria e
soggetta comunque a variabili di ogni sorta e soprattutto dovremmo fargli
credere che è così, e non so se ho voglia di fare una cosa del genere, pigliare
una sciocchezza e poi imporla come vera sì, si può fare, l’hanno fatto in
tanti, ci vuole qualcosa di più forte, qualcosa di più interessante, cioè un
gioco che abbia una posta più alta, e in effetti in questo modo la persona
potrebbe, volendolo, cessare di stare male ma cessa di stare male perché non ha
più bisogno di stare male, che è molto più radicale. Ecco grosso modo
l’obiettivo è questo, è importante avere un obiettivo se non ha un obiettivo
come fa? Non sa da che parte andare, almeno avere una direzione e poi da lì
procedere. Ché quando invece la persona ha bisogno di credere in qualcosa?
Quando non è supportato da un pensiero sufficientemente potente che possa dare
una assoluta sicurezza, è allora che va alla ricerca di qualcosa che lo renda
più sicuro, che renda il suo pensiero più sicuro, che poi questo gli vacilla
continuamente, si manifesta in incertezze, indecisioni, apprensioni, ansie,
malanni di ogni sorta. Una persona che è assolutamente sicura di sé non ha
paura. L’unica sicurezza possibile è quella del pensiero, che poi tutto viene
da lì, che uno cerchi la sicurezza nel denaro, nel potere, nelle donne, quello
che vi pare è sempre il suo pensiero che produce una cosa del genere, non è che
venga chissà da quale parte, immagina, avendo tanti soldi, di avere una
sicurezza ma questo lo pensa lui, è un suo pensiero che si è costruito ma, come
ciascuno di voi sa, questo pensiero si rivela molto precario, vacillante.
Costruire dunque un pensiero molto potente, inattaccabile, può essere che sia
questa la chiave di volta, a quel punto una persona è sicura di sé e non può
non esserlo e quindi non ha più bisogno né di andare a cercare sicurezze qua e
là né di stare male. Qui c’è la questione che molti hanno posta e cioè che ad
un certo punto praticando e vivendo una cosa del genere si perdono le emozioni,
le sensazioni. ecc. Quando una persona vive le emozioni più forti? Quando gioca
generalmente. E sa bene che è un gioco, giocando a poker con gli amici non
prova forti emozioni soprattutto se nel piatto, eppure sa che è un gioco, sta a
lui farlo oppure no, giocarlo oppure no, e lì prova emozioni fortissime, questo
o altri giochi, quindi non si vede perché il fatto di sapere che è un gioco
possa togliere quell’emozione, toglie la tragicità eventualmente che è connessa
al non accorgersi che si tratta di un gioco, eventualmente questo. Stabilito un
obiettivo del genere a questo punto possiamo cominciare a costruire un criterio
che ci consentirà poi di inventare una tecnica, qual è il criterio ciò a cui
occorre attenersi nella costruzione di una tecnica, ciò da cui non possiamo
derogare? Cioè vedere ad esempio se tutto ciò che abbiamo detto può essere
posto in modo tale da risultare necessario, cioè che non può non essere così,
non soltanto retoricamente, retoricamente può essere abbastanza facile,
logicamente un po’ più difficile renderlo assolutamente necessario, però si può
fare, perché il criterio cui dobbiamo attenerci è che in definitiva tutto ciò
che noi diciamo risulti assolutamente necessario che sia, poi possiamo dirlo in
un modo retorico più persuasivo, come ci pare però, però devono essere cose
tali che affermare il contrario comporti necessariamente un’autocontraddizione,
cioè comporti un’operazione che non possa farsi, solo a questo punto possiamo
proseguire, altrimenti diciamo un sacco di fesserie, cioè diciamo qualcosa che
non ci interessa, a questo punto possiamo dire qualunque cosa e il suo
contrario e allora che stiamo a fare? quindi un elemento da cui muovere
potrebbe essere questo, intendere in termini assolutamente precisi che la sola
cosa che possa dare sicurezza è il proprio pensiero. Non è essenziale stabilire
in termini assolutamente precisi cosa si intenda con sicurezza, ciò che intende
il luogo comune e cioè essere in condizione di poter affrontare qualunque
minaccia reale o no. Cos’è che distingue il reale da una fantasia? (sono due
giochi che hanno regole diverse) brava sì proprio così. La realtà ha delle
regole e degli elementi da cui muove, la fantasia cosa fa? Modifica o le regole
o gli elementi, prendete per esempio il gioco che fanno i bambini, con le spade
di legno, i bastoncini di legno diventano le spade, utilizza le stesse regole
di un duello all’arma bianca ma modifica gli elementi, mentre invece un così
detto sogno ad occhi aperti muove dagli stessi elementi e modifica le regole
del gioco, ad esempio uno può pensare se stesso con tutte le cose con tutti gli
elementi, però ha cambiato le regole cioè è diventato un principe, è diventato
un eroe, è diventato quello che vi pare. Vengono modificate le regole o gli
elementi di cui è fatto il gioco e questo consente di distinguere queste due cose,
note come realtà o fantasia, variazioni. Se dico saliamo in macchina e andiamo
a Milano, apro lo sportello della macchina e faccio salire, non sta facendo un
gioco di fantasia ma se metto questo aggeggio per terra e dico saliamo su e
andiamo a Milano, c’è qualche cosa di strano, in questo caso pur mantenendo le
regole del gioco cambio gli elementi. Dicevamo del gioco della sicurezza, gli
umani cercano la sicurezza, oppure no? Questa è una questione. Parrebbe di sì
anche laddove la mettono fortemente a repentaglio, giochi, sport estremi, uno
che gioca alla roulette russa, come sapete è un gioco pericolosissimo, cerca la
sua sicurezza? Potremmo provare che sì, abbastanza facilmente, perché fa un
gioco del genere? Per sfidare la morte. E perché lo fa? Perché vuole sfidare la
morte? Per dimostrare di essere più forte della morte, questo gli dà sicurezza,
sapete retoricamente si può provare qualunque cosa e il suo contrario, però noi
dobbiamo fare qualcosa di più, intanto e questo può essere abbastanza facile
mostrare come qualunque cosa necessariamente attenga al suo pensiero, e quindi
il fatto che cerchi sicurezza oppure no qualunque altra cosa, è una questione
che riguarda lui, il suo pensiero. Potremmo mostrare che gli umani cercano la
certezza necessariamente? Ci si può provare, riuscendo in questa operazione
avremo fatto un passo avanti, cioè riuscire a dimostrare che non può essere
altrimenti che così, in termini rigorosissimi, qualunque cosa si intenda con
sicurezza, ovviamente all’interno di un ambito semantico tale per cui questo
termine abbia ancora qualche senso, perché se qualcuno insorgesse a dire per me
la sicurezza è un posacenere azzurro, anziché cercare di essere riparati da
eventuali minacce, un posacenere azzurro, non potremmo farcene nulla di una
cosa del genere a meno che lui intenda il fatto che lui si senta sicuro quando
c’è il posacenere azzurro, questo è un altro discorso (la famosa copertina di
Snoopy) la questione è una definizione tale per cui chiunque sarebbe disposto a
sottoscriverla. Qualcuno potrebbe indicare che la sicurezza è sentirsi protetti
da eventuali possibili minacce? Queste minacce che siano inventate oppure no,
questo non ci interessa niente, però la sicurezza è questo se non è questo c’è
l’eventualità che questo significante non sia più utilizzabile. Che se
riusciamo a muoverci nel modo più semplice possibile è meglio, potremmo anche
costruire intorno al significante sicurezza un significato complicatissimo,
trarremmo qualche vantaggio? Un luogo comune e cioè l’utilizzo che viene fatto
per lo più di un significante, uno può immaginare per questo termine sicurezza
le cose più sofisticate, più elaborate ecc. però se va a fuoco il cinema e
qualcuno indica l’uscita di sicurezza, sa perfettamente che cosa intende, e
perché sa perfettamente che cosa intende? Perché fa parte della sua lingua, del
linguaggio, ha appreso questo e sicurezza vuol dire quello, molto
semplicemente. Oppure passiamo di lì perché è più sicuro! Dice che non capisce
quello che sta dicendo? No, capisce benissimo, che è meglio passare di lì,
rischia di meno. Quindi costruire qualche cosa che costituisca la base da cui
muovere per inventare una tecnica cioè per sapere come fare esattamente a
ottenere l’obiettivo che ci siamo prefissati, perché la persona sia in
condizioni di pensare e non possa non esserlo, perché è un processo come taluni
di voi sanno, irreversibile, una volta avviato in una certa direzione non è più
possibile tornare indietro, per una questione grammaticale: non è più possibile
credere vero ciò che si sa essere falso o più propriamente né vero né falso.
Qualunque affermazione in generale non è sottoponibile a un criterio
verofunzionale se non all’interno di una regola del gioco e pertanto non c’è
più neanche da domandarsi se è vera o falsa, non è né l’una cosa né l’altra di
per sé, se non all’interno di un gioco certo. In parte intendo anche questo
quando dico non avere bisogno di credere, non avere bisogno di credere qualcosa
vera o falsa, se non torno a dire, a sottolineare, all’interno di quel gioco
specifico, può essere il poker, il tre sette o l’acquisto di un vestito o
qualunque altra cosa. Occorre muovere da qualcosa o da nulla per costruire una
tecnica? (da qualcosa di necessario) sì meglio. (la sicurezza del proprio
pensiero pare già uno dei termini più ambiti) sì, può giocare a nostro
vantaggio, se è questo che cerca questo è ciò che trova, importante è fare in
modo che se ne accorga che è così, (questo bisogno di sicurezza e ciò che lo
rende sicuro è il responso dell’altro) ci sono un’infinità di cose che danno
sicurezza ma sono sempre sicurezze piuttosto discutibili, perché cerca la
sicurezza? Gli umani da quando c’è traccia di loro, cercano qualcosa che li
rassicuri, non per niente si sono inventate le religioni (soprattutto l’incapacità)
sì, certo da lì tutta una serie di dottrine anche quella della mancanza, gli
umani sono mancanti, questione antichissima di che? Per esempio, cosa manca?
Loro stessi cioè gli umani sono costruiti come tali cioè con la mancanza, cioè
mi invento questa cosa e poi decido che questa cosa mi manca, ha sempre
funzionato così da tremila anni a questa parte, che economicamente non è una
buona operazione (rende plausibile l’invenzione dell’autorità) non è che la più
parte delle persone sia disponibile a riconoscere una cosa del genere e questo
non è così automatico (forse il discorso naturale che non è un gioco
linguistico, il bambino ha bisogno della madre, il bambino e riguardo alla
mancanza lo sa che deve diventare grande e deve conoscere) no il bambino non sa
che ha bisogno della mamma, non sa nemmeno che se muore la mamma muore anche
lui, non lo sa (certo però lo impara, l’altra volta dicevamo che parlando si
impara) è chiaro che la sicurezza interviene quando c’è linguaggio se no, però,
però, però sicurezza da chi? Perché inventarsi qualcosa di cui avere paura e
poi cercarne un’altra che lo rassicuri, a che scopo questa operazione così
complicata? C’è qualcosa nel linguaggio che induce un’operazione del genere,
poi ne discuteremo ovviamente ma in primissima approssimazione il fatto di
questo equivoco di cui vi dicevo, scambiare una regola del gioco per una legge
di natura, immaginare cioè che le cose siano esattamente così, che lo siano
indipendente da me, o dal linguaggio che le ha costruite, questo equivoco sì
certo può, può costruire anche questo dopo in seguito sì certamente è chiaro
che se immagino qualche cosa fuori dal linguaggio da quella posizione diventa
una minaccia, ci sono ancora moltissime cose che dobbiamo svolgere in termini
precisi… (l’uomo è mancante in quanto è mortale) perché dovrebbe essere una
mancanza? (nel luogo comune) lei sta parlando del luogo comune certo! Ha
stabilito che questa è una mancanza certo! (la sicurezza che io cerco è un
ritenermi potente… cercare di vincere la morte o almeno fare in modo che non
sia così presente nel pensiero, cercare di avere sicurezza) certo come dicono i
cattolici se lei crede in dio non morirà ma vivrà in eterno, certamente, sì la
paura di morire, è la paura di smettere di giocare, un bimbetto che sta
giocando e si diverte provate a toglierlo dal gioco che sta facendo, si mette a
strillare come un’aquila, perché non vuole perché lo sta divertendo, perché
prova piacere (in questo senso si parte sempre dalla morte che la si voglia
esorcizzare, battere, sconfiggere, però rimane un punto fisso un qualcosa che è
sempre presente nel discorso e quindi è qualcosa che funziona un operatore
sempre presente. Togliere importanza al gioco vita/morte nel discorso in cui ci
troviamo appare molto difficile) sì, sì ma siamo ancora molto al di qua di una
questione del genere (...) tutto ciò che vive si corrompe, la mafia ha fatto
tesoro di questa cosa in modo, però fino a dare una risposta soddisfacente a
questa domanda cioè perché gli umani cercano la sicurezza cioè che cosa temono,
questo potrebbe costituire un buon elemento in definitiva, cosa temono e perché
lo temono, è ovvio che è qualche cosa che è costruito dal linguaggio non può
essere altrimenti, anche il timore è qualcosa che è costruito dal linguaggio, è
un gioco, è un gioco particolare. C’è anche l’eventualità che qualunque gioco
sia costruito unicamente per provare una piacevole sensazione di mutamento però
non è così semplice, in parte può anche essere certo, e infatti l’unica cosa
possibile, dicibile non ha altro fine che proseguire se stesso, l’unica cosa
che si possa dire, da qui il piacere, non può essere nient’altro che questo, il
proseguire del discorso, della parola, qualsiasi altra considerazione è
assolutamente risibile, bisogna sempre attenerci a qualche cosa che non può non
essere. Che cosa necessariamente cercano gli umani? Non possono non cercare
nient’altro che il proseguire del linguaggio perché sono fatti così, sono fatti
di questo, molto semplicemente è l’unica cosa che possiamo dire con assoluta
certezza, possiamo tranquillamente chiamare piacere questo. Qualunque altra
considerazione lascia il tempo che trova. L’unica cosa temibile a questo punto
è che il linguaggio cessi, si arresti, si fermi, la morte ne è la metafora, è
un gioco che finisce, che non ha più un rilancio e cioè una parola che non ne
ha un’altra attaccata. Potrebbero temere qualche cos’altro? Difficile da
sostenersi, ma anche questo è costruito dal linguaggio, vedete che la questione
non è semplicissima, va considerata molto attentamente, evitare di dire
stupidate (al momento in cui la persona può pensare e quindi non si trova ad
assumere qualsiasi cosa) si riferisce all’eventualità che una cosa del genere
sia praticata? Non era così chiaro (si al momento in cui decide di non assumere)
cessa di avere paura di morire, anche se può preferire vivere (ecco anche
questo può preferire vivere) sì perché la vita può non essere
straordinariamente interessante dice allora si uccide no, neanche la morte lo
interessa (sì questo andava precisato perché se no poi…) non aver bisogno di
avere paura anche la morte fa parte di questo poi può preferire altrimenti: non
ho paura di correre come un matto per un chilometro, ma preferisco non farlo e
restare qui tranquillo, pur non avendo paura di fare una cosa del genere.
Dovremmo riprendere in termini precisi il fatto delle emozioni, cosa si intende
con emozioni, letteralmente ciò che muove da qualche cos’altro però pare che
non sia sufficiente, in effetti il linguaggio è fatto in modo tale per cui a un
elemento ne segue necessariamente un altro, e quindi già potrebbe parlarsi di
movimento però non qualunque, un movimento di questo genere ha la prerogativa
di produrre emozione, ci vuole qualche altra cosa al di là dell’etimo, luogo
comune (una persona novantenne non è detto che tema la morte e quindi andare in
questa direzione che la vita non è che un esercizio per poter dire, anzi nel
novantenne può capitare effettivamente il timore assoluto della morte quasi a
significare il fatto che in quel momento non riesce più a dire, basta che dica
perché svanisca questo timore della morte. La sicurezza è consentire il dire,
la cura del dire, curarsi del dire) certo, sì, occorre porre la questione in
termini assolutamente precisi in modo tale da poter poi affermare che ciò di
cui gli umani cercano la sicurezza non viene altro che da questo
necessariamente, che il linguaggio non si ferma che la parola continua. Va bene
un po’ alla volta faremo anche questo anzi per giovedì prossimo potremo già
costruire una serie di proposizioni che mostrino come inattaccabile una cosa
del genere, per esempio, è sempre un buon esercizio.