INDIETRO

 

11-5-2000

 

Occorre che ciascuno abbia una padronanza totale e assoluta del discorso che andiamo facendo, proprio assoluta, come la verità, a questo scopo, è importante e anche utile considerare il discorso che abbiamo fatto, si diceva anche con voi ricominciare da capo, incominciare da capo, non inventare la Seconda Sofistica perché l’abbiamo già inventata ma riconsiderare tutti i vari punti i vari aspetti tendendo conto e facendoci noi stessi di volta in volta tutte le obiezioni possibile e immaginabili, quelle più sofisticate alle più banali e stupide, in questo modo noi potremmo ottenere un duplice risultato, primo di acquisire quella padronanza di cui dicevo prima totale e assoluta su questo discorso, averlo proprio sulla punta, secondo di rendendola molto più chiara a noi stessi acquisire la capacità di poterlo rendere molto più semplice, più chiaro a qualunque altro. Ora come fare una cosa del genere? Semplice si può cominciare da poco, dalle obiezioni da lì partire, anche una obiezione apparentemente semplice può consentire di rimettere in gioco alcune proposizioni e quindi precisarle, specificarle o ampliarle a seconda dei casi cioè è questo un modo per giungere a una maggiore semplicità perché è anche questo che ci occorre nel contatto con il pubblico soprattutto, una maggiore semplicità significa una maggiore chiarezza e per quella via una maggiore padronanza del discorso, dove non può non deve accadere che una qualunque obiezione non abbaia immediatamente ciascuno di noi un ventaglio di risposte possibili, retoriche e logiche a seconda dei casi ed estremamente semplici e di facile comprensione. Un lavoro quindi che in parte abbiamo proseguito sempre ma si tratta forse di dare maggior spazio a questo aspetto, anche perché riconsiderando alcune cose possono anche aggiungersene trovare aspetti che non abbiamo mai considerato per esempio, o soltanto molto marginalmente, cosa dice Cesare? (magari con terminologie non molto elaborate…) ecco esatto è questo che importa sapere spiegare sia alla persona che non ha mai letto che “Novella duemila” sia al logico matematico, chiaramente a ciascuno di questi due personaggio in termini differenti, ma avere la stessa facilità a spiegare a entrambe la stessa cosa. In effetti stavo considerando perché ci siamo trovati a inventare questa cosa, non è nata dal nulla ovviamente, abbiamo detto varie volte il motivo però può sempre essere utile o almeno interessante tenerlo presente e il motivo per cui abbiamo inventato questo modo di pensare è che quelli che ci erano noti, ci eravamo trovati a conoscere, non erano più sufficienti, non erano più interessanti, no bastavano più occorreva qualche cosa altro. E perché non bastavano più? (perché giocare lo stesso gioco può essere noioso) non soltanto per questo, anche ma non soltanto, è perché questi altri giochi muovevano, muovono da un atto di fede e cioè il punto da cui parte la loro elaborazione teorica non è provabile in nessun modo, rimane un’affermazione totalmente gratuita, cosa non da poco, voi adesso avete letto moltissimo e continuate a farlo quindi potete considerare con molta più attenzione di quanto potesse accadere una volta come ciascuno che scriva un saggio si trovi ciascuna volta a muovere da alcune considerazioni cioè costruire tutto un libro da alcune considerazioni che non sono sostenute da niente, assolutamente niente, poi ciò che ne segue può essere interessante affascinante, tutto quello che volete però muove comunque da affermazioni che rimandano a niente ma mi riferisco anche alle persone più attente e questo porta poi questi personaggi a giungere o a una sorta di sospensione del giudizio oppure a concludere in modo un po’ squinternato, ora nessuna delle due soluzioni ci è parsa di qualche interesse per cui occorre trovare un altro modo, per cui l’invenzione di un sistema di pensiero che non ritenesse necessario un atto di fede, cioè che muovesse da qualche cosa che fosse assolutamente necessario, forse… (cambiare paradigma direbbe Khun) qualcosa del genere. La fortuna e al tempo stesso l’intoppo, di cui ci è capitato la sorte è che da una parte abbiamo costruito un discorso che impedisce di essere abbattuto e questa è la “sfortuna” tra virgolette perché molte persone hanno considerato con questo che la questione fosse finita, d’altra parte invece la fortuna di avere costruito qualcosa di talmente solito da potere costituire il fondamento di qualunque altra cosa cioè qualunque altra cosa che fosse costruita su questo fondamento poteva reggere benissimo. Ora già da tempo abbiamo considerato tutte le possibili obiezioni teoriche però è possibile che qualcuna ci sia sfuggita e ci adopereremo per reperirla non soltanto obiezioni teoriche ma anche quelle obiezioni apparentemente banali che vengono fatte dalle persone allorché… ecco, ci sono delle obiezioni, si lamentava Cesare, rivolte a noi: “se tutti pensassero in questo modo che cosa accadrebbe?” Una libertà assoluta per cui ciascuno fa quello che vuole e ciò che può volere può andare contro il prossimo anzi generalmente avviene questo (si confonde l’obiettivo con…) sì questo è così la banalità però, però l’obiezione punta su questo sul fatto che è stato necessario imporre delle regole dal momento che gli umani in assenza delle regole si scannano l’uno con l’altro, si scannano lo stesso però è già un po’ mitigato, un po’ controllato cioè hanno regolamentato lo scannamento generale quindi in assenza di queste regole e questo tizio mi sembrava di intendere dicesse se una persona pensa così non ha più questi limiti perché ha una libertà assoluta e fa tutto quello che vuole, anarchia assoluta (mi viene in mente l’ordine e il caos, probabilmente il timore è quello che esista il caos, l’anarchia, ma il timore del caos e dell’anarchia esiste già nell’ordine cioè l’ordine non è successivo al caos, l’ordine non è nato per rimediare al caos ma è perché il caos in qualche modo proprio perché è un significante è un ordine proprio per via del linguaggio, per questo io posso immaginare un ordine che metta a posto il caos, perché c’è già un ordine che è il linguaggio che gli permette di pensare il caos, cioè senza linguaggio non c’è caos) Cesare un contro esempio: (…) Sandro sostiene che l’ordine è antecedente al caos in quanto l’ordine non è altro che la struttura del linguaggio, è la struttura del linguaggio è quella che consente di pensare il caos (si potrebbe anche disquisire cos’è ordine e cos’è caos) ha già dato una definizioni di ordine è la struttura del linguaggio però giustamente può darsi una obiezione a questa definizione, bene la ponga (si può capovolgere che l’ordine sia il caos e il caos sia l’ordine) sì cioè lei dice che il caos sia soltanto un ordine le cui leggi non sono ancora compiute, per esempio, e poi? (dire che tutti e due questi significati sono arbitrari) si va a mettere nella peste (…) provi a trovare un’argomentazione che prova esattamente il contrario di quello che afferma Sandro (a me verrebbe questo che sia ordine che caos sono due significati sono arbitrari perché significare che il caos sia un qualcosa che non sia l’ordine) è una questione grammaticale (il caos potrebbe avere anche il suo ordine appunto nel suo caos) sì io ho anticipato prima la questione indicando con il caos un ordine le cui leggi ancora non sono state individuate ad esempio, e quindi considerare che in questo caso l’ordine è dato, è già dato, è necessario un ordine ma necessario nel senso che ciascuna cosa segue un andamento una struttura segue qualunque cosa, anche nel caos c’è un susseguirsi di elementi e questa successione di elementi possiamo anche dire che è casuale però potrebbe anche non esserlo (qualcuno potrebbe sempre trovare un dubbio) esatto fatta la legge trovato l’inganno, per cui giungere a considerare che è dal caos che sorge l’ordine, sorge, la nozione stessa di ordine in quanto il caos non è altro che una serie di successioni le quali successioni vengono ad un certo punto individuate e formalizzate e a questo punto diventano ordine (diciamo che l’ordine ha bisogno del caos) in questo caso che sto dicendo io sì, esattamente il contrario di quello che sosteneva Sandro, Beatrice invece come troverebbe una contro argomentazione a quello che ho affermato io? (una contro argomentazione è molto difficile laddove una prenda in considerazione dei significanti) e quale cos’altro prendiamo in considerazione? (se io considero il linguaggio come ciò che permette di parlarne non trovo una contro argomentazione, posso girare ma poi ciò che ne deduco è che ciascuna cosa è un atto linguistico, questa è la condanna per quanto mi riguarda, non posso contro argomentare a una questione del genere) però la questione è diversa cioè porre una obiezione…imparare questo è fra le righe ciò che stiamo facendo, imparare ad argomentare senza ricorre immediatamente a questa sorta di asso nella manica ma arrivandoci cioè portando l’interlocutore a giungere necessariamente a questa conclusione, perché se voi la ponete d’amblé chiudete la conversazione l’altro non intende quello che dice e non avete nessun effetto per questo è importante compiere questo esercizio che sveltisce la capacità di pensare quindi trovare contro argomentazioni che siano le stesse argomentazioni utilizzate dall’interlocutore, come dicevamo anche tempo fa, utilizzando le sue argomentazioni, mostrargliele differenti, prima ancora che false e quindi insostenibili, cosa contro argomentare a ciò che io ho affermato? È necessario il caos perché ci sia un ordine, per il momento non importa che la cosa possa andare avanti anche all’infinito ciò che importa è l’esercizio, è chiaro che poi un altro può contro argomentare a quello che ho detto io effettivamente all’infinito però, ciò che importa è l’esercizio non è che importa veramente se è nato prima o dopo l’uovo e la gallina, non ce ne importa niente interessa però sapere argomentare, dal momento in cui questo diviene assolutamente facile ecco che allora noi troviamo i modi, i termini perché le persone che ci ascoltano, cioè si pongano delle obiezioni siano condotte facilmente, quasi naturalmente a delle proposizioni che non potranno non accogliere nel loro discorso, ciò che dicevo prima rispetto alla semplicità, occorre diventare semplici (la semplicità è di cogliere il luogo comune, quello che pensa l’altra persona, quello che si immagina ciò che pensi, parlare di luogo comune è pensare ai luoghi comuni, e in effetti parlare di caos è parlare dell’assenza di direzione, quindi dell’assenza di senso e quindi perché ti muovi nel caos nel senso che non puoi più controllare i tuoi pensieri perché molto spesso, una persona si smarrisce, non trova più il bandolo della matassa, e quindi da lì può collegare la questione del fatto che le cose paiono sempre diverse una direzione c’è comunque, si ritorna alla questione dell’ordine, e quindi spostare la questione del caos e dell’ordine, da una questione ontologica portarla a una questione fisica, grammaticale, l’ordine e il caos non è altro… il timore del caos non è altro che si perdano le regole… il prosieguo c’è sempre) (che comunque non potrebbe esserci l’ordine senza caos) (non fermarsi alla questione metafisica ma riportarla a quelle che sono le interrogazioni più comuni) (partire da una affermazione come hai fatto tu o non riesco a contro argomentare perché se dico che tengo conto del significanti perché non potrebbe esserci il caos se non ci fosse il significante caos, se non si dessero questi significanti…) argomentare, una sequenza di proposizioni coerenti fra loro, per esempio indicava Sandro Freud ha inventato questa teoria per la quale teoria ciascuna cosa che si dica ha un senso ha una direzione, però la questione importante da stabilire è se questo ordine, questa direzione, questo senso ce l’hanno prima o è reperibile dopo, se quest’ordine è reperibile dopo allora mentre si dicono queste cose in effetti non seguendo un ordine prestabilito sono assolutamente casuali, dopo posso stabilire il percorso che hanno compiuto, come quando lancio un dado non so quale sarà il suo percorso dopo posso tracciare una traiettoria dopo, in effetti le leggi del caos esprime una cosa del genere, non conoscendo il punto di partenza non è possibile tracciare la traiettoria, quindi dicevo o quest’ordine è reperibile dopo ma non c’era prima, dopo posso costruirlo oppure c’è prima, sostenere però che quest’ordine è precedente è come se le mie parole fossero predestinate che è arduo sostenere, e quindi l’ipotesi che pare più attendibile è che questo ordine non ci sia prima, e quindi le parole si producano nel caos, ora tuttavia contro argomentiamo a questo punto perché le parole si producano occorre che ci sia un ordine, cioè un ordine grammaticale, sintattico certamente e quindi l’unico ordine di cui può parlarsi necessario è questo ordine questa nozione di ordine, l’ordine non altro che ciò che è stabilito da procedure, da regole linguistiche le quali impongono una certa successione, una certa combinazione di elementi certi e non altri, sono le regole di formazione e di esclusione di cui abbiamo detto sempre, questo certamente è un buon argomento (a differenza di come ho fatto io che l’ho posta già all’inizio, in effetti il mio non era un esercizio di fronte al pubblico, però in effetti io ho posta all’inizio questa cosa, si tratta di creare un paio di argomentazioni e un paio di contro argomentazioni di modo che diventi strada liscia, ponendola in questo modo si gioca un gioco difficile perché si gioca il gioco della giustificazione, io pongo una questione e la risolvo subito, e quindi devo giustificare come l’ho risolta, è più difficile, è più complicato mentre invece partendo da quelle che sono le interrogazioni comuni, si creano un paio di argomentazioni e un paio di contro argomentazioni e quindi si arriva alla conclusione la quale non necessita più di essere giustificata) no, è giustificata dal percorso che si è fatto (ponendo delle proposizioni come quelle che ha posto Sandro all’inizio in cui situava dei significanti, certo quando io devo giustificare quello che ha detto a quel punto trovo che il gioco è fatto, come lo deve giustificare può giustificarlo la difficoltà sta nel contro argomentare un discorso di questo genere perché contro argomentare quel gioco, regole che conducono a dire quelle cose sono intoccabili perché o giochi quel gioco e allora puoi cominciare a parlare di quello che vuoi, oppure non giochi quel gioco e comincia il discorso della metafisica che considera il linguaggio come un mezzo per dire delle cose, mi pare che non ci sia una grossa chanche ponendo quelle proposizioni perché o non ti capiscono, ammutoliscono, infatti questa è la verità assoluta, al di fuori di quello non ti dà spazio per considerare altro, può fare cominciare a parlare. Uno che voglia lui stesso fare lui stesso questo gioco come fa ad argomentare se non supponendo che ci sia qualcosa fuori da quello che lui dice, quindi certamente questo è l’inizio del percorso intellettuale per lo studio….(per cui la cosa fondamentale che dobbiamo fare è continuare a mettere in gioco quello che abbiamo affermato perché nessuno più di noi saprebbe trovare delle obiezioni a ciò che abbiamo affermato in quanto lo conosciamo meglio degli altri, se io affermo che qualsiasi cosa si dia questo è necessariamente un atto di parola, è trovandomi a confutare questa affermazione che io posso trovare qualcosa di notevole, per esempio delle obiezioni a cui non avevamo pensato, chi saprebbe confutare questa affermazione così d’amblé “qualunque cosa si dia è un atto di parola”, e un atto di parola è qualcosa di compiuto, si parlava di ordine quindi di qualcosa che si utilizza comunque per trovare un senso, quindi l’atto di parola è qualcosa che è utilizzabile… se è utilizzabile…) sicuramente molte persone farebbero delle obiezioni a una cosa del genere, noi dobbiamo reperire queste obiezioni (quelle che fan tutti da quando abbiamo cominciato) per esempio se uno dicesse una cosa del genere mi chiederei come lo sa? Come lo ha saputo e cosa gli risponderemmo Cesare? (senza la parola ciò che sa non esiste) questo sposta solo il problema perché continua a chiedere come lo sa? Da dove trae tanta certezza? (dalle affermazioni che fa) quindi può sostenere esattamente il contrario e quindi diventa automaticamente vero? (qualcosa a questo punto non sarebbe atto di parola) sì (a questo punto potremmo porre la questione di come so qualcosa) però se l’interlocutore è sufficientemente abile non si lascia prendere in questo tranello di trovarsi lui l’interrogato…

Intervento: però funziona

Qualche volta sì e qualche altra no, può darsi alla buona sorte per cui si può comunque porre la questione però…

Intervento: se in effetti ciò che è fuori dal linguaggio è vero, ammesso e non concesso, è non conoscibile

È vero ma un abile interlocutore, dice è vero quello che dici ma non si può sapere quello che io affermo ma esattamente così come non possiamo sapere quello che tu affermi e a questo punto come la mettiamo? Diventa più duro…

Intervento: il fatto che io ponga ciò che è fuori dalla parola come inconoscibile è una petitio principi

Non necessariamente può essere una considerazione non necessaria in quanto non ho modo di conoscerlo e quindi non posso che accogliere questa eventualità, non lo conosco per il momento, però un momento non è inconoscibile non lo posso affermare con certezza, perché la questione verteva su questo, perché io affermi che qualunque cosa sia un atto di parola, poi ho chiesto una contro argomentazione, Sandro ha cercato di girare la cosa, qualche cosa non è un atto di parola, ora se nel primo caso, l’altro può dirmi come lo sai? Se io non trovo delle buone argomentazioni l’altro dice la tua argomentazione vale tanto come la mia e cioè che non possiamo sapere se è vera la tua o la mia e neanche quello che afferma Sandro e cioè qualcosa non è un atto di parola come lo so? Non lo so, può la cosa bloccarsi su una sospensione di giudizio, incombe la spada di Damocle della sospensione di giudizio, ciò l’impossibilità di optare per l’una o per l’altra soluzione, dei buoni interlocutori sarebbero in condizioni di bloccarvi (sì però per fare questa affermazione adopera la parola come può fare a dire che non è un atto di parola?) non è difficile obiettare a questo la parola è soltanto uno strumento che descrive delle condizioni, degli stati, descrivendo degli stati ci siamo trovati di fronte a degli stati che non possono essere decisi, semplicemente la sua obiezione non è valida deve trovarne una di più robusta (…) però per ora non mi avete detto nulla che mi dissuada da questa posizione cioè io ho affermato che qualunque cosa è necessariamente un atto di parola e poi mi sono detto come lo so? Come faccio ad affermarlo con tanta certezza? Come faccio

Intervento: a me veniva in mente questo modo cioè chiedermi a cosa mi serve, tutto quello che fai per esempio, che sia un atto linguistico?

L’altro rimanda immediatamente perché dovrebbe servire a qualcosa? E adesso, si ferma subito, oppure rinvia alla mia domanda che deve servire necessariamente a qualcosa lasciando stare tutte le nozioni di servire, di utilità, se no andiamo a finire in questioni difficili (cercavo ancora di giustificare sul perché giochiamo questo gioco) sì ma se abbiamo un interlocutore accanito…vi rendete conto che questo esercizio per quanto possa apparire banale non lo è del tutto alcune affermazioni che andiamo facendo da moltissimo tempo se poste di fronte a delle contro argomentazioni abbastanza scaltre rischiano di bloccare e quindi occorre come dicevo all’inizio fare ancora molto esercizio perché questo discorso sia padroneggiato in modo assoluto da ciascuno di noi e di fronte a qualunque obiezione dalla più scaltra alla più banale, perché delle volte è la più banale a lasciare senza parole… se io mi batto un martello sopra il dito sento male al dito e non è nella parola, per esempio, può dare un po’ di fastidio, se non ci credi metti qua il dito. Vedete è importante quello che abbiamo cominciato a fare, lavorare molto su questi concetti proprio quelli fondamentali, i pilastri di ciò che abbiamo inventato e trovare… magari abbiamo delle argomentazioni anche molto efficaci, molto potenti ma molto lunghe, bisogna partire, fare giri e poi sì certo, bisogna riuscire ad accorciare questi giri perché l’interlocutore… adesso ti metti lì una settimana e mi stai a sentire per una settimana, qualche cosa che almeno gli produca una curiosità per volere proseguire un discorso, però dobbiamo essere in condizione di rilanciare una qualunque obiezione anche con poche ma efficaci e torno a dire dalla più scaltra, sofisticata alla più banale e alla più stupida. È ovvio che un esercizio del genere è utilissimo anche per il gioco che abbiamo (forse) in animo di compiere e ciascuno di voi sa che per persuadere le masse occorrono parole molto semplici, non è che ci si possa mettere a fare disquisizioni complicatissime che richiedono molto attenzione molto studio e molta voglia di mettersi lì a lavorare, cose che la gente ha poca voglia di fare tanto più ultimamente (la mole di lavoro che abbiamo fatto spaventerebbe) forse non è tanto la mole di lavoro c’è gente che studia anche molto che legge anche molto, il pensiero che è diverso la capacità di utilizzare differentemente le informazioni (prima sottolineavo che si confonde lo strumento con l’obiettivo, l’obiettivo non è trovare una verità, l’obiettivo è che questa teoria deve servire a qualunque cosa che ciascuno che si trova impegnato può fare un discorso intorno all’economia, alla medicina, alla politica, al diritto ovviamente ecco il collegamento con il luogo comune è quello che si ascolta in analisi, una delle questioni che si ascolta partendo dalla filosofia neanche dall’economia, è la questione del danaro, questione importante ma perché non arrivare a potere dire qualcosa utilizzando questo discorso…) questo lo faremo…