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11-8-2010

 

La fantasia è un questione interessante, però anche complessa, al punto in cui siamo giunti finora pare dirci che una persona, una qualunque persona, di fatto parla sempre della stessa cosa anche quando non parla di quella cosa, e cioè continua a riprodurre direttamente o indirettamente un qualche cosa che ha funzionato nel suo discorso come, adesso usiamo queste metafore un po’ imprecise, come il motore del linguaggio. Questo abbrivio ci appare essere fornito da un’identità, da una tautologia, costituisce quell’elemento che consente di verificare ogni altro evento cioè ogni altra proposizione, ogni altra sequenza. Sto dicendo che non è tanto la prima tautologia in quanto tale, ma occorre che sia una sequenza che afferma qualche cosa e che questo qualche cosa abbia la particolarità di potere verificare altre sequenze, una sorta di parametro. Detta così è un po’ incerta, ma se teniamo conto del funzionamento del linguaggio, e partire da lì è sempre bene bene perché non abbiamo altri riferimenti da cui partire, tenendo dunque conto di questo possiamo considerare che il linguaggio necessita, e questo lo sappiamo ormai esattamente, di una affermazione che sia riconosciuta come vera e che concluda con un’altra affermazione che sia vera al pari della precedente, ed è vera al pari della precedente se non contraddice la precedente, quindi ciò che a noi interessa è che occorre che ci sia una premessa che sia riconosciuta come vera, da chi? Dal discorso, della persona? All’inizio questa persona non ha ancora gli strumenti, per questo dicevamo che c’è la necessità che qualcuno, anche qualcosa ma tendenzialmente qualcuno, dia questa approvazione, questa conferma, cioè dica direttamente o indirettamente che è così, che va bene, va bene cioè puoi andare avanti, che è la stessa cosa che fa il discorso quando procede per le sue varie implicazioni di volta in volta, è come se dicesse “va bene, puoi proseguire” cioè non contraddici quello che hai detto prima. A questo punto la questione centrale diventa che una certa sequenza, perché a questo punto è una sequenza, non più solo una tautologia cioè il “questo è questo”, che è l’avvio, poi che ci sia una sorta di discorso che affermi qualche cosa se questa sequenza viene confermata dall’esterno, perché dicevo appunto non ha ancora gli strumenti per farlo da sé. Se viene confermata dall’esterno allora può con buona probabilità diventare quell’elemento che funzionerà per il discorso, per sempre, come la pietra angolare per tutti i discorsi successivi, cioè quella sequenza che consente di verificare tutti i discorsi successivi, per questo tutti i discorsi successivi devono essere in qualche modo ricondotti a questa prima sequenza, per potere essere valutati. Certo, la questione si fa complessa quando i giochi che si stanno attuando sono molto complessi, come avviene sempre, cionondimeno se ci riflettiamo bene qualunque gioco quindi qualunque sequenza, qualunque discorso viene accolta se viene verificata in base a questa sequenza che ha dato l’avvio, l’abbrivio, che è stato il motore del discorso: un discorso per potere farsi deve muovere da qualche cosa e questo è il linguaggio che glielo impone, qualcosa che funzioni come premessa, quindi occorre che ci sia, occorre che una premessa intervenga nel discorso e lo avvii come dire: “questo è stato confermato come vero quindi a questo punto da qui posso incominciare a costruire altre cose, ad aggiungere elementi, confrontare, paragonare, eliminare”, in definitiva fare tutte quelle infinite cose che il discorso farà. Ma questa sequenza cosa afferma? Di fatto tecnicamente potrebbe affermare qualunque cosa però occorre anche tenere conto del modo in cui si avvia il linguaggio e chi lo avvia, sono altri umani che hanno subito lo stesso iter e quindi riprodurranno inevitabilmente sempre, potremmo quasi dire, lo stesso discorso, e qui c’è un’altra considerazione che si innesta, la fantasia di abbandono. Come sapete la fantasia di abbandono è una delle più frequenti che appaiono, l’abbandono, cioè, prendiamo la maniera più rozza così come si dà: “nessuno che mi capisce, nessuno che mi considera”, quindi nessuno che mi valorizza, mi dà valore. Tenendo conto di quanto andiamo dicendo, questa fantasia parrebbe riprodurre una situazione in cui una sequenza attende di essere verificata da qualcuno per essere accolta e quindi utilizzata per potere proseguire, se manca questa certificazione da parte dell’altro, o di altri, non può partire quindi non può fare niente e forse, dico forse perché è ancora tutto da verificare, è questo il motivo per cui di fronte alla sensazione di abbandono la persona si sente paralizzata, come se non potesse fare niente. Ci si potrebbe chiedere: perché mai? Anche se nessuno la considera questo non impedisce di fare quello che pare, e invece no, non avviene così, la persona si arresta e se ci chiediamo perché a questo punto possiamo incominciare ad avanzare un motivo: senza questa certificazione, questa verificazione da parte dell’altro, la sequenza non può essere utilizzata per costruire altre sequenze, altre proposizioni, da qui la necessità per gli umani di rincorrere sempre l’approvazione altrui senza la quale approvazione, pare, non vadano da nessuna parte …

Intervento: stavo pensando all’autorizzazione, è il discorso ossessivo che senza autorizzazione non si muove …

Anche quello paranoico, anche quello isterico, con modalità differenti, il paranoico per esempio, se si trova di fronte a persone che ritiene a suo parere inferiori a lui non ha nessun problema “sono stupidi”, ma se si trova di fronte a qualcuno che non può, per qualunque motivo, ritenere stupido ma lo teme perché lo ritiene superiore a lui, si paralizza, e se non ha anche lui l’approvazione dell’altro è incapace di muoversi. C’è necessariamente in qualunque discorso, si tratta poi di vedere come interviene in ogni discorso, certo nel discorso ossessivo appare più evidente, è immobile, in attesa degli eventi favorevoli che lo autorizzino a dire, a pensare, a fare qualunque cosa. Poi nel discorso ossessivo si aggiunge quest’altra questione, quella della responsabilità, se è l’altro a fare o a costringermi a fare, è l’altro che è responsabile, ma questa è un’aggiunta, la struttura di base è che se una sequenza non viene certificata non è utilizzabile, rimane come in un limbo, in attesa di essere verificata da qualcuno …

Intervento: proprio quindi la mancanza di responsabilità nel caso in cui non ci sia questa verifica è per quel discorso necessaria, non è una mancanza di responsabilità … dicevamo che la persona non po’ assumersi la responsabilità se è una sua conclusione ma questo non poter assumersi la responsabilità proviene dal fatto che non può avere la verifica da parte dell’altro e quindi la questione della responsabilità è strettamente legata alla verifica, perché una persona dovrebbe avere paura dei suoi pensieri, delle sue conclusioni? E quindi non poter ammettere la responsabilità di quello che va dicendo se non c’è la certezza che altri possano accogliere le cose che va dicendo? L’altra volta lei diceva proprio di ci sia il terrore della propria responsabilità, la propria responsabilità è data da questa impossibilità di avere una verifica da parte dell’altro …

Sì, questa verifica ci appare indispensabile per proseguire così come è indispensabile per l’avviarsi del linguaggio, negli umani appare così, occorre che ci sia qualcuno che lo avvii, in assenza di qualunque cosa forse si avvia lo stesso, ma sicuramente il tempo impiegato è superiore …

Intervento: questa questione della verifica da parte dell’altro pare deva venire dall’altro …

Sì, uno dovrebbe mano a mano acquisire tutte queste verifiche e immagazzinarle, e così avviene in un certo senso, per alcune cose più semplici e più ricorrenti avviene così in effetti, all’inizio il bimbetto chiede qualunque cosa poi crescendo non chiede più perché sa da sé …

Intervento: tutta la vita quotidiana di ciascuna è fatta da questo bisogno di riconoscimento ma questo bisogno di riconoscimento coinvolge anche la questione del potere perché sembra quasi una sorta di artificio, una rappresentazione di questa necessità di verifica da parte dell’altro … la realtà è una verifica all’esperienza …

Anche in questo caso, nel discorso teoretico più sofisticato e più spinto comunque ci si attende la verifica, non si può non attenderla, solo che la verifica non avviene più dal consenso altrui ma dalla struttura del linguaggio …

Intervento: ma nel discorso ossessivo che fa una sorta di caricatura, di rappresentazione che nasconde degli effetti di godimento però mi chiedevo se è la verifica della verità delle proprie affermazioni o del potere sull’altro?

Parte dall’idea di avere potere sull’altro …

Intervento: il potere sull’altro è avvicinabile alla questione erotica?

Se ho potere sull’altro, l’altro mi da credito, crede in me, mettiamola così, se crede in me è perché ritiene che le cose che io penso, che io dico, che faccio siano importanti e notevoli, di conseguenza necessariamente vere. La questione della verità è ciò che interviene rispetto alla struttura del linguaggio, però nel discorso il più delle volte non si manifesta come verità in quanto tale ma appunto come forma di potere, di supremazia, di valore, di riconoscimento, di ammirazione, di fama, quello che volete …

Intervento: però questo bisogno di essere importante appunto si fonda su questa verifica però cos’è che mantiene questa idea che la verità o la verifica debba provenire da un altro? che va bene quando non si hanno le informazioni poi man mano … però che cos’è che invece mantiene questa cosa inalterata, dicevamo prima, del discorso ossessivo eccetera? Cose se venisse mantenuta questa cosa, come se non si facesse tesoro …

No, anzi, se intervengono verifiche contrarie vengono eliminate come non attendibili …

Intervento: perché è la strada più breve, è più rapido ottenere la verifica dal mondo esterno piuttosto che fare uno sforzo …

Intervento: questo funziona nel discorso così detto normale …

Prendiamo la questione dal modo in cui si avvia e in cui funziona il linguaggio, il linguaggio si avvia con qualcuno che dà le prime istruzioni, diciamo che siamo al punto in cui c’è una prima sequenza verificata da qualcun altro, perché sappiamo che la persona in questione non è ancora in condizione di verificare niente, dunque viene verificata quindi c’è questa sequenza, a questo punto il linguaggio è soddisfatto, ma anche il discorso o ha bisogno di altro? Oppure può semplicemente continuare a riprodurre questa sequenza all’infinito, implementandola poi con aggeggi di ogni sorta, però questa è la questione che pongo. La domanda è: ha necessità di modificare questa sequenza, di costruirne altre oppure questa sequenza è sufficiente ad andare avanti all’infinito? Con varianti eventuali, implementazioni, ché più informazioni si acquisiscono più questa sequenza può essere applicata a molte altre, come dicevo all’inizio è come se funzionasse da strumento di verifica di tutte le altre, e cioè se questa è vera, se quest’altra collima con questa e non la contraddice, è vera anche questa, se la contraddice non è vera. Certo gli elementi, i giochi che intervengono sono talmente tanti che si può piegare anche quella che apparentemente la contraddice a non contraddirla più, la retorica è abile in queste cose, qualunque retore sa fare questo, però la domanda dicevo è questa: se questa sequenza, qualunque essa sia, è sufficiente al funzionamento del linguaggio e quindi alla produzione del discorso oppure il linguaggio, e di conseguenza il discorso, necessita di altre sequenze differenti? È una questione, perché se reperiamo che effettivamente questa sequenza originaria rimane sempre la stessa e cioè che la persona effettivamente per tutta la sua esistenza continua a ripetere la stessa cosa, con infinite varianti ma la stessa affermazione, allora effettivamente continua per tutta la vita a dire la stessa cosa, cioè a parlare sempre della stessa cosa anche quando non ne parla …

Intervento: le informazioni che arrivano dall’esterno vengono …

Sì, implementano la sequenza di partenza, quella che ha dato l’avvio. Come risolvere questa questione?

Intervento: come è avvenuto che ad un certo momento, certe figure retoriche abbiano portato l’interrogazione su questa sequenza, sul linguaggio, su queste cose, tanto per cui l’interesse effettivamente sia per il funzionamento anziché per l’implementazione della fantasia che è stata “inoculata” … quel modello che si ripropone, perché se non c’è l’interesse per …

Questo sposta solo la questione sull’interesse, da dove viene? Cosa lo attiva? Cosa lo muove? Cosa lo mantiene? Questione che anche altri hanno intravista partendo magari da altre cose, però lo stesso Freud parlando della scena originaria allude a qualcosa di simile, qualcosa che rimane, lavora e riproduce sempre la stessa scena …

Intervento: comunque tutto il resto viene letto tramite questa scena, un po’ come quando si dice che le persone interpretano a modo loro sulla base di che cosa?

Non possono fare diversamente. Una fantasia certo, una fantasia cioè una sequenza che è stata posta come criterio di valutazione, se questa prima cosa, questa sequenza è assolutamente vera e non può non esserlo perché in quel momento neanche si pone la questione della verità, è così e basta, non c’è neanche la questione della verità, non c’è niente, c’è una cosa che c’è che è lì, esiste e basta. Effettivamente non serve altro al linguaggio per costruire, e tutte queste sequenze devono essere naturalmente mosse da una premessa che a questo punto appare essere la fantasia, una premessa che sia assolutamente vera …

Intervento: se uno volesse modificare il modo di pensare la persona si spaventa …

Infatti non lo fa e quindi questa prima sequenza, questa prima stringa che risulta assolutamente certa, e risulta certa direi per definizione, viene implementata e di volta in volta necessita di continue riconferme poiché questa prima sequenza è stata imposta da qualcuno, rimane l’idea, dicevamo forse l’altra volta, che sia sempre qualcuno comunque a essere il padrone dell’universo, cioè il padrone del linguaggio, quello che mi ha dato, mi ha consentito di incominciare a parlare e quindi di fare esistere tutto. Questo, dicevamo, che è una sorta di “inganno” messo tra virgolette perché non è propriamente un inganno, non c’è una volontà tale da parte di chi avvia il linguaggio, però come effetto sì, quindi c’è e non c’è inganno per cui appare inevitabile che sia qualcuno, il padrone di tutto, e questo che appare essere padrone di tutto deve essere quello che nei momenti in cui c’è incertezza sia quello che garantisce il vero. Non c’è nessuno naturalmente, però rimane, è come se fosse implicito in questa prima stringa, in questi primi comandi il fatto di provenire da qualcuno, cosa che non va senza effetti, senza complicazioni. Ora se, dico se, perché ancora non abbiamo la certezza assoluta, ma appare con buona probabilità, che effettivamente ciascuno continui a ripetere sempre esattamente la stessa cosa e cioè quella cosa che per lui è più importante, che spesso è una fantasia di abbandono, che è straordinariamente frequente proprio per il modo in cui si avvia il linguaggio e cioè il fatto che non ci sia, non sia reperibile qualcuno di adeguato, a certificare le mie affermazioni allora, se tutto questo, clinicamente si potrebbe considerare che qualunque discorso in effetti ruoti intorno alla necessità di evitare l’abbandono e cioè che ci sia qualcuno che non abbandoni. È questo il motivo per cui gli umani hanno costruito la religione: per avere qualcuno che non abbandoni mai …

Intervento: avere qualcuno dà la possibilità di avere la conferma, è questa l’angoscia dell’abbandono …

È il motivo per cui esistono le religioni, perché legittimamente potrebbe farsi questa domanda: perché le religioni? A che scopo? A che cosa servono? Potremmo dire, parafrasando Lacan che diceva: “se la religione trionfa è segno che la psicanalisi ha fallito” dire che “se la religione trionfa è segno che l’umanità ha fallito, non la psicanalisi”, ha fallito nel proprio pensiero, nel proprio ragionare, nella propria capacità, è stato un fallimento totale, assoluto …

Intervento: …

Ciò che abbiamo fatto noi poteva farlo chiunque, perché nessuno l’ha fatto?

Intervento: per via di quella fantasia …

Sì, proprio così, da cui non è potuta uscire, per questo, come abbiamo detto infinite volte, occorreva una formazione psicanalitica e cioè la possibilità di interrogare ciò stesso che si stava facendo, ciò stesso che si andava dicendo, questo è stato il gesto di Freud, gesto non da poco, un altro non lo poteva fare. Wittgenstein, un filosofo del linguaggio, un filosofo qualunque non è stato addestrato ad ascoltare, a interrogare non solo ciò che dicono altri ma ciò che lui stesso sta affermando e sta dicendo …

Intervento: in un’economia di pensiero, direbbe Turing …

Economia, sì, il linguaggio non ha bisogno di tanti pensieri, riflessioni, elucubrazioni straordinarie e sofisticate per funzionare, non gli servono a niente, servono due o tre cose e va avanti, in questo senso economia di pensiero così come esiste un’economia nella macchina: è inutile che facciano sforzi che bruciano carburante e fanno calore per niente, e in questo caso è qualcosa del genere. D’altra parte, per esempio, il titolo della prima conferenza che farò il 21 di settembre sul nuovo ordine mondiale, che non esiste, non c’è nessun ordine mondiale, e il controllo delle masse, in effetti ciò di cui si parla è della religione, ma non di dio o di una fede o dei cristiani, della quali cose non ci interessa assolutamente niente, ma del perché gli umani hanno creato la religione, da dove arriva, senza andare a dire che gli umani per natura hanno bisogno di credere in qualche cosa …

Intervento: il discorso che abbiamo fatto fa pensare alla necessità del punto di riferimento …

Certo, sono tutti correlati …

Intervento: perché da una direzione? Perché stabilisce ciò che è vero?

Sono cose che si sanno da sempre che gli umani hanno bisogno di un riferimento in cui credere, ma nessuno ha mai saputo esattamente perché, mai, Freud ci ha provato però è una elaborazione assolutamente insoddisfacente, fondata su niente, però molte cose le ha intuite e anche i filosofi del linguaggio, gli stessi sofisti hanno inteso delle cose però …

Intervento: la certezza è soltanto quello che si sta dicendo, quella è la certezza …

Non ce ne sono altre, già vi rendete conto anche delle implicazioni sociali, politiche, Sandro ci ha promesso un lavoro sull’economia, intesa ovviamente non come l’intendono gli economisti che vanno poco lontani, e che stiamo aspettando con ansia perché c’è parecchio da dirne, su tutto ciò che l’economia, per esempio ha costruito muovendo da una fantasia, un fantasma, è stata costruita su un fantasma, un fantasma costruito su un altro fantasma, come la stessa politica, eppure come sempre tutto ciò che serve per intendere qualunque questione viene dal modo in cui il linguaggio funziona e non può non funzionare, che se non funzionasse così non funzionerebbe niente, è tutto lì ed è sempre stato lì …

Intervento: se nella psicanalisi non si inserisce uno studio sul linguaggio rimane un gioco, un diversivo …

Un atto di fede …

Intervento: un atto di fede, come dicevo l’altra volta è anche inutile andare a scoprire qual è la causa vera, ammesso che lo si possa sapere con certezza se tanto la fine è necessaria può essere un termine di paragone … se poi il modo di pensare non cambia …

Sì, ha gli effetti che ha un atto di fede, si sa che qualunque neofita di qualunque fede, credo, religione, ne ha sempre un notevole vantaggio inizialmente appunto perché immagina di avere trovato la verità e questo è sempre accompagnato da moti di giubilo …

Intervento: il nostro modo di procedere, per esempio, l’Uomo dei Topi, lui Freud parlando di tantissime cose alla fine ci parla di quelle sequenze che portavano al riprodursi del discorso dell’Uomo dei Topi, prendendole da delle preghiere, miscellanee … il modo di procedere di Freud è di portare a conoscenza, o fondare la sua teoria, ciò che lui aveva scoperto, quello che lui ascoltava queste sequenze che combinandosi in vario modo portavano la persona a concludere nei modi che sappiamo, il modo di procedere che aveva lui non avendo a disposizione assolutamente gli strumenti per intendere qualcosa del linguaggio, si è trovato appunto ad affermare queste cose, descrivere, mostrare come queste sequenze funzionavano, il modo di procedere nostro a questo punto visto che affermiamo che è una sequenza che riproduce continuamente attraverso le affermazioni e quindi le conclusioni tutto sommato l’avvio del discorso …

Il modo in cui procediamo noi è esattamente quello che ho descritto l’altra volta rispetto alla macchinetta, e cioè ogni volta, tendendo conto e partendo dal funzionamento del linguaggio, troviamo un elemento cioè implementiamo questa sequenza teorica, a questo punto ricorsivamente torniamo al punto di partenza, verifichiamo se questa affermazione che stiamo facendo è coerente con il funzionamento del linguaggio oppure no, se lo è viene accolta e viene utilizzata per procedere, altrimenti no, questo è il modo in cui procediamo. C’è un’altra questione curiosa che può esserci d’aiuto, pensate al “credo quia absurdum” di Tertulliano, questo credo proprio perché assurdo sembra rimandare a questa prima sequenza che in effetti non viene verificata, viene stabilita ma non viene verificata perché non ci sono gli strumenti per farlo, eppure la sua potenza appare notevole e quindi il credo quia absurdum …

Intervento: come se questa verità venisse dal nulla …

Sì, è questo l’inganno di cui dicevo, si crede che venga dal nulla, da qui la religione e tutte le magie.