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11-2-2009

 

Chi è lo psicanalista? È un teorico, il più formidabile teorico che sia mai apparso sul pianeta perché è colui che conosce il fondamento, il fondamento e cioè il linguaggio. La volta scorsa dicevamo che il linguaggio è il fondamento cioè quella cosa che gli umani hanno sempre cercato, il fondamento di tutto ciò che sta alla base di ogni cosa che di volta in volta è stato posto come dio, come natura, come qualunque cosa. Dunque l’analista è colui che conosce il fondamento, lo conosce e non può non conoscerlo e bisogna insistere su questo aspetto, dello psicanalista come teorico, colui che conosce il fondamento e lo pratica naturalmente perché la psicanalisi così come viene praticata ovunque è tutt’altro, e vale a dire un ripetere alcune nozioni più o meno apprese che sappiamo fondate su niente e che costituiscono in realtà una sorta di marchingegno religioso. Qualunque dottrina si pone come religiosa perché deve presumere a fondamento qualche cosa che non conosce, che non sa, che non capisce, che suppone ci sia da qualche parte e suppone che le cose siano come immagina che siano che è un po’ la questione del delirio di cui si parlerà domani. Sarà importante in questi incontri l’aspetto dello psicanalista e di ciò che fa, della sua pratica, porre l’accento dicevo sull’aspetto teorico, che cos’è l’aspetto teorico? L’aspetto teorico non è nient’altro che questo: continuare a riflettere a elaborare tutte le connessioni, le implicazioni i risvolti che accade di incontrare nel momento in cui ci si occupa del linguaggio della sua struttura. Dicevo la volta scorsa che il compito dell’analista è simile a quello che ha operato la logica nei primi del ‘900, cioè porre una crisi dei fondamenti, porre la crisi dei fondamenti vale a dire condurre il discorso, ciascun discorso che si ritiene fondato, si ritiene certo, sicuro, affidabile, condurlo invece a interrogare tutto ciò che da per scontato, per acquisto e mostrare che qualunque discorso ha la struttura del famoso entimema, dove manca la premessa maggiore e manca perché non è provabile, non è dimostrabile e il più delle volte non è neppure conosciuta. Non è un’operazione semplice fare questo come sappiamo benissimo, non è stata semplice per la logica matematica, e così per un qualunque discorso che si ritenga fondato generalmente e genericamente sulla realtà delle cose, le cose stanno così quindi sono nel giusto. Occorre che sia chiaro come funziona il linguaggio, oramai abbiamo gli elementi per potere stabilire con precisione il funzionamento di tutto quanto, vale a dire ciò che costituisce per ciascuno quella premessa maggiore di ogni sillogismo che in futuro verrà prodotto, verrà costruito. Immaginate che all’inizio ci sia un asserto come questo: “tutti gli animali sono mortali” ora dato questo, si possono costruire una serie infinita di altri sillogismi. Stabilito questo assioma di partenza da lì si costruisce tutto quanto, ma come si costruisce questo primo assioma? Sappiamo che il discorso di ciascuno prende l’avvio da una prima istruzione che dice semplicemente che questo è questo, e fin qui di per sé non costituirebbe nessun problema, semplicemente è un’istruzione per la costruzione di proposizioni ma in seguito a questa istruzione si aggiunge un qualche cosa che per il discorso, che a questo punto in qualche modo si è già strutturato, costituisce o va a costituire una sorta di certezza assoluta, ed è qui che si impianta il discorso della persona e si decide in buona parte della struttura del discorso che caratterizza a seconda dei casi ossessivo, isterico, paranoico o schizofrenico, e cioè stabilita una verità fondamentale il modo in cui il discorso si pone nei confronti di questa verità, articola questa verità, utilizza questa verità deciderà della struttura in cui si troverà per il resto della propria esistenza. Prendiamo l’esempio di prima, quello di Aristotele: “tutti gli animali sono mortali” supponiamo che venga presa come una verità assoluta, universale detta da persone degne di fiducia e situata all’interno del discorso in modo tale da costituire quella premessa su cui è possibile costruire qualunque cosa, quindi questa permane, permane perché su questa appunto è possibile costruire tutto e quindi non può essere eliminata né smossa. Supponiamo, per esempio, che questa verità per una serie di motivi vada a comportare fra le varie una conclusione “se tutti gli animali sono mortali allora lo sono anch’io e quindi essendo condannato a morte qualunque cosa accadrà sarà una cosa mortifera, non avrò scampo, vivrò per la morte” è una conclusione legittima in fondo, però a questo punto, dato il modo in cui si è costruita questa premessa generale è come se la catastrofe fosse già avvenuta, non resta che portarne le conseguenze, se la catastrofe è già avvenuta allora come mi porrò? Mi porrò in una posizione tale per cui cercherò di difendere questa verità, di difenderla e di manifestarla, e come la manifesterò? Sarò per esempio restio a mostrami, a esibirmi come se ciascuno al quale mi mostrassi conoscesse questa mia verità, che devo comunque esibire: una persona che ha subito la catastrofe iniziale ma se l’ha subita c’erano buoni motivi e quindi sono anche una persona indegna, poi ciascuno costruisce a partire da questo tutta una serie di operazioni, ma costruite in questa direzione comporterà una struttura di discorso che è nota come discorso ossessivo. Supponiamo invece che prenda un’altra strada, muovendo sempre dal principio aristotelico “tutti gli animali sono mortali” se questa verità anziché essere subita come nel discorso ossessivo come una condanna, si configura come qualche cosa che dà forza e viene agita. La persona si troverà non più a subire qualche cosa ma a portare questa verità assoluta che solo lui conosce e a cercare di imporla al resto del mondo, non più come una vergogna e cioè come qualche cosa che ha subito a causa della sua manchevolezza ma porterà con fierezza questa verità in giro per il mondo come se fosse la cosa più importante e allora cercherà di imporla su tutti “io so come stanno le cose, e voi non sapete niente e quindi vi dirò come stanno le cose”. Allora questo principio primo che è sempre lo stesso comporterà un’altra struttura di discorso, che è quella paranoica. Supponiamo ancora, sempre dallo stesso principio aristotelico, che prenda una via diversa e questa verità da cui si parte costituisca qualche cosa che il discorso conosce ma della quale verità non si fa l’artefice, non è lui il detentore, è una verità che esiste ma il discorso in questo caso la mantiene come qualche cosa di cui si fa il portavoce “io conosco la verità, non sono io la verità non la posseggo so qual è ma mi faccio portavoce, la manifesto agli altri”, allora in questo caso la condotta di questa persona sarà una condotta in cui dovrà continuamente esibirsi, dovrà continuamente mostrarsi in modo che tutti quanti possano vedere la verità di cui lui è il portatore, in questo caso il discorso si configura un discorso isterico. È un discorso molto breve, molto sommario, giusto per mostrare come da un principio primo, da una verità che viene stabilita dal proprio discorso, possano prendersi vie differenti e queste strutture di discorso, che non sono altro che modi e quindi figure retoriche che costruisce il discorso siano dei modi in cui si esibisce la propria verità, cioè servono a esibire la propria verità, alla quale ovviamente ci si attiene perché questa verità è stata costruita nel discorso come qualche cosa di irrinunciabile, di assoluto, di indiscutibile. Perché si è compiuta questa operazione? Il discorso necessita, al momento in cui si avvia, di qualche cosa di assolutamente stabile, fermo, sicuro su cui potere proseguire, e deve essere una verità assolutamente certa, ora non importa che lo sia, importa che occupi quella posizione e cioè venga creduta come tale, venga stabilita come tale. È una sorta di istruzione in realtà che però funziona come l’istruzione base, quella che consente la costruzione di qualunque cosa, è per questo motivo che non viene mai messa in discussione, né mai compare più, perché non c’è nessun bisogno di farla comparire, la sua funzione è semplicemente di costituire l’impianto da cui tutto parte. Cosa fa una persona lungo tutta la sua esistenza? Non fa nient’altro che ripetere questa verità nella modalità che il suo discorso ha stabilito, come una verità subita se si trova in un discorso ossessivo, come una verità da imporre sul mondo intero se è un discorso paranoico, come una verità da annunciare, per questo hanno posto la figura di Cristo come una figura isterica, perché è colui che annuncia una verità, lui non è la verità, lui la annuncia, e il discorso isterico si muove così. Il discorso isterico enuncia la verità ma mai come se fosse una sua produzione: “le cose stanno così, io vi dico come stanno, ma non dipende da me” mentre il discorso paranoico le impone il discorso isterico no, non le impone mai le annuncia. Come dicevo ciascuna persona lungo l’arco della sua esistenza fa soltanto questo, l’abbiamo detto tante volte che non fa nient’altro che ripetere la sua verità ma a questo punto sappiamo anche qual è la sua verità e sappiamo anche quali sono le modalità in cui continua a ripeterla all’infinito, perché vi dico questo? Perché è importante lungo un percorso analitico giungere a intendere non tanto o non solo qual è stato il modello originario, cioè qual è il principio primo, poi è anche possibile costruirlo certo, ma ciò che è essenziale è intendere il funzionamento di tutto ciò e cioè accorgersi che di fatto qualunque cosa si faccia o non si faccia, si pensi o non si pensi è sempre in atto questa stessa cosa, comunque sempre. Posta così sembra una condanna ma non lo è in realtà perché al momento stesso in cui il meccanismo è inteso cioè è chiaro per la persona che sa perfettamente che cosa sta accadendo mentre sta enunciando qualche cosa che gli appare una realtà di fatto, le cose stanno così perché è successo così, bene in quello stesso istante ha l’opportunità di constatare, e se è analista non può non farlo, che ciò che sta dicendo non è nient’altro che ripetere una volta di più quella che per il suo discorso costituisce la verità. Se questo viene acquisito in modo tale da diventare un automatismo come occorre che sia, allora effettivamente perde interesse anche il racconto. Il racconto in quanto tale si svuota, si svuota in quanto non è nient’altro che una ripetizione infinita della stessa cosa e quindi cosa subentra perduto il racconto? Interviene ciò che fa l’analista. Perché dicevo all’inizio deve essere un teorico? Perché procede non più a raccontare cose, a questo punto non ha più nessun rilievo ma a elaborare, a elaborare vale a dire a interrogare tutto ciò che il suo discorso produce per esempio come racconto, anzi il più delle volte lo produce come racconto, interrogarlo vale a dire intendere ancora e sempre di più e sempre meglio che cosa sta funzionando nel suo discorso. Una interrogazione infinita intorno al proprio discorso, ché il discorso continua a raccontare storie ma al tempo stesso queste storie che il discorso racconta nel momento in cui costruisce questi racconti perde interesse per il racconto stesso, se non come pretesto, occasione per un interrogazione. Che cosa significa interrogare un racconto? Chiedergli conto naturalmente da dove viene, che cosa sta a rappresentare o perché racconta le cose che sta raccontando soprattutto, che è un altro modo per dire ciò che abbiamo detto mille volte e cioè che il compito dell’analista è fare intendere alla persona perché pensa le cose che pensa. Occorre tenere conto di quanto sia potente questo principio primo, chiamiamolo così provvisoriamente, sul quale si è impiantato tutto il discorso e di conseguenza tutta l’esistenza stessa della persona, è ciò che pilota la persona in tutte le sue decisioni, scelte, racconti, sogni, tutto è pilotato da questo elemento ed è pilotato nel senso che qualunque cosa non deve fare altro che confermare ininterrottamente questo elemento, è come se il suo discorso non avesse nessun altra funzione che continuare a confermare questo principio primo, per esempio quello che “tutti gli animali sono mortali” il quale principio primo, in questo esempio non è di fatto fondato né fondabile perché procede da un’induzione. In altri casi è qualcosa che si è ascoltato, sentito, o che è intervenuta nel discorso come la più importante. Si tratta di intendere ancora quali sono i termini, gli elementi che intervengono perché un asserto qualunque diventi il più importante, si trovi a occupare questa posizione di fondamento universale, perché sta qui il problema, il discorso di ciascuno pone come fondamento questo principio, ciò che noi invece facciamo è togliere questo principio e mettere a fondamento il linguaggio. L’operazione che compiamo è questa. E non è semplice. Come accade che un elemento qualunque si trovi ad occupare questa posizione? Perché sono tante le cose che anche un bimbetto di pochi anni si trova ad ascoltare, come direbbe Turing questa macchinetta interagisce con infinite cose, però una ad un certo punto una diventa prioritaria su tutto, su qualunque cosa perché? Un motivo è che il discorso necessita di qualche cosa che funzioni da fondamento, cioè che dia un fondamento su cui costruire tutto, ne ha bisogno per il suo funzionamento e quindi cerca qualche cosa che possa funzionare in questo modo. A questo punto sì, tecnicamente potrebbe essere qualunque cosa certo, e forse lo è, però è qualche cosa che in ogni caso produce una forte sensazione, una forte emozione e quindi in quel momento dà l’occasione al discorso di costruire tante cose, adesso diciamola così in modo un po’ rozzo, poi mano a mano preciseremo. Dunque da una parte il discorso ha bisogno di questo elemento cioè di un fondamento su cui reggersi, e dall’altra lo trova in qualche cosa che gli appare fondato perché lo dice una persona degna di fiducia, o perché comunque produce discorso e quindi soddisfa in definitiva il funzionamento del linguaggio. Mi rendo conto che le cose che sto dicendo sono ancora un po’ imprecise ma le preciseremo mano a mano. Mi interessava questa sera dare una direzione più determinata al discorso che stiamo facendo. Gli ultimi incontri che abbiamo fatti conducevano a questo, al discorso sulla fondabilità di una teoria, d’altra parte il discorso di ciascuno si costruisce, trova un fondamento allo stesso modo in cui un  teorico trova un fondamento alla sua teoria, è qualcosa che in quel momento fra le varie circostanze appare degno di fiducia e su questo costruisce una teoria. Perché un bimbetto non dovrebbe fare la stessa cosa anche lui, se lo fa il teorico lo fa anche il bimbetto, non c’è nessuna differenza, o una macchina come diceva Turing, in fondo il principio primo, che anche per una macchina deve funzionare, è capire quali elementi accogliere e quali no, quali sono buoni e quali no quindi ci deve essere il criterio che stabilisce cosa è buono e cosa è no e quindi qualche cosa di assolutamente vero che la macchina riconosce come tale e che le consente poi di discernere e di accogliere tutti quegli elementi che sono riconosciuti e collimano con la premessa generale. Per esempio un’isterica non riuscirà mai a capire il modo in cui pensa un ossessivo, è come una cosa contro natura, per tutta la vita una persona continua a chiedersi come fa a pensare una cosa del genere. Naturalmente è la stessa cosa che l’ossessivo pensa dell’isterico ovviamente: ciò che è assolutamente vero e indubitabile per un ossessivo è assolutamente impossibile, incredibile, inverosimile, intollerabile, inaccettabile per un isterico per esempio. Allo stesso modo per cui la teoria di Freud è assolutamente incompatibile con quella di Jung o una certa teoria è assolutamente incompatibile con un’altra, il darvinismo è assolutamente incompatibile con il creazionismo. C’è qualche questione?

Intervento: qualunque discorso religioso è costruito per confermare la premessa generale … il solo è unico scopo è di poter raccontare questa verità, di ripeterla …

Sì, il caso più emblematico è il delirio, qualunque cosa accada o non accada comunque quella cosa è una conferma, è una conferma indubitabile della premessa generale. Non solo qualunque cosa accada comunque è una prova che conferma ciò che io credo e anzi in questo caso di delirio è ciò che io so con assoluta certezza …

Intervento: d’altra parte tutte le costruzioni che sono avvenute il sillogismo di Aristotele ha cercato qualcosa che fosse necessario ed è partito da quella premessa maggiore d’altra parte nessuno a parte Faioni ha mai potuto considerare una premessa che non fosse negabile quindi direi che qualsiasi discorso parte sia quello scientifico che tutti gli umani sono mortali sia la religione cattolica che professa un dio uno e trino … sono discorsi religiosi nessuno ha mai potuto contare su qualcosa di certo come quello che parte da “qualsiasi cosa è un elemento linguistico” ma certo perché non si può contraddire perché al momento in cui si contraddice utilizza ciò che necessita per compiere quell’affermazione e questa è stata una escamotage in un primo tempo cioè cercare qualcosa di assolutamente non negabile per proseguire ma poi mano a mano praticandola questa affermazione proprio per il funzionamento del linguaggio è diventata necessaria, una costrizione logica da cui far partire il pensiero e questo non si ritrova assolutamente in “natura”, ma c’è una premessa necessaria assolutamente indubitabile in questo momento a proposito di questo sillogismo mi viene in mente la teoria di Verdiglione sulla questione del sillogismo tutti gli animali sono mortali parla del discorso occidentale come del discorso della morte … ho detto che la premessa necessaria è la questione della morte mi viene da pensare che in effetti tutto il discorso che è stato costruito per esempio dalla religione è intorno al mistero della morte per esempio, si è costruita tutta una serie di cose proprio perché all’inizio ha funzionato quella premessa maggiore e forse c’era già prima di Aristotele … probabilmente quello che diceva Verdiglione quando diceva del discorso occidentale il discorso della morte …

Qualche altra questione?

Intervento: io ho ripreso Lo straniante che lei ha messo nella bibliografia per il suo intervento nella biblioteca … in questo saggio Freud parla della morte soprattutto della morte cioè della paura, del pericolo della paura della morte come un fondamento che si instaura nel discorso del fanciullo al momento …

È una delle certezze degli umani …

Intervento: parla della morte come di una fantasia … questa morte che funziona come fantasia una fantasia sulla quale si impiantano tutte le future rappresentazioni che gli umani si troveranno a compiere …

Logicamente è sorprendente che una della maggiori certezze degli umani sia qualcosa di cui nessuno ha avuto esperienza. Bene, ci vedremo domani sera.